SOSTENIAMOLI

Sono di questo avviso: nessuna squadra deve pagare per la propria dirigenza. Terrei molto separate le due cose. Un conto è essere critici nei confronti di Setti, un conto è sfogare la propria frustrazione sulla squadra. Non è giusto ed è contrario ai doveri di una tifoseria, oltre che un oltraggio alla storia stessa del Verona.

Sperare che la squadra vada male per dare forza alle proprie tesi contrarie alla dirigenza mi sembra veramente un’assurdità. Ma, complici i social, sento questi pensieri aleggiare nell’aria. E per quanto mi riguarda mi ribellerò alla morte, fatto salvo, per carità, il legittimo diritto di critica.

Due anni fa, il refrain era “bisogna cantar” con la squadra che affondava penosamente nella melma. Cos’è cambiato da allora? Forse i protagonisti che sono in panchina e che scendono in campo, ma il Verona è sempre il Verona. Qualcuno se n’è clamorosamente dimenticato.

Questo è un campionato tutto da giocare e le griglie che ognuno di noi si è fatto nella sua testa sono solamente dei giochetti estivi. Sarà il campo, come al solito, il giudice supremo. Ma partire rassegnati e battuti altro non provoca che pessimismo e risultati negativi. Vi sembra giusto? A me no. E’ un incredibile autolesionismo che non porta da nessuna parte. Se non nel baratro. Abbiamo preso atto che Setti non ha soldi da investire nel Verona. Ma siamo in serie A e non è successo tante volte negli ultimi 25 anni. Tra l’altro la maggior parte delle volte in cui abbiamo giocato nella massima serie dal ’91 ad oggi (quando siamo falliti…) lo abbiamo fatto con questo presidente. La squadra è fatta male, incompleta, andava rafforzata. Sono d’accordissimo. Ma è questa. Magari ci sorprenderà, magari usciranno valori che oggi ci sono nascosti. Provarci non costa niente e per quanto mi riguarda è un dovere.

IL VERONA ADESSO E’ VENDIBILE

Ad riascoltare bene le parole del direttore sportivo Fusco dopo il mercato del Verona, una buona notizia c’è. Con la cura di cavallo che Setti (e lo stesso Fusco) hanno fatto sui conti della squadra, ora il Verona è una società vendibile.

La più vendibile tra le società in vendita. Sia chiaro: per una logica di mercato nessuno dirà mai quella parola. Ma il fatto che i conti ora siano a posto (e si spera vista la totale incapacità di agire sul mercato con un minimo di investimenti) e l’abbassamento del monte ingaggi (che resta sempre il nodo principale di chiunque voglia fare calcio) pongono l’Hellas in una situazione privilegiata rispetto a società come Genoa e Palermo i cui conti sono fuori controllo.

Il risultato sportivo a questo punto è una faccenda secondaria. Il Verona se si salva fa un miracolo e tutti sono felici e contenti. Se retrocede non provoca un disastro finanziario. E soprattutto, nel caso arrivasse un acquirente può presentare bilanci a posto, poco indebitamento e una plusvalenza certa come quella di Bessa.

In attesa dell’ennesimo uomo della provvidenza che dia una prospettiva al vecchio Hellas Verona diversa da questa gestione, non ci resta che tifare per la nostra squadra del cuore.

NON SON DEGNO DI TE

Il Verona è una roba seria. E non si scherza con le robe serie. Il Verona è una società nobile, con un blasone unico. Rappresenta una città e non si scherza con le città nè con i popoli. Il Verona vale trenta milioni di euro all’anno per i motivi sopra elencati e per mille altri. È una società unica che va rispettata e amata. È una società che ha conosciuto alti (altissimi) e bassi (bassissimi). Ma in entrambe le situazioni ha sempre avuto la sua gente accanto. Gente affidabile, che non molla mai. Che mugugna magari ma che ama. E chi ama non va preso in giro. Verona merita di più di questo Setti al risparmio e di due primavera di belle speranze. Il voto a questo mercato è semplicemente impossibile da dare perchè fare mercato non significa fare scommesse. Le scommese sono pericolosissime e rischiose. Il Verona oggi è una scommessa. Non è più tempo di scherzare. Il presidente Setti, che pure qualche merito ce l’ha nell’aver riportato il Verona ai livelli che merita ci deve dire se è ancora in grado di essere il gestore di questa società perché francamente a parte lacrime sudore e sangue facciamo fatica a intravvedere un barlume di idea dietro questo mercato al risparmio. Ed è per questo che anche le domande a Fusco in un simile  contesto diventano inutili. Solo il presidente ci può dare risposta.

PAZZI-NO

Delle due l’una: o Pazzini non ha giocato perchè non è in condizione (e mi pare che questa sia stata la spiegazione di Pecchia), o non ha giocato perchè non fa più parte dell’idea della società. E quindi è sul mercato. Ne sapremo di più il 31 agosto quando le trattative si chiuderanno e vedremo che squadra avrà in mano Pecchia.

Dando buona la prima tesi, Pecchia ha dimostrato comunque un coraggio da leone. Sinceramente: chi glielo fa fare di fare la figura dell’imbelle creando un caso che fino a quindici giorni fa non esisteva? E allora si dirà: Pecchia è un aziendalista e prende ordini da Setti che vuole cedere Pazzini perchè la società non ha più soldi. Va bene: ammettiamo sia così. Ma Pecchia rischia del suo, rischia di bruciarsi la carriera, in sostanza rischia di trovarsi il cerino in mano. Non ho ma trovato un allenatore tanto autolesionista.

E allora dobbiamo per forza credere che oggi come oggi Pazzini non sia in condizione, o quantomeno che Pecchia non lo ritenga in condizione di giocare l’intera partita. Se il mercato fosse chiuso, non ci sarebbero dubbi. Invece il fatto che l’entourage di Pazzini abbia fatto trapelare sui giornali l’idea che l’attaccante abbia un mercato ha sollevato un polverone.

Facendoci perdere di vista tra l’altro ciò che sarebbe più importante sapere oggi: è il Verona una squadra che può lottare per salvarsi? Quello che Pecchia ha cercato di spiegare con tatto e diplomazia questa sera, o almeno che credo di aver capito è che più di così il Verona non ce la fa. E’ il massimo che si possa chiedere in questo momento alla sua squadra. Per una serie di motivi (anche per sfiga) il precampionato è stato un disastro. Infortuni, contrattempi, il famigerato caso Cassano, hanno di fatto impedito al tecnico di lavorare per essere pronto al via del torneo come avrebbe voluto. Così Pecchia ha cercato di fare necessità virtù. Ha cercato di non prendere un’imbarcata con il Napoli (che stasera ha battuto l’Atalanta con lo stesso punteggio del Bentegodi) e ha portato a casa un punto da Crotone. Al ritorno, in caso di vittoria al Bentegodi, potremo anche definirlo d’oro. Ora è ovvio che il tecnico si aspetta di vedere la rosa completata con giocatori che possano realmente essere un valore aggiunto.

Non mi sento di seguire l’onda negativa e pessimista che ha colto improvvisamente una parte della tifoseria. Ma non perché questa società o questa squadra mi facciano impazzire. Ma relativamente a ciò che vedo da altre parti. Il Verona non è né meglio né peggio della altre squadre che lottano per la salvezza. E che sarà durissima non lo scopriamo di certo oggi. Del resto cosa si può chiedere ad una squadra che è appena tornata in serie A se non la salvezza anche soffertissima, anche all’ultimo secondo dell’ultima giornata come successe a Reggio Calabria con il gol di Michele Cossato nello spareggio del 2001? Sparare sentenze oggi è profondamente sbagliato. Abbiamo giocato con il Napoli in forma Champions e abbiamo perso. Abbiamo giocato con il Crotone fuori casa una sfida salvezza e non siamo stati sconfitti.

TANTE DOMANDE SENZA RISPOSTA

Domande, dubbi che non trovano risposta. Partivamo da una certezza: il Napoli è una squadra superiore al Verona. Quindi nessun scandalo se avesse vinto. La salvezza si dovrà conquistare su altri campi. Ma il Verona del debutto al Bentegodi resta un mistero. Pecchia ha rinunciato ad essere Pecchia. Ha avuto paura, ha snaturato prima se stesso e poi il Verona. Sono deluso: avrei preferito perdere cinque a zero ma vedendo un Verona diverso. Perché è successo?

Tenere fuori Pazzini è stata una scelta sbagliata. Il mister se n’è assunto la responsabilità, ma di certo questo non allevia la sua posizione. Partendo da questa scelta primaria, Pecchia ha dato al Verona le sembianze di un essere informe. Un centrocampo incomprensibile dove anche un bambino ha visto che Buchel non ha nè passo nè condizione. E nessuna idea. Nessuna. Se non quella di palleggiare per non dare al Napoli profondità. No, così non mi piace. Se Pecchia diventa un allenatore “speculativo” allora in giro ce ne sono di migliori di lui per fare quel tipo di gioco.

Saremo pronti per Crotone? Ecco la seconda domanda, il secondo dubbio che questa gara non ha sciolto. Il Verona è incompleto, al più presto Fusco e Setti devono andare a prendere quei giocatori che mancano. E ne mancano. A parte un altro attaccante, serve un esterno, serve un altro centrocampista. Non credo al mercato come panacea di tutti i mali. Ma in questo momento il Verona ha una rosa cortissima, impossibile affrontare un torneo così lungo e duro senza alternative. E’ un rischio pericolosissimo. Sperando che le valutazioni fatte su alcuni giocatori non siano clamorosamente sbagliate. Dopo il caso Cassano il Verona si è bloccato. E’ arrivata l’occasione di Caceres la cui valutazione dipende tutta da quanto resterà qui. Se il Verona se lo gode fino a giugno e portasse Kishna allora chapeau. Ma se a gennaio andrà via, con Kishna al Torino allora sarà stata solo una mossa da disperati.

Non serve oggi affliggersi. Nè usare toni drammatici. Questo campionato sarà aperto per tanto tempo. Ma non siamo partiti bene. Le risposte che cerchiamo speriamo di trovarle a Crotone.

 

 

BENE MA NON BENISSIMO

Corroborante come un caffè espresso bevuto alla mattina, è arrivato il primo successo stagionale: il Verona ha liquidato per 3-1 l’Avellino. Bene, il risultato, bene la prima vittoria, bene lavorare con entusiasmo, ma non benissimo, come ha cantato uno dei tormentoni estivi.

In realtà sotto il risultato si celano molti problemi. Di condizione, di alternative, di panchina corta, di mercato ancora da completare. A meno di una settimana dal debutto con il Napoli, ci sono molti campanelli d’allarme da non sottovalutare.

Diciamoci la verità: senza il miracolo di Nicolas (molto bravo, ammettiamolo, visto lo scetticismo che lo accompagna), questa serata poteva prendere una piega diversa. Là dietro ancora non ci siamo e quella sensazione di eterno precariato difensivo non accenna a diminuire. Buchel è apparso un Tachtsidis ma molto più lento, Pazzini non l’ha quasi mai beccata. E quando è uscito, al suo posto Pecchia ha messo Bessa, aspettando Godot, cioè la punta che deve assolutamente arrivare (e arriverà).

La nota lieta della serata sono stati gli esterni: ricordate cosa dicevamo a gennaio? Bisogna lavorare su quel settore. Dissero che bastavano Gomez e gli altri, alla fine sono bastati ma abbiamo sofferto come cani.

Ora, in A, sono arrivati Cerci e Verde. E si vede. La qualità è subito aumentata, le giocate e i gol potranno arrivare finalmente anche dalle fasce. Indispensabile visto il gioco di Pecchia e il rischio che l’allenatore si prende alzando il baricentro nella metà campo avversaria.

Verde è un’ottima intuizione di Fusco, Cerci una splendida scommessa. Vederlo così dentro al match ha riempito il cuore di speranza. Ma non sarà sufficiente: anche lì serve un supplemento di mercato, e si spera arrivi Kishna anche per giustificare il “parcheggio” laziale di Caceres. E’ ovvio che l’operazione prenderebbe tutto un altro sapore se arrivasse l’olandese volante.

WE ARE LATE

Tirare conclusioni dopo un’amichevole non mi piace. Però questa gara con il Newcastle di Benitez (non il Chelsea di Conte, nè il Manchester di Mourinho) ci lascia in bocca una sensazione non buona.

Fatte le debite proporzioni sul solito stato fisico che è per forza di cose diverso, il Verona non ha proprio convinto. Ci siamo presentati a questo primo vernissage di un certo spessore con una difesa che farebbe fatica in B. Con tutto il rispetto per Bearzotti, il giovanissimo Kumbulla, Souprayen e Fares, così rischiamo imbarcate su imbarcate non appena sarà calcio vero.

Certo: mancavano Heurtaux, Caracciolo, Bianchetti, Cherubin, Caceres e Brosco. Ed è una situazione che in campionato si spera non si debba ripetere. E’ un’emergenza contingente ma, ripeto alla nausea, non si possono sbagliare valutazioni. Abbiamo visto anche nella scorsa stagione che ogni scommessa rischia di essere pagata con gli interessi. E il fatto che sia andata bene una volta non deve farci sbagliare il tiro.

Cherubin non si vede ancora, Brosco è un’incognita, Caracciolo è al primo anno di serie A, Bianchetti un’eterna promessa, Souprayen non regala certezze. Al momento quelli più affidabili sono Heurtaux, Alex Ferrari (anche lui comunque un semidebuttante) e Caceres il cui stato di forma e il cui recupero è tutto da scrivere.

Insomma lì dietro, non dormiamo sonni tranquilli. E senza affidabilità difensiva anche il gioco di Pecchia fa fatica a scorrere.

Ripeto affinchè il concetto sia chiaro: non si vuole qui fare allarmismo, ma solo cercare di vedere le cose con sano realismo. E quello che abbiamo visto non è buono.

A Newcastle abbiamo verificato quanto questo progetto sia in ritardo. Con l’avvio durissimo del campionato è un ritardo da colmare in fretta. Diventasse un pesante ritardo, anche in classifica, sarebbero guai seri fin dall’inizio.

UN SOLO GRIDO: SALVEZZA!

Salvezza, salvezza, salvezza: dovremo ripetere questa parola milioni di volte. E’ la sola parola, l’unico obiettivo che conta per il Verona che ritorna in serie A. Capisco il tifoso: Cassano e Cerci sono nomi che fanno veleggiare il pensiero, ma dopo che il primo è caduto in depressione lasciando il calcio, dobbiamo essere sempre più convinti: noi dobbiamo pensare solo a salvarci.

Uscito il calendario di serie A, ci siamo resi conto del cammino che ci attende. Duro, durissimo, più di quello che immaginate. Perchè è vero che prima o poi si affrontano tutte, ma è anche vero che dipende molto da quando le affronti. Giocare con il Napoli alla prima giornata, per esempio, può essere un piccolo vantaggio. Giocare con la Juventus all’ultima può esserlo se i bianconeri avranno già vinto il tricolore, oppure no se lo scudetto sarà assegnato in volata. Ricordate Bagnoli? Ha sempre detto che il cammino del Verona dello scudetto poteva essere diverso se i due risultati con il Torino si fossero capovolti.

Cassano ha assorbito tempo, energia, forza mentale. Era una bella idea, rischiosa ma bella. La società era pronta a gestire varie mattane, ma non questa. Cassano aveva giurato sulle sue motivazioni, voleva Verona, aveva forzato la mano. Il suo procuratore aveva spinto, persino Toni si era esposto. Fusco era convinto, Setti convintissimo. Pecchia, il più scettico, si era convinto alla prima partitella. Ma ora Cassano non c’è più e non ci sarà. Il Verona si dovrà salvare con altri mezzi, altre caratteristiche. La squadra è forte da metà in campo in su. In tutti noi c’è la sensazione che si stia oltremodo sottovalutando il reparto difensivo. Dove sono arrivati Alex Ferrari, Felicioli e Heurtaux, ma dove servirebbe altro. Il problema non sono gli infortuni: il problema è che i giocatori infortunati sono proprio quelli che avevano convinto meno. Per carità: non è che a Benevento sia arrivato Beckenbauer, nè alla Spal Baresi. Non ci sono in giro Tricella e Scirea. Tutte le squadre che lottano per salvarsi hanno problemi in difesa. Il Chievo stesso che ha fondato la squadra su principi diversi al Verona, dietro continua a dare fiducia a giocatori vecchi perché di meglio non trova. Se Atene piange, insomma, Sparta non ride.

Ho parlato con Fusco e mi ha assicurato che non sta sottovalutando il problema difesa e infortunati. La società vuole solo vedere se e quanto hanno recuperato Cherubin e Brosco. Il limite temporale per verificare le loro condizioni è metà agosto. Non dessero garanzie, si va sul mercato. Bianchetti invece sarà aspettato. Su di lui la società continua ad avere cieca fiducia. Il mercato non è finito, ma a mio avviso c’è una deriva mentale forse provocata dai giochi manageriali, in cui ogni tifoso si sente un po’ ds, un po’ presidente. Il mercato è visto come panacea di ogni male, i nuovi arrivati che sono sempre migliori di quelli che ci sono già, il continuo eterno mugugnare su ogni operazione, mentre il vero valore aggiunto è il lavoro sul campo, la pazienza, la lungimiranza di una società. Cassano ci ha distratto, ci siamo dimenticati tutti per quindici giorni che cosa siamo e cosa vogliamo. Ora piedi per terra, please. Salvezza, salvezza, salvezza…

CASSANO E LE RESPONSABILITA’ DELLA SOCIETA’

Quando prendi uno come Cassano sai a cosa vai incontro. Lo sai e basta. Quindi ci devi pensare bene prima. Nel momento in cui l’hai preso ti infili in un ottovolante da cui non puoi più scendere. Ecco l’unico errore che ha fatto la società in questa grottesca situazione. Un errore fatto in buona fede. Valutati i pro e i contro s’era deciso di puntare su un giocatore che da un anno e mezzo non giocava e le cui pazzie sono notissime.

Visto l’entusiasmo che si era creato attorno a Cassano puntare oggi i fucili contro la società pare davvero sbagliato. Si voleva regalare un giocatore dalle qualità eccelse ad una tifoseria che va pazza per questo tipo di giocatori. Il costo economico era sostenibilissimo, l’ingaggio basso, le motivazioni del giocatore (a parole) enormi. Cassano era stato sponsorizzato da Toni e prima dal suo procuratore Tinti. Si era proposto al Verona con una serie di interviste molto “pilotate”. Aveva parlato bene della città, della squadra, di Setti.

Fusco era stato prudentissimo. Aveva voluto incontrare Cassano più volte, lo aveva “testato” a fondo, aveva cercato un punto di contatto, convinto di poterne accendere l’anima e di poterlo domare. Forse anche questo un errore, sempre in buona fede: Cassano è un dissipatore di talento, un egoista. Ora con il senno del poi è facile inveire. Contro Cassano e contro chi lo ha voluto a Verona.

Cassano lascia dietro di sé un fallimento. Umano e sportivo. Ne ha lasciati altri nella sua carriera. Aveva mandato a quel paese il presidente che più di tutti lo aveva amato e strapagato: Garrone.

Avesse smesso con il calcio avrebbe dimostrato almeno un po’ di dignità. Così invece dimostra solo di essere un opportunista. Se ne va lasciando dei cocci, ma per fortuna tutto è avvenuto in un lampo di luglio. Se vogliamo l’unico dato positivo di tutta questa vicenda.

 

CASSANATA, ANZI NO

In due ore abbiamo vissuto due colpi di scena. Prima la notizia shock del ritiro di Cassano, poi quando tutti eravamo pronti a prendere atto di questa decisione che avrebbe avuto ripercussioni comunque limitate sul Verona, Antonio ci ha infilato con un tunnel dei suoi. Non è vero, resto, non vado via, mi hanno fatto cambiare idea, scusatemi, stavo facendo la più grande cazzata della mia vita.

Ha chiesto scusa cento volte, ha promesso una grande stagione. Il problema è che a Cassano ogni tanto si chiude la vena e invece di pensare e di ragionare agisce. Tante volte nella sua vita ha spezzato rapporti e non è riuscito a incollare i cocci, nessuno alla fine è riuscito a limitarlo.

Così gli è successo ieri sera: era stanco, gli mancavano i figli, ha avuto un terribile momento di depressione. Invece di pensare ha convocato la squadra e ha comunicato a tutti che si sarebbe ritirato.

Poi è arrivata Carolina a Antonio si è placato. Ha visto i suoi bimbi e ha sorriso.

Cassano è un ragazzo buono. E’ sincero. La conferenza stampa di oggi è stata uno spaccato di verità, di sentimenti contrastanti che fanno a pugni con la plastica del mondo del calcio moderno. Cassano ha sbagliato, dobbiamo imparare a perdonare queste sue cazzate. Ne farà altre, quasi certamente. Ma poi basta vederlo cinque minuti in partitella e vi assicuro che ogni moralismo va a farsi benedire.

Ha promesso che sarà una grande stagione, ha perso già sette chili, è pieno di voglia di riscatto. Credo sia ancora una scommessa vincente. Mi smentirà, ne sono sicuro. Ma gli voglio bene lo stesso.