SI’, SIAMO DA PLAYOFF

Mi sento come un fiume in piena. E non vedevo l’ora di tornare da Grosseto per aprire l’argine e convogliare qui il groviglio di pensieri che ho dentro.

Per tutto il viaggio di ritorno dalla Toscana, tra una curva e l’altra dell’autostrada che attraversa l’Appennino, mi è rimbombata in testa l’ultima frase della conferenza stampa tenuta da Carlo Sabatini allo stadio "Zecchini". Il tecnico del Padova ci ha provato fino alla fine a non discostarsi dal copione degli ultimi giorni, in cui il massimo cui si era lasciato andare era: "Devono essere i ragazzi a farmi capire dove vogliono arrivare, finchè andiamo avanti così non è giusto porsi limiti" e, di fronte all’incalzare delle domande poste anche dai giornalisti di Grosseto, incapaci anche solo di pensare che una squadra che li ha costretti al pari dopo che erano avanti di due gol possa accontentarsi di una semplice salvezza, ha trasformato questa frase in "Abbiamo dimostrato di poterci arrivare ai playoff, anche se questo, lo chiarisco, non è il nostro obiettivo". 

Oggi più che mai sono convinta che un posto nella griglia degli spareggi per la promozione in A non sia una chimera. Anzi, tutt’altro. Perchè una squadra che rimonta due gol come è riuscito a fare il Padova oggi, è una grande squadra. Andare sotto di due reti, rischiare di prenderne altre due, sbagliare il rigore che ti può riaprire il risultato e riequilibrare il tutto in soli 30 minuti nella ripresa, rischiando addirittura di andare a vincere nel finale è impresa che solo un gruppo eccezionale sotto tutti i punti di vista può compiere. Sabatini ha peraltro aggiunto un altro particolare che arricchisce di ancor più sapore l’ennesimo gustosissimo pomeriggio della recente storia biancocudata. Ha infatti confidato, rispondendo alla domanda di chi gli chiedeva cosa avesse mai detto tra primo e secondo tempo ai giocatori per provocare una reazione così veemente, di aver semplicemente raccomandato a  tutti di stare tranquilli "e fare le cose che sappiamo. Ma tanto non ce n’era bisogno perchè questi ragazzi ce l’hanno dentro la voglia di stupire, di dare il meglio di sè. Non c’è bisogno che glielo suggerisca qualcuno di farlo".

Touchè. E’ proprio da quando c’è questo spirito che il Padova ha smesso di inanellare una figuraccia dietro l’altra. E’ arrivata una sconfitta a Crotone, ci sono stati due pareggi consecutivi in casa per 0-0 con Piacenza e Gallipoli che hanno lasciato parecchio amaro in bocca, eppure nessun tifoso si è nemmeno lontanamente preoccupato, perchè è l’atteggiamento a fare la differenza, indipendentemente dal risultato finale. E’ questo spirito che mi fa dire oggi che il Padova può farsi più ambizioso.

Chiudo con alcune menzioni speciali.

Primo: ANDREA CANO. Portiere titolare nella cavalcata verso la serie B, sempre in panchina nelle prime nove giornate di questo campionato, conquistato anche grazie alle sue prodezze. Quando all’8′ della ripresa Sabatini ha avuto bisogno di lui perchè Agliardi (protagonista fin lì di una partita straordinaria!) si è infortunato, Andrea ha risposto presente. E alla grande. Il suo mettersi a disposizione umilmente e serenamente e il suo dare sempre una mano ai compagni, dentro e fuori dal campo, nonostante stare fuori sia un’immane sofferenza, siano l’esempio più lampante ed efficace del fatto che davvero ci sarà posto per tutti e si potranno ottenere ottimi risultati se si rema tutti dalla stessa parte.

Secondo: ANDREA SONCIN. A differenza di Cano, non ha vissuto qui con la vecchia guardia il percorso di crescita e maturazione umana avviato nelle ultime partite della scorsa stagione, ma ha dimostrato oggi di essersi calato alla perfezione nella realtà biancoscudata. Da giocatore vero e importante qual è, è entrato in partita in pochi secondi, infilando nella porta di Acerbis un gol pesantissimo. Il Padova ne ha ricavato un punto, sicuramente il morale e la continuità di rendimento dell’attaccante di Vigevano ne trarranno ulteriore linfa per proseguire sempre meglio in quest’avventura. 

Terzo: ANDREA RABITO. Mi ritrovo ancora una volta a difenderlo, ma non è un atteggiamento precostituito il mio. Anzi, ho già avuto modo di dire che in passato con Roger mi sono scontrata e anche aspramente per un suo atteggiamento che non condividevo ma che poi ho scoperto che ero io a fraintendere. Il punto è che quando i numeri e i fatti supportano c’è poco da contestare. Rabito è a Padova dall’estate del 2007. Quello iniziato dieci giornate fa è dunque il suo terzo anno all’ombra delle cupole del Santo. Ebbene, in due campionati e "un pezzo" Andrea ha tirato la bellezza di undici rigori. Sapete quanti ne ha sbagliati? Tre, precisamente contro la Paganese all’Euganeo nel 2007-2008 (ma sul conseguente corner il Padova segnò immediatamente dopo e poi vinse 2-0!), contro la Pro Patria nella finale playoff di andata dello scorso giugno e oggi a Grosseto. Ecco perchè io dico che non è stata una follia farglielo tirare anche stavolta.   

 

CHE SHOW

Sì, lo ammetto. Ero tanto preoccupata alla vigilia di questa partita. Vedevo nel Mantova un ostacolo davvero difficile da superare. Perchè c’era Nassi che aveva voglia di rivincita, perchè la squadra di Michele Serena veniva da una vittoria che l’aveva galvanizzata, perchè noi venivamo da una sconfitta che, per quanto sdrammatizzata da tutti, anche dai tifosi, aveva lasciato un segno.

Già, un segno effettivamente lo scivolone di Crotone l’ha lasciato. Ma non è stato, come gli altri anni, un segno che ha marchiato a fuoco la squadra, intrappolandola nelle sabbie mobili della mediocrità e dell’incapacità di reagire. Stavolta il Padova non si è accartocciato su sè stesso, anzi, ha fatto l’esatto contrario: si è rialzato immediatamente in piedi e ha affrontato il Mantova con una bava alla bocca e un’aggressività che se non era da finale di Champions League poco ci è mancato.

Chiedo scusa se il riaffiorare dei ricordi e dei fantasmi degli undici anni di serie C mi ha fatto prendere un abbaglio e dubitare anche solo per un attimo delle reali qualità di questo gruppo. Ancora una volta, i biancoscudati mi (ci) hanno dato una grande dimostrazione di compattezza e mentalità vincente. Di fronte a tutto questo, davvero, non c’è scarpa viola o santone che tenga: il miglior Padova basta e avanza!

Una menzione speciale la meritano, non me ne voglia Edgar Cani, Vincenzo Italiano e Andrea Rabito. Lo spettacolo che hanno offerto oggi con i loro gol-prodezza è stato davvero d’altri tempi. Erano anni che non si vedeva qualcosa del genere all’Euganeo. Giù il cappello. 

Grazie davvero, ragazzi, per non voler mai smettere di stupire! 

 

VI RICORDATE QUANDO…

… Eravamo in serie C e per dieci anni di fila siamo partiti tutte le estati ricolmi di entusiasmo, che poi si è dolorosamente e inesorabilmente sgonfiato nei modi più disparati a maggio dell’anno successivo?

… Giocavamo contro il Tempio, il Moncalieri, il Montichiari, il Legnano, la Pro Sesto e il Lumezzane e capitava anche di perdere (e talvolta pure malamente) in casa di queste squadre dal piccolo blasone, i cui campi, in qualche caso, erano perfino messi peggio di quello di Crotone?

… Andammo ai playoff di serie C e Colombo prese quel gol da 40 metri ad opera di Regonesi dell’AlbinoLeffe, dopo che a Porrini di gol non ne era stato convalidato uno validissimo di testa nell’azione precedente?

… Lo Spezia e il Grosseto vennero a vincere il campionato all’Euganeo, umiliandoci e svuotandoci di ogni buon sentimento, facendo invasione di campo e sbattendoci in faccia la loro gioia?

… Il Pizzighettone venne, da già retrocesso, ad espugnare il nostro campo, impedendoci di andare ai playoff?

… La Sambenedettese venne a vincere 2-0 all’ultima giornata con una doppietta di Martini (ennesimo ex che contro il Padova fece scintille!) ma tanto sarebbe stato lo stesso perchè Lanciano e Reggiana non dovevano pareggiare e finirono il match con un rotondo e assolutamente calcolato 2-2?

… La Grotteria sbagliò il calcio di rigore a Novara, colpendo in pieno la traversa e demolendo in quel momento l’ennesimo sogno di agguantare i playoff?

… La Pro Sesto venne a vincere sempre alla terzultima giornata, come il Pizzighettone già retrocesso, e ci tolse ancora una volta i tre punti che sarebbero bastati ad arrivare quinti?

L’elenco delle sofferenze calcistiche degli ultimi undici anni è lunghissimo, ma penso che gli aneddoti che ho citato siano assolutamente sufficienti a far venire il pelo dritto a ciascuno dei tifosi del Padova. Alla luce di tutto quello che è successo in questo lunghissimo e interminabile decennio, mi chiedo e vi chiedo: può una sconfitta patita oltre il novantesimo, al termine di una partita in cui fosse arrivato il pareggio nessuno si sarebbe certo scandalizzato, rovinare tutto l’entusiasmo che si è ricreato a Padova in questi mesi, ovvero dalla benedetta riconquista della serie B?

Be’, la mia risposta è no, per quanto la sconfitta di Crotone abbia messo in evidenza un Padova un po’ stanco e con ancora diversi meccanismi da oliare, sia dietro che davanti.

Mi sembra quindi assolutamente prematuro aprire processi. Errori da correggere ce ne sono, ma il Padova resta terzo in classifica all’ottava giornata di andata del campionato di serie B. Non dimentichiamolo.

Piedi per terra, anche nel gestire la sconfitta!

 

 

 

 

 

DICIASSETTE MERAVIGLIE

D’accordo. Il Padova poteva vincere col Gallipoli. Solo fosse stato un po’ più lucido davanti (vedi occasioni sciupate da Di Nardo e Soncin) o un po’ più fortunato (traversa di Italiano). Ma sono 17 partite in cui i biancoscudati non perdono. Da quel lontano 13 aprile che segnò, con la vittoria a Cremona firmata Massimiliano Varricchio, l’inizio dell’incredibile rimonta verso la serie B.

Due punti in più avrebbero significato addirittura primo posto in classifica, oggi. Ma rimaniamo con i piedi per terra. In B è importante fare punti e andare avanti, anche a piccoli passi. Le difficoltà ci saranno ma la sfida di Torino di martedì ci ha insegnato che questo Padova può davvero giocarsela con tutte.

Poi si può vincere, perdere o pareggiare, ma vuoi mettere la soddisfazione di uscire sempre dal campo a testa alta? 

MACCHE’ SOGNO… QUESTO PADOVA E’ UNA STRAORDINARIA REALTA’

Adoro il mio lavoro. Ma oggi è una di quelle giornate in cui la semplice adorazione si trasforma in attaccamento morboso alla maglia!!!!

Impossibile non essere di straordinario umore quando si è passata la giornata a guardare e riguardare le immagini dell’incredibile impresa compiuta dal Padova a Torino, con tanto di secondo posto in classifica! Non ho davvero più parole per esprimere la gioia che sento, che è la gioia di tutta la piazza e nemmeno per rendere l’idea della bellezza del gol di Totò Di Nardo. Ho sentito tantissimi tifosi oggi. Tutti che scherzosamente dicono: "Non svegliateci dal sogno, non dateci un pizzicotto". Addirittura Ire mi ha scritto un sms dicendomi che stamattina si è svegliata convinta di aver solo sognato ed è corsa al computer per verificare che i biancoscudati davvero avessero vinto a Torino.

Sì, ragazzi, non è un sogno. Questo Padova è una straordinaria realtà. Dotata di giocatori molto forti sul piano tecnico ma soprattutto di uomini immensi. Ancora una volta è stato il patrimonio umano a fare la differenza: al Torino è proprio mancata la voglia di soffrire, ogni volta che la regia inquadrava da vicino i giocatori con la maglia granata nei loro visi vedevo costantemente un alone di sufficienza, come se fossero convinti che prima o poi il gol lo avrebbero fatto, senza problemi. Invece no: per vincere contro il grande Padova bisogna almeno uguagliarlo sotto il profilo del carattere. E il Torino ieri sera non l’ha fatto.

E’ giusto godersi il momento. Erano troppi anni che la squadra della città non regalava emozioni così forti. Dopo aver festeggiato però, giusto anche riportare i piedi per terra: a Torino il Padova ha acquisito la consapevolezza di essere una grande squadra. Dovrà però dimostrarlo fino alla fine se vuole conquistare un traguardo più ambizioso della semplice salvezza.    

GUAGLIO’ CHE ME SONO PERSA!

"Guaglio’, che ve site persi!".

Questa frase, in napoletano stretto, è stata scritta il giorno dopo la conquista del primo scudetto da parte di Maradona & C. all’ingresso di un camposanto di Napoli. Ecco, domenica, dopo aver visto per la prima volta Padova-Ancona su Telenuovo (il giorno prima allo stadio non c’ero), la sensazione che ho provato è stata proprio quella di essermi persa un grandissimo spettacolo. Il Padova del primo tempo è stato qualcosa di impressionante: non dico che mi sembrava di vedere una partita di Champions, ma poco ci è mancato. Che bel gioco, che grinta, che emozioni!

Il Cobra che segna il suo primo gol e, dopo aver festeggiato sotto la tribuna Fattori, si fa largo tra i compagni per abbracciare e ringraziare Totò. Lo stesso Cobra che, nell’occasione simile a quella del gol in cui però Di Nardo non gliel’ha passata preferendo la soluzione personale (sbagliando!), si arrabbia ma poi, in intervista, sorride e ammette candidamente: "Be’, forse anche io avrei fatto la stessa cosa…", Italiano che ormai non ci sono più parole per dire quant’è bravo. 

Anche in questo caso c’è stato da soffrire, per carità, con quel brivido finale che ci si poteva risparmiare, ma onestamente non riesco a non far prevalere in me le impressioni positive. Anzi, più che positive, ottime. 

Continuo a pensare che questa squadra abbia un patrimonio umano, prima che tecnico-tattico, straordinario! Ed è questo che ci porterà lontano, tanto lontano…      

LA DOMANDA DEGLI AMICI DI ASCOLI

Pochi minuti dopo il fischio finale della partita di Frosinone, ricevo una telefonata. 

Guardo il display ed è un caro amico che ho conosciuto, insieme ad altri suoi amici, in vacanza a Sharm el Sheik, cinque anni fa. Lui (e anche tutti gli altri) è di Ascoli, tifosissimo della squadra della sua città al punto da seguire tutte le trasferte, sia di campionato che di Coppa Italia. 

Abbiamo saputo della reciproca passione per il calcio facendoci le solite domande. "Che lavoro fai?", "La giornalista sportiva, seguo il Padova calcio", "Ah  ma allora conosci Zlatan Muslimovic, è stato ad Ascoli qualche anno fa".. e via discorrendo. Per tutti questi anni abbiamo continuato a sentirci spesso alla fine delle partite per parlare delle rispettive prestazioni, nonostante l’Ascoli fosse appunto in B e il Padova in C. Quando giocavamo contro la Sambenedettese poi la telefonata sua mi arrivava anche prima del fischio d’inizio. "Mi raccomando, li dovete asfaltare", mi diceva sempre, aggiungendo: "Lo sai che noi ad Ascoli lo stadio di San Benedetto lo chiamiamo "Riviera delle Salme" e non "Riviera delle Palme". Figuratevi quanto è stato contento quando l’anno scorso abbiamo battuto i loro rivali con un tondo 2-0 grazie alla doppietta di Di Nardo… La speranza è sempre stata quella di trovarci nello stesso campionato, prima o poi e finalmente ci siamo!!

Ma torniamo alla telefonata di oggi: non faccio nemmeno in tempo a dire pronto che il mio amico mi dice: "Ma vi siete messi in testa di andare in serie A?". Mi metto a ridere. Lui prosegue: "Avete fatto 2-2 a Frosinone, rimontando due volte. Non è cosa da poco, state andando bene Marty". Concordo in pieno con la sua analisi: il Padova del primo tempo è stato proprio bruttino, ma nella ripresa ho visto carattere e mentalità vincenti, come è ormai consuetudine da tredici partite a questa parte. Certo, la sfida del "Matusa" ha messo in evidenza qualche problemino, qualche limite che va superato, ma la reazione, ancora una volta micidiale, dei biancoscudati continua ad essere la costante di questa squadra che mi fa dormire sonni tranquilli. Il che, come giustamente ha detto lui, "non è cosa da poco".

A questo punto mi chiedo e vi chiedo: di fronte alla domanda "vi siete messi in testa di andare in serie A", che devo rispondere?

IL CASO VARRICCHIO

La prima volta che ho visto Massimiliano Varricchio se non l’ho odiato poco ci è mancato. Era l’ultima giornata di andata del campionato 2005-2006 e si giocava Spezia–Padova. Risultato finale: 1-0 per gli aquilotti spezzini e gol di Varricchio. Quando ha segnato e l’ho visto allargare le braccia facendo il gesto del volo, andando a muso duro verso i compagni ho subito pensato: "Mamma mia, che fenomeno! Cosa serve tutta ‘sta scena!". Chiaro che sul mio giudizio di allora pesò inevitabilmente il fatto che giocava contro la mia squadra del cuore. Non mi fece comunque nel complesso una buona impressione.

Un giorno, due anni dopo, succede che il Padova me lo compra. In panchina c’è Ezio Rossi. L’inizio non è male: in Padova–Monza segna il 2-0, riscattando con quel gol un errore dal dischetto. Viene in sala stampa e gli stringo la mano per la prima volta. La stretta è vigorosa e già questo mi colpisce positivamente. Poi esordisce dicendo: "Mi dispiace per il rigore sbagliato, mi sarei tirato da solo un calcio nel sedere per come l’ho calciato!". E lì penso: "Be’, ma allora è uno che sa anche ironizzare sui suoi errori". Poi finisce in panchina per via di Roberto Muzzi. Viene gettato nella mischia nel secondo tempo di Foligno–Padova e segna la rete dell’1-1. Viene in sala stampa e dice chiaro e tondo che la panchina non la gradisce per niente. Onesto e sincero. Di lì in poi diventa un perno insostituibile del Padova (passando anche per una squalifica dovuta ad una “rispostaccia” al pubblico a Sesto San Giovanni nel momento in cui stava per entrare in campo proprio di fronte al commissario di campo appostato a bordocampo!), arrivando in due campionati a segnare 28 gol (18 il primo, e non è poco visto che, appunto, erano molte le partite dei girone d’andata in cui non aveva giocato titolare per via di Muzzi, e 10 il secondo, compresa la rete playoff contro il Ravenna), ma in un paio di occasioni entra in polemica con i giornalisti, evitando la sala stampa nonostante vi fosse stato espressamente chiamato. Arriviamo alla stretta attualità: durante il calciomercato si parla di una sua possibile cessione in cambio dell’arrivo di Bruno dal Modena. Si dice che la Reggiana e il Verona lo vogliano e che De Franceschi e Sottovia tentino fino all’ultimo di darlo via. L’affare però non si concretizza e Varricchio rimane, mostrando però una punta di risentimento verso la società che ha tentato di venderlo e di nuovo nei confronti della stampa con cui rifiuta ora come ora ogni colloquio.

Tutta questa premessa per mettere in evidenza una cosa fondamentale che è sotto gli occhi di tutti: l’Airone ha un carattere molto forte. E’ uno di quelli che non ha mezze misure. Che non riesce a fare buon viso a cattiva sorte. Che se gli girano i cosiddetti, non si preoccupa di nasconderlo, anzi (vi ricordate a San Benedetto del Tronto che augurò a fine gara alla Samb di retrocedere e fallire?). Tutto questo può sembrare solo un difetto quando magari diventa eccessivo (come l’altra sera alla presentazione in piazza della Frutta: magari io al posto suo avrei evitato il muso lungo, se non altro perché di fronte c’erano i tifosi, mica solo la società e i giornalisti!) ma è anche un pregio se lo si guarda a 360 gradi: credo che Varricchio sia uno di quelli che non te le manda a dire, che non mormora le cose alle spalle, che non crea tensioni sotterranee, e questo, secondo il mio punto di vista, è anche un pregio quando lavori in gruppo perché sai che quello che vedi è quello che è e perché hai la certezza che non ti arriverà mai una pugnalata alla schiena.

Se poi si guarda il suo rendimento sul campo si vede chiaramente che la mancanza di mezze misure si riflette, più in positivo che in negativo, anche sulle prestazioni: sotto porta è infallibile e non l’ho mai visto una volta tirare indietro il piedino. Insomma, è un generoso: uno che dà forza fisica, crea spazi e si fa anche randellare magari anche solo per creare spazi per gli altri compagni. E poi, quando penso a lui, mi torna sempre in mente il gol che ha fatto a Venezia nella prima partita di Sabatini dopo l’esonero di Tesser: la corsa verso la panchina, l’abbraccio con tutti i compagni, la ricerca disperata di Sabatini in mezzo a tutti per dargli una sentita pacca sulla spalla e poi la dedica a Guerrino Gasparello che gli aveva fatto l’assist. “E’ tuo è tuo” continuava ad urlare l’Airone al compagno indicandolo con l’indice. E’ questo il Varricchio giocatore, c’è poco da fare.

Concludo qui il mio panegirico, scusandomi se mi sono dilungata in tanti particolari che non ritengo affatto superflui per inquadrare il personaggio in tutte le sue sfaccettature. Il succo è che Massimiliano Varricchio deve tornare ad essere uno dei perni di questo Padova. Quando ha avuto la fiducia di società, allenatore e tifosi ha dato il massimo ed è riuscito a fare cose straordinarie, trascinando la squadra ai playoff. Occorre farlo tornare a quel livello di motivazione. Farlo sentire importante. Non so quante partite giocherà, ma so che, se sarà il Varricchio di sempre, saprà lasciare il segno. Penso che la città gli debba un grande abbraccio collettivo per il contributo fondamentale che ha dato alla conquista della serie B.    

 

 

UN PUNTO GUADAGNATO

 

Finisce la partita. Dopo qualche minuto finisce anche la nostra diretta "Tuttocalcio". Poco prima di chiudere, il conduttore, Marco Campanale, mi lancia la provocazione: "Martina, secondo te questo pareggio a Reggio Calabria rappresenta un punto guadagnato o due punti persi?". In diretta rispondo che è un punto guadagnato, in casa di una delle pretendenti alla serie A, un’ottima squadra. Scorrono i titoli di coda. Marco si avvicina alla mia postazione e mi dice fuori onda: "Secondo me, invece, son due punti persi. Troppe occasioni sprecate".

La sua opinione mi rimbalza da una parte all’altra della testa per molte ore. Ma ancora adesso, che è passato quasi un giorno da questa seconda giornata di campionato, non riesco a farla mia. Continuo a pensare che è vero che il Padova ha creato molte più palle gol della Reggina, ma che comunque questo non può farci perdere il senso della realtà: la verità è che si giocava su un campo duro e che i biancoscudati hanno saputo interpretare la gara alla grande, mettendo in pratica il loro calcio, spingendosi avanti senza paura, reagendo alla grande al vantaggio (immeritato) dei padroni di casa.

Alla seconda giornata di campionato giudico questi segnali molto più importanti del risultato finale. E ritengo lo stesso risultato finale comunque più che soddisfacente. Quattro punti in due giornate. Su dai, chiunque di noi, alla vigilia dell’esordio, ci avrebbe messo la firma…

C’è poi da considerare che Edgar Cani è arrivato il giorno prima di Padova-Modena. E’ solo una settimana che lavora con il resto del gruppo ed è andato vicino al gol in altre tre occasioni oltre che in quella del pareggio: chissà cosa potrà mai fare quando avrà raggiunto un buon livello di amalgama.

Sì, è un punto guadagnato quello del Granillo. Fidatevi. 

TOTO’ E LADY B: LE DUE FACCE DI UN PADOVA VINCENTE

Stamattina mi sono svegliata alle 9.00. Com’è successo a ciascun tifoso del Padova, il mio primo pensiero è andato alla splendida vittoria di ieri sera sul Modena. Ancora un po’ tra le braccia e le nebbie del dio del sonno, Morfeo, le prime due immagini nitide che mi sono comparse davanti agli occhi sono state quella di Totò Di Nardo e del suo bellissimo gol (con altrettanto spettacolare assist di Rabito) e di Barbara Carron, la vicepresidente, che ieri sera ha commentato con me la partita durante "Tuttocalcio".

Allora ho pensato che, messi insieme, rappresentano davvero un po’ tutta la realtà del Padova. "Totò" l’estate scorsa a quest’ora era fuori rosa: il modulo prescelto dall’allenatore Carlo Sabatini era il 4-3-3 con Rabito e Baù di fascia e Filippini a fare da valida alternativa a uno dei due. Per Di Nardo non c’era posto, un po’ come è adesso per Eder Baù. Però il bomberino napoletano, che poteva benissimo scegliere di cambiare aria (una Prima divisione di livello, se solo avesse voluto, l’avrebbe senz’altro trovata, forse anche una B di media classifica!), si è impuntato: voleva fare bene qui e un po’ alla volta, con impegno, dedizione e una passione che ieri sera, nel primo piano della telecamera subito dopo il gol, gli ha illuminato come non mai lo sguardo, è riuscito a far girare la squadra attorno a sè. E’ questo tipo di volontà e di testardaggine che, nell’ultima parte dello scorso campionato, ha cementato il gruppo e fatto la forza del Padova che ha conquistato la B. Giusto che il primo protagonista di questa nuova annata sia proprio lui. Giusto che questo spirito, da lui perfettamente incarnato, sia la costante di tutto il gruppo, anche dei nuovi arrivati che evidentemente si sono lasciati piacevolmente contagiare.

Perchè una squadra di calcio sia messa nelle condizioni di rendere al meglio occorre però una società solida: Marcello Cestaro rappresenta indubbiamente la colonna portante del "Biancoscudo", ma, al suo fianco, non è da meno la vicepresidente Barbara Carron, ormai battezzata "Lady B". Lei e il fratello Diego sono di Treviso: avrebbero benissimo potuto dire, dopo gli insuccessi dei primi anni, "ok, ragazzi, abbiamo investito, è andata male, arrivederci e grazie", e invece no: Barbara è come Di Nardo. Si è intestardita. Si è affezionata. Le parli del Padova e le brillano gli occhi. Voleva la B con questa maglia e l’ha avuta, mettendo nel percorso della squadra, oltre al denaro della sua azienda, anche una spruzzata di freschezza, sensibilità ed entusiasmo.

Ora vuol continuare a sognare, insieme a tutta la città. Ecco perchè, aspettando la trasferta a Reggio Calabria, mi auguro che questa prima vittoria diventi il trampolino di lancio anche per quei tifosi ancora un po’ scettici che non sono corsi ad abbonarsi. Guardate gli occhi di Totò e Lady B: non potranno non convincervi.