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QUESTA È LA STORIA…

Questa è una storia di ridicola e drammatica arroganza. Ridicola per la modestia dei suoi protagonisti. Drammatica perché c’è di mezzo il Verona.

Questa è la storia di un presidente con pochi denari e ancor meno credibilità, smentito nelle sue smentite su Volpi e incapace di realizzare le due promesse cardine del suo mandato: il centro sportivo e il consolidamento in serie A. Un presidente che dopo anni di gelo e noncuranza sentimentale ha provato improvvisamente e disperatamente a conquistarsi la piazza con una lettera scritta pure male, un’ora interminabile di video e una serie di interviste accomodanti (ma alle domande vere di Vighini è andato in difficoltà). Un presidente che ha detto restando serio. “Il Verona vale 70 milioni”.

Questa è la storia di un direttore sportivo che da ds in carriera ha esercitato poco. Un ds frenato da una contraddizione: decisionista, ma di scarsa personalità. Così si è circondato di collaboratori che ne hanno ancor meno, in primis l’allenatore. Un direttore sportivo che ha sistemato un po’ i conti e che nella sua prima stagione in B ha indovinato pure qualche colpo (Bessa, Fossati, Bruno Zuculini e Ferrari), ma che quest’anno ha sbagliato di tutto e di più, nel mercato e nella gestione tecnica ed emotiva (i casi Cassano, Pazzini e Caceres hanno lasciato macerie morali). E che ha avuto la debolezza di circondarsi di poco acuti signorsì,  anziché confrontarsi anche solo indirettamente con la critica. La poca lungimiranza e una costante sindrome di accerchiamento, corroborata da futili e insensati appelli all’ottimismo, hanno fatto il resto. Oggi il ds si dimette, una decisione surreale e irritante talmente è fuori tempo massimo. . 

Questa è la storia di un allenatore che faceva l’assistente. Un allenatore che in conferenza stampa non parla mai di calcio, ma di “spirito”, “approccio”, “episodi”, “crescita”, “fiducia” in una serie sconcertante di banalità e parole vuote. Un allenatore che in campo non ha saputo migliorare un solo giocatore (Fares addirittura si è involuto), la cui fase difensiva fa acqua e che via via ha smarrito anche le sue (poche) certezze arroccandosi nella più letale confusione. Un allenatore che si è spinto negli abissi più profondi dichiarando: “Il calcio non ha una logica”.

Questa è la storia di chi ha continuamente ricercato alibi. Di chi ha minimizzato. Di chi ha furbescamente colpevolizzato l’ambiente o alcuni giocatori poi epurati. E’ la storia di chi non ha posto domande. E’ la storia di chi ha scambiato erroneamente il diritto di critica con la libertà di applausi, a favore ovviamente della seconda. E’ la storia dei professionisti del vittimismo che scambiano normalissime critiche per attacchi personali. E’ la storia di chi prova a spegnere le voci non allineate. Ma poi l’unica cosa che si spegne è la loro pietosa tracotanza.

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