Nessuno ha avuto il coraggio di dirlo. Ma in un seppur piccolo angolo del nostro cuore in questi giorni aveva trovato un po’ di spazio la paura che la sconfitta contro l’AlbinoLeffe avesse lasciato un segno, qualche scoria che andava assolutamente cancellata. Avevo già avvertito i primi mugugni. I primi segnali di incertezza, di timore. "Non siamo lo squadrone che sembriamo", "ci manca un terzino destro, Legati non lo può e anzi non lo deve più fare", "come si fa a lasciare fuori Cacia proprio adesso che ha trovato continuità e sta segnando sempre". I rimproveri riguardavano sia le qualità dei giocatori sia, in qualche caso, anche le scelte di Dal Canto.
La vittoria di stasera contro il Brescia non solo ha spento quella piccola paura come una raffica forte di vento farebbe con una candelina, liberandoci dalle cattive sensazioni, ma ha anche lasciato, al posto della paura, una piacevolissima convinzione: quella, cioè, che questi ragazzi sanno soffrire. Il Brescia è davvero un’ottima squadra. Ci ha messo in difficoltà per più di un tratto della partita. Però, paradossalmente, abbiamo mostrato il nostro lato migliore non quando l’abbiamo sbloccata con Cutolo la prima volta, ma quando, su leggerezza di Portin, abbiamo preso il pareggio. E’ lì che si è visto il Padova tirare fuori le unghie. Nel momento in cui una squadra senza carattere va giù, noi ci siamo tirati su. Senza mai disunirci, trascinandoci, l’un l’altro, verso la vittoria.
Son segnali importanti che ai tifosi non possono che far piacere. Così come fa piacere vedere il grandissimo Aniello Cutolo, o’ professore, sempre più lanciato sulla sua cattedra…