LA TEORIA DELL’ANTI-VEDARE

Pensi al Padova. Società sana, solida. Con un presidente imprenditore di successo e allo stesso tempo generoso, che non esita a tirare fuori i soldi per garantire alla sua squadra giocatori di qualità. Quelli forti. Quelli che nelle altre piazze fanno scintille. Vincono. Stravincono.

Se segui i biancoscudati per undici anni in serie C e assisti impotente al ripetersi del fallimento dell’obiettivo promozione, nonostante gli sforzi profusi, ti accorgi però, vivendo sul campo una delusione dietro l’altra, che tutto questo non basta per avere successo: ci vogliono organizzazione, competenza, capacità di gestione ed esperienza. Elementi che purtroppo a Padova, proprio nel campionato che poteva segnare l’inizio di una nuova éra di successi e soddisfazioni dopo tanti rospi ingoiati, sono mancati addirittura più degli anni in cui si boccheggiava in Prima divisione alla disperata ricerca dei playoff.

 

Allora ti chiedi, stupito, arrabbiato, di più incavolato nero cosa bisogna fare, con tutto questo "bendiddio" a disposizione, per ottenere risultati positivi. Ecco per darsi una risposta non serve fare tanta strada: bastano trenta chilometri verso l’alta padovana, direzione Cittadella. E lì ti si illumina tutto: perché ad insegnarti come si fa il calcio è una realtà molto più piccola che, pur avendo le tue stesse possibilità economiche, non le sperpera. Spendendo un decimo, c’è che a sei giornate dalla fine del campionato non solo ha 17 punti più di te, ma anche che è ad un passo dalla serie A. Sì, signori, il Cittadella non si accontenta di aver realizzato due volte il sogno di approdare in B, ora, raggiunta con ampio anticipo la salvezza, invece che tirare i remi in barca e godere di quanto fatto, vuole di più. E qui sta la mentalità vincente di società e squadra che guardano in alto sì ma senza staccare i piedi da terra.     

 

Certo qualcuno può obiettare che è facile lavorare in un ambiente in cui anche se fai quattro sconfitte di fila nessuno ti rompe le scatole. Dove non c’è mai stata una contestazione che sia una. Facile in un clima così per un senatore fare la chioccia e per i giovani crescere sviluppando carattere, qualità e personalità. Tutto vero per carità. Ma anche il Padova quest’anno ha potuto godere per mesi e mesi di una congiunzione astrale più che favorevole. Il raggiungimento della B dopo tanta sofferenza aveva fatto così felici i tifosi che non sono bastate nove sconfitte nove per fare scattare una contestazione. Anzi, il pubblico è sempre stato vicino alla squadra, sperando con tutto se stesso che quella che si è poi rivelata una crisi profonda e strutturale in realtà fosse solo una piccola crepa cui si poteva porre rimedio.

 

E allora scusate ma parlare di pressioni della piazza o addirittura della stampa ora più che mai è fuori luogo. Resta il grande rammarico di sapere che bastava poco in più per sorridere anche in città: un pizzico di intelligenza, non solo tattica, oppure per dirla alla "Gino ‘mericano", storico autista dei pulmini delle giovanili a Cittadella, “un poco de anti-vèdare”, ovvero la capacità di vedere appena oltre il proprio naso, di essere un minimo lungimiranti, di capire le cose un momento prima che capitino, per intervenire tempestivamente.

 

Già, con un poco de anti-vèdare in più il Padova sarebbe salvo. Con l’anti-vedare giusto invece il Cittadella vola. Ad ali spiegate. Verso il sogno dei sogni. 

 

Forse è tardi, forse invece no, per rimediare alla disfatta biancoscudata.  

 

SPETTACOLO INDECOROSO

No, non sto vagando per il ponte del Bassanello con una corda e un sasso appesi al collo alla ricerca del tratto del fiume con il fondale più roccioso per suicidarmi, come simpaticamente ha scritto in un commento del post precedente l’Altro Maurizio, sicuramente con il nobile intento di strapparmi una risata in una giornata nerissima. E però non è che sono esattamente il ritratto della gioia, anzi: il mio stato d’animo è quello di una persona allibita, allucinata, incredula di fronte all’indecente prestazione sfoderata dal Padova oggi a Empoli. Non riesco a credere di aver attraversato l’Appennino per assistere ad uno spettacolo così indecoroso. 

La squadra oggi sembrava un’accozzaglia di gente che gioca insieme per la prima volta. Un coacervo casuale di persone che si sono conosciute per la prima volta dieci minuti prima e che hanno rimediato una figuraccia, vagando catatoniche per il campo, proprio perchè non si conoscevano e dunque non avevano mai lavorato insieme. Quando in realtà invece fanno addirittura tre allenamenti su sei a porte chiuse per trovare più intesa, curare a fondo tutti gli aspetti tattici e sorprendere gli avversari (detta oggi, questa cosa, al termine di una partita da sciagurati, sa davvero di sonora presa per i fondelli!).

Cosa è successo? Di tutto e di più. E’ evidente che siamo di fronte ad un "cedimento strutturale" e non a "qualche crepa" cui si può porre rimedio con correttivi, accorgimenti o tamponamenti. Tutto il gruppo ha ceduto di brutto, inutile star qui a dire che se giocava quello o stava fuori l’altro sarebbe andata meglio. Con qualunque formazione il Padova di oggi sarebbe stato schiantato dall’Empoli. Perchè la stanchezza dei giocatori è mentale, non fisica, come ha cercato di spiegare Sabatini a fine gara ancora una volta per difenderli dall’indifendibile. In loro oggi si è spenta la luce. Nella testa però, non nelle gambe. 

Di chi è la colpa? Di sicuro avremo tutto il tempo per riempire fogli di giornale, siti internet e telegiornali a fine stagione, gettando croci, più che meritate, a destra e a sinistra. Ora come ora, a sei giornate dalla fine del campionato e a sei giorni da un derby a Vicenza iin cui ci giochiamo l’intero campionato, voglio sforzarmi di mantenere accesa quella piccolissima fiammella che ancora c’è dentro di me. E che so che c’è anche in tutti voi. Per quanto nel nostro stato d’animo oggi sia montata una rabbia senza precedenti in questa annata. 

Mi appello ai giocatori, che sono coloro che scendono in campo e quando le cose vanno male si pigliano le massacrate, anche quando magari le colpe non sono tutte loro. Mi appello alla loro dignità, al loro amor proprio, al loro essere, nella maggior parte dei casi, anche mariti e genitori oltre che giocatori di calcio: persone dunque che hanno qualcuno di veramente speciale, oltre ai tifosi ovviamente, cui rendere conto del proprio operato quotidiano e delle proprie figure barbine. 

Ad Empoli hanno toccato il fondo e ora si trovano davanti ad un bivio: o si armano di badile e iniziano a scavare, avvicinandosi ancora più velocemente alla già vicina Lega Pro, oppure risorgono, si rialzano. Proprio nella partita che per i tifosi più conta. 

Lo facciano per chi ama davvero il Padova, per chi senza il Padova non sa stare e non vuole smettere di credere in questa salvezza perchè sarebbe troppo grande il dolore di tornare in serie C dopo tutta la fatica fatta l’anno scorso per risalire da quell’infame categoria. Per chi non ce la fa proprio a dire: "Ma sì è solo una partita di calcio, chi se ne frega" perchè i colori biancoscudati li sente dentro come una fondamentale parte di sè e non ci rinuncerebbe neanche per tutto l’oro del mondo.

Lo facciano per chi tutte le mattine si alza molto prima di loro, per fare un lavoro molto più di merda del loro, per portare a casa molti meno soldi di loro. Per chi, nonostante quei soldi siano sempre pochi e non bastino mai, non esita a destinarne una parte per fare una trasferta ad Empoli. Rinunciando magari a qualcos’altro di importante per poi tornare a casa con il fegato avvelenato.

 

Sabato a Vicenza passa l’ultimo treno. Per favore, ci salgano su.

 

 

IDROFOBI? SI’, MA BISOGNA ESSERLO FINO AL NOVANTESIMO

E’ inutile, purtroppo il Padova perde il pelo ma non il vizio.

Nel primo tempo abbiamo finalmente rivisto una squadra compatta, con le idee chiare, con personalità, testa alta e senza paura. Questo ci ha fatto capire che richiamare Carlo Sabatini non è stata poi una scelta così avventata, ma allo stesso tempo ci ha fatto rendere conto che questa squadra fa fatica a togliersi di dosso i consueti difetti. Ovvero: 

1) l’incapacità di chiudere la partita quando ne ha l’occasione.

2) la pessima abitudine di farsi infilare alla prima occasione dall’avversario.

3) la propensione alla sofferenza finale, con rinculo di dieci/quindici metri e lo schiacciamento nella propria metà campo.

Ha ragione chi dice che alla fin fine la differenza tra i biancoscudati e il Lecce è proprio tutta qui: nel fatto cioè che ai salentini è bastato un tiro in porta o quasi per fare un gol, mentre per i padovani non ne sono stati sufficienti cinque per farne almeno due.

Quindi concludo dicendo che ad Empoli voglio un Padova "idrofobo", così come lo ha definito Sabatini in sala stampa, ma lo voglio così fino al novantesimo. 

Altro non mi sento di aggiungere. Per ora.

 

SENSAZIONE GIUSTA: TORNA SABATINI

Tanto tuonò che piovve!

Giusta la sensazione di stamattina. Cestaro ha deciso di richiamare Sabatini, esonerando Nello Di Costanzo.

A due giorni di distanza dalla sfida col Lecce, se si voleva esonerare questa era l’unica strada praticabile: chiamare un terzo allenatore con due giorni soli di tempo per preparare una partita sarebbe stato ancor più deleterio.

Voi che ne pensate?

Io mi prendo qualche ora per rimettere insieme le idee… 

CESTARO NERO DI RABBIA, DI COSTANZO RISCHIA?

La sensazione ha iniziato a pervaderci già ieri sera, poco dopo il fischio finale dell’arbitro Nasca di Bari a Salerno.

Eravamo in studio a commentare l’ennesima prova incolore del Padova e la domanda ci è sorta spontanea: e se Nello Di Costanzo rischiasse? Francamente ieri sera mi è sembrato che la risposta giusta al dubbio fosse "no". Perchè martedì c’è subito un’altra partita, col Lecce, e perchè non so se a questo punto un altro esonero sarebbe la giusta medicina. 

Però oggi mi segnalano un Marcello Cestaro incazzato nero. Furente. Come prima della trasferta di Gallipoli. O forse anche di più.

Di errori, in buona fede (tengo sempre a precisarlo!), ne ha commessi tanti e, come ho sottolineato anche qualche blog fa, sono stati pesanti. Ma resta pur sempre il patron di questo Padova. Potrebbe dunque anche decidere di cambiare ancora, conoscendolo. Non so se richiamando Carlo Sabatini o scegliendo una terza persona.

Resta pur sempre una sensazione, la mia, che forse non avrà seguito. Ma il dubbio è legittimo dopo quello che abbiamo visto ieri sera.

O no?

   

CON UN ALTO E UN BASSO NON SI VA DA NESSUNA PARTE

Se penso che con un minimo di continuità in più non solo saremmo già salvi da un pezzo ma potremmo perfino essere timidamente a ridosso della zona playoff mi viene un travaso di bile. Questo è il problema del Padova: oggi fa, domani disfa. Oggi lotta come un leone e ti fa di nuovo innamorare pazzamente di lui, domani va a Salerno a giocarsi la partita della vita senza nemmeno la decima parte della convinzione messa in campo contro avversari molto più pericolosi e difficili. 

Insomma, è un Padova versione "Penelope". E con un alto e un basso non si va da nessuna parte. Mancano sempre meno partite: occasioni come quella di oggi non si possono francamente gettare così alle ortiche. Sbagliando il terzo calcio di rigore della stagione. Lasciando che una squadra già retrocessa, con soli 16 punti in classifica, ti metta perfino sotto nel secondo tempo.

Sapete cosa mi fa ancora più rabbia? Che martedì sera contro il Lecce faremo la partita della vita e la vinceremo anche. Soffrendo, lottando, sudando e gettando il cuore oltre l’ostacolo. Ma a che serve se poi non si riuscirà a fare lo stesso nella sfida successiva ad Empoli? Possibile che una squadra coi numeri e i mezzi del Padova non riesca ad essere sempre se stessa?

 

 

VI VOGLIAMO COSI’

Ebbene sì lo confesso: quando Iunco ha buttato dentro lo 0-2, ho pensato male. Molto male. Non c’era un pensiero positivo che riuscisse ad impadronirsi di me e mi pesava perfino il "dazio" pagato dalla parrucchiera, comprensivo di tre ore passate con le stagnole in testa e la tinta a base di ammoniaca che bruciava da morire!

Mentre raccoglievo tutte le forze che mi rimanevano per proseguire nella telecronaca, continuavo a ripetermi: "Adesso reagiremo come al solito, sparacchiando in avanti i palloni inutilmente, facendo così il gioco del Cittadella che si metterà lì ad aspettarci, non riuscendo a servire neanche un assist decente ai nostri attaccanti che usciranno stremati senza aver combinato un beato niente". 

E invece, il Padova non finisce mai di stupire. Nel bel mezzo di un tunnel forse ancora più nero di tante altre volte, ha ritrovato se stesso. E ha fatto esattamente come faceva all’inizio del campionato. Quando rimontare anche due gol di scarto non era un’impresa poi così titanica (vi ricordate Grosseto e Empoli?). I giocatori hanno preso coraggio, hanno evitato di perdere la lucidità e hanno confezionato una rimonta eccezionale. Con l’aiuto dell’arbitro, per carità, che sul contatto Magallanes-Trevisan ha ravvisato forse con un pizzico di bontà di troppo gli estremi per il calcio di rigore, ma da che mondo e mondo la fortuna aiuta gli audaci. E il Padova stasera è stato audace. Al punto che il Cittadella, per un attimo, dopo il 2-2, ha temuto potesse anche arrivare il 3-2 della beffa.    

Lo spirito sfoderato nel secondo tempo è quello giusto. Questo punto ne vale tre dal punto di vista del morale. Ora testa bassa e pedalare, in vista della trasferta di Salerno di venerdì prossimo. Che DEVE concludersi in gloria e vittoria, costi quel che costi.

Buona Pasqua a tutti. E…… vi vogliamo così!  

 

MERITIAMO DI PIU’

Sono circa le 21,30 quando, entrata in un pub di Trieste per mangiare qualcosa prima di tornare a casa massiccia e incazzata, incontro un gruppo di tifosi del Padova ancora più massicci e incazzati di me. “Oggi noi siamo stati grandi – mi dice l’unica ragazza del gruppo – ma per noi intendo i tifosi. Abbiamo cantato tutto il tempo incitando la squadra senza mai smettere. Ho un amico triestino che, dalla curva opposta, mi mandava i messaggi scrivendomi quanto eravamo bravi. Ma ci meritiamo tutto questo?”.

Fin troppo scontata e ovvia la mia risposta: no, no e poi no. Chi ama il Padova e lo segue anche in trasferta senza risparmiarsi non meritava certo oggi di assistere all’ennesima sconfitta figlia di errori madornali in difesa che si potevano evitare mettendoci solo un pizzico di attenzione in più. E’ ora di finirla con certi black out. Non si può ogni volta essere così masochisti da rovinare tutto sul più bello che un risultato positivo era decisamente alla portata. Dopo che Patrascu ha risposto al gol di Cottafava il Padova aveva in mano un pareggio più che positivo. E invece poi se lo è lasciato scappare da pollo. 

Dico di più: penso sia anche arrivata l’ora di finirla con gli "esperimenti nucleari". Questa squadra gli esterni di ruolo non li ha. Inutile sacrificare Bovo in quel modo a destra e far fare al povero Patrascu il giro del campo, mettendolo, oltre che regista, prima terzino sinistro e poi esterno alto. Se giochiamo con il 4-4-2, avremo comunque sempre in campo quattro centrali dietro e quattro centrali in mezzo. Vogliamo ricominciare a sfruttare le vere caratteristiche di ogni singolo giocatore? Vogliamo perlomeno provare a cacciare dentro Giacomo Bonaventura fin dal primo minuto per una volta? Mancano 10 partite alla fine e, arrivati a questo punto, in questa posizione della classifica, bisogna vincere almeno quelle in casa per sperare nella salvezza.

Io finchè la matematica è con noi non alzerò bandiera bianca e resterò a bordo della barca. Ma bisogna davvero darsi una regolata a 360 gradi. Anche perchè venerdì c’è il derby col Cittadella. E mancheranno Italiano, Renzetti e Cuffa, squalificato. Tre assenze pesanti, di fronte alle quali però il gruppo deve ritrovare coesione e identità. Questa nave non deve affondare.


 

IL PADOVA HA RIACCESO LA LUCE

A Mantova si era spenta la luce. E il Padova, all’improvviso, si era ritrovato disperso in una "selva oscura che la diritta via era smarrita".

Stasera, contro il Grosseto, quella luce spenta si è trasformata in buio pesto al 15′ del primo tempo, quando Italiano è uscito in lacrime dal campo a causa di una ricaduta all’infortunio alla coscia sinistra che solo Dio sa quanto lo terrà fuori. Per tutto il primo tempo il Padova ha vagato senza meta, disorientato. Dando l’impressione di poter capitolare da un momento all’altro. 

Nel periodo di maggiore difficoltà ci ha pensato Cano a salvare la propria porta con due miracoli. Poi però, all’intervallo, è stato tutto il Padova a trovare la forza di riaccendere la luce. Resa fulgida e brillante non tanto dalle qualità individuali dei giocatori quanto, ancora una volta, dalla forza del gruppo e, soprattutto, dalla voglia di soffrire, di arrivare prima sul pallone e di nasconderlo all’avversario in ogni modo. Anche stremati dalla fatica e incapaci di muovere pure il muscolo più banale a causa della stanchezza.

No, non sono eroi questi giocatori, ma la luce che ho visto stasera negli occhi di Vantaggiato, Di Nardo, Cuffa, Morosini, Cano e perfino Bonaventura, fino a ieri "oggetto semisconosciuto" dall’ambiente padovano, mi hanno fatto capire che perlomeno hanno voglia di lottare fino all’ultimo per salvarsi. Vedere uscire Petrassi in barella, Italiano portato "a cavalluccio" da un compagno e Renzetti coi crampi mi ha convinto della possibilità di crederci fino alla fine.  

E questo mi basta per essere felice e guardare fiduciosa al derby di sabato a Trieste.  

 

UN BRUTTISSIMO PASSO INDIETRO, MA NON DIAMOLI GIA’ PER RETROCESSI

In uno degli ultimi commenti del mio precedente post qualcuno lo ha sottolineato. "Ci mancava poco che anche la Martina, durante la sua telecronaca, dicesse che siamo da serie C". E perchè lo dica lei vuol dire proprio che i biancoscudati hanno giocato male…

Sì, lo ammetto. Sono delusa. Molto delusa. Non tanto per il risultato finale. Quanto per la prestazione, che rappresenta non uno ma dieci passi indietro rispetto alle ultime settimane. Come sabato scorso ho elogiato la forza del gruppo, dicendo che, a dispetto dei singoli, aveva fatto la differenza la grande unità d’intenti della squadra, oggi getto la croce addosso allo stesso (intero) gruppo perchè ha interpretato la gara facendosi di nuovo tagliare il fiato e le gambe dalla paura. Facendosi annebbiare la mente da fantasmi che pensavamo ormai svaniti. Il Mantova ha segnato all’8′ del primo tempo: c’erano 82 minuti più il recupero per segnare un gol senza prenderne un altro e invece, a mano a mano che le lancette dell’orologio proseguivano la loro inesorabile marcia fino al novantesimo, la manovra del Padova si faceva sempre più leziosa e inconcludente. E i giocatori sbagliavano con sempre maggiore frequenza anche i passaggi più facili.

Secondo me, oggi pure l’allenatore ci ha messo una pezza nella confusione totale che si è venuta a creare, passando in corsa prima dal 4-4-2 al 4-3-3 (con Di Nardo prima centrale a fare la boa e poi più arretrato per rivestire il ruolo di rifinitore più che di punta) e poi dal 4-3-3 al 3-5-2. 

Purtroppo, ragazzi, la verità è una sola: si può anche dirgli che in mezzo al campo passa più tempo a dare indicazioni ai compagni che a correre e che è delicato come non mai, ma Vincenzo Italiano è il punto di riferimento di questa squadra. Senza di lui, è ormai un dato di fatto, nel Padova si spegne di brutto la luce. Quindi, la salvezza passerà assolutamente attraverso le sue prestazioni. Che la piazza lo voglia o no.  

Ciò premesso però, che siamo da serie C non l’ho detto. Ci è mancato poco ma non l’ho detto. Perchè penso che, nonostante tutto, l’altra sera io e Gianluchino Di Marzio al Tg Biancoscudato non ci siamo dovuti "sforzare" di trovare qualche lato positivo alla campagna acquisti del Padova. I lati positivi ci sono e bisogna da qui alla fine sfruttarli per arrivare alla meta della salvezza. Meta che, nonostante lo stop di oggi, penso sia assolutamente ancora raggiungibile.

Cominciamo da Daniele Vantaggiato: gioca bene ed è al 50 per cento. Non ci vorrà molto davvero per vederlo più presente, e di conseguenza ancora più concreto, in zona gol. Totò Di Nardo, tanto per fare un altro esempio, si è sbloccato: in modo assolutamente fortunoso, ma almeno ha segnato il suo settimo gol stagionale, togliendosi di dosso la maledizione dei "6 e non più 6". Il suo rientro è importante: se il suo stato d’animo tornerà ad essere quello di inizio stagione, la sua carica di entusiasmo e impegno non potrà che giovare alla causa. Italiano martedì col Grosseto, dovrebbe esserci. Sempre coi toscani, rientrerà anche Morosini.

Il Padova deve cavalcare l’onda del fatto che già martedì si rigioca. E "sovrascrivere" immediatamente con una vittoria la bruciante sconfitta odierna. Solo così si potrà riprendere il giusto cammino. E non dare già per retrocessa la squadra a dodici partite dalla fine del campionato.