LA RESA DEI CONTI PARTE TERZA

Ero straconvinta che il Mantova non avrebbe vinto ad Ancona. E che quindi il Padova, in qualunque modo fosse andata all’Euganeo contro il Brescia, sarebbe approdato ai playout.

Proprio per questo temevo tantissimo la partita di oggi: avevo il terrore che Possanzini e Caracciolo potessero rifilarci una sonora imbarcata e dentro di me dicevo: "Vabbe’, siamo già praticamente sicuri ai playout: ma con che spirito li affronteremo se ci arriveremo reduci da una sconfitta che ci avrà di nuovo messo davanti a tutti i nostri limiti?".

Il Padova sul campo migliore risposta ai miei dubbi e alle mie (e non solo mie) ansie non poteva dare. Mi è sembrato di tornare indietro di sei mesi, a quando si vinceva e si convinceva e occupavamo una posizione in classifica molto più vicina a quella in cui ha chiuso il campionato il Brescia. E difatti sul campo le differenze non si sono viste: i biancoscudati hanno messo un supplemento di cuore e rabbia che invece al Brescia è mancato, ma anche dal punto di vista del gioco i 24 punti di differenza in classifica non si sono visti. 

Italiano il regista perfetto, Renzetti l’ispiratore, Cuffa e Di Nardo il cuore e la generosità oltre l’ostacolo, Soncin e Bovo due lottatori. Difesa finalmente solida e registrata, Sabatini che legge perfettamente la partita e schiera una formazione compatta, stretta tra i reparti ma allo stesso tempo pungente e intraprendente.

Ora basta solo una cosa: continuare a lottare. Con questo spirito si può battere la Triestina. E tenersi stretta una categoria che la città, vista l’ennesima straordinaria risposta di pubblico di oggi, si merita assolutamente.

 

 

 

LA RESA DEI CONTI, PARTE SECONDA

Sei punti in due partite. Il Padova ha rispettato pedissequamente la tabella di marcia che si era prefissato all’indomani della sconfitta in casa del Cesena battendo l’Ascoli all’Euganeo ed espugnando oggi pomeriggio il campo dell’AlbinoLeffe.

Non sto qui a dilungarmi sui "se" e i "ma" che devono verificarsi domenica prossima nell’ultima giornata di campionato affinchè il Padova agguanti i playout e si giochi così quest’ulteriore possibilità di salvarsi. Per ogni dettaglio vi rimando all’articolo in homepage scritto da Marco Campanale con tutti i possibili incroci e l’elenco delle partite da cui il nostro destino principalmente dipende (ovvero principalmente Ancona-Mantova, Frosinone-Triestina e Salernitana-Vicenza).

In questa sede mi preme piuttosto sottolineare, a farlo con un evidenziatore particolarmente luminoso, che fino a questo momento il Padova ha portato a termine la parte "facile" della sua rincorsa alla salvezza. Ascoli e AlbinoLeffe non hanno giocato alla morte, perchè già abbondantemente appagate dall’obiettivo raggiunto. Non ci è voluto il 110 per cento del Padova per avere la meglio.

Domenica prossima contro il Brescia che vuole i 3 punti per andare in A e il 4 e il 12 giugno (le date dei playout) sarà tutt’altra musica. Sarà partita vera. All’ultimo sangue. E’ qui che il Padova deve dimostrare di poter fare il salto di qualità. Di aver superato le proprie profonde difficoltà. 

Contro il Brescia potrebbe anche arrivare una sconfitta se il Mantova non vince ad Ancona, ma sarebbe deleterio per la squadra affrontare le due partite che valgono l’intera stagione con una sconfitta sul groppone e l’immagine davanti agli occhi dell’ennesimo avversario che festeggia una promozione allo stadio Euganeo.

Perciò il Padova questa settimana davvero deve darci dentro. Non ci sono più prove d’appello. Da qui alla fine ogni passo può essere quello che va nella direzione giusta oppure porta inesorabilmente e irrimediabilmente in quella sbagliata.

Non sarà facile ma qualche buon motivo per sperare, in mezzo al buio, c’è e risponde ai nomi di Vincenzo Italiano, tornato ad essere il faro e la guida del centrocampo (oltre ad un infallibile "bomber"), Francesco Renzetti, il cui rientro dall’infortunio in questo delicato momento è a dir poco provvidenziale, e, udite udite, Andrea Soncin. Sì, il Cobra di queste ultime settimane ha tanta voglia di mordere e questo potrà fare la differenza. 

Poi ci sono i soliti, quelli che non hanno mai mollato, vedi Cuffa, anche oggi a segno dopo essere partito dalla panchina, e "pendolino" Bonaventura. 

Non è ancora il caso di disperare, no? 

TRE PUNTI D’ORO, MA CON ALBINOLEFFE E BRESCIA SARA’ PIU’ DURA

Penso si sia visto e, ancor di più, avvertito che stasera, durante la diretta di "Tuttocalcio", non ero la solita Martina pronta a saltare in piedi sul tavolo ai gol del Padova e a far tremare all’impazzata le mie corde vocali. Chiedo scusa se non sono riuscita ad essere frizzante come al solito, ma era davvero tanta in me la paura di non farcela.

Sì, avevo tanta paura: perchè se fosse andata male, sarebbe finito tutto. Addio serie B dopo un solo anno. Bentornata Prima divisione, magari nel girone che è toccato quest’anno al Verona, con un sacco di squadre del sud, che vogliono dire campi caldissimi e difficoltà a non finire anche se hai uno squadrone. Questa paura mi ha fatto da freno a mano tirato, impedendomi di lasciarmi andare come al solito nel racconto della partita almeno fino al 2-0 di Vantaggiato.

Sì, il Padova è tornato a vincere e, nel cuore, ho avvertito di nuovo quel calore inconfondibile, quella gioia che da tempo non provavo. Gioia aumentata nel momento in cui ho visto segnare il 3-0 a Vincenzo Italiano, perchè mi ha fatto tornare indietro di qualche mese, ai tempi in cui nessuno poteva nemmeno lontanamente immaginarsi, di fronte ad una squadra che vinceva e convinceva, un epilogo così difficoltoso. Il pubblico poi è stato fantastico permettendo al Padova di tornare al successo in una cornice che definire splendida è dire poco, tante erano le bandierine, le magliette e le sciarpe che hanno colorato il freddo impianto di viale Nereo Rocco.

E però calma e gesso. Perchè l’Ascoli visto all’Euganeo è stato davvero poca cosa. Una squadra pienamente appagata da una salvezza messa in saccoccia già da tempo che al Padova non ha creato assolutamente grosse difficoltà. I tre punti conquistati stasera sono dunque d’oro perchè permettono a Faisca e compagni di riprendere la strada che porta almeno ai playout per evitare la retrocessione e perchè ricaricano di morale una squadra che non vinceva da due mesi appunto (e, aggiungo, anche il morale di un allenatore che non faceva i tre punti addirittura dai primi di dicembre!). 

Ma non si illudano lor signori che a Bergamo l’AlbinoLeffe di Emiliano Mondonico sarà così tranquillo e privo di intenzioni bellicose. Men che meno lo sarà il Brescia all’ultima giornata se non è già matematicamente in serie A e al Padova servono assolutamente tutti e 6 i punti che ancora restano a disposizione.

Dunque tragga da questa vittoria tutte le motivazioni che deve e affronti le prossime due partite con più intensità e consapevolezza che sono davvero le ultime spiagge se non si vuole tornare all’Inferno. Altrimenti sarà stato tutto inutile.    

 

 

LA RESA DEI CONTI

Siamo alla resa dei conti. 

Il Padova è con un piede e mezzo in Lega Pro e con l’ennesima figura da squadra debosciata scritta a caratteri cubitali sull’orrendo film di questo campionato.

La retrocessione è la triste realtà cui i biancoscudati si stanno inesorabilmente avviando. Certo, la matematica non ci condanna, Ascoli e AlbinoLeffe potrebbero anche non romperci più di tanto le scatole perchè sono tranquille e il Brescia, all’ultima giornata di campionato, potrebbe anche non essere costretto a giocare alla morte per andare dritto in serie A. Potremmo anche fare 7 punti e arrivare ai playout, dove potrebbe perfino andarci di lusso perchè magari di fronte ci ritroviamo una realtà più sfigata o sfiduciata della nostra. Ma parliamoci chiaro: cosa ha fatto il Padova in quest’ultimo periodo per cercare di salvarsi? Risposta: niente di niente. E allora è più che comprensibile smettere di illudersi che le cose possano radicalmente cambiare nel giro di pochi giorni. 

Quanta ragione ha Meluso quando dice che Cestaro, pur essendo persona perbene e di alto valore morale, sa poco di calcio e ha commesso l’imperdonabile errore di attorniarsi di persone che non sono state in grado di consigliarlo nel modo giusto. Cestaro sa poco di calcio, Sottovia era al primo anno da direttore generale, De Franceschi era al primo anno da direttore sportivo, Sabatini era al primo anno da allenatore in serie B. Ci voleva che almeno una di queste figure avesse una grande esperienza e sapesse anche frenare il presidente quando sbaglia, tirandolo per il colletto. Sì perchè il presidente va "contenuto" nelle sue esternazioni più istintive: che Vantaggiato fosse in condizioni precarie si era visto. Ma se il presidente pubblicamente dice che Sabatini non deve più farlo giocare, non fa che delegittimare l’allenatore che, quando entra in spogliatoio, non ha più l’autorità di farsi ascoltare dai suoi ragazzi. Come fa un tecnico a dare direttive alla squadra quando ciascun giocatore sa che la formazione la detta il presidente? 

Di tutto questo la società dovrà rendere conto a fine stagione. E ce ne saranno di cose da dire, perfino troppe. Ora, a tre settimane dall’epilogo, l’unica cosa a cui ci possiamo aggrappare è quella piccolissima microscopica possibilità di salvare l’unica cosa salvabile dopo che tutto il resto si è perso per strada: LA CATEGORIA. Con il suo attuale rendimento la squadra ha ucciso l’entusiasmo che si era riacceso, ma se a fine anno, non so per quale congiunzione astrale, la salvezza dovesse in qualche modo arrivare, almeno ci saranno le basi per ripartire, per tentare di riconquistare prima o poi l’affetto perduto.

Mi auguro quindi che, dopo non una ma bensì due contestazioni subite oggi (la prima al "Manuzzi", la seconda al rientro all’Euganeo con tanto di lancio di uova e assalto al pullman) i giocatori finalmente si decidano a tirare fuori gli attributi e a dare fondo alle residue possibilità di salvezza. In fin dei conti i tifosi chiedono solo di vedere undici leoni in campo, è così difficile accontentarli?   

EPPUR SI MUOVE

L’unica consolazione che rimane è proprio questa. Che la classifica ancora non ci condanna, che la salvezza diretta è ancora lì a portata di mano (due soli punti, ma ci rendiamo conto?), che alla fin fine un punto è meglio che 0 punti e che in giro c’è molto di peggio: quattro giocatori del Mantova hanno messo in mora la società perchè non paga gli stipendi, ad esempio, e questo potrebbe avere presto ripercussioni anche in termini di punti di penalità. Ma anche il Frosinone e la Triestina, usciti dal campo più storditi rispetto al Padova, non se la passano tanto bene.

Le note diciamo così "positive", però, si fermano qui. Si può essere ottimisti all’inverosimile oppure tifosi nel cuore oltre ogni ragione e analisi lucida. Ma di fronte alla partita di oggi neanche le mamme dei giocatori sarebbero in grado di dire bravi ai loro figli. L’assenza di gioco e di personalità è ormai all’ennesima potenza. Nessuno in campo si prende nemmeno la briga di provare a costruire una manovra, di provare a fare il punto di riferimento, di prendersi uno straccio di responsabilità. Si va avanti a passaggini in orizzontale, chiusi puntualmente con un lancio lungo inguardabile. Ma dove possiamo mai arrivare di questo passo?

Mi piange il cuore a dirlo, ma anche Sabatini oggi ci ha capito nulla di questa partita: purtroppo il silenzio stampa ci ha impedito di chiedergli lumi sulle sue scelte e può essere che magari qualche giocatore finito inspiegabilmente in panchina avesse un valido motivo per starci. Però Vantaggiato onestamente, in queste condizioni fisiche e aggiungo anche mentali, è impresentabile. A Cuffa inoltre non può essere preferito Morosini, perlomeno non il Morosini visto all’opera fino ad adesso a Padova. Posso capire solo la scelta di schierare Rabito perchè in casa effettivamente, l’ultima partita col Lecce, ha fatto molto bene. Ma a questo punto meglio Bonaventura tutta la vita: almeno corre, si impegna e prova a saltare l’uomo. Cosa che i suoi compagni sembrano aver totalmente disimparato. 

Guardando la classifica, che appunto si è mossa, la salvezza è paradossalmente ancora possibile. Ma non con questa pochezza. Non con undici giocatori ridotti all’ombra di loro stessi. Piuttosto in campo ci vada chi si mangia l’erba, chi dalla panchina non smette mai di tifare i compagni (Cotroneo), chi magari tecnicamente è meno forte ma almeno ci mette gli attributi.  

SIAMO SICURI CHE CHI S’ACCONTENTA GODE?

Un punto per ciascuno non fa male a nessuno, si diceva una volta.

Be’, non c’è ombra di dubbio che il Vicenza si stia fregando per bene le mani perchè, ai biancorossi di Rolando Maran, il punticino va altro che bene. Ma siamo proprio sicuri che anche per il Padova sia così? Certo, guardando la classifica, la risposta alla domanda è affermativa perchè, grazie alla rullata del Cittadella sul Mantova, i biancoscudati sono tornati in zona playout risollevandosi da quella della retrocessione diretta.

E però chi glielo dice adesso ai tifosi che così va bene dopo che in settimana hanno dovuto in qualche caso perfino prendersi mezza giornata di ferie per andare alla ricerca di un biglietto per un derby che sognavano ricco di spettacolo e pathos agonistico? E che per novanta minuti hanno cantato a squarciagola al Menti vincendo alla grande (loro sì) il duello sugli spalti con i rivali biancorossi?

Cesar, a fine gara, investito oggi dei galloni del capitano, ci ha provato, a domanda diretta della sottoscritta, a rispondere a quelle che erano le legittime aspettative dei tifosi. Ha detto: "Teniamo quanto loro alla salvezza. Sulle maglie ci sono scritti i nostri nomi e, quando va male, siamo i primi a soffrire. Sabato scorso, dopo la bruttissima figura di Empoli, sono tornato a casa da mia moglie e mia figlia che piangevo perchè avevo sbagliato l’anticipo ed ero scivolato lasciando andare via l’attaccante. Ma chiedo a tutti voi di rimanere con noi fino alla fine. Fino a quando la matematica non ci condanna".

Ci possiamo pure provare. Sperando che col Sassuolo secondo in classifica all’Euganeo sabato prossimo venga fuori uno di quegli exploit di cui solo il Padova è capace dopo aver perso punti con le dirette concorrenti alla salvezza.

Ma piange davvero il cuore a vedere che ci si accontenta di un punto a Vicenza. Nel derby dei derby.

LA TEORIA DELL’ANTI-VEDARE

Pensi al Padova. Società sana, solida. Con un presidente imprenditore di successo e allo stesso tempo generoso, che non esita a tirare fuori i soldi per garantire alla sua squadra giocatori di qualità. Quelli forti. Quelli che nelle altre piazze fanno scintille. Vincono. Stravincono.

Se segui i biancoscudati per undici anni in serie C e assisti impotente al ripetersi del fallimento dell’obiettivo promozione, nonostante gli sforzi profusi, ti accorgi però, vivendo sul campo una delusione dietro l’altra, che tutto questo non basta per avere successo: ci vogliono organizzazione, competenza, capacità di gestione ed esperienza. Elementi che purtroppo a Padova, proprio nel campionato che poteva segnare l’inizio di una nuova éra di successi e soddisfazioni dopo tanti rospi ingoiati, sono mancati addirittura più degli anni in cui si boccheggiava in Prima divisione alla disperata ricerca dei playoff.

 

Allora ti chiedi, stupito, arrabbiato, di più incavolato nero cosa bisogna fare, con tutto questo "bendiddio" a disposizione, per ottenere risultati positivi. Ecco per darsi una risposta non serve fare tanta strada: bastano trenta chilometri verso l’alta padovana, direzione Cittadella. E lì ti si illumina tutto: perché ad insegnarti come si fa il calcio è una realtà molto più piccola che, pur avendo le tue stesse possibilità economiche, non le sperpera. Spendendo un decimo, c’è che a sei giornate dalla fine del campionato non solo ha 17 punti più di te, ma anche che è ad un passo dalla serie A. Sì, signori, il Cittadella non si accontenta di aver realizzato due volte il sogno di approdare in B, ora, raggiunta con ampio anticipo la salvezza, invece che tirare i remi in barca e godere di quanto fatto, vuole di più. E qui sta la mentalità vincente di società e squadra che guardano in alto sì ma senza staccare i piedi da terra.     

 

Certo qualcuno può obiettare che è facile lavorare in un ambiente in cui anche se fai quattro sconfitte di fila nessuno ti rompe le scatole. Dove non c’è mai stata una contestazione che sia una. Facile in un clima così per un senatore fare la chioccia e per i giovani crescere sviluppando carattere, qualità e personalità. Tutto vero per carità. Ma anche il Padova quest’anno ha potuto godere per mesi e mesi di una congiunzione astrale più che favorevole. Il raggiungimento della B dopo tanta sofferenza aveva fatto così felici i tifosi che non sono bastate nove sconfitte nove per fare scattare una contestazione. Anzi, il pubblico è sempre stato vicino alla squadra, sperando con tutto se stesso che quella che si è poi rivelata una crisi profonda e strutturale in realtà fosse solo una piccola crepa cui si poteva porre rimedio.

 

E allora scusate ma parlare di pressioni della piazza o addirittura della stampa ora più che mai è fuori luogo. Resta il grande rammarico di sapere che bastava poco in più per sorridere anche in città: un pizzico di intelligenza, non solo tattica, oppure per dirla alla "Gino ‘mericano", storico autista dei pulmini delle giovanili a Cittadella, “un poco de anti-vèdare”, ovvero la capacità di vedere appena oltre il proprio naso, di essere un minimo lungimiranti, di capire le cose un momento prima che capitino, per intervenire tempestivamente.

 

Già, con un poco de anti-vèdare in più il Padova sarebbe salvo. Con l’anti-vedare giusto invece il Cittadella vola. Ad ali spiegate. Verso il sogno dei sogni. 

 

Forse è tardi, forse invece no, per rimediare alla disfatta biancoscudata.  

 

SPETTACOLO INDECOROSO

No, non sto vagando per il ponte del Bassanello con una corda e un sasso appesi al collo alla ricerca del tratto del fiume con il fondale più roccioso per suicidarmi, come simpaticamente ha scritto in un commento del post precedente l’Altro Maurizio, sicuramente con il nobile intento di strapparmi una risata in una giornata nerissima. E però non è che sono esattamente il ritratto della gioia, anzi: il mio stato d’animo è quello di una persona allibita, allucinata, incredula di fronte all’indecente prestazione sfoderata dal Padova oggi a Empoli. Non riesco a credere di aver attraversato l’Appennino per assistere ad uno spettacolo così indecoroso. 

La squadra oggi sembrava un’accozzaglia di gente che gioca insieme per la prima volta. Un coacervo casuale di persone che si sono conosciute per la prima volta dieci minuti prima e che hanno rimediato una figuraccia, vagando catatoniche per il campo, proprio perchè non si conoscevano e dunque non avevano mai lavorato insieme. Quando in realtà invece fanno addirittura tre allenamenti su sei a porte chiuse per trovare più intesa, curare a fondo tutti gli aspetti tattici e sorprendere gli avversari (detta oggi, questa cosa, al termine di una partita da sciagurati, sa davvero di sonora presa per i fondelli!).

Cosa è successo? Di tutto e di più. E’ evidente che siamo di fronte ad un "cedimento strutturale" e non a "qualche crepa" cui si può porre rimedio con correttivi, accorgimenti o tamponamenti. Tutto il gruppo ha ceduto di brutto, inutile star qui a dire che se giocava quello o stava fuori l’altro sarebbe andata meglio. Con qualunque formazione il Padova di oggi sarebbe stato schiantato dall’Empoli. Perchè la stanchezza dei giocatori è mentale, non fisica, come ha cercato di spiegare Sabatini a fine gara ancora una volta per difenderli dall’indifendibile. In loro oggi si è spenta la luce. Nella testa però, non nelle gambe. 

Di chi è la colpa? Di sicuro avremo tutto il tempo per riempire fogli di giornale, siti internet e telegiornali a fine stagione, gettando croci, più che meritate, a destra e a sinistra. Ora come ora, a sei giornate dalla fine del campionato e a sei giorni da un derby a Vicenza iin cui ci giochiamo l’intero campionato, voglio sforzarmi di mantenere accesa quella piccolissima fiammella che ancora c’è dentro di me. E che so che c’è anche in tutti voi. Per quanto nel nostro stato d’animo oggi sia montata una rabbia senza precedenti in questa annata. 

Mi appello ai giocatori, che sono coloro che scendono in campo e quando le cose vanno male si pigliano le massacrate, anche quando magari le colpe non sono tutte loro. Mi appello alla loro dignità, al loro amor proprio, al loro essere, nella maggior parte dei casi, anche mariti e genitori oltre che giocatori di calcio: persone dunque che hanno qualcuno di veramente speciale, oltre ai tifosi ovviamente, cui rendere conto del proprio operato quotidiano e delle proprie figure barbine. 

Ad Empoli hanno toccato il fondo e ora si trovano davanti ad un bivio: o si armano di badile e iniziano a scavare, avvicinandosi ancora più velocemente alla già vicina Lega Pro, oppure risorgono, si rialzano. Proprio nella partita che per i tifosi più conta. 

Lo facciano per chi ama davvero il Padova, per chi senza il Padova non sa stare e non vuole smettere di credere in questa salvezza perchè sarebbe troppo grande il dolore di tornare in serie C dopo tutta la fatica fatta l’anno scorso per risalire da quell’infame categoria. Per chi non ce la fa proprio a dire: "Ma sì è solo una partita di calcio, chi se ne frega" perchè i colori biancoscudati li sente dentro come una fondamentale parte di sè e non ci rinuncerebbe neanche per tutto l’oro del mondo.

Lo facciano per chi tutte le mattine si alza molto prima di loro, per fare un lavoro molto più di merda del loro, per portare a casa molti meno soldi di loro. Per chi, nonostante quei soldi siano sempre pochi e non bastino mai, non esita a destinarne una parte per fare una trasferta ad Empoli. Rinunciando magari a qualcos’altro di importante per poi tornare a casa con il fegato avvelenato.

 

Sabato a Vicenza passa l’ultimo treno. Per favore, ci salgano su.

 

 

IDROFOBI? SI’, MA BISOGNA ESSERLO FINO AL NOVANTESIMO

E’ inutile, purtroppo il Padova perde il pelo ma non il vizio.

Nel primo tempo abbiamo finalmente rivisto una squadra compatta, con le idee chiare, con personalità, testa alta e senza paura. Questo ci ha fatto capire che richiamare Carlo Sabatini non è stata poi una scelta così avventata, ma allo stesso tempo ci ha fatto rendere conto che questa squadra fa fatica a togliersi di dosso i consueti difetti. Ovvero: 

1) l’incapacità di chiudere la partita quando ne ha l’occasione.

2) la pessima abitudine di farsi infilare alla prima occasione dall’avversario.

3) la propensione alla sofferenza finale, con rinculo di dieci/quindici metri e lo schiacciamento nella propria metà campo.

Ha ragione chi dice che alla fin fine la differenza tra i biancoscudati e il Lecce è proprio tutta qui: nel fatto cioè che ai salentini è bastato un tiro in porta o quasi per fare un gol, mentre per i padovani non ne sono stati sufficienti cinque per farne almeno due.

Quindi concludo dicendo che ad Empoli voglio un Padova "idrofobo", così come lo ha definito Sabatini in sala stampa, ma lo voglio così fino al novantesimo. 

Altro non mi sento di aggiungere. Per ora.

 

SENSAZIONE GIUSTA: TORNA SABATINI

Tanto tuonò che piovve!

Giusta la sensazione di stamattina. Cestaro ha deciso di richiamare Sabatini, esonerando Nello Di Costanzo.

A due giorni di distanza dalla sfida col Lecce, se si voleva esonerare questa era l’unica strada praticabile: chiamare un terzo allenatore con due giorni soli di tempo per preparare una partita sarebbe stato ancor più deleterio.

Voi che ne pensate?

Io mi prendo qualche ora per rimettere insieme le idee…