Ce l’abbiamo fatta. Dopo mesi di bordate, di incomprensioni, di litigi, di tensioni, Juric ci ha spiegato tutto. Ci ha spiazzato. Ha detto quello che forse sapevamo già ma che nessuno avrebbe mai ammesso con quella sincerità. Juric ha detto: è stata colpa mia. Ho esagerato. Mi sono comportato da stronzo. Quello che non ha detto, ma era ampiamente sotto inteso, era: mi sono pentito di essere andato via.
Juric sbaglia, è umano, così umano che poi ammette gli sbagli. Ha un caratteraccio terribile, ma è un romantico, un passionale, un uomo vero. Pensavamo fosse il solito mercenario passato di qua, lo abbiamo chiamato “traditore” perché ci siamo sentiti traditi e perché gli abbiamo voluto bene sinceramente. Ci ha lasciati troppo presto, prima di scrivere la storia del Verona. Una pagina che avrebbe potuto essere la più bella dopo Bagnoli. E non l’abbiamo perdonato quando se n’è andato in quel modo. Non capivamo. Io e tanti di voi. Sono felice di aver ritrovato il Generale che mi aveva affascinato, che mi aveva fatto tornare l’amore per il Verona, con cui era un piacere parlare di calcio nelle conferenze stampa, mai banale, mai scontato, sempre pronto a dare una risposta anche scomoda. Diverso dagli altri, così come lo avevo battezzato all’inizio.
E’ successa una cosa incredibile nello studio di Alè Verona ieri. Quando Juric diceva quelle cose, quando ammetteva di aver sbagliato con Setti e quando ha dolcemente detto “mi avete tanto”, ci siamo ritrovati tutti in un silenzio commosso. Le parole ci hanno toccato, siamo tornati bambini, quelli che credono alle favole e credono nei loro eroi. E’ stato bello, come riabbracciare un vecchio amico con cui avevi litigato e per un po’ non ti sei sentito. Ora le strade sono diverse, ma quel testone irascibile e spigoloso sarà sempre nel nostro cuore. Anche di chi non lo vorrà mai ammettere.