VITTORIA SOFFERTA, CHISSA’ CHE DIA LA SPINTA GIUSTA

Non è stato bello il Padova che oggi è sceso in campo nel secondo tempo. Però il colpo di coda finale, con il gol straordinario di Cacia, ha dimostrato ancora una volta che il carattere c’è e che fino all’ultimo questa gruppo non molla. Mai.

Due sono le cose che mi hanno colpito in positivo in occasione del 2-1:

1) l’assist di Lazarevic, che spero tragga da questa bella palla filtrante tutta la forza per risollevarsi dal momento un po’ no che sta attraversando, recuperando così la spavalderia che quest’estate tanto ce lo ha fatto apprezzare, anche e anzi soprattutto sottoporta.

2) la prontezza con cui Cutolo, sulla stessa traiettoria del lancio di Lazarevic, si è defilato lasciando andare il bomber a segnare. Un segnale che l’intesa lì davanti, che qualche volta ci era sembrato mancasse, sta crescendo di giornata in giornata.

Detto questo, spero con tutto il cuore che questi tre punti, conquistati così, restituiscano morale alla squadra, facendole recuperare convinzione e forza d’animo. A partire dalla trasferta di Crotone di sabato prossimo, altra gara difficile per le condizioni ambientali caldissime in cui i biancoscudati si ritroveranno a giocare.

Concludo con un’opinione sullo sfogo finale di Alessandro Dal Canto, dicendo solo una cosa: quando l’anno scorso, dopo poche partite che era in panchina, sono stata la prima a dire che secondo me andava riconfermato anche per questa stagione, l’ho fatto perché di lui mi aveva colpito la capacità di "ovattare" la squadra dal momento no che stava vivendo, dalla delusione della gente dopo le batoste dell’ultimo periodo della gestione Calori. Mi colpiva la capacità che aveva di rimanere calmo di fronte a qualunque difficoltà, di andare avanti fissando dritto l’obiettivo, salvezza prima, playoff dopo, senza lasciarsi minimamente condizionare da nulla. 

Mi rendo perfettamente conto che in questo momento l’entusiasmo della piazza è a mille. Veniamo da 11 anni di serie C in cui abbiamo dovuto ingoiare rospi e mazzate sul coppino a non finire. Ma, secondo me, Dal Canto ha in mano le carte per gestirlo alla grande e per far sì che i suoi giocatori non pensino di essere dei moderni Maradona. Insomma è perfettamente in grado di evitare che la grandissima voglia di tornare in serie A di tutti faccia danni sulla mente dei suoi ragazzi. Senza perdere la calma e la razionalità che finora sono state le sue migliori compagne di viaggio. Credo sia stata questa la sua arma vincente l’anno scorso. Credo possa esserlo a maggior ragione quest’anno.   

DUE PADOVA IN UNO, RIPARTIAMO DA QUELLO GIUSTO!

Pazzesca. Incredibile. Non riesco a trovare un aggettivo che descriva appieno questa vera e propria "rumba" patita stasera dai biancoscudati all’Ossola di Varese.

Se la gara fosse iniziata e poi finita allo stesso modo, starei senz’altro qui a parlare di serata storta. Di partita sbagliata. Di approccio negativo che ha poi trascinato i padovani alla sconfitta. Invece la cosa più inquietante è che il Padova l’ha iniziata benissimo e per 45′ minuti l’ha pure dominata. Pronti via: colpo di testa di Cacia, Bressan fa il miracolo; sinistro dal limite di Cutolo alto sugli sviluppi di un’azione combinata tra Lazarevic e Cuffa; girata di destro di Cuffa altro miracolo di Bressan; corner dalla destra, doppio tentativo sotto misura di Bovo. Non sono idee o opinioni. Sono fatti. Se al riposo il Padova ci fosse andato in vantaggio di due gol, neanche i tifosi del Varese se ne sarebbero potuti risentire.

E invece è successo l’imponderabile, di più l’inimmaginabile: all’inizio della ripresa, il Varese ha trovato il vantaggio e il Padova, in quella stessa partita in cui fino a cinque minuti prima aveva fatto il diavolo a quattro, anziché reagire come ha sempre fatto in tutte le occasioni in cui è andato sotto (e sono state più d’una) si è progressivamente lasciato andare senza più capirci nulla. Abbiamo insomma visto due Padova in uno, il primo determinato e pericoloso come al solito, il secondo senza nemmeno un briciolo di lucidità e idee chiare.

Nel tentativo di raddrizzarla Dal Canto ha rinunciato ad un centrocampista per mettere un attaccante in più, ma forse lo ha fatto che mancavano ancora tanti minuti alla fine e gli equilibri sono saltati troppo presto. Marcolini per la prima volta non è partito nell’undici titolare e forse per la prima volta abbiamo capito quanto è importante la sua presenza, anche se poi è stato gettato nella mischia (ma quando però i centrocampisti erano rimasti solo in due!). Cutolo era in serata no, Lazarevic purtroppo lo è da un po’, Perin, dopo aver fatto tre-quattro parate strepitose, è incespicato e ha trasformato un’azione del Varese innocua in un calcio di rigore che si doveva evitare. Sto buttando giù un po’ di possibili risposte ai perché di questa sconfitta.

Di sicuro c’è che si tratta della prima vera sconfitta della gestione Dal Canto, perché a Bergamo con l’AlbinoLeffe si era perso solo di un gol su un rigore che non c’era e si meritava assolutamente almeno il pari. Un perché a ciò che è successo dunque occorre trovarlo presto e senza che ci siano altre conseguenze. Io sono certa che l’allenatore lo troverà e porrà rimedio ad una situazione che, comunque, lo ricordo ai più pessimisti, ci vede sempre secondi in classifica.

Tempo per tirare su la testa ce n’è e le sconfitte servono per imparare. Guardiamo dunque con fiducia al derby di sabato prossimo col Vicenza all’Euganeo: forse arriva proprio al momento giusto e ci caricherà dello spirito ideale per reagire immediatamente.

I gatti neri però mi facciano il favore di non cominciare con le solite litanie, della serie "E’ già finito il mito di Dal Canto" e, peggio ancora, "Dal Canto non arriverà al panettone". Oltre ad essere cavolate in questo momento, frasi come queste non fanno bene. Per niente.  

 

 

SAPPIAMO SOFFRIRE

Nessuno ha avuto il coraggio di dirlo. Ma in un seppur piccolo angolo del nostro cuore in questi giorni aveva trovato un po’ di spazio la paura che la sconfitta contro l’AlbinoLeffe avesse lasciato un segno, qualche scoria che andava assolutamente cancellata. Avevo già avvertito i primi mugugni. I primi segnali di incertezza, di timore. "Non siamo lo squadrone che sembriamo", "ci manca un terzino destro, Legati non lo può e anzi non lo deve più fare", "come si fa a lasciare fuori Cacia proprio adesso che ha trovato continuità e sta segnando sempre". I rimproveri riguardavano sia le qualità dei giocatori sia, in qualche caso, anche le scelte di Dal Canto.

La vittoria di stasera contro il Brescia non solo ha spento quella piccola paura come una raffica forte di vento farebbe con una candelina, liberandoci dalle cattive sensazioni, ma ha anche lasciato, al posto della paura, una piacevolissima convinzione: quella, cioè, che questi ragazzi sanno soffrire. Il Brescia è davvero un’ottima squadra. Ci ha messo in difficoltà per più di un tratto della partita. Però, paradossalmente, abbiamo mostrato il nostro lato migliore non quando l’abbiamo sbloccata con Cutolo la prima volta, ma quando, su leggerezza di Portin, abbiamo preso il pareggio. E’ lì che si è visto il Padova tirare fuori le unghie. Nel momento in cui una squadra senza carattere va giù, noi ci siamo tirati su. Senza mai disunirci, trascinandoci, l’un l’altro, verso la vittoria.

Son segnali importanti che ai tifosi non possono che far piacere. Così come fa piacere vedere il grandissimo Aniello Cutolo, o’ professore, sempre più lanciato sulla sua cattedra…  

  

SERATA STRANA, ARCHIVIAMOLA SUBITO!

Prima o poi doveva capitare. Dispiace però tantissimo aver perso la prima partita dopo la lunghissima serie positiva tra l’anno scorso e quest’anno contro una squadra che fa tutto fuorché giocare a calcio. Le occasioni le abbiamo avute e non le abbiamo sfruttate a dovere. L’AlbinoLeffe invece una sola volta (a parte il tiro finale di Cisse deviato in corner da Perin) si è proposto pericolosamente e ha fatto sua la partita attraverso un episodio che dire dubbio è dire poco. L’intervento di Legati a me è parso sulla palla e, se anche il difensore ha messo la mano sulla spalla di Foglio, il contatto è iniziato fuori dall’area, non dentro. Per il resto si è visto solo un catenaccio nudo e puro da parte dei bergamaschi, con l’unica punta Cocco praticamente sulla stessa linea dei suoi difensori. 

Bisogna accettare il verdetto del campo, anche se il pareggio ci stava tutto, e voltare pagina. I lati positivi sono almeno due: 1) l’approccio mentale alla gara da parte del Padova non è stato quello della squadra che si rilassa e si accontenta dopo la goleada di Empoli. Mentalmente siamo ancora completamente sul pezzo, significa che non ci si è assolutamente montati la testa, anche se davanti non siamo stati brillanti e cinici come al solito; 2) sabato c’è subito una partita di quelle che ci piacciono tanto, contro il Brescia, che verrà senz’altro giocata a viso aperto e dunque con la possibilità di sciogliere le briglie ai tanti assi che abbiamo in rosa per lasciarli esprimere al meglio.

Archiviamo questa sconfitta e pensiamo subito al Brescia. E’ l’unico modo per liberarci dalle primissime scorie che il campionato ci ha riservato stasera…       

SALUTATE LA CAPOLISTA

Che gioia oggi a fine gara poter gridare: "Salutate la capolista". Mai avrei pensato che il Padova sarebbe andato a "maramaldeggiare" così in casa dell’Empoli, laddove, due anni fa, era stato l’undici toscano a rifilargli un 4-0 senza storia, facendolo precipitare nelle zone basse della classifica e nella paura di ritrovarsi a tu per tu con lo spettro della retrocessione.

Tutto passato. Tutto cancellato. Oggi il Padova è una squadra forte e quando dico forte non dico solo che ha Cacia, Cutolo, Italiano, Milanetto e Schiavi (tanto per citare qualcuno dei suoi fuoriclasse) ma dico, e anzi sottolineo, che ha un grandissimo carattere. Che gli permette di andare sotto a Empoli dopo pochi minuti e di recuperare la partita senza perdere il filo del gioco, la compattezza e i nervi saldi. Tutti i giocatori della rosa, poi, sono motivati al punto giusto: non può più essere considerato un caso se chi entra per la prima volta nell’undici titolare non solo gioca benissimo ma gode, nella stessa giornata, perfino della gioia di andare in gol. Oggi è successo a Portin, altre volte, andando a ritroso nel calendario, a Cuffa, Cacia, Italiano e Milanetto. Il merito è di un allenatore bravissimo a far sentire tutti partecipi del progetto alla stessa maniera, non è certo una cosa facile.  

Non so se rimarremo primi. Il Torino è forte, il Brescia pure, la Sampdoria anche. Però con questo temperamento e questa qualità possiamo davvero andare lontano e giocarci fino alla fine il nostro sogno. Un sogno che non nominiamo ancora, ma che abbiamo inciso nel cuore a caratteri cubitali.  

IL CAPITANO

Ripeto anche qui quello che ho scritto nelle pagelle: non se la prenda Omar Milanetto, che è un giocatore che, così come piace a me, piace anche al pubblico di Padova per le grandi qualità che indiscutibilmente ha. Ha sempre fatto il titolare in serie A, figuriamoci lo straordinario apporto che può dare in serie B al Padova e che senz’altro darà in una stagione che, alla fine, speriamo tutti di battezzare come "eccezionale".

Oggi, però, il cuore dei tifosi è tutto per Vincenzo Italiano, il capitano. Questo ragazzo, richiamato a sorpresa (almeno per noi) a vestire la maglia da titolare dopo tre turni passati in silenzio in panchina, ha regalato ancora una volta emozioni incredibili, mettendo Cacia nella condizione di segnare l’1-0 e buttando dentro su punizione il 2-0 della tranquillità. L’immagine più bella che ho in testa è quella dei suoi due bambini, Riccardo e Christian, che lo aspettano dietro la porta di casa per saltargli in braccio e festeggiare con l’abbraccio più bello la prestazione e il gol di oggi!

Sì, perché il calcio è anche questo, anzi il bello del calcio è anche questo. Non poteva esserci scena più bella per dimenticare i veleni e le code polemiche del dopo Verona.

Con Vincenzo Padova ha condiviso tantissimo: una salvezza in B, una quasi promozione in A, alti e bassi ma sempre con negli occhi del giocatore la voglia di venir fuori dalle difficoltà per portare il Padova in alto. E’ naturale che oggi l’Euganeo l’abbia abbracciato fortissimo e abbia urlato a gran voce il suo nome.

Vincenzo è IL capitano.    

SIAMO TOSTI, MA POSSIAMO ESSERLO ANCORA DI PIU’

La cosa più bella che ha detto Dal Canto al termine della partita vinta contro il Bari venerdì scorso è stata: "Ho una squadra tosta di B. Non c’è bisogno di chiedere ai miei giocatori più intensità perché già ce la mettono tutta". E’ vero. Il Padova ce la mette sempre tutta e questo impegno viene a tal punto recepito dai tifosi che, anche quando in campo sembra mettersi male, si ha sempre la sensazione che prima o poi i nostri troveranno la strada e la forza per rimettere le cose a posto.

Anche stasera al Bentegodi è andata così: il Verona si è portato avanti due volte e il Padova lo ha riacciuffato tutte e due le volte con due perle bellissime, la prima di Cutolo, la seconda di Cacia. Però, nel primo tempo, l’Hellas, aggressivo e intraprendente, l’abbiamo sofferto troppo: i due esterni, soprattutto Gomez, ci hanno fatto impazzire e non riuscivamo a ripartire con ordine, tenendo anche poco la palla quando era nostra. Certo, l’ambiente in cui ci siamo ritrovati a giocare, è stato molto difficile da affrontare (20.000 spettatori, o giù di lì, infuocati come non mai non si vedono tutti i giorni!) ma ha altrettanta ragione Dal Canto quando sottolinea che, con la squadra che abbiamo, non possiamo assolutamente permetterci di farci intimorire dalla cornice di pubblico in cui andiamo a giocare. Insomma, siamo tosti e vendiamo cara la pelle, ma dobbiamo imparare a farlo di più e in tutte le situazioni ambientali, anche le più dure. Sotto questo profilo, Verona è stata un bel banco di prova.

Vorrei, in questo finale di post, spendere due parole per Aniello Cutolo, fischiato e insultato dal pubblico veronese fin dal riscaldamento della partita. Se ci sta che un ex non troppo amato venga fischiato dai tifosi della sua vecchia squadra, allora ci sta anche che, se segna, si porti il dito indice alla bocca dicendo a quegli stessi tifosi di stare zitti e faccia un balletto in campo per scaricare la tensione accumulata. E’ il calcio, niente di più e niente di meno. Anzi, questo ragazzone napoletano è stato proprio bravo a sfoderare una prestazione straordinaria nel peggiore dei contesti in cui si poteva ritrovare a giocare. Tutto il Padova deve prendere ispirazione dal suo temperamento.  

 

 

BENTEGODI STIAMO ARRIVANDO!

Si sente ancora l’eco del triplice fischio finale di Padova-Bari, partita che ha fatto mantenere al Padova la vetta della classifica grazie alla terza vittoria nelle prime quattro giornate di campionato. Eppure il pensiero è già lì, al derby contro l’Hellas Verona di venerdì prossimo al "Bentegodi"!

Anzi: i tifosi biancoscudati e quelli gialloblù non hanno nemmeno aspettato che si giocasse questa giornata per iniziare a beccarsi. Gli sfottò sono iniziati già martedì sera, attraverso gli sms letti dal nostro Marco Campanale durante la diretta di "Biancoscudati channel" e sono continuati qui sul blog mio e in quello di Gianluca Vighini, nonchè sul social network Facebook. Poco male: il clima è quello giusto!

Il Padova sbarcherà nello stadio veronese da capolista, con l’obbligo dunque sempre più marcato di confermarsi "squadra tosta" di questo campionato di serie B così come l’ha definita il suo allenatore, Alessandro Dal Canto, stasera durante l’intervista in diretta in coda alla nostra trasmissione "Tuttocalcio".

Sì, siamo ancora all’inizio, mancano tante partite e la serie B è strana, dura, lunga e atipica. Però è sempre più forte la sensazione di avere un’importante qualità abbinata ad uno spirito di sacrificio e ad una dedizione alla causa comune che non possono che farla crescere sempre più. 

Dunque "Bentegodi stiamo arrivando": il derby di Verona sarà davvero un bel banco di prova per questo gruppo.

  

CHE BELLO ESSERE LASSU’

Siamo solo alla terza giornata e la classifica, ora come ora, lascia giustamente il tempo che trova. Però è troppo bello, parlando per un attimo solo ed esclusivamente con il cuore del tifoso, vedere il Padova lassù, in vetta, seppur in compagnia.

Questo non cambierà di una virgola l’atteggiamento di allenatore e giocatori, come già Dal Canto si è affrettato a precisare, sottolineando appunto che non è il caso di gongolarsi troppo osservando la graduatoria. Nessuno d’ora in avanti ci verrà a dire che il Padova è da promozione diretta e men che meno mi sognerò, almeno per un altro po’, di dirlo io. L’unica cosa che mi permetto di ribadire è che comunque i biancoscudati, con questo 4-1 a Cittadella e in generale con questo avvio promettente, hanno lanciato dei segnali importanti.

Quando abbiamo letto il calendario è venuto a tutti un ‘coccolone’ leggendo i nomi di Sampdoria, Reggina, Cittadella, Bari e Verona nelle prime cinque giornate. Il ciclo terribile non è ancora finito, ma almeno abbiamo dimostrato di saper prendere il toro per le corna. E soprattutto, altro aspetto fondamentale da non trascurare, di esserci definitivamente lasciati alle spalle le scorie negative della rincorsa playoff dello scorso anno, conservando invece intatto l’entusiasmo generato da quella cavalcata. Il Sassuolo e il Cittadella, tanto per fare due esempi, nel torneo 2010-2011 non ci sono riusciti, rendendosi protagonisti di una stagione resa molto difficile dal fatto di aver sfiorato la serie A ai playoff nell’annata precedente.

Ripeto: siamo solo alla terza giornata e il cammino è ancora lungo. Ma i segnali che sono arrivati nei primi 270 minuti sono tanto tanto confortanti.  

SUCCI GOL!

Il gol questa volta l’ha fatto Rino Foschi. Dritto al cuore dei tifosi. Non c’è notizia di mercato che abbia scatenato quest’estate nei supporters biancoscudati l’entusiasmo e la gioia che ha acceso l’ultimissima: il ritorno di Davide Succi. Sì, quel ragazzone umile, determinato e con il vizio del gol che avevamo dovuto salutare all’improvviso e nel suo momento più bello nella prima partita di ritorno a Novara della passata stagione a causa della rottura del tendine d’Achille. "Ritornerò e più forte di prima", aveva detto Succi all’indomani del grave infortunio, chiedendo ai compagni di regalargli la conquista dei playoff per avere l’opportunità di rientrare e giocarli. 

Non è andata così: i biancoscudati i playoff li hanno conquistati, ma Davide ha avuto una ricaduta e non è riuscito a tornare in campo in tempo utile per viverli da protagonista. Dal cuore dei tifosi, però, non si è mai allontanato. Ci è sempre rimasto, proprio per il legame speciale che ha saputo creare con loro nei sei mesi in cui è stato il capocannoniere della B con 15 gol in 20 partite.

L’ultimo fotogramma di lui che è rimasto nella memoria è l’uscita in barella e in lacrime dal sintetico dello stadio "Piola": non poteva finire così un amore così grande. E allora eccolo di nuovo qui a vestire questa maglia, anche se il suo importantissimo contributo potrà iniziare a darlo solo tra qualche mese.

Bentornato Cigno, facci ancora sognare!