Tre fasi della mia vita e questa parola ha preso "connotati" assolutamente diversi e controversi.
* "G’ò dato na "stèca" nela caucìa che el m’à girà al largo par tuto el resto dela partia" (gli ho dato una botta nella caviglia che mi ha girato al largo per il resto della partita).
Ero un terzinaccio del Colorificio Scaligero moolto scarso (non riuscivo a fare più di 4/5 palleggi e passavo la palla solo di "spatòla", infamemente ribatezzata "piattone" da "bisteccone" Galeazzi), però ero "prestante" e sostanzialmente senza paura del dolore fisico.
Oggi la "prestanza" si è trasformata in "pingue" rotondità, il dolore fisico è sempre abbastanza governato, però da anni ha fatto capolino (?) una sorta di "dolore" per i molti errori commessi ed in fase di bilancio, a "giro di boa" avvenuto da tempo, QUELLI pesano ed "incanalarli nel fatalismo" o "anestetizzarli" a me risulta assai difficile.
** "O’ fato na "stèca" che l’à dovudo farse i impachi de ciàra de ovo montada par rinfrecarse"la" na s-cianta" ( traduco con leggerezza: ho fatto una "copula" che lei ha dovuto farsi degli impacchi con l’albume montato per rinfrescarsi "LA’…dove anche il Sommo Dante aveva perso la diritta via..".
A parte il fatto che non ho mai potuto verificare le virtù terapeutiche della "ciàra de ovo" come rinfrescante avendo totale ripulsa per l’odor da "freschìno", il "concetto" sopra riportato trasuda dell’arroganza tipica di quell’età (16/17 anni) nei quali devi sentirti "attore attivo" della "prestazione", essendo ancora impensabili i piaceri assoluti della "molle/pigra passività" dell’essere "usato" come "strumento di piacere".
Solo il Conte Zingàro, carissimo Amico, potrebbe capirmi, ma lui è di là dall’Oceano Atlantico a "rinfrescare i panni" nel Rio delle Amazzoni ed a trovar conferme di quanto sopra.
Cedo sia una bella conquista, fors’anche un po’ "obbligata", quella del provar gusto nel diventar soggetto "passivo" nel rapporto di coppia, rigorosamente "etero" nel mio caso, ma senza pre-giudizi per chi fosse "avvezzo" ad altri usi & costumi.
Credo che il termine "stèca" per indicare la "copula" (e daghèla..) sia abbastanza recente nel nostro dialetto e probabilmente mutuato dal movimento della "stèca" da biliardo.
Altro sport nel quale sono riuscito solo ad evitare i rigori del cartello "Primo strappo Lire 10.000…Secondo strappo 20.000…Terzo strappo 30.00" (che se ci pensate bene è totalmente privo di significato, nel senso che al primo strappo ti tolgono la "stècca" di mano…e ti mandano a casa).
Miti della "stèca" del "panno verde" che ricordo ammirato erano "el Lupo", "el Pèlo" e "el Rosso" (per via della capigliatura e non dell’orientamento politico).
Miti della "stèca" metaforica…francamente nessuno.
Essere nati in un quartiere popolarissimo, molto misto, dove ti potevi laureare "DOTTORE" già a 7/8 anni e fare "pratica"…ha aiutato moltissimo nell’approccio per le "visite" in età più adulta…
*** Domanda : "…com’eto fato a ciapàr tì quel lavoro là ?…"
Risposta : "…g’ò dato la "stèca"…ovio…"
Beh francamente quella "ovvietà" mi è sempre sembrata una mortifera jattura sotto OGNI profilo e necessiterebbe di non essere considerata "ineluttabile".
Quelli BRAVI ed ORGANIZZATI non potevano "far prezzo" e gli "scalcinati" prendevano/prendono(?) i lavori o i clienti.
In questo turpe ambito il termine "stèca" sta per "parte".
Come ci ricorda il Solinas nel suo "Glossario del Gergo della malavita Veronese": "se te vegnarè a ciordàr te cucarè la to "stèca"…(se verrai a rubare prenderai la tua parte).
Ci sono ovviamente altre "stèche" nella vita di ciascuno, ma io mi fermo qui.