COME DICE ZANETTI, IL VERONA RENDE SOTTO PRESSIONE. LA CRITICA FA SOLO CHE BENE

Ha detto tutto lui, Paolo Zanetti, ieri, nell’intensa conferenza stampa post Verona-Roma: “Dove possiamo arrivare? Non lo so, ma noi dobbiamo sempre pensare che siamo destinati a soffrire fino alla fine, se pensiamo a qualcos’altro emergono i nostri difetti. Ci serve mantenere l’umiltà, tenere il profilo basso, metterci un sassolino nella scarpa anche quando le cose vanno bene. Nel momento che ci sentiamo bravi abbassiamo la tensione, è nelle caratteristiche di questo gruppo che è ancora in fase di costruzione “.

Parole vere, lucide, oneste. Ma non definitive, perché Zanetti è ambizioso: “Questa squadra tecnicamente ha grandi margini, non abbiamo campioni, ma abbiamo talenti, ma se si vuole crescere bisogna abituarsi a fare grandi prestazioni non solo quando si ha l’acqua alla gola, che è tipico di chi è abituato a stare in basso”.

Ecco, il salto di qualità è racchiuso in queste parole: chi è davvero forte vince anche in condizioni normali. Non serve aggiungere altro, se non una considerazione: oggi il Verona, squadra di qualità ma ancora immatura, per il momento ha bisogno di essere sotto pressione per rendere al meglio. Quindi ben venga la critica, anche dura, purché argomentata e non fine a se stessa. A Verona, invece, spesso ci perdiamo nelle faziosità, ci avveleniamo di pregiudizi, nei pro e contro aprioristici, nel “va tutto bene madama la marchesa” da una parte o nel disfattismo velenoso dall’altra. Il grande assente in questa polarizzazione dialettica è il calcio, se ne parla sempre troppo poco. Per dire, ieri si è visto che Magnani e Coppola non sono scarsi, anzi; che la squadra è tecnicamente valida (chi li ha Duda e Serdar a centrocampo? E mancava Belahyane…); e che Zanetti sa allenare, semmai non ha ancora trovato l’equilibrio d’insieme (per le perduranti assenze a centrocampo, ma anche per errori suoi).

La vittoria con la Roma non cancella di per sé tutti i problemi. Sarebbe sciocco pensarlo. Abbiamo sfruttato il periodo incerto dell’avversario (fa parte del calcio, del resto…) e nel primo tempo non tutto è girato. Meglio dirlo, perché con la Fiorentina servirà qualcosa di più. Ma questa volta Zanetti ha saputo leggere la partita (Kastanos era spento e ti “abbassava” la squadra) e il Verona ha ritrovato corsa e atteggiamento. A differenza dell’allenatore, però, credo che in fase difensiva abbiamo sofferto troppo anche contro la Roma. E’ vero che la squadra ha “naturalmente” caratteristiche offensive e che non ha giocatori “di gamba” (i Folorunsho e Noslin dell’anno scorso) per rintanarsi dietro a difendersi e ripartire. E so bene che a Zanetti piace soprattutto attaccare. Però adesso con questi Serdar e Duda e il rientro di Belahyane può essere arrivato il momento di provare il centrocampo a tre. Un piccolo accorgimento che può aiutare a trovare solidità senza snaturarsi.

NON SPEGNETE LA LUCE

Questo mio articolo potrebbe essere un copia e incolla del precedente (22 ottobre, dopo lo 0-3 col Monza). Siamo sempre qui a dirci le stesse cose: il Verona continua ad avere seri problemi di equilibrio tattico. Anche a Lecce, l’espulsione di Tchatchoua nasce da una cattiva transizione tra fase offensiva e difensiva. Tradotto: non siamo mai preparati sulle ripartenze degli avversari. Quanti gol abbiamo preso centralmente? Gli errori individuali ci sono, ma spesso i difensori si trovano in affanno, alle prese con spericolati uno contro uno, senza la protezione dei centrocampisti e con le distanze tra i reparti sballate. Non impicchiamoci sui moduli, la questione è che bisogna lavorare di più e meglio sulla fase difensiva e forse anche cambiare atteggiamento, quindi giocare meno “alti” (riguardatevi l’azione che ha portato proprio all’espulsione di Tchatchoua, sullo 0-0…) e più coperti, almeno finché non passa la buriana.

Zanetti degli alibi li ha: Serdar, che è un equilibratore, è stato fermo a lungo e ancora adesso non è in condizione, Duda tra impegni in nazionale, infortunio e squalifiche non riesce a trovare continuità, Belahyane ora sarà fermato dal giudice sportivo. Menziono, non a caso, i nostri tre migliori centrocampisti, che il tecnico sostanzialmente non ha mai potuto schierare insieme. La linea mediana è il reparto determinante e Zanetti, forse, adesso è davvero intenzionato a giocare a tre per dare più copertura alla difesa, ma è chiaro che lo aiuterebbe avere i migliori a disposizione.

D’altro canto, il tecnico qualcosina in lucidità sta smarrendo.  Puoi avere cuore, sensibilità, attaccamento, metterci la faccia – tutte caratteristiche apprezzabili che sono nel bagaglio di Zanetti –  ma poi devi anche ragionare e saper leggere la situazione. E torniamo al punto di partenza: se prendi 19 gol in 7 partite, spesso in modo similare, significa che hai un enorme problema tattico da risolvere. Abbiamo prestato il fianco perfino al Lecce, che prima di noi aveva realizzato solo tre reti.  

Il calcio poi ha delle consuetudini, in ogni tempo e in ogni luogo. Se non fornisci loro gli strumenti più adatti, poi capita che ai giocatori si spenga la luce e perdano in temperamento, motivazione, autostima, concentrazione, anche inconsapevolmente. Non è questione di giocare contro l’allenatore (non sta accadendo nel Verona), è questione forse di credere meno nelle possibilità di fare risultato e nelle proprie capacità. Questo spiega anche il palese nervosismo che si manifesta spesso in campo (da Dawidowicz col Torino a Belahyane ieri i casi si sprecano…).

Ecco, riaccendete la luce. Zanetti trovi l’interruttore giusto. Altrimenti sarà buio pesto.

MANCA (ANCORA) L’EQUILIBRIO, TOCCA A ZANETTI TROVARLO

Siamo Dr Jekyll e Mr Hide. Dopo otto partite il Verona non ha ancora un suo equilibrio. Zanetti deve incidere di più. La classifica, discreta, è più figlia degli assoli dei talenti (che dalla cintola in su non mancano), assecondati certamente dalla predisposizione all’attacco, più che alla difesa, del tecnico. La squadra però è disarticolata nelle due fasi, pressa “alto” e sa offendere, ma si scopre dietro. Risultato? Vittorie altisonanti e rumorosi tonfi, mai un pareggio. Non sarà un caso. E 15 gol presi sono tanti, troppi, 12 solo nelle ultime cinque partite. Houston abbiamo un problema! E non si possono mettere in croce i singoli difensori, sarebbe riduttivo, anche perché i nostri, presi uno a uno, sono comunque di categoria.

Piuttosto c’è una tema tattico da affrontare: con una squadra che ha qualità offensiva e giocate individuali, e quindi il gol prima o poi lo trova (solo con Juve e Monza non siamo andati a referto), non varrebbe forse la pena giocare un po’ più coperti, meno “alti”, un po’ sornioni, pensando innanzitutto a non subire, in attesa degli eventi? Forse così perdi in trame di gioco, ok, la coperta potrebbe essere corta, ma è compito dell’allenatore trovare il giusto compromesso.

Tradotto: perché non giocare con i tre a centrocampo – Serdar, Belahyane, Duda – in modo da proteggere maggiormente la difesa? A maggior ragione con un terzino offensivo come Bradaric. Perché Suslov deve essere confinato sulla linea laterale, all’ala, quando è una mezza punta naturale? Prima di “punirlo” con la panchina, come sento dire da qualche tifoso, non sarebbe il caso di valorizzarlo? Zanetti, anche sabato scorso in conferenza stampa, ha sottolineato che lui punta a mettere i migliori nei ruoli più adatti: non è sempre stato così.

Il Verona ha potenziale, che per ora è rimasto lì, un po’ strozzato, a metà del guado. Zanetti ha competenze e conoscenze, ma commette un errore di fondo che è tipico degli allenatori emergenti: spingere molto sulla didattica, gli schemi e il proprio “credo”, trascurando però la visione d’insieme e un po’ di sana praticità. Occorre badare più al sodo, disegnare un assetto che sappia nascondere i difetti congeniti (hai difensori lenti? Crea filtro per evitare loro gli uno contro uno a campo aperto) ed esaltare i pregi (il rombo in mezzo al campo è l’ideale per una squadra ricca di mezz’ali e trequartisti). Missione pragmatismo.  

IL VERONA DIFETTA DI PERSONALITÀ, NON DI UMILTÀ. SE PRENDE COSCIENZA DELLA SUA FORZA CI DIVERTIREMO…

La settimana scorsa scrivevo che toccava a Zanetti registrare una squadra che sul piano delle individualità è competitiva per il campionato che deve disputare, cioè salvarsi. Va riconosciuto all’allenatore di non aver perso tempo dopo le tre sconfitte consecutive (e gli 11 gol subiti): ha inserito Ghilardi e Bradovic, ed ha messo fine a una certa ambiguità tattica tornando a quattro dietro (puntualizzo: chi scrive non è uno che s’impicca ai moduli essendo il calcio sport di movimento, quel che conta è mettere i calciatori nel posto giusto e dare indicazioni chiare). Il Verona è sembrato meno confuso e quindi anche più concentrato e intenso nelle due fasi, difensiva e offensiva. Detto che un senatore come Dawidovicz deve essere recuperato mentalmente (almeno fino a gennaio gli va dato credito) e che Frese può ristabilirsi senza forzare, è giusto che l’allenatore abbia dato dei segnali anche nel reparto difensivo, sulla carta quello con le alternative più risicate, ragion per cui qualche senatore forse ha dato la titolarità scontata.

Adesso, grazie alla sosta e al recupero di Serdar, si può anche provare a dare alla squadra quella che a nostro avviso è la sua più congeniale fisionomia: copione fisso 4 difensori e tre centrocampisti (Belahyane, Duda e Serdar) e davanti la possibilità di essere camaleontici date le tante alternative – puoi giocare con la punta centrale e due trequartisti esterni come Suslov e Lazovic, o anche Livramento; o con il trequartista (qui hai gli stessi Suslov, Lazovic, Harrui e Kastanos) e le due punte, qui Tengstedt, Mosquera e Lambourde danno ampie garanzie.

Ma, al di là delle alchimie, quel che più conta è che il Verona prenda consapevolezza dei suoi mezzi. A questa squadra non fa difetto l’umiltà, semmai la personalità, specie, paradossalmente, nei più esperti. Aggiungici che i (tanti) talenti più giovani sono ancora in fase di maturazione e non hanno nelle corde la continuità, e capiamo che il nostro sarà un campionato di alti e bassi, imprese e tonfi (non abbiamo ancora pareggiato, non è un caso…). Dove non arriviamo con la malizia, arriveremo con la qualità tecnica. Non saremo i più solidi (ma dobbiamo diventarlo), ma siamo i più estrosi. Tuttavia lo ribadiamo: nel circoscritto ambito di quelle 5-6 contendenti per non retrocedere, l’Hellas è forte, probabilmente la più forte. Non facciamoci ingannare dal budget, il calcio lì in basso è tante altre cose. Prendiamone coscienza e (un po’) ci divertiremo.

LA SQUADRA C‘È, SPETTA A ZANETTI REGISTRARLA. NEL PROSSIMO MESE CAPIREMO IL VALORE DEL VERONA

I numeri sono impietosi: otto gol subiti nelle ultime tre partite. A girarla, la statistica, vengono i brividi: nonostante I cinque gol realizzati con Lazio, Torino e Como non abbiamo preso un punto. Si sta discutendo tanto, giustamente, di questo aspetto, però non condivido la vulgata generale che vorrebbe addebitare tutto agli errori individuali (vulgata rilanciata dallo stesso allenatore prima di Como). Certo, all’occhio del profano balzano gli svarioni più clamorosi, ma poi se ci si addentra in un’analisi più attenta si scorge una fase difensiva non all’altezza. Zanetti venerdì affermava che con Lazio e Torino avevamo subito gol a difesa schierata (sottointeso: sul piano tattico non ci sono problemi). A mio avviso è un’aggravante, perché significa che siamo schierati male, nelle distanze tra i reparti e tra i giocatori dei reparti medesimi. In effetti ci infilano con facilità.

In questo fragile contesto, permettetemi, non aiuta il rendimento di Montipò, portiere dalle grandi doti acrobatiche e dagli ottimi riflessi, ma non impeccabile nel posizionamento e nella lettura delle azioni (e sofferente nelle uscite). Ne abbiamo avuto conferma con Lazio e Torino, ma la partita di ieri è esemplare di ciò che è (e soprattutto non è) il nostro portiere. Quattro parate spettacolari nel primo tempo – ecco, spettacolari (per i fotografi, si diceva una volta) più che difficili perché, a parte la seconda molto istintiva su Paz, le altre sono su tiri centrali (Montipò tende a tuffarsi molto, anche sulle traiettorie non angolate) – ma nella ripresa i soliti decisivi errori tecnici che hanno causato il secondo e terzo gol del Como: sul raddoppio di Crutone Montipo’ è leggermente fuori posizione, il 3-1 di Belotti nasce dalla sua goffa respinta con i piedi.

Non possiamo pensare di andare lontano con questi numeri. Ma per fortuna è tutto risolvibile e credo che il rientro a tempo pieno del miglior Duda e (speriamo presto) di Serdar (che possono giocare con il bravissimo Belahyane in un centrocampo a 3) aiuterà a dare più equilibrio alla squadra. Nel frattempo bisogna prendere qualche accorgimento tattico perché i Magnani, i Coppola e i Dawidovicz, che chiaramente non sono Maldini e Nesta, restano però difensori di categoria sufficientemente competitivi per un club che deve salvarsi.

Nel prossimo mese incontriamo Venezia, Monza e Lecce (e Atalanta). Dopo questo mini-ciclo capiremo il reale valore del Verona. Rosa piena di talento (Lambourde può essere un altra rivelazione), ma ancora da registrare. Compito che spetta a Zanetti.

GIRAMENTO DI SCATOLE (PARADOSSALMENTE MERAVIGLIOSO)

La sconfitta dell’Olimpico con la Lazio è figlia dell’inesperienza. Per inesperienza intendo l’incapacità di calciatori di qualità e di talento come i nostri (questo Verona ha indubbiamente una cifra tecnica da salvezza tranquilla) di tenere alta la tensione emotiva, quindi agonistica, per più settimane consecutive. Il calo di tensione lo si nota tutto nel secondo gol preso (inammissibile e il portiere nella sua area deve uscire) e più in generale nel non essere riusciti a graffiare sul 2-1.

“Ti manca un centesimo per fare la lira” diceva un mio vecchio allenatore. Il Verona è zeppo di giocatori forti, ma per un motivo o per l’altro non ancora calcisticamente maturi e risolti. A Roma non si è demeritato, ma è mancato “quel qualcosa” in tutte le fasi di gioco: in marcatura, nella velocità delle controffensive, nelle verticalizzazioni. Attitudini che la squadra ha, ma che per ora non sa esprimere con costanza e continuità. Insomma, i tipici alti e bassi di chi è ancora in fase di maturazione.

Ma se notate, questa sconfitta ci rammarica più del solito e forse più del dovuto. È un paradosso, perché chi lotta per la salvezza mette nel computo di perdere in casa della Lazio che gioca per la zona Coppe. Il fatto è che da Roma ci portiamo dietro una strana, ma anche meravigliosa (poi spiego perché) sensazione di incompiuta. Nasce dalla consapevolezza che, nonostante tutto (la differenza di obiettivi e di budget, le assenze) avremmo potuto-dovuto giocarcela alla pari e strappare tranquillamente un punto. È una sensazione meravigliosa, dicevo, perché conferma ciò che da un po’ penso: il Verona ha dei valori importanti e quindi è comprensibile che girino le scatole per una sconfitta del genere.   

IMPRESSIONI DI SETTEMBRE

C’è la luce in questo Verona, di cui s’intravede qualcosa di speciale. Certo è presto e il campionato è lungo e tutto quel che volete del campionario di frasi fatte e ovvietà, ma i 6 punti in tre partite non sono un exploit casuale. Impressioni di settembre, belle come il pezzo scritto da Mogol e Mauro Pagani, musicato da Mussida, cantato dalla Pfm. La vittoria di Genova, rispetto a quella con il Napoli, ha un sapore più profondo, rotondo e complesso, come un vino pregiato.

Innanzitutto Sogliano, pur con mezzi economici limitati, ha costruito una squadra con tanta qualità tecnica. Del centrocampo ho già detto nelle scorse settimane: ma lì è impressionante i tanti giocatori bravi di cui Zanetti puà disporre. Manca Serdar, il tuo calciatore più forte? Hai Belahyane, potenziale “crac”. Lui e Harroui hanno rinforzato una mediana e una traquarti che erano già fiore all’occhiello del Verona di Baroni. E se in difesa con gli arrivi last minute di Daniliuc e Bradiric siamo completi (reparto dii categoria), le due variabili che possono determinare il campionato del Verona sono il contributo che darà Zanetti (tattico e di gestione) e il rendimento di Tengstedt. Se l’impatto del tecnico finora è stato esplosivo (lui ha idee brillanti, ma si sapeva, e la squadra lo segue), ma ovviamente occorre valutare questo aspetto nel medio periodo, l’attaccante danese – sui cui Sogliano e lo stesso allenatore credono ciecamente, e che ieri si è sbloccato in campionato – è l’uomo chiave che può alzare il livello del Verona. Bozenik non è arrivato e nemmeno altre punte di spessore (delle due l’una: o si cedeva Suslov, o si rinunciava al colpaccio in attacco), Mosquera è pur sempre una scommessa (ma è entrato bene anche a Marassi); così è chiaro che i fari sono puntati sull’ex Benfica. Se gira lui, il torneo dell’Hellas potrebbe avere risvolti interessanti.

Su Zanetti aggiungo, è naif nell’esprimersi, passionale all’estremo nel porsi: questo può essere un limite a certi livelli e in certi ambiti, ma forse Verona può diventare la “sua” piazza. E Sogliano, dopo tanti anni di carriera e scelte non sempre brillanti in fatto di guide tecniche, può aver trovato il “suo” allenatore.

SQUADRA COMPETITIVA, MA ASPETTIAMOLA CON AVVERSARI IN SALUTE. SETTI? PER LUI È BUSINESS, MA OGGI FA CALCIO CON CRITERIO

Sean Sogliano potrebbe aver realizzato un nuovo capolavoro. Livramento e Mosquera hanno segnato, Belayane ha le stimmate del grande centrocampista. Giusto essere cauti, specie sull’attaccante colombiano, che rimane comunque una scommessa (per quanto non si comprano mai calciatori a scatola chiusa, ma in base a delle qualità potenziali che s’intravedono). Si rafforza però la mia impressione: il Verona tecnicamente è squadra competitiva e anche abbastanza completa. A centrocampo siamo forti, lo eravamo l’anno scorso e adesso abbiamo perfino più alternative. Attenzione, non è scontato resti Suslov, dipenderà dal valore dell’offerta, ma in quel caso arriverebbe un cursore offensivo di fisico e corsa alla Folorunsho. E comunque in mediana e sulla trequarti abbiamo giocatori bravi e alternative all’altezza. Tengstedt è un attaccante vero, ieri non ha brillato ma Sogliano e Zanetti puntano molto sul danese. E certamente lì arriverà un altro titolare, con Bozenik c’è già l’accordo, ma il diesse ha pronte almeno due alternative. Credo che qualcosa si muoverà anche in difesa sugli esterni, più di qualcosa se il sacrificato fosse Tchatchoua e non Suslov (sia chiaro, potrebbe essere anche che non si venda più, c’è una dialettica in corso in società, Sogliano vorrebbe tenere tutti e aspettare semmai gennaio per qualche cessione eccellente).

Ma grosso modo la squadra c’è. E Zanetti sul piano tattico non si discute, è preparatissimo. Il suo punto debole potrebbe essere nella gestione degli uomini, l’ho sottolineato qui il 12 agosto, nel senso che la sua esuberanza e il suo entusiasmo da allenatore rampante, che si traducono in ossessività motivazionale coi giocatori, non ammettono vie di mezzo: in casi del genere fai benissimo o malissimo. Ieri con il Napoli è stato tutto fantastico, il tempo ci dirà se hanno inciso anche i problemi di coesione e ambientali degli avversari. Voglio vedere il Verona contro squadre che la mettono sul ritmo e più unite. Però ieri mi è piaciuta la compattezza difensiva del primo tempo, è il segnale che tatticamente siamo a buon punto e che sul piano morale (Zanetti alla vigilia si era soffermato su questo termine) abbiamo voglia di strappare il risultato, non siamo indolenti, c’è concentrazione e la voglia di fare il passo in più per non subire. Credo che da questo punto di vista abbia inciso anche la scoppola rimediata col Cesena.

Il Verona è un piccolo club, Setti deve tenere la rotta sul piccolo cabotaggio e guadagnarci. Per lui è un business e si è capito da anni, quindi inutile star qui a discutere del sesso degli angeli o delle solite cose. Lui non ha il potere negoziale e le possibilità di alzare l’asticella. Altrimenti lo farebbe. Il meccanismo finanziario e anche “politico” funziona se rimane minimale, senza sovraccarichi. Altrimenti potrebbe saltare, lo si è intuito con la crisi finanziaria di gennaio. Però, a differenza del passato, Setti è tornato a fare calcio con criterio. Nel suo business adesso c’è anche un contenuto calcistico. Sarà sempre così? Troppi chiari di luna in questi anni per avere certezze, che nel calcio attuale peraltro hanno in pochi – si va sempre di più verso i fondi d’investimento e i processi storici non li fermi. Le alternative? Può andarti meglio, ma anche peggio. Può venire un fondo serio (vedi Parma), o uno che fa mera speculazione finanziaria. Setti invece, nel bene o nel male, lo conosciamo. Al momento va bene così, in attesa degli eventi e della storia.

AL VERONA MANCA UN PIZZICO DI LIBERTÀ

Paolo Zanetti è un bravo allenatore. Sulla carta e per le tasche del Verona era la scelta più sensata tra i nomi papabili. Ha già esperienza – alti e bassi in serie A, come l’illustre predecessore Juric, in B ha vinto – ma è ancora un tecnico giovane e rampante ed è venuto a Verona con fortissime motivazioni e sete di rilancio.

Motivazioni che però vanno gestite e controllate. L’entusiasmo è tutto, ma se diventa smania, ossessione, fondamentalismo può essere un boomerang. Vedo un Zanetti molto pressante con la squadra, in versione sergente di ferro fin dal primo giorno di ritiro. Chiede, pretende, martella. E ancora: martella, chiede e pretende. Giusto. Però – suggerisco – ogni tanto serve anche lasciar correre, girarsi dall’altra parte, prendere e dare fiato. Essere insomma un pizzico più liberali. Ai giocatori di serie A, tra cui molti nazionali, devi anche concedere delle pause mentali, non puoi essere ossessivo, talvolta meglio essere comprensivo. Non parliamo di ragazzini, ma di iperprofessionisti profumatamente pagati che hanno già raggiunto il vertice. Insomma, un tasso di (loro) egocentrismo lo devi mettere in conto. Dunque per motivarli e – come ama dire Zanetti – “creare mentalità” (mentalità che appunto ancora non c’è, ha ammesso il tecnico) devi essere abile ad alternare bastone e carota, severità e tolleranza, pressione e (un minimo di) distrazione, determinazione ed empatia.

Il Verona tecnicamente c’è (se arriva Bozenik saremmo completi). Tatticamente Zanetti sa il fatto suo. Piccolo particolare: finora in campo non ho percepito quella voglia di divertirsi e di sentirsi liberi.

ZANETTI A VISO APERTO, FINALMENTE UNA CONFERENZA STAMPA VERA

Temperamento, schiettezza e versatilità. Sono le tre parole che prenderei dalla conferenza stampa di ieri di Paolo Zanetti.

Il nuovo allenatore del Verona si è mostrato a viso aperto, spiegando ciò che doveva spiegare, in primis sul piano tattico, cioè che non è un fondamentalista: “Ripartiamo dal 4-2-3-1, ma con margini di adattabilità e la capacità di avere delle modifiche. Contano i principi di gioco e non i sistemi”. Tradotto: mi adeguo alle caratteristiche dei giocatori a disposizione. Snodo fondamentale, questo, con un diesse “fantasista” come Sogliano, che nell’assemblamento delle rosa guarda più al talento individuale e alla personalità del calciatore che alle caratteristiche tattiche. Perciò serve un tecnico che sappia adattarsi al mercato del direttore sportivo e non viceversa.

E proprio sul rapporto con Sogliano, Zanetti è stato chiaro, confermandoci perché è stato lui il prescelto nella rosa di Sean: “Io sono uno diretto e mi piacciono le persone dirette. In questo io e il direttore siamo simili. Il direttore è un libro aperto, ti dice le cose anche scomode, ma preferisco uno scomodo ma vero, a uno che ti dice che sei un grande e poi ti manda a casa dopo quattro partite (il riferimento a Empoli non era causale, nda). Anch’io sono così. Il nostro rapporto, dunque, si manterrà come è stato in questa fase iniziale, improntato alla schiettezza”.   Attenzione, come andrà la relazione Sogliano-Zanetti è probabilmente la madre di tutte le questioni, la variabile dipendente che inciderà più di tutte. Questo perché quando lavori con un uomo totalizzante come Sogliano, ogni giorno sul campo, non puoi essere troppo primadonna o adombrarti di permalosità. Devi, anzi, avere dialettica, capacità di confronto (anche duro) e forza delle tue idee.

E Zanetti è certamente uomo di temperamento e passioni forti. Lo si è evinto anche ieri, sentendolo parlare. Non sono tanto le dichiarazioni ad avermi colpito, ma il tono di esse, la determinazione nel pronunciarle. Zanetti ha fame di rivincita e lo ha detto senza auto-censure, non gli è andato giù l’esonero di Empoli dopo i 43 punti della stagione precedente (“un’impresa sportiva. quella” ha ricordato). Per questo “quando mi ha chiamato il Verona ho sentito il serpente nello stomaco, per venire qui ho rinunciato a proposte economicamente più allettanti, ma non mi interessano i soldi, ho fame e spirito di rivalsa e questo è un club importante, allenare il Verona è una grande responsabilità”. Zanetti poi ha ammesso di sentirsi in sintonia sentimentale con la piazza, altro particolare non banale, perché il Verona storicamente ha sempre fatto bene con allenatori dal forte carattere più che con i giochisti.

Le premesse morali, tecniche e tattiche ci sono, l’impressione è (decisamente) buona. La parola al campo.