LA FORTUNA AIUTA GLI AUDACI, MA CI VUOLE PIU’ CONVINZIONE

"Il punto conquistato a Pescara interrompe la serie negativa fuori casa e ci ridarà un bel po’ di fiducia". "Il Padova ha dimostrato di essere squadra che non molla mai. La serie B è anche questo". Brandelli di verità in una serata che, solo all’ultimo respiro, non ci è andata di traverso come le ultime volte in cui i biancoscudati hanno giocato in trasferta.

Condivido in pieno le due opinioni espresse, durante la diretta "Tuttocalcio" su Telenuovo, rispettivamente dalla giornalista del Gazzettino Nicoletta Cozza e dal giornalista-conduttore Luigi Primon. Sono convinta anche io che, questo pareggio, arrivato con un pizzico di fortuna, risolleverà e non poco l’umore dei giocatori, e che la fortuna, in questo caso, abbia premiato l’audacia di un Padova che, fino all’ultimo secondo, ha provato, seppur in maniera confusa e poco lucida, a salvare la partita. Le attenuanti inoltre ci sono tutte: Franco era alla prima da titolare, Marcolini rientrava dopo 20 giorni di infortunio, Donati e Lazarevic non c’erano, Portin è infortunato.

C’è però dell’altro e riguarda le sicurezze interiori di questo gruppo. Che una volta, nelle difficoltà, si esaltava ed annientava gli avversari e ora invece, nelle stesse difficoltà, non riesce a indovinare due passaggi di fila. E’ encomiabile che fino alla fine non sia venuto meno l’assalto alla porta di Anania stasera ma vedere continui errori negli appoggi più elementari è sintomo di una squadra che ha perso consapevolezza nei propri mezzi. Perché questa paura? Siamo gli stessi che a Genova hanno rimontato due volte il vantaggio sampdoriano, quelli che a Verona, con 15.000 persone che fischiavano, hanno rimesso in piedi, sempre due volte, la partita. Recuperiamo quella serenità e quella spavalderia. Perché con i timori, le titubanze e la mancanza di fiducia nel compagno di squadra più vicino in campo non si va da nessuna parte.   

 

DIFESA DA REGISTRARE ASSOLUTAMENTE

Un passo avanti, a guardarlo bene, è stato fatto. E non solo perché il Padova ha portato a casa il famoso punto che muove la classifica, ma anche perché, un anno fa, di questi tempi, una partita simile l’abbiamo persa. Vi ricordate Padova-Varese, finita 3-2 per i lombardi? Io l’ho vista da casa con 39 di febbre, ma, ahimè, mi è rimasta impressa a fuoco: fino a una manciata di minuti dalla fine, la conducevamo serenamente 2-1 grazie ai gol di Gallozzi e Bovo. E poi cos’è successo? Che i varesini hanno prima pareggiato e poi vinto, infliggendoci una sconfitta che poi ha lasciato una gran bella cicatrice. Stavolta il pari l’abbiamo strappato e, anche se oggi ha il gusto amaro della mancata vittoria (che sarebbe stata più che meritata), più avanti sono sicura che lo apprezzeremo.

I lati positivi della faccenda però terminano qui. Italiano e Cuffa hanno fatto un partitone certo, e Cacia ha confermato la propria caratteristica di bomber infallibile, segnando il suo sesto gol stagionale, ma la difesa davvero ha lasciato parecchio a desiderare, finendo, gioco forza, con l’oscurare tutto il bene che si è fatto. Che è stato tanto.

E’ da una bella registrata lì dietro che deve ripartire la forza di questa squadra. Contro il Livorno era andato tutto benissimo, accortezza e attenzione erano state protagoniste indiscusse: bisogna trovare continuità di rendimento, perché, come ha giustamente sottolineato anche Dal Canto, 17 gol subiti in quattordici partite sono troppi per una squadra che punta alle zone nobili della classifica.     

BELLA REAZIONE, ORA CONTINUITA’

Volevamo una reazione di carattere e c’è stata. Contro il Livorno sono arrivati tre punti che rappresentano la più benefica delle boccate di ossigeno, dopo la giornata nera di Crotone. Certo il gioco si è visto solo a sprazzi e, non me ne voglia Dal Canto, i giocatori un po’ tesi erano di fronte alla prima vera gara verità della stagione, ma fondamentale era dimostrare che la mentalità giusta c’è.

Non aggiungo altro se non che la parolina magica ora deve essere "continuità". Giocare in casa anche sabato contro la Juve Stabia non può che essere un’ulteriore dose di cemento armato per quel carattere che ieri si è rivisto. Senz’altro si fortificherà ancora di più, tornando a imporsi la prossima settimana anche fuori casa. In un campo, quello di Pescara, che sarà un altro banco prova di quelli con i controfiocchi.  

O SI CRESCE DI TESTA O SI RESTA AL PALO

Per essere vincenti, in ogni ambito della vita, bisogna essere forti. Ma forti non solo nelle qualità tecniche, ma anche e anzi soprattutto dentro.

La storia del calcio (e non solo) è piena di talenti che non hanno fatto strada perché non avevano testa e di "scarponi" (o giù di lì) che di strada invece ne hanno fatta molta perché hanno saputo sopperire con intelligenza tattica e mentalità vincente alle poche doti che madre natura aveva dato loro. Una cosa è certa: che anche quando le qualità le hai e non sei uno scarpone, come il Padova di quest’anno, non puoi mai prescindere da una mentalità da vincente se vuoi fare strada. Cioè delle due cose, quella che non può mai mancare, è proprio la componente caratteriale. 

A Crotone il Padova questa mentalità non l’ha dimostrata e ha perso la sua terza trasferta di fila, scivolando al quarto posto. Non è tanto la discesa in classifica che mi preoccupa, siamo alla dodicesima giornata e tutto può ancora succedere (anche ad altre big della B peraltro oggi è andata parecchio male…). E’ la discesa nell’attenzione e nella tensione (quella positiva) che mi lascia un po’ perplessa. Spero che Dal Canto riesca a trovare le parole giuste per risollevare il gruppo perché siamo di fronte al primo forte campanello d’allarme della stagione. A Bergamo con l’AlbinoLeffe la sconfitta era stata immeritata, a Varese è mancata per la prima volta la reazione dopo il gol preso e ci può stare se il tutto è solo un episodio o una serata storta, ma oggi veramente scusanti ce ne sono poche. Martedì c’è il Livorno all’Euganeo, e meno male che si rigioca subito e contro un avversario che stimoli ne darà senz’altro tantissimi!
 

VITTORIA SOFFERTA, CHISSA’ CHE DIA LA SPINTA GIUSTA

Non è stato bello il Padova che oggi è sceso in campo nel secondo tempo. Però il colpo di coda finale, con il gol straordinario di Cacia, ha dimostrato ancora una volta che il carattere c’è e che fino all’ultimo questa gruppo non molla. Mai.

Due sono le cose che mi hanno colpito in positivo in occasione del 2-1:

1) l’assist di Lazarevic, che spero tragga da questa bella palla filtrante tutta la forza per risollevarsi dal momento un po’ no che sta attraversando, recuperando così la spavalderia che quest’estate tanto ce lo ha fatto apprezzare, anche e anzi soprattutto sottoporta.

2) la prontezza con cui Cutolo, sulla stessa traiettoria del lancio di Lazarevic, si è defilato lasciando andare il bomber a segnare. Un segnale che l’intesa lì davanti, che qualche volta ci era sembrato mancasse, sta crescendo di giornata in giornata.

Detto questo, spero con tutto il cuore che questi tre punti, conquistati così, restituiscano morale alla squadra, facendole recuperare convinzione e forza d’animo. A partire dalla trasferta di Crotone di sabato prossimo, altra gara difficile per le condizioni ambientali caldissime in cui i biancoscudati si ritroveranno a giocare.

Concludo con un’opinione sullo sfogo finale di Alessandro Dal Canto, dicendo solo una cosa: quando l’anno scorso, dopo poche partite che era in panchina, sono stata la prima a dire che secondo me andava riconfermato anche per questa stagione, l’ho fatto perché di lui mi aveva colpito la capacità di "ovattare" la squadra dal momento no che stava vivendo, dalla delusione della gente dopo le batoste dell’ultimo periodo della gestione Calori. Mi colpiva la capacità che aveva di rimanere calmo di fronte a qualunque difficoltà, di andare avanti fissando dritto l’obiettivo, salvezza prima, playoff dopo, senza lasciarsi minimamente condizionare da nulla. 

Mi rendo perfettamente conto che in questo momento l’entusiasmo della piazza è a mille. Veniamo da 11 anni di serie C in cui abbiamo dovuto ingoiare rospi e mazzate sul coppino a non finire. Ma, secondo me, Dal Canto ha in mano le carte per gestirlo alla grande e per far sì che i suoi giocatori non pensino di essere dei moderni Maradona. Insomma è perfettamente in grado di evitare che la grandissima voglia di tornare in serie A di tutti faccia danni sulla mente dei suoi ragazzi. Senza perdere la calma e la razionalità che finora sono state le sue migliori compagne di viaggio. Credo sia stata questa la sua arma vincente l’anno scorso. Credo possa esserlo a maggior ragione quest’anno.   

DUE PADOVA IN UNO, RIPARTIAMO DA QUELLO GIUSTO!

Pazzesca. Incredibile. Non riesco a trovare un aggettivo che descriva appieno questa vera e propria "rumba" patita stasera dai biancoscudati all’Ossola di Varese.

Se la gara fosse iniziata e poi finita allo stesso modo, starei senz’altro qui a parlare di serata storta. Di partita sbagliata. Di approccio negativo che ha poi trascinato i padovani alla sconfitta. Invece la cosa più inquietante è che il Padova l’ha iniziata benissimo e per 45′ minuti l’ha pure dominata. Pronti via: colpo di testa di Cacia, Bressan fa il miracolo; sinistro dal limite di Cutolo alto sugli sviluppi di un’azione combinata tra Lazarevic e Cuffa; girata di destro di Cuffa altro miracolo di Bressan; corner dalla destra, doppio tentativo sotto misura di Bovo. Non sono idee o opinioni. Sono fatti. Se al riposo il Padova ci fosse andato in vantaggio di due gol, neanche i tifosi del Varese se ne sarebbero potuti risentire.

E invece è successo l’imponderabile, di più l’inimmaginabile: all’inizio della ripresa, il Varese ha trovato il vantaggio e il Padova, in quella stessa partita in cui fino a cinque minuti prima aveva fatto il diavolo a quattro, anziché reagire come ha sempre fatto in tutte le occasioni in cui è andato sotto (e sono state più d’una) si è progressivamente lasciato andare senza più capirci nulla. Abbiamo insomma visto due Padova in uno, il primo determinato e pericoloso come al solito, il secondo senza nemmeno un briciolo di lucidità e idee chiare.

Nel tentativo di raddrizzarla Dal Canto ha rinunciato ad un centrocampista per mettere un attaccante in più, ma forse lo ha fatto che mancavano ancora tanti minuti alla fine e gli equilibri sono saltati troppo presto. Marcolini per la prima volta non è partito nell’undici titolare e forse per la prima volta abbiamo capito quanto è importante la sua presenza, anche se poi è stato gettato nella mischia (ma quando però i centrocampisti erano rimasti solo in due!). Cutolo era in serata no, Lazarevic purtroppo lo è da un po’, Perin, dopo aver fatto tre-quattro parate strepitose, è incespicato e ha trasformato un’azione del Varese innocua in un calcio di rigore che si doveva evitare. Sto buttando giù un po’ di possibili risposte ai perché di questa sconfitta.

Di sicuro c’è che si tratta della prima vera sconfitta della gestione Dal Canto, perché a Bergamo con l’AlbinoLeffe si era perso solo di un gol su un rigore che non c’era e si meritava assolutamente almeno il pari. Un perché a ciò che è successo dunque occorre trovarlo presto e senza che ci siano altre conseguenze. Io sono certa che l’allenatore lo troverà e porrà rimedio ad una situazione che, comunque, lo ricordo ai più pessimisti, ci vede sempre secondi in classifica.

Tempo per tirare su la testa ce n’è e le sconfitte servono per imparare. Guardiamo dunque con fiducia al derby di sabato prossimo col Vicenza all’Euganeo: forse arriva proprio al momento giusto e ci caricherà dello spirito ideale per reagire immediatamente.

I gatti neri però mi facciano il favore di non cominciare con le solite litanie, della serie "E’ già finito il mito di Dal Canto" e, peggio ancora, "Dal Canto non arriverà al panettone". Oltre ad essere cavolate in questo momento, frasi come queste non fanno bene. Per niente.  

 

 

SAPPIAMO SOFFRIRE

Nessuno ha avuto il coraggio di dirlo. Ma in un seppur piccolo angolo del nostro cuore in questi giorni aveva trovato un po’ di spazio la paura che la sconfitta contro l’AlbinoLeffe avesse lasciato un segno, qualche scoria che andava assolutamente cancellata. Avevo già avvertito i primi mugugni. I primi segnali di incertezza, di timore. "Non siamo lo squadrone che sembriamo", "ci manca un terzino destro, Legati non lo può e anzi non lo deve più fare", "come si fa a lasciare fuori Cacia proprio adesso che ha trovato continuità e sta segnando sempre". I rimproveri riguardavano sia le qualità dei giocatori sia, in qualche caso, anche le scelte di Dal Canto.

La vittoria di stasera contro il Brescia non solo ha spento quella piccola paura come una raffica forte di vento farebbe con una candelina, liberandoci dalle cattive sensazioni, ma ha anche lasciato, al posto della paura, una piacevolissima convinzione: quella, cioè, che questi ragazzi sanno soffrire. Il Brescia è davvero un’ottima squadra. Ci ha messo in difficoltà per più di un tratto della partita. Però, paradossalmente, abbiamo mostrato il nostro lato migliore non quando l’abbiamo sbloccata con Cutolo la prima volta, ma quando, su leggerezza di Portin, abbiamo preso il pareggio. E’ lì che si è visto il Padova tirare fuori le unghie. Nel momento in cui una squadra senza carattere va giù, noi ci siamo tirati su. Senza mai disunirci, trascinandoci, l’un l’altro, verso la vittoria.

Son segnali importanti che ai tifosi non possono che far piacere. Così come fa piacere vedere il grandissimo Aniello Cutolo, o’ professore, sempre più lanciato sulla sua cattedra…  

  

SERATA STRANA, ARCHIVIAMOLA SUBITO!

Prima o poi doveva capitare. Dispiace però tantissimo aver perso la prima partita dopo la lunghissima serie positiva tra l’anno scorso e quest’anno contro una squadra che fa tutto fuorché giocare a calcio. Le occasioni le abbiamo avute e non le abbiamo sfruttate a dovere. L’AlbinoLeffe invece una sola volta (a parte il tiro finale di Cisse deviato in corner da Perin) si è proposto pericolosamente e ha fatto sua la partita attraverso un episodio che dire dubbio è dire poco. L’intervento di Legati a me è parso sulla palla e, se anche il difensore ha messo la mano sulla spalla di Foglio, il contatto è iniziato fuori dall’area, non dentro. Per il resto si è visto solo un catenaccio nudo e puro da parte dei bergamaschi, con l’unica punta Cocco praticamente sulla stessa linea dei suoi difensori. 

Bisogna accettare il verdetto del campo, anche se il pareggio ci stava tutto, e voltare pagina. I lati positivi sono almeno due: 1) l’approccio mentale alla gara da parte del Padova non è stato quello della squadra che si rilassa e si accontenta dopo la goleada di Empoli. Mentalmente siamo ancora completamente sul pezzo, significa che non ci si è assolutamente montati la testa, anche se davanti non siamo stati brillanti e cinici come al solito; 2) sabato c’è subito una partita di quelle che ci piacciono tanto, contro il Brescia, che verrà senz’altro giocata a viso aperto e dunque con la possibilità di sciogliere le briglie ai tanti assi che abbiamo in rosa per lasciarli esprimere al meglio.

Archiviamo questa sconfitta e pensiamo subito al Brescia. E’ l’unico modo per liberarci dalle primissime scorie che il campionato ci ha riservato stasera…       

SALUTATE LA CAPOLISTA

Che gioia oggi a fine gara poter gridare: "Salutate la capolista". Mai avrei pensato che il Padova sarebbe andato a "maramaldeggiare" così in casa dell’Empoli, laddove, due anni fa, era stato l’undici toscano a rifilargli un 4-0 senza storia, facendolo precipitare nelle zone basse della classifica e nella paura di ritrovarsi a tu per tu con lo spettro della retrocessione.

Tutto passato. Tutto cancellato. Oggi il Padova è una squadra forte e quando dico forte non dico solo che ha Cacia, Cutolo, Italiano, Milanetto e Schiavi (tanto per citare qualcuno dei suoi fuoriclasse) ma dico, e anzi sottolineo, che ha un grandissimo carattere. Che gli permette di andare sotto a Empoli dopo pochi minuti e di recuperare la partita senza perdere il filo del gioco, la compattezza e i nervi saldi. Tutti i giocatori della rosa, poi, sono motivati al punto giusto: non può più essere considerato un caso se chi entra per la prima volta nell’undici titolare non solo gioca benissimo ma gode, nella stessa giornata, perfino della gioia di andare in gol. Oggi è successo a Portin, altre volte, andando a ritroso nel calendario, a Cuffa, Cacia, Italiano e Milanetto. Il merito è di un allenatore bravissimo a far sentire tutti partecipi del progetto alla stessa maniera, non è certo una cosa facile.  

Non so se rimarremo primi. Il Torino è forte, il Brescia pure, la Sampdoria anche. Però con questo temperamento e questa qualità possiamo davvero andare lontano e giocarci fino alla fine il nostro sogno. Un sogno che non nominiamo ancora, ma che abbiamo inciso nel cuore a caratteri cubitali.  

IL CAPITANO

Ripeto anche qui quello che ho scritto nelle pagelle: non se la prenda Omar Milanetto, che è un giocatore che, così come piace a me, piace anche al pubblico di Padova per le grandi qualità che indiscutibilmente ha. Ha sempre fatto il titolare in serie A, figuriamoci lo straordinario apporto che può dare in serie B al Padova e che senz’altro darà in una stagione che, alla fine, speriamo tutti di battezzare come "eccezionale".

Oggi, però, il cuore dei tifosi è tutto per Vincenzo Italiano, il capitano. Questo ragazzo, richiamato a sorpresa (almeno per noi) a vestire la maglia da titolare dopo tre turni passati in silenzio in panchina, ha regalato ancora una volta emozioni incredibili, mettendo Cacia nella condizione di segnare l’1-0 e buttando dentro su punizione il 2-0 della tranquillità. L’immagine più bella che ho in testa è quella dei suoi due bambini, Riccardo e Christian, che lo aspettano dietro la porta di casa per saltargli in braccio e festeggiare con l’abbraccio più bello la prestazione e il gol di oggi!

Sì, perché il calcio è anche questo, anzi il bello del calcio è anche questo. Non poteva esserci scena più bella per dimenticare i veleni e le code polemiche del dopo Verona.

Con Vincenzo Padova ha condiviso tantissimo: una salvezza in B, una quasi promozione in A, alti e bassi ma sempre con negli occhi del giocatore la voglia di venir fuori dalle difficoltà per portare il Padova in alto. E’ naturale che oggi l’Euganeo l’abbia abbracciato fortissimo e abbia urlato a gran voce il suo nome.

Vincenzo è IL capitano.