Il torto del colonnello Gheddafi non è certo quello di essere stato pesantemente colluso col terrorismo; nemmeno di aver cacciato via tutti gli italiani dalla Libia senza indennizzo; meno che mai l’essere un dittatore che non rispetta libertà democratiche e diritti umani. Il suo torto, agli occhi dei nostri progressisti da salotto, è unico ed attuale: aver aiutato il governo Berlusconi a (tentar di) frenare i flussi migratori, cioè a fare quello che chiedono il 90% degli italiani che vivono nelle città e nei paesi, non nei salotti. Per questo solo motivo è stato contestato; per questo diventa scandaloso riceverlo in Parlamento, dove, come ricorda D’Alema, Arafat si presentò tranquillamente con la pistola alla cintola, dove ha trovato le porte aperte Beppe Grillo per spiegare ai senatori/senatrici che sono o mafiosi o criminali o zoccole.
Gheddafi ha il torto di aver detto che il re è nudo, cioè che l’asilo politico è una menzogna in un Africa oppressa certo dalla fame ma non dalla persecuzione politica. Importa poco che abbia aggiunto, con molto realismo, che è assai problematico riuscire a frenare i flussi perché è enorme la spinta migratoria verso l’Europa. Il solo fatto di aver aiutato il nostro governo a provarci è una colpa capitale agli occhi dei benpensanti delle porte aperte. (Quando invece provarci è comunque doveroso. Che altrimenti non solo arrivano tutti qui, ma soprattutto arriva qui tutta la feccia.)
Il resto dell’ambaradan attorno al colonnello sconfina col folclore. I quattro ignoranti inutilmente iscritti alla Sapienza che contestano un Gheddafi il quale accusa gli Usa di essere alla stregua di Bin Laden, cioè che la pensa proprio come loro! Ma vanno capiti: erano stati caricati per la contestazione e non si fatto in tempo a ricaricarli per gli applausi…E poi l’Italia antifascista che dovrebbe essere entusiasta di uno che si presenta con appuntata al petto la foto del “Leone del deserto”, dell’eroe libico della Resistenza al colonialismo fascista; dovrebbero dargli la tessera ad honorem dell’Anpi, invece lo trattano con sussiego se non con disprezzo; dimenticano perfino che è il “compagno” Gheddafi, quello che ha attuato la rivoluzione socialista in Libia…Sempre per via del torto respingimenti.
Va detto che è puro folclore anche l’arrivo del leader libico nella Capitale: la divisa con gli alamari, quella foto sul petto, quelle amazzoni di scorta da far livido d’invidia l’amico Silvio. Ma va aggiunto che Gheddafi è persona intelligente, si adatta alle diverse situazioni: poco tempo fa quando andò in visita a Parigi non si presentò con questa coreografia da operetta né disse ciò che detto qui; ma qui da noi lui sa di essere a casa sua, cioè in quella Roma levantina che prima di essere capitale d’Italia resta la capitale dell’Unione africana presieduta dal colonnello…Fosse sbarcato a Milano già lo stile e la coreografia sarebbero mutati.