La crisi batte forte. Credo che sia utopico ormai vedere un nuovo Bentegodi a Verona. L’idea era anche bella, affascinante. Ma qui non c’è più un baiocco. Le banche non finanzieranno mai una cosa del genere. E trovare privati è impensabile. Già sarà durissima completare le opere in cantiere. Ed allora? Allora lo stadio c’è già. Solo che è dal 1990 che nessuno ci mette mano. Provate voi a casa vostra non fare mai manutenzione generale per più di 22 anni… Il Bentegodi fa schifo. Batte in testa, poveretto. Ma è un bello stadio, ancora oggi. E’ in una zona servita, ancora la migliore. In centro ma anche in periferia. Setti ha detto che lo stadio non è una priorità. Ma è innegabile che, oggi, senza stadio non c’è futuro. E non perchè mette in moto un volano speculativo. Ma perchè comunque quella è la casa di tutti i tifosi. E avere casa nostra bella e arredata sarebbe molto più affascinante. Farla vivere per tutta la settimana potrebbe persino tramutarsi in un affare. Perchè allora non fare di necessità virtù e sistemare il vecchio Binti per renderlo davvero la casa dell’Hellas? Riavvicinamento del terreno di gioco alle tribune, creazione di nuovi spazi, ristoranti, negozi magari un hotel. Sono certo che se dato in gestione a privati il riammordenamento costrebbe cifre abbordabili. In cambio il comune potrebbe affidarlo in comodato a Verona e Chievo per un tot di anni (venti? trenta? quaranta?) riservandosi una serie di date per tutto il resto della cittadinanza e per altre manifestazioni di interesse generale. Idea sballata? Qualcosa bisogna pur fare, prima che il nostro stadio si trasformi in una catapecchia pericolante. Meglio pensarci adesso. Finchè siamo in tempo.
IL SOLITO VERONA. ANZI NO
C’erano dei timori nascosti che la rivoluzione attuata da Sogliano potesse influire sugli equilibri della squadra. Troppo bello il Verona dello scorso anno, molte le incognite di questa nuova squadra. Si è cambiato troppo? Era la domanda che i tifosi si facevano. Non è facile ritoccare una squadra che ha compiuto un miracolo. Il presidente Setti mi ha spiegato la filosofia alla base di questa parziale rivoluzione: sono stati cambiati quegli uomini che nel giudizio di Sogliano e probabilmente Mandorlini, avevano dato il massimo nell’ultima stagione. Quelli che, probabilmente, non potevano ripetersi. Ci siamo presi un rischio, ha detto Setti, ma bisognava correrlo se si voleva aumentare la qualità della nostra squadra.
La prima amichevole con la Fiorentina ha detto che nulla è cambiato. Come l’anno scorso contro la Sampdoria, il Verona ha dimostrato equilibrio, identità tattica, personalità. Più dell’anno scorso, però c’è l’impressione di una forza ancora nascosta, di talenti puri che appena avranno la birra giusta nelle gambe incanteranno. Mandorlini, ancora una volta, si è dimostrato fantastico artigiano del pallone, grande lavoratore sul campo, con idee chiare e totalmente applicate. Siamo all’inizio, ma è un bel cominciare.
LE VITTIME DEL CALCIO LUSTRINI E PAILLETS
Che tristezza leggere che il Milan è pronto a rifondere i soldi degli abbonamenti a coloro che l’hanno stipulato prima delle cessioni di Ibra e Thiago. E’ una tristezza ma anche il frutto di quello sbarco con gli elicotteri che fece Silvio Berlusconi qualche anno fa cambiando per sempre (ma forse no….) il calcio italiano. Un calcio ridotto a mero spettacolo, una sorta di circo ambulante, o forse di wrestling dove tutto è già deciso dopo aver letto le intercettazioni del calcio scommesse, ad uso e consumo della platea televisiva in cui per pochi euro puoi acquistare la tua partita, mentre allo stadio vanno solo i ricchi (vedi Inghilterra, dove i poveri sono banditi dagli spalti).
Era quello che del resto voleva Berlusconi: cioè la creazione di uno spettacolo tv per le sue reti che potesse poi lanciare la pay-tivù in Italia. Un grimaldello per spremere i portafogli degli italiani che allora non si sognavano nemmeno di pagare per vedere una partita di calcio in televisione. Alla fine ce l’hanno fatta. Ma non senza effetti collaterali. Il primo è che gli stadi si sono svuotati perchè è più vantaggioso abbonarsi alla televisione che andare allo stadio. Hanno creato la loro platea televisiva gigantesca, hanno perso però il calore del tifo, la passione vera che si respira solo andando allo stadio. Per alimentare quello spettacolo non bastavano più solo gli elicotteri. Avevano bisogno ogni anno di nuovi teatranti. Anche qui con un effetto collaterale: quei quattro, otto dieci fuoriclasse pagati oltre misura, più di un capo di una potenza europea, più di un amministratore delegato di una grande azienda.
Il sistema è collassato. Gli stipendi dei teatranti non possono più essere pagati, mentre il calcio è agonizzante. Vive solo per i diritti televisivi, fino al giorno in cui share ed audience in ribasso non costringeranno il Murdoch di turno a chiudere i rubinetti. Ed allora sarà veramente finita.
Mi chiederete: cosa c’entra il Verona in tutto questo? C’entra, c’entra… Abbarbicati ad un’idea romantica del calcio, fatta solo di passione e coerenza, in questi anni abbiamo dimostrato che un nuovo calcio, che forse alla fine è semplicemente il vecchio, è ancora possibile. Crollati in Lega Pro, costretti ad assistere a spettacoli indecenti, noi veronesi non ci siamo arresi nè alle tessere del tifoso che ci hanno schedato nè agli elicotteri berlusconiani. Perchè in fondo di quello spettacolo non c’importava nulla. Era il Verona il nostro motore, quello che ci spingeva ad andare allo stadio ed in trasferta, a soffrire e a palpitare come quando eravamo in Uefa e in Coppa dei Campioni.
Nemmeno il Chievo con la sua serie A tutta lustrini e paillets è riuscito a scalfire questo atto di fede. Anzi, paradossalmente l’ha rafforzata. E ora che la traversata del deserto è quasi compiuta abbiamo il risultato straordinario che solo la coerenza e la determinazione sanno regalare. Noi siamo sempre quelli dell’Hellas Verona, gli altri chiedono indietro i soldi degli abbonamenti perchè delusi dallo spettacolo. Beh, stavolta possiamo dirlo con fierezza: abbiamo vinto noi.
SOLI CONTRO TUTTI…
Cosa vuol dire “Soli contro tutti”, lo slogan della Curva Sud, evocato da Mandorlini durante la presentazione della squadra? Senza star qui a fare l’eziologia di quel volantino che fu fatto dalla Curva Sud nell’anno dello scudetto, quando la stampa nazionale, i media, e probabilmente il Palazzo, avevano cominciato a “temere” un Verona campione d’Italia, essere “Soli contro tutti”, significa essenzialmente “essere veronesi”.
Significa non essere omologati, vuol dire “farcela con le proprie forze”, senza sperare in aiuti esterni, vuol dire resistere ai complotti, alla Lega Pro, vuol dire tifare Hellas a prescindere e comunque, che ci sia presidente Pastorello, Arvedi, Martinelli o Setti e a prescindere da chi veste la maglia del Verona. E’ un atto di resistenza, contro il Massa di turno.
Vuol dire, si è vero, anche “isolarsi”, essere meno “politicamente corretti”, vuol dire, anche unire la squadra ai tifosi e viceversa. Mai capito, fracamente chi in questi anni ha anteposto l’Hellas ai butei e viceversa. Mi sembra un’onanistica discussione senza senso. Come chiedersi se è nato prima l’uovo o la gallina. C’è il Verona, esiste la sua tifoseria, tutta ugualmente fiera di tifare Verona.
Anche creare gerarchie tra i tifosi non mi piace. Ognuno è libero di seguire il Verona come crede, in trasferta, se può, o via web se abita dall’altra parte del mondo. Assegnare una classifica non ci fa onore. Ho sempre detto e continuo a pensarlo, che la cosa più bella che mi regala il Verona è di poter abbracciare il mio vicino di sedia ad un gol, anche se non lo conosco: solo per il fatto di tifare Hellas.
Essere “soli contro tutti” è un modo di unirci: noi, la squadra, la società e Mandorlini. E’ questo il grande insegnamento che ci arriva da quello slogan. Ma attenzione: essere “soli contro tutti” non vuol dire essere autolesionistici e martellarsi da soli gli zebedei con atteggiamenti che possono danneggiare il Verona e la sua squadra. Quella è semplicemente stupidità.
IL MIO PENSIERO SU SETTI (DOPO UN MESE…)
Sapete bene, almeno chi mi legge, con quanta prudenza ho accolto Setti. Non per un personale pregiudizio nei suoi confronti (ci mancherebbe, dopo pochi giorni avevamo raccolto sufficienti informazioni su di lui e sapevamo che era un imprenditore onesto e ambizioso), ma perchè quando un bambino mette la mano nell’acqua bollente è difficile che qualcuno lo costringa a ripetere l’operazione.
Noi a Verona siamo stati scottati. Prima Pastorello, poi Cannella con Arvedi, i mille errori, i progetti mai decollati e il rischio, vero tangibile, forse mai raccontato bene da noi dei media, che l’Hellas sparisse per sempre. Per questo volevo andare con i piedi di piombo e aspettare l’imprenditore di Carpi al varco. Con l’onestà e la libertà intellettuale di cui vado fiero, vi dirò che ora, dopo questa prima parte di mercato, sono felice che Setti sia arrivato a Verona.
Le sue prime mosse sono state tutte azzeccate. Prima Sogliano, poi Dibrogni, poi Gardini. Di conseguenza la campagna acquisti (che non è ancora finita e da quanto ho capito ci saranno ancora botti pesanti…), la grande passione che sta già prendendo il presidente. Verona lo ha già contagiato e c’è il rischio che il contagio si propaghi fino a diventare entusiasmo ed esaltazione.
Ecco… se un pericolo vedo all’orizzonte è proprio questo. Equilibrio, concretezza, piedi per terra. Noi a Verona facciamo prestissimo a gasarci e ci mettiamo un attimo a dperimerci. Ma dopo quattro anni di Lega Pro dobbiamo avere introdotto sufficienti anticorpi per non deragliare.
Magari Setti sbaglierà e se lo farà glielo diremo. Ma sono certo che non lo farà per guadagno personale, ma solo per il bene del Verona. E’ già un bel passo in avanti. Abbiamo un presidente, una società, una squadra. E un futuro davanti a noi. Speriamo radioso.
IBRACADABRA
Mi dà il voltastomaco leggere della villa di Ibrahimovic con dieci guardie private, dei 14 milioni e mezzo di euro (netti) d’ingaggio, dei voli privati da e per Parigi. Ma dove vive questa gente? Ma si è accorta di come cazzo sta vivendo il popolo normale, quello che una volta affollava le tribune degli stadi, insomma il pubblico o, meglio i tifosi?
Forse sullo stesso pianeta di quelli che non sentono sul loro portafoglio i venti, trenta euro d’aumento al Bentegodi, “usufruitori” d’eroina calcistica da prendere a qualsiasi costo, come quando Verona era la Bangkok d’Italia e Piazza Erbe un suk a cielo aperto e lo spaccino di turno metteva la droga al prezzo che voleva, sapendo che il drogato non avrebbe mai rifiutato.
Mi faceva schifo Berlusconi quando arrivava con gli elicotteri e “rovinava” per sempre il calcio che ho amato, lui Montezemolo e Moratti in una folle corsa che ha portato allo sconquasso di oggi. Oggi ci sono i russi e gli arabi, una combriccola di giro che ha trovato il nuovo divertimento, tanto basta alzare il prezzo della benzina e del gas e… zac, anche Ibra è pagato.
Non è difficile prevedere che lasceranno sul terreno macerie, non appena si saranno stancati del loro nuovo giochetto.
Il Real Madrid è artificiosamente sostenuto dalle fallite banche spagnole, che per non affamare il loro popolo devono chiedere la carità all’Europa, cioè a noi. In pratica nel nostro spread paghiamo anche Cr7 e Mou…
Ma davvero non si può vivere senza Ibra e Thiago? Certo che si può. Anzi, si deve. Si deve puntare sui giovani, sui vivai, così come fanno le più illuminate delle inglesi, dove non a caso si gioca il calcio più bello del mondo. Lo fanno, se è per quello anche in Olanda da un sacco di anni e anche in Francia, Psg a parte.
È quello che vorrei succedesse anche a Verona, dove si, è bello che arrivino Carrozza e Rivas, ma dove vorrei che creassimo i nostri Insigne e Immobile (abbiamo già Jorginho…) e mi è piaciuto un sacco quando Sogliano ha parlato della Primavera e dei giovani. Ci vuole coraggio per essere in sintonia con la gente. Lasciamoli andare ‘sti arabi e ‘sti russi. Berlusconi e Moratti si sono suicidati con le loro mani. E non è detto che sia così negativo.
OCCASIONE SPRECATA
Fare calcio oggi non è facile. Me ne rendo conto. Costruire una squadra forte richiedi investimenti e sforzi. Il momento di crisi economica non permette voli pindarici e i bilanci devono rimanere sani. Ma proprio per queste premesse, il Verona ha perso oggi una grande occasione. Abbassare i prezzi degli abbonamenti (che erano i più cari della serie B) per portare tanta gente, il più possibile, allo stadio Bentegodi.
Invece è stata presa una strada diversa e contraria. Non solo non c’è stato nessun ribasso, ma, addirittura, sono arrivati dei rincari. Stessi soldi per la curva (che già costava molto di più rispetto ad altre piazze), ben venti per la Tribuna superiore Ovest (l’altro settore maggiormente frequentato…). E aumenti anche nelle poltrone ovest (ben 30 euro), e nelle poltronissime.
Non c’è dubbio che tanti veronesi non potranno farsi la tessera quest’anno. E ciò impedirà a Mandorlini e ai suoi ragazzi di giocare sempre in un catino bollente. La scelta, a mio avviso non è lungimirante. Anche a livello politico. Era meglio mandare un messaggio al Palazzo, facendo vedere anche su quanti abbonati può contare il Verona. Si dirà: cinque, venti, trenta euro non sono la fine del mondo. Ci sono le agevolazioni per donne e ragazzi. E in giro ci sono divertimenti che costano di più.
Tutto vero: ma proprio perché quei soldi non fanno la differenza a nessuno, e forse la fanno più alle famiglie, era un bel segnale abbassare i prezzi per riempire il Bentegodi. Mi sarebbe piaciuto anche vedere premiata la fedeltà di chi ha sostenuto sempre e ovunque la squadra anche quando si giocava a Marcianise e a Pagani. Possibile che non si possa studiare una formula che preveda degli sconti per chi si è abbonato anche quando sarebbe stato più comodo e più agevole andare a vedere altre realtà? Insomma: questa campagna abbonamenti, dopo i prezzi vergognosi attuati durante i play-off, mi sembra una grande occasione sprecata.
FUOCHI D’ARTIFICIO
Ho appena abbassato la cornetta del telefono. Dall’altro capo c’era Sean Sogliano, il ds del Verona. Abbiamo parlato dell’ultimo colpaccio dell’Hellas. Dopo Rivas, Carrozza, Grossi, Calvano, Verdun e Arzamendia è arrivato anche Bacinovic. Prestito secco, perché per una società di B come il Verona, era l’unico modo di prendere un giocatore così quotato.
Il Palermo sicuramente concorrerà a pagare una parte del ricco ingaggio del giocatore. Se il Verona dovesse venire promosso c’è la possibilità che il prestito si possa tradurre in qualcosa d’altro. Intanto ci godiamo un giocatore che potenzialmente è un campione. Sfortunatissimo nella scorsa stagione, Baconovic è ritenuto un gioiello della Slovenia. A Verona sostituirà Tachtsidis.
Sogliano mi ha spiegato la sua filosofia. La B è lunghissima, ci sono 42 partite. Bisogna costruire un Verona competitivo anche nelle seconde linee. Per dirla tutta: le seconde linee non esisteranno in questa squadra. La filosofia è che tutti si devono sentire titolari e che tutti saranno e dovranno essere utilissimi anche solo per cinque minuti. Sta nascendo un Verona monstre. Sogliano punta diritto a Sforzini che è la prima scelta e in settimana vedrà il presidente Camilli a cui ha sottoposto una lista di giocatori come contropartita tecnica.
Non c’è solo Sforzini. Tra le idee c’è anche Pellè, anche se Sogliano ha abbozzato al suo nome, dicendomi che è un’idea, ma che ne ha altre in testa. Fondamentale è che Sforzini voglia veramente il Verona e che il presidente del Grosseto si faccia convinto che il giocatore vuole solo ed esclusivamente l’Hellas. Mancano un centrale difensivo e qualche altro ritocco. Preparatevi ad altri fuochi d’artificio. Sogliano infine mi ha detto: non vorrei partire con tutti questi riflettori puntati addosso, non vorrei avere adesso il ruolo di squadra favorita. Tra il mercato e quello che poi può dare una squadra in realtà c’è sempre differenza. Vero: ma è durissima cercare di abbassare i toni e l’entusiasmo del popolo dell’Hellas. L’ottimo lavoro di Sean e Setti sta consegnando a Mandorlini una corazzata. Dura far finta di niente.
FATTI E NON PUGNETTE
Sono in ferie e come voi avidamente leggo e ascolto ogni fremito che arriva da via Torricelli. Ho ascoltato con interesse la bella intervista di Luca Fioravanti a Setti. Siccome mi ero imposto di giudicarlo solo per i fatti, tenendo alta l’asticella del giudizio, resto coerente alla mia promessa. Dopo i colpi (pensate se li avesse fatti lo Spezia che sbandieramento ci sarebbe stato…) Rivas, Grossi e Carrozza, a cui si aggiungono i giovani Calvano, Verdun e Arzamendia, devo ammettere che la nuova proprietà sta facendo proprio le cose per bene. Parafrasando quel comico romagnolo: fatti e non pugnette… E se arriva anche uno tra Sforzini ed Ebagua, l’Hellas diventa la regina del mercato nonchè squadra da battere.
C’ERA UNA VOLTA “IL VERONA AI VERONESI”…
C’era una volta, tanto tempo fa, “il Verona ai veronesi”. Uno slogan che ha segnato l’epoca di Pastorello, presidente vicentino con appoggi bancari in Emilia. Il Verona ai veronesi, voleva dire restituire l’Hellas, cioè la squadra della città, all’imprenditoria cittadina, che ne doveva avere buona cura, se non altro per vicinanza, diciamo così etnica. Per questo fu salutato come un salvatore Pietro Arvedi, il conte di Cavalcaselle.
Arvedi era il prototipo del veronese. “Matto” e sufficientemente ricco da permettersi di acquistare la squadra scaligera. Ma la veronesità, fu in breve tempo, l’unico dato distintivo di Arvedi. Privo di qualsiasi attitudine manageriale, Arvedi fu vittima di grassatori e imbroglioni. Solo l’opera di Previdi e Prisciantelli gli impedì (e impedì all’Hellas…) di andare a carte quarantotto. Una prospettiva diversa, il Verona se l’è data grazie a Giovanni Martinelli. In questo caso ci siamo trovati un veronese, imprenditore e con un progetto industriale, sebbene più volte cambiato in corsa (dall’idea iniziale della fusione col Chievo, alla necessità di tornare in breve tempo in serie A per trovare le risorse necessarie al mantenimento della società).
Il problema di Martinelli è stato duplice: da una parte è stato attanagliato da problemi fisici e personali di entità pesante, dall’altra ha denunciato il fatto di essere un “piccolo” imprenditore, taglia stereotipata dell’industriale veronese. Ora è il turno di Setti. Un piccolo imprenditore che non è di Verona ma di una cittadina che dista un’ottantina di chilometri. Setti ha più o meno la stessa forza economica di Martinelli, ma è dotato di un maggiore vigore e maggiore prospettiva nelle sue azioni. Ci si chiede, ora se sarà lui il presidente della rinascita.
È comunque singolare notare che Verona non è riuscita ad esprimere un presidente veronese, dopo Martinelli. Caduti tutti gli alibi (la società è stata risanata completamente) la nostra città, è stata latitante da questo punto di vista. Nemmeno avere un tifoso-politico come Tosi è servito a qualcosa. Complice, sicuramente, la crisi economica, ma non solo. Io credo che ci sia di mezzo anche una buone dose di pregiudizio e di mancanza di idealità imprenditoriale.
Setti è diventato quindi l’unica alternativa vera per dare un domani al Verona. Certo c’è ancora la presenza di Martinelli, ma come s’è visto dalle prime battute, il suo ruolo è nettamente marginale. A questo punto diventa solo un vuoto slogan quel “Verona ai veronesi”. Si spera solo che Setti sappia essere più veronese di tanti illustri concittadini…