SEMPLICEMENTE FANTASTICO

Sinceramente non so più cosa fare. Nel senso che continuo nella mia testa a ripetermi che l’anno scorso la debacle è iniziata contro il Lecce e dunque alla quattordicesima giornata di andata, quando eravamo ad un passo dalla vetta e tutti ci additavano come la rivelazione del campionato. Seguendo questo ragionamento non si può che arrivare alla conclusione che è ancora presto per poter anche solo cullare sogni di gloria.

Però, di fronte ad un Padova così, è difficilissimo, se non impossibile, continuare a mordersi la lingua e tenere a bada l’entusiasmo. Sono proprio le basi che questa formazione sta creando che lasciano ben sperare. Ogni settimana questi ragazzi mettono giù un mattone: contro l’AlbinoLeffe è stata la vittoria della furbizia (di fronte alle squadre che si chiudono, fino all’anno scorso, eravamo invece assolutamente polli!), contro il Grosseto è stata la vittoria della qualità di Vantaggiato, Succi e Di Gennaro, contro il Cittadella è stata la vittoria della determinazione, con il Pescara quella del cinismo e del lungo lavoro ai fianchi dell’avversario. Il muro sta diventando sempre più solido, grazie alla malta che l’allenatore Calori sta facendo mettere a ciascuno dei giocatori al servizio di tutti gli altri.

Sono veramente convinta che questa squadra, oltre ad avere potenti mezzi tecnici, potrà fare un campionato strepitoso grazie a quelli mentali che il tecnico sta tirando fuori strada facendo dal materiale umano che ha a disposizione. 

Che dire: avanti così, per favore, come dice Ligabue, non svegliateci! 

 

ECCO LA PROVA DI MATURITA’

Resto convinta che ci sia ancora tantissima strada da fare. Soprattutto nella fase difensiva, che continua ad essere un po’ il tallone d’Achille di questo Padova, pur essendo migliorata rispetto alla passata stagione.

 

Però sono pienamente d’accordo con Alessandro Calori e Andrea Bovo: aver vinto una partita così è un segnale. Una testimonianza del fatto che, caratterialmente e mentalmente, questa squadra sta facendo il salto di qualità che il suo allenatore le sta chiedendo dall’inizio del ritiro. Sta crescendo.

Non è certo stato il miglior Padova quello visto stasera all’Euganeo contro il Cittadella. Ma aver avuto fino alla fine la voglia di vincere, ottenendo i tre punti a pochi frangenti dal novantesimo contro una squadra che per diversi tratti della partita ha messo in difficoltà i biancoscudati, non può che essere la prova di maturità che mancava.

Sotto con il Pescara adesso: con un altro tassello del famoso mosaico posato là dove doveva essere posato. Per creare un’opera d’arte che a fine campionato, sono convinta, ammireremo in tutta la sua bellezza.  

ESAME DI MATURITA’ SOLO RINVIATO

Fa male. Brucia da morire. Vedere la panchina del Siena, capitanata da un Antonio Conte che salta come una cavalletta e dispensa abbracci a tutti, festeggiare una vittoria contro il Padova che sembrava ormai svanita ti fa chiudere lo stomaco. Sì, perché il Padova, dopo un primo tempo un po’ in ombra, aveva reagito alla grande e meritava ampiamente il pareggio.

Però non è (ancora) il caso di drammatizzare. Anzi. Pigliamo quel che di buono è emerso da una delle trasferte più difficili di tutto il campionato. Il Padova c’è e deve solo continuare a lavorare a testa bassa per proseguire sul cammino del costante miglioramento. Mettiamola così: la sconfitta, per quanto immeritata, permette una volta di più di tenere basso il profilo intorno alla squadra di Alessandro Calori. E di lasciarla libera psicologicamente di costruirsi la sua mentalità vincente, individuando limiti ed errori per superarli e correggerli.

Non poteva capitare miglior partita lunedì prossimo (derby casalingo contro il Cittadella) per riscattarsi. L’esame di maturità è solo rimandato.       

MA CHE BELLO IL TRIO DELLE MERAVIGLIE

Era dai tempi di Mariano Sotgia, Ciro Ginestra e Davide Succi (era il 2002-2003, e, guarda caso, c’è anche stavolta Succi di mezzo!) che il Padova non aveva un attacco così globalmente stellare. Un reparto avanzato di altissima qualità in grado di devastare qualunque difesa. Davide Di Gennaro, Daniele Vantaggiato e, appunto, Davide Succi sono tre giocatori dalle straordinarie capacità e più passano le giornate e si affina la loro intesa più sono in grado di offrire spettacolo allo stato puro ai tifosi, combinazioni pericolose e vincenti e soprattutto gol. Tanti gol.

Certo, se loro funzionano così bene è perché c’è, come giustamente ha sottolineato Davide Di Gennaro in sala stampa, un gruppo solido che li mette nelle condizioni di rendere al meglio. C’è un’intera squadra che gira, insomma, e gira bene. E qui, scusate se insisto, è fondamentale la mano che sta mettendo Alessandro Calori nella costruzione di questa realtà.

Io sinceramente non so dove questo Padova potrà arrivare. Ora come ora non me la sento ancora di sbilanciarmi. Ma quel che è sicuro è che sta costruendo delle solide fondamenta. Se poi saranno quelle di un mini appartamento e si arriverà alla semplice salvezza bene. Se invece ne nascerà una villa immensa, costruita con materiali e intonaci di prima qualità, e la fine del campionato dirà playoff, be’ tanto meglio.

Non vediamo l’ora, tutti, di scoprire, mattone dopo mattone, quanto in alto si può arrivare, senza soffrire di vertigini.  

 

 

CORAGGIO ALEX

Ieri non sono riuscita a trovare le parole. Ci ho provato, ma proprio non ci sono riuscita. Perché di fronte a certe tragedie non ce ne sono. E quelle poche che si riescono a pronunciare rischiano di diventare pura retorica, anche se sono dette con il cuore in mano.

Però Alessandro Ferronato, che ha vestito, anzi di più, onorato la maglia del Padova dal 2000 al 2003 regalando ai tifosi tanti gol e tanto attaccamento alla piazza, merita in questo momento di grandissimo dolore per la perdita della moglie Marta, di sentire tutto l’affetto di chi ha avuto la gioia di apprezzarlo come atleta, come professionista e soprattutto come uomo.

Se volete lasciare qui un messaggio per lui, un saluto, un abbraccio, questo è lo spazio che ho deciso di dedicargli. Penso che fargli sentire tutto il nostro affetto sia l’unica cosa che possiamo fare per cercare di dargli forza in cui momento in cui ne deve trovare tantissima per superare il dramma e stare vicino ai suoi figli. 

Coraggio, Alex.    

UN PUNTO DA PIACENZA E’ SEMPRE TANTA ROBA

L’espressione "tanta roba!" me l’ha simpaticamente attaccata Gianluca Di Marzio nella purtroppo breve esperienza che abbiamo condiviso a Telenuovo (purtroppo ovviamente per me che avrei tanto voluto rubargli ancora più segreti del mestiere… Buon per lui che invece nel 2004 è volato a Sky!). E’ un’espressione che mi piace molto e che uso spesso perché in due sole parole esprime un efficace concetto di abbondanza. Della serie: è andata di lusso!

Ora, non è proprio andata di lusso oggi al Padova che ha beccato il pareggio sul più bello che aveva fatto il grande sforzo di riportarsi avanti dopo il pari di Cacia e, peggio ancora, l’espulsione di Legati. Però, c’è di buono che, appunto, dopo aver subito un rigore e un’espulsione contro, la squadra di Calori non si è sfilacciata. Ha accusato il colpo certo e ha rischiato di andare sotto, ma si è ripresa immediatamente continuando a macinare gioco e a non perdere metri. E’ rimasta compatta non mostrandosi nè impaurita nella fase difensiva, nè troppo smaniosa in quella offensiva.

E’ proprio questo l’obiettivo cui sta puntando mister Calori: la creazione di un gruppo unito, forte psicologicamente che sa capire quando è ora di spingere e quando è ora di alzare le braccia e unirsi in un’unica grande difesa. Certo, rimane il rammarico di aver assaporato fino all’ultimo la prima vittoria fuori casa, ma rimane anche il fatto che un punto a Piacenza è tanta, tantissima roba.

L’unico appunto che mi sento di fare oggi, già scritto anche nelle pagelle, riguarda la scelta di Calori di affidarsi ai giovani. E’ bellissimo e ci piace tanto che abbia il coraggio di puntare su ragazzi del 1988, del 1991 addirittura del 1992. Ma forse nel finale, quando era ora di tenere la palla o sparacchiarla il più lontano possibile nelle situazioni più pericolose, c’era bisogno anche dell’esperienza dei più "scafati". Dei più "vecchi", calcisticamente parlando ovviamente. Un appunto che comunque resta piccolo di fronte ad un prezioso pari portato a casa da un campo difficile.  
 

CINICO E SPIETATO COSI’ NON L’AVEVAMO VISTO MAI

 Alzi la mano chi, alla vigilia di questa partita, non ha detto: "AlbinoLeffe, squadra ostica. Il Padova contro queste squadre fa fatica, perché si chiudono, ripartono, non lasciano spazio e tengono basso il ritmo per addormentare la partita".

Tutti, io compresa, questo pensiero lo abbiamo fatto. Perché la storia recente del Padova è piena di gare perse nell’unico episodio contro o pareggiate in maniera scialba contro formazioni tipo l’AlbinoLeffe di oggi. E invece ecco il Padova come mai l’avevamo visto in questi ultimi anni: cinico e spietato. Certo, va aggiunto, a tratti anche un po’ lezioso e troppo attaccato al pallone, ma questi sono aspetti che sono migliorabilissimi e siamo solo alla sesta giornata.

Dico la verità, già ieri, tornando in auto da Bresseo, mi ero un po’ rincuorata. Dopo aver guardato negli occhi e ascoltato Alessandro Calori nella sua intervista pre rifinitura, mi ero convinta che avesse trovato la strada giusta per venirne a capo. E così è stato. L’allenatore è infatti riuscito a trasmettere perfettamente il suo credo. E’ riuscito a far capire ai ragazzi che, per domare l’AlbinoLeffe, non ci volevano inutili arrembaggi e dispersioni di energia. Ci volevano piuttosto scaltrezza, furbizia e la consapevolezza di potercela fare in qualunque momento. Anche al novantesimo. Senza fretta, senza frenesia, senza panico.

Giudico dunque Padova-AlbinoLeffe un’altra partita che se ne va in archivio regalandoci la coscienza di avere davvero un’arma in più in panchina: un allenatore che, oltre ad avere 300 partite da capitano in serie A, sa umanamente arrivare dritto al cuore e alla testa dei suoi giocatori. Non è cosa da poco, anche se per sognare qualcosa di grande è ancora presto ed è meglio continuare a tenere i piedi per terra.   

GLI IMPANTANATI

Mi ricordo che una delle prime volte in cui il "Mattino di Padova" mi mandò a seguire una partita di calcio dilettanti negli anni Novanta (allora ero una collaboratrice in erba che si barcamenava tra la Prima e la Seconda categoria, se mi davano da fare una squadra in Promozione già era tantissima roba!) capitai nel casalingo campo della Victor di Chiesanuova (la mia parrocchia) che aveva (e tutt’ora ha, anche se non viene più usato per partite ufficiali) il terreno di gioco dietro la chiesa. Era caduta tanta di quella pioggia in quei giorni a Padova che il direttore di gara, dopo aver fatto il giro di campo di rito, non fece nemmeno cambiare i giocatori. Disse a tutti che potevano andare a casa perché lì proprio non si poteva giocare. Ricordo ancora la telefonata a Stefano Edel, allora responsabile della redazione sportiva: "A Chiesanuova non si gioca", gli dissi. E lui: "L’articolo che dovevi fare era l’apertura di pagina – mi rispose – e la pagina è ormai disegnata. Per cui mandami comunque 50 righe". Io scrissi allora un pezzo raccontando che per Chiesanuova quello del campo era veramente un problema, perché non essendo mai al sole (la chiesa davanti gli faceva sempre ombra!) non si asciugava e non vi ricresceva l’erba nemmeno dopo tanti giorni che aveva smesso di piovere. Intervistai il presidente e il capitano di allora e mandai le 50 righe.

Risultato: il giorno dopo uscì un bel pezzone con tanto di foto del campo infangato, con un titolo bellissimo che tutt’ora ho stampato in mente: "GLI IMPANTANATI DI CHIESANUOVA". Venne insomma dato al mio "pezzo denuncia" un bel risalto.

A distanza di quasi vent’anni da allora, mi vien da sorridere. Perché al giorno d’oggi bisogna che scenda Bin Laden in un campo di calcio per far sì che una partita non si giochi. E questo principalmente a causa dell’universo mondo delle pay tv. Quindi chi se ne frega se la palla è una scheggia impazzita che impedisce a chiunque di governarla: bisogna giocare e si gioca, anche con le pozzanghere che arrivano a metà polpaccio.

MI rendo conto che la mia è, ora come ora, una polemica fuori tempo massimo: ormai quello dei campi al limite della praticabilità è un problema che nemmeno più i tifosi sentono come tale. Però la premessa l’ho fatta per sottolineare con ancora più veemenza che, a campo asciutto, Triestina-Padova sarebbe finita con un tanto a poco. Anzi: con un poco a tanto. In condizioni meteorologiche e di campo normali, i biancoscudati, ne sono convinta, si sarebbero imposti e anche nettamente. E il piccolo Faraone, Stephan El Shaarawy, non sarebbe incappato nella brutta giornata in cui invece si è imbattuto. 

E’ andata così e pazienza, ma proprio per i motivi di cui sopra considero il punto preso a Trieste un buon punto. Portato a casa da una squadra che comunque non ha mai mollato, che ha preso due pali e fino all’ultimo secondo ha provato a vincere. 

Certo, proprio perché di campi come era oggi quello di Trieste a causa della pioggia è piena l’Italia (ce ne sono alcuni che sono così addirittura senza che sia scesa nemmeno una goccia di pioggia!) bisognerà trovare delle alternative alla palla a terra e il compito di Calori dovrà proprio essere quello di rendere i suoi giocatori "duttili" anche sotto questo profilo. Ma sono fiduciosa: sia perché, ribadisco, credo molto nelle capacità di Calori, sia perché sta per rientrare un certo Vincenzo Italiano dall’infortunio, sì quello che i lanci lunghi li mette al millimetro sul piede o sulla testa dei suoi attaccanti…  

  

   

GRAZIE RAGAZZI

Appena tornata dalla pizza con voi tifosi del blog.

Eravamo in tanti ed eterogenei, ovvero di diverse età ed esperienze. C’erano giovani, meno giovani, padri, madri, bambini, tifosi di una volta e tifosi di ultimissima generazione. Dico la verità, temevo che magari si creasse qualche vuoto di comunicazione, qualche silenzio di troppo, visto che fino a prima di vedersi stasera la maggior parte di noi si conosceva solo via internet, invece la passione di ognuno per il Padova è stata il prezioso e genuino collante della serata che, secondo me, è stata bellissima.

 

Vi ringrazio di cuore per la spontaneità e l’allegria che tutti ci avete messo. Se a fine anno ci sarà qualcosa di importante da festeggiare (come vedete, la prendo alla larga…) faremo un’altra cena. Promesso!

Un abbraccio, un grazie speciale a tutti e… FORZA PADOVA! A Trieste vogliamo un’altra partita memorabile!!!   

 

 

QUATTRO PASSI AVANTI

Imperioso Stephan El Shaarawy, meraviglioso Davide Succi. Ancora una volta bravissimo e tempestivo anche Alessandro Calori a capire come chiudere la partita dopo averla portata sui binari della vittoria grazie al gol del Faraone: via Di Nardo, dentro Di Gennaro, trasformazione in corsa del modulo dal 4-3-1-2 al 4-3-2-1 con Di Gennaro ed El Shaarawy ad ispirare Succi. Ribadiamo quanto detto sull’allenatore: è bravissimo a leggere le partite in tempo reale e ieri sera ne ha data un’ulteriore dimostrazione. Ha sempre detto di volere una squadra duttile e i risultati di questa sua filosofia si cominciano a vedere. 

Ciò che però più mi ha colpito di ieri sera non è il risultato roboante che non si vedeva da un sacco di tempo (l’ultima vittoria per 4-0 che ricordo è un Padova-Prato 4-0 del 2004 con tanto di primo gol tra i professionisti di Rej Volpato… Non mi viene in mente altro, ma dopo vado a spulciare negli almanacchi). Mi ha colpito la personalità della squadra, unita al mettersi a disposizione di tutti nei confronti di tutti. Emblematica la prima rete: è Succi che, spalle alla porta sulla trequarti, riceve palla, con la coda dell’occhio in una frazione di secondo vede lo scatto centrale di El Shaarawy e gliela dà subito in profondità tagliando in due la difesa amaranto. 

E’ questo lo spirito giusto. I giovani devono mettere talento e voglia di imparare, i senatori esperienza, serenità e quella marcia in più nei momenti di difficoltà. E tutti devono ragionare come Calori: abbiamo vinto 4-0? Bene, da domani si pensa già alla prossima. Guai a montarsi la testa. Guai a pensare di aver già capito tutto. La strada è quella giusta, ma bisogna saperla percorrere fino in fondo mettendo giù un mattone alla volta.