IL TRIDENTE DELLE MERAVIGLIE PERDE I PEZZI

Senza Andrea Rabito, costretto domenica a San Benedetto ad uscire alla fine del primo tempo per una distorsione alla caviglia e adesso anche senza Eder Baù, che la pubalgia ci restituirà solo dopo Natale, se tutto va bene. Onestamente io sono preoccupata: del maggiore punto di forza di questo Padova, ovvero il tridente d’attacco, sopravvive (calcisticamente parlando) il solo Max Varricchio e chissà per quanto tempo dovrà rinunciare ad almeno una delle sue due ali. 
Nell’ambiente biancoscudato, giustamente, tutti si affrettano a precisare che la rosa è ampia: che in panchina ci sono signori giocatori come Di Nardo, Gasparello e Filippini, che per la categoria rappresentano un lusso, e giovani interessanti come Lewandowski e Baccolo. Non mi sognerei mai di mettere in dubbio che sia così, ma il tridente Baù – Varricchio – Rabito aveva una marcia in più: oltre alle qualità individuali dei tre componenti, ha quell’amalgama nata da un campionato intero passato a conoscersi, a trovare i meccanismi. L’attacco del Padova è così stellare perchè, rispetto al precedente torneo, è il reparto in cui non è stato cambiato nulla e c’è stato il rispetto della continuità.
Di Nardo, Gasparello, Lewandowski e Baccolo faranno senz’altro benissimo. Ma saranno ancora più bravi se riusciranno a ridurre ai minimi termini il periodo di ambientamento e a restituire in tempi brevissimi all’attacco la sua specialità. L’orizzonte dice che stanno arrivando il Cesena, la Spal, il Ravenna e la Cremonese. Mica fronzoli.    

LEWANDOWSKI, FILIPPINI, BACCOLO: LARGO AI GIOVANI!

E’ mancato il guizzo vincente, è vero. Con tutte le volte che i biancoscudati si sono presentati a tu per tu con Aprea, almeno un pallone doveva finire alle sue spalle e gonfiare la rete. Però la notte del derby con gli arancioneroverdi ha offerto al palato dei tifosi padovani un Padova in salute, capace di reagire alla velocità della luce alla partenza sprint del Venezia e di procurarsi almeno cinque-sei nitide occasioni da rete. In una sola parola, una squadra matura, brava a resistere agli attacchi quando gli avversari hanno tentato di metterla in difficoltà e altrettanto irrefrenabile quando è stato il momento di attaccare per vincere la partita. Il Padova ha inoltre regalato a tutti la consapevolezza che il gruppo, oltre ad essere dotato di undici titolari di grande calibro, ha al suo interno anche giovani che definire semplicemente "interessanti" è dire poco. Alberto Filippini e Marc Lewandowski, chiamati a sostituire all’ultimo momento l’acciaccato Baù e il febbricitante Gentile, hanno esibito una personalità da big e giocate di categoria. Pure Pietro Baccolo, entrato a partita in corso, non ha assolutamente tirato indietro la gamba, anzi. Tutto questo mi fa ben sperare per il prosieguo del campionato perchè i segnali sono quelli di una crescita progressiva. Forse davvero la dirigenza ha indovinato la ricetta giusta per fare del Padova un impasto vincente. E’ questa la squadra che il tifoso vuol sempre vedere in campo: la speranza è che dalle prossime partite arrivino solo conferme e ulteriori miglioramenti.   

P.S.: ho scoperto perchè Ire ha adottato per una settimana la linea del "silenzio": voleva farmi una bella sorpresa e ci è riuscita, portandomi ieri sera allo stadio un bellissimo mazzo di fiori, insieme alla sorella Elena. "Vince chi ha la volontà di vincere" era scritto nel biglietto. Grazie davvero, dolcissima Ire e grazie anche a te Elena. Auguro anche a voi di raggiungere traguardi ambiziosi perchè ve li meritate tutti.

 

CHISSA’ SE ORA LA PROFEZIA SI AVVERA…

Ragazzi, da non credere. Mi sono laureata. Pensavo che, visti i tanti impegni di lavoro, avrei dovuto rinunciare a completare l’università e invece eccomi qui ancora frastornata dalla grande felicità (probabilmente si tratta ancora degli effetti dell’alcool che mi hanno fatto ingurgitare gli amici per festeggiare!). 

Vi racconto della mia laurea, oltre che per condividere con voi l’immensa gioia di questo momento, anche perchè questo traguardo è legato ad una sorta di "profezia" di qualche anno fa in cui c’entra proprio il calcio Padova e di cui mi sono ricordata la sera della discussione della mia tesi, nel momento in cui, mentre tornavo a casa ancora vestita con la divisa biancoscudata (eh sì, mi hanno vestito da calciatrice, chissà perchè…) ho ricevuto la telefonata di Gianluca Di Marzio. Il grande Gianluca, che ringrazierò sempre per aver creduto in me portandomi a Telenuovo e insegnandomi a fare televisione, mi ha fatto le congratulazioni e proprio in quel momento mi sono ricordata di un aneddoto. 

Di quando cioè lui era ancora a Telenuovo e conduceva la trasmissione "Biancoscudati channel": una voltà mi invitò, come collaboratrice de "Il Mattino di Padova" e, al termine della puntata, mi chiese cosa mi auguravo per il futuro del Padova. Io risposi: "Spero che il Padova vada in B in occasione della mia laurea, così festeggeremo due bei traguardi". Mi mancavano pochi esami, allora, ed ero convinta che nel giro di pochi mesi ce l’avrei fatta. Invece mi sono laureata l’altro ieri e, fatalità, la squadra biancoscudata non è mai riuscita in questi anni, pur sfiorandoli più volte, ad agguantare nemmeno i playoff.

Che sia un segno del destino? Che sia l’anno buono per la sottoscritta e per il Padova? Visto che il mio traguardo, molto in ritardo, sono riuscita a tagliarlo, mi auguro di cuore che a maggio tocchi agli uomini di Carlo Sabatini.

Vai, grande Padova, ora tocca a te!


 

TANTA VOGLIA DI… TRIS

Sì, è vero, è difficilissimo riuscire a portare a casa tre vittorie di fila. Ce la fanno solo le grandi della serie A e ultimamente nemmeno più tanto spesso perchè il calcio si è livellato anche lì e riserva, di domenica in domenica, sempre nuove sorprese.

Il tifoso padovano però domani ci spera, eccome se ci spera che il Padova, dopo aver battuto la Pro Sesto e aver espugnato il Bentegodi, riesca a calare il tris sul tavolo del campionato e battere anche il Portosummaga. La formazione veneziana ha già fatto vedere il suo valore in precampionato, viene da una vittoria sulla Cremonese (mica male!) e ha giocatori che per la Prima divisione vanno più che bene per disputare un buon campionato, compreso un ex con tanta voglia di stupire coloro che a Padova lo hanno sempre criticato e giudicato non all’altezza: Andrea Maniero.

Eppure non sono i valori tecnico tattici del Portosummaga a spaventarmi: anche stavolta sarà sul filo dei nervi che si giocherà la partita e soprattutto sotto il profilo della capacità di soffrire il Padova dovrà dimostrare di esserci, proprio come è stato sei giorni fa a Verona. Se i biancoscudati terranno duro mentalmente, la terza vittoria di fila la porteranno a casa. Senza ombra di dubbio. 

LE NUBI FINALMENTE SI DIRADANO

Il cielo torna sereno sopra la testa del Padova e del suo allenatore, Carlo Sabatini. Inutile nasconderselo: non fosse arrivato un risultato positivo a Verona, il tecnico perugino sarebbe di nuovo finito sopra una graticola rovente, a rischio cottura. Invece no: i ragazzi, i SUOI ragazzi, hanno risposto ancora alla grande, mostrando quel cinismo che l’anno scorso era proprio l’elemento caratteriale che in molte occasioni era mancato proprio sul più bello. Vincere al Bentegodi (contro un Verona che non è nemmeno lontano parente della squadra "morta" incontrata due volte nel passato torneo) non è impresa che riuscirà a tante squadre: riuscire a farlo senza nemmeno l’incitamento di un tifoso della tua maglietta, arricchisce il successo di un sapore particolare e piacevolissimo. 

Ora mi auguro solo una cosa: che la finiamo con ‘sta storia dell’ultimatum o non ultimatum. Sabatini ha bisogno di lavorare serenamente, senza i fantasmi di un esonero. Ha dimostrato di aver imboccato la strada giusta, una strada fatta di bel gioco ma anche di capacità di gestione e di carattere. Lasciamolo continuare: io resto convintissima che ci porterà molto lontano. 

P.S.: ringrazio Ennekappa e tutti coloro che in queste ore mi hanno fatto sentire la loro "solidarietà" per il "coro personalizzato" che mi hanno riservato i tifosi del Verona ieri. Siete carinissimi, ma, da persona abituata per carattere e per professione ad andare oltre l’apparenza, sono convinta che, per quanto le parole non fossero proprio leggere, quel coro fosse una manifestazione di affetto. Ragione per cui non me la sono assolutamente presa e anzi, ho affrontato il tutto con ironia e simpatia, andando anche a salutare di persona le persone che mi hanno dedicato quel coro. Che peraltro hanno risposto con altrettanta simpatia!  

GRANDE PADOVA, MA I TEST NON SONO FINITI

I giocatori del Padova si sono assunti le loro responsabilità. Tutti insieme si sono passati la corda attorno alla vita e hanno trainato il loro allenatore, Carlo Sabatini, fuori dalla tempesta in cui lo avevano cacciato dopo la sciagurata prestazione di Novara. Ineccepibile la prestazione contro la Pro Sesto: determinazione a mille, risultato rotondo, porta di Andrea Cano (al rientro: e si è sentito!) finalmente immacolata, equilibri almeno in parte ristabiliti, anche se, come ammettono gli stessi biancoscudati, c’è ancora da lavorare (e ci mancherebbe: siamo solo alla quarta giornata!).

Aver visto i giocatori tirare fuori il lato di uomini, oltre che quello di calciatori, mi ha piacevolmente colpito. Aver visto Varricchio e Rabito andare ad abbracciare Sabatini dopo i gol, chiamando a rapporto tutta la squadra, mi ha riempito il cuore di gioia, perchè non era giusto che finisse come purtroppo sarebbe finita se i biancoscudati non avessero tirato fuori i… cosiddetti. Erano proprio questi ad essere mancati, non era possibile che il Padova si fosse "imbrocchito" all’improvviso.

Ora guai a cullarsi sugli allori. Sbaglia il presidente Cestaro se considera Verona un’altra ultima spiaggia per il suo allenatore, come mi è parso di capire (anche se a me non l’ha detto direttamente) dalle sue dichiarazioni di oggi. Un tecnico non può lavorare serenamente con una perenne spada di Damocle sopra la testa. Ecco perchè mi auguro di aver inteso male le parole del presidente o semplicemente che lui intendesse dire che si aspetta continuità sul piano della prestazione. 

In effetti, però, su una cosa bisogna essere chiari, ovvero che gli esami non sono finiti: a Verona bisognerà uguagliare, sotto il profilo della mentalità, la gara odierna con la "Pro", dimostrando che il tunnel della crisi è definitivamente alle spalle. Ciò non significa vincere per forza, significa semplicemente dare tutto e uscire, esattamente com’è stato oggi, a testa alta. L’unica cosa che nel calcio, come del resto nella vita, conta veramente.

CHE I GIOCATORI SI ASSUMANO LE LORO RESPONSABILITA’

Caratterialmente non sono una che crede alle coincidenze o alle metamorfosi improvvise e apparentemente inspiegabili. Men che meno alla "cappa di sfiga" che, secondo alcuni, aleggerebbe su Padova e sul Padova, a causa della quale in questa piazza è impossibile ottenere risultati.

Credo invece nella buona volontà e nella determinazione delle persone, due elementi psicologici che hanno il potere di muovere gli eventi da una parte o dall’altra se usati in dose massiccia. Ecco, sono convinta che attualmente il problema del Padova non sia un allenatore che all’improvviso non capisce più nulla di calcio dopo aver impresso alla squadra, nel mese di agosto, un gioco perfettamente equilibrato e spumeggiante. Anzi: lui ce l’ha messa e continua a mettercela tutta. Penso piuttosto che, alla prima difficoltà, qualche giocatore abbia un po’ mollato, non facendo più fino in fondo il proprio dovere. Esonerare Sabatini? Per quel che mi riguarda sarebbe l’ennesimo palliativo che non risolve il problema alla radice. 

I giocatori, che non possono all’improvviso essersi "imbrocchiti" del tutto visti i numeri che hanno esibito fino a non molto tempo fa, devono guardarsi in faccia, guardarsi allo specchio e chiedersi se hanno fatto fino il fondo quel che dovevano per evitare un inizio di stagione così terrificante. Capisco che faccia male pigliare certi gol, che sia dura rialzarsi quando si va sotto, che non sia facile giocare a Novara, su un campo caldo, stretto e fangoso. Però bisogna che mettano insieme le loro forze e reagiscano, da uomini prima che da giocatori di calcio. Questo mi aspetto di vedere domenica con la Pro Sesto in casa. Se non lo vedrò, penso che il destino di Sabatini sarà segnato: ma penso anche che non sia giusto che finisca così.       

PADOVA BIFRONTE: UNA BOMBA DAVANTI, UNA FRANA DIETRO, COME QUELLO DI FROSIO

E’ incredibile. Tutto mi sarei aspettata, in questo avvio di campionato, fuorchè di ritrovarmi dinanzi un Padova bifronte, come il dio Giano che aveva due teste: un carrarmato implacabile davanti, grazie alle immense qualità del tridente composto da Andrea Rabito, Massimiliano Varricchio ed Eder Baù, tenero come il tonno che si taglia con un grissino dietro. In effetti, a volerle vedere, certe avvisaglie c’erano anche in precampionato, solo che i fumi dell’entusiasmo per le vittorie contro Piacenza e Chievo le avevano un pochino fatte passare in secondo piano. 

Comunque sia, è arrivato il momento di affrontare la situazione: a Legnano si poteva anche invocare il fatto che era la prima partita, che era caldo e che il portiere Facchin ne aveva combinata una peggio dell’altra. Stavolta non ci si può attaccare agli episodi, innanzitutto perchè Davide Facchin ha riscattato ampiamente la prova opaca della prima giornata con un paio di uscite davvero provvidenziali sugli attaccanti del Lumezzane e, in secondo luogo, perchè è evidente che non ci troviamo di fronte ad errori dei singoli. Come seguitano a dire i biancoscudati, e insieme a loro l’allenatore Sabatini, è la fase difensiva nel suo complesso che presenta più di una pecca. Bisogna adottare assolutamente le adeguate contromisure e garantire più copertura dietro, altrimenti non si andrà da nessuna parte.

Questo Padova mi ricorda tanto la squadra di Pierluigi Frosio, l’ultima, peraltro, che è riuscita ad agguantare i playoff, nella stagione 2002-2003, arrivando quinta e perdendoli poi in semifinale con l’AlbinoLeffe. Allora il trio delle meraviglie era composto da Mariano Sotgia, Ciro Ginestra e Davidone Succi: segnarono una caterva di gol, portando in alto il Padova, ma anche allora l’inizio del campionato fu pessimo (sconfitta in casa per 3-2 col Cesena alla prima, pareggio per 2-2 a Carrara nella seconda e via così) e, alla fine, a fare la differenza, in negativo, furono proprio le mancanze della fase difensiva, che non riuscì mai a compensare la forza dell’attacco (ci ricordiamo tutti, purtroppo, nella semifinale di andata dei playoff contro l’AlbinoLeffe, che razza di gol abbiamo preso….). 

Quel che oggi mi conforta, rispetto ad allora, è che Carlo Sabatini ha già ammesso che esiste un problema e lo ha individuato, assicurando che rivedrà quanto prima le sue decisioni circa gli assetti tattici. E che poi siamo alla seconda di andata, non già alla semifinale playoff… C’è davvero tutto il tempo, basta, stavolta, sfruttarlo a dovere e non perderne altro.     

BIGLIETTERIE CHIUSE ALLE 12: “MOTIVI DI ORDINE PUBBLICO”

Le biglietterie dello stadio Euganeo devono chiudere con tre ore di anticipo, rispetto all’orario di inizio della partita, per motivi di "ordine pubblico". "Abbiamo trovato questo tipo di accordo con Questura e Prefettura – ha detto il consigliere delegato del Padova, Gianluca Sottovia – perchè, con l’introduzione dei tornelli, i tempi di ingresso allo stadio si allungano notevolmente e le forze dell’ordine vogliono che si evitino situazioni di tensione e code troppo lunghe. La chiusura anticipata delle biglietterie è regola già attuata nelle altre piazze che hanno introdotto l’uso dei tornelli". Sottovia ha promesso, proprio per andare incontro ai tifosi che in queste ore hanno sommerso di telefonate la sede, che la società biancoscudata cercherà di portare da tre a due le ore di chiusura anticipata delle biglietterie. Contemporaneamente ha però invitato i tifosi a cambiare le proprie abitudini. "Bisogna abituarsi ad arrivare per tempo e ad acquistare i biglietti in prevendita. Distribuiremo in queste ore un vademecum con tutte le istruzioni per l’uso".  

ANDREA RABITO: LA PRIMA TRIPLETTA, LA VOGLIA DI TORNARE IN B E… DINTORNI

A Legnano non è andata come tutti speravano (anzi, come tutti speravamo!). Avevamo in pugno una vittoria, è arrivato solo un pari. La prima di campionato ha però regalato, insieme alla consapevolezza che c’è ancora molto da lavorare soprattutto sulla fase difensiva, anche la certezza che lì davanti siamo una vera e propria corazzata. E che, all’interno di questa corazzata, un ruolo da protagonista indiscusso se lo ritaglierà senz’altro Andrea Rabito: il "Roger Rabbit" biancoscudato, già autore l’anno scorso di 13 gol, a Legnano ha lasciato tutti a bocca aperta esordendo addirittura con la prima tripletta della sua carriera.

Ecco un piccolo ritratto inedito dell’esterno d’attacco di Cavazzale.

I primi tre gol dell’anno li ha dedicati allo zio Leopoldo, che l’anno scorso ha avuto un brutto incidente sul lavoro cadendo da una impalcatura e che, dopo tanta sofferenza, ha intrapreso fortunatamente la strada della guarigione definitiva. Non solo: il suo pensiero si rivolge anche a chi, quando lui era in B, non ha creduto in lui costringendolo a tornare in serie C per dimostrare nuovamente il suo valore. "Mi riferisco, ad esempio, a Mondonico che ho avuto all’AlbinoLeffe – spiega Rabito – e che proprio non mi vedeva. Ora la B spero di riconquistarla col Padova". Delle esperienze vissute tra i cadetti (Modena, Sampdoria, Terni, Livorno, Rimini e, appunto, AlbinoLeffe) è quella modenese che gli è rimasta più nel cuore perchè è stata la prima e si è conclusa con una straordinaria promozione in A che non si aspettava. Proprio a Modena, dove torna spesso a trovare gli amici, Rabito ha trovato un anno e mezzo fa la "morosa": Francesca, 21 anni, che definisce "semplice, spensierata, allegra e profana di calcio: tutte cose che me la fanno amare tantissimo". 

Hobby particolari non ne ha: a Rabito piace molto la musica di Vasco Rossi, di cui spera di assistere presto ad un concerto dal vivo. Il nostro eroe ama inoltre viaggiare: prossimi obiettivi Londra, Barcellona, Berlino e gli States. Ma l’obiettivo più immediato rimane "vincere con il Lumezzane domenica all’Euganeo perchè Cittadella e Sassuolo ci hanno insegnato l’anno scorso che, per arrivare in fondo, bisogna partire forte e avere continuità di rendimento, anche fuori casa. Bisogna fare lo stesso".