L’ELOGIO DI MARCO MINNITI

L’estate che sta per concludersi, sotto il profilo politico e dell’azione di governo, ha visto un protagonista assoluto: il ministro degli interni Marco Minniti. (Il quale ha un preciso “credito formativo”: è un comunista, non un catto-comunista…)
In un Paese dove le chiacchiere prevalgono sui fatti, dove il potere politico ha limiti tali da produrre regolarmente il nulla di fatto, Minniti ha dimostrato che – con competenza e determinazione – qualcosa si può fare. Perfino limitare drasticamente gli sbarchi di migranti, che durante l’estate sono più che dimezzati.
A chiacchiere siamo tutti dei Salvini: abilissimi a risolvere qualunque problema con ruspe, blocchi navali e grida “rimandandoli tutti a casa loro!”. Nel concreto devi tenere conto del Paese e del contesto reale, non di quello immaginario. E la gestione dell’immigrazione deve appunto concretizzarsi tenendo presente il contesto internazionale, i limiti nei poteri del nostro esecutivo, le presenza “ingombranti” (e non da poco) come quella del Vaticano di Francesco.
Minniti c’è riuscito anzitutto archiviando l’irresponsabile buonismo catto-comunista delle porte aperte a tutti. E poi muovendosi su più fronti: il codice per le Ong, la trattativa e gli aiuti con la frammentazione dei poteri esistenti oggi in Libia: da Serraj ad Haftar, dai sindaci ai capi tribù; ottenendo alla fine anche il sostegno della Ue a guida tedesca.
Medici senza frontiere e soci denunciano ora gli abusi e le torture nei campi di accoglienza allestiti in Libia. Minniti invita, giustamente, le Ong ad assumerne la gestione: compito magari non previsto come, per altro, non era previsto che facessero da scafisti ai mercanti di esseri umani…Senza aggiungere che, da quando sono crollati gli arrivi bloccando le navi ong, è crollato anche il numero dei morti in mare.
Marco Minniti ci aiuta inoltre a comprendere un’altra questione cruciale: che il problema non sono gli stipendi né i vitalizi dei politici, ma cosa sono capaci di fare. Quanto valgono e quanto meritano di essere pagati. Per la torma di dilettanti a cinque stelle (e non solo) approdati in Parlamenti 500 euro al mese sono uno sproposito. Per Alfano ministro degli Interni 50 euro erano sufficienti. Per il suo successore 50 mila al mese sono nulla rispetto a quanto sta facendoci risparmiare sui costi enormi e sui mille problemi indotti dall’immigrazione fin’ora incontrollata; e che lui, quantomeno, sta cominciando a gestire.
Non posso dunque che tessere l’elogio di Marco Minniti. Con una speranza: che finito il lavoro agli Interni, diventi ministro della Pubblica istruzione. Dove assistiamo alla “invasione” dei diritti dei docenti ( migrazione al Sud compresa) a scapito del diritto all’insegnamento degli studenti.

IL MARTIRIO DEGLI OCCIDENTALI

Di fronte all’ennesima strage dei terroristi islamici a Barcellona, ho pensato alle nostre città la notte di Ferragosto: centinaia di uomini dei reparti di sicurezza mobilitati, controlli a tappeto; le gru a collocare i new jersey di cemento per impedire l’accesso ai veicoli nelle piazze dove migliaia e migliaia di persone guardavano i fuochi d’artificio.
Tutto perfetto, sicurezza garantita. Tutto uno spreco inutile di uomini e di risorse. Immagino che anche a Barcellona ci sia stata la notte dei fuochi, con misure analoghe. E i terroristi cosa hanno fatto? Hanno aspettato un paio di giorni per poi piombare col furgone sulle Ramblas.
E noi che facciamo? Mettiamo i new jersey stabili all’ingresso del listòn di Verona e di Padova? Schieriamo reparti di sicurezza in pianta stabile dovunque e per qualunque motivo si raduni una folla? Prendiamo atto che è inutile: perché questi fanatici possono colpire ovunque nello spazio e nel tempo, pronti a morire per conquistarsi il loro paradiso.
Serve, se mai, l’opera dell’intelligence capace di individuare i potenziali terroristi ed espellerli prima che colpiscano. Sperando che la magistratura consenta, che le espulsioni sia davvero effettuate e che non ritornino qui nel corso di qualche giorno…
Servirebbe anche alzare qualche muretto, Francesco permettendo…Invece che continuare con la sciagurata predicazione dei ponti da gettare comunque e a chiunque…
Stiamo tornando all’origine del cristianesimo, ai martiri che venivano trucidati solo perché cristiani.
Difficile pensare che i poveri morti sulle Ramblas fossero praticanti e fedeli devoti. Ma erano occidentali, praticavano uno stile di vita “peccaminoso” e intollerabile per i fanatici dell’Islam. La nuova stagione è quella dei martiri occidentali.

MESSI, LE ONG E I “MISERABILI”

“Messi e il miserabile regalo di nozze dei suoi ricchissimi invitati”. Così titolava il Corriere della sera, anche lui sdegnato come un po’ tutti i media per quanto accaduto al “matrimonio del secolo” del grandissimo calciatore argentino.
Gli invitati alle nozze erano 260, selezionatissimi: colleghi calciatori del Barcellona e vip, tutti ricchissimi. Leo e la sposa, Antonella Roccuzzo, hanno chiesto loro di non far regali e, in cambio, di fare una donazione alla Ong Techo Argentina che “si occupa di edilizia popolare e rifugi di emergenza in molte zone disagiate”.
Risultato: questi vip, strapieni di soldi, hanno donato in tutto 10 mila euro, pari a 37 euro a testa. Una cifra che nemmeno nel più miserabile dei matrimoni con invitati nullatenenti.
Fin qui i fatti. Che danno luogo a due possibili interpretazioni.
La prima. Leo Messi, oltre che un grandissimo calciatore, è uomo di straordinaria sensibilità che pensa e si fa carico dei problemi dei meno fortunati. I suoi invitati invece sono degli stronzi di miliardari che pensano solo a godersi la loro vita sontuosa, insensibili alla tragedia degli ultimi.
La seconda. Leo Messi, oltre che un grandissimo calciatore, è – detto alla veronese – un “butel” piuttosto ingenuo che crede ancora alla fata Turchina e all’esistenza dei benefattori disinteressati. Mentre i suoi invitati vip, per quanto miliardari stronzi, non sono stronzi al punto da aver perso il senso della realtà e credere alle favole targate Ong.
Ognuno libero di scegliere l’interpretazione più gradita.

MEGLIO LA SOPPRESSA SENZA FRONTIERE

Non essendo vegetariano amo la carne e gli affettati, le buone soppresse in particolare, e sono grato a chi sa confezionarle. Anche perché non vengono a raccontarmi che le fanno gratis e a scopi umanitari.
Un risultato altamente umanitario certamente c’è: preparare dell’ottimo cibo per chi è disposto a comprarlo, garantendo a chi lo confezione un giusto guadagno (proporzionato alla qualità del prodotto). In compenso chi fa gli insaccati non sta a scassarci i gabasisi, spiegandoci che lui è mosso da scopi altamente umanitari, del tutto gratuiti, volti solo a garantire la sopravvivenza di noi carnivori.
Diffido invece delle Ong. E in genere di tutte le associazioni private che raccolgono fondi per la ricerca volta a sconfiggere ogni tipo di malattia (ormai manca solo la fondazione per debellare l’unghia incarnata).
Non si tratta, ovviamente, di fare di tutte le erbe un fascio escludendo che ci siano anche Ong e fondazioni serie. Certo che i bilanci nessuno li conosce, e i risultati neppure; certo che è arduo credere a chi dice di operare gratis. Certo che minimo vengono esibiti falsi scopi: un po’ come quando la Chiesa nello spot per l’otto per mille ci mostra tanti disagiati e disperati, quando poi gran parte dei proventi vanno – legittimamente – al sostentamento del clero (pubblicità ingannevole?)
Quanto alle organizzazioni non governative, oggi Repubblica titola: “L’Ong lavorava con gli scafisti”. Il Tempo. “Soccoritori? Sono i banditi del mare”.
Meglio dunque la soppressa senza frontiere, senza le frontiere dei tanti dubbi.

SANDRO VERONESI CREA LAVORO

“Ho scritto una lettera a Papa Francesco per dirgli che da noi il lavoro c’è per i giovani che hanno la voglia e la flessibilità di adattarsi ai cambiamenti”.
Così Sandro Veronesi, il fondatore di Calzedonia e Intimissimi, nel lungo articolo che gli dedica oggi l’inserto economia del Corriere. Il Pontefice aveva denunciato l’ingiustizia di una società che fa lavorare i vecchi e non i giovani. L’opposto del cambiamento, della comprensione dei tempi nuovi. Fermo alla vecchia ricetta da triplice sindacale sessantottina: via alle baby pensioni che così si schiudono nuovi posti di lavoro…
Ovviamente la voglia e la flessibilità di adattarsi ai cambiamenti per i giovani non arrivano né per caso né per miracolo: dipende dall’educazione al lavoro che hanno ricevuto o dall’educazione al posto pubblico e all’assistenzialismo. Dipende dagli stimoli. Anche la tanto vituperata “disuguaglianza sociale” può essere utile, se non la vivi come invidia ma come spinta a migliorarti…
Quanto ai posti di lavoro Sandro Veronesi ha saputo crearli: “quando ho iniziato del 1986 – ricorda – c’ero solo io con un designer e una modella”. Oggi i dipendenti sono 32 mila. Il 60% ha meno di 30 anni. Stabilimenti di produzione e negozi (4.212) in mezzo mondo. 2,128 miliardi il fatturato del gruppo Calzedonia lo scorso anno.
Interessante ripercorrere la storia di questo crescita impetuosa raccontata dall’inserto del Corriere. Intuizione dopo intuizione: bisogna produrre direttamente e non solo commercializzare, devi capire i gusti della potenziale clientela e trovare la giusta fascia di prezzo.
Tutto dovuto alla genialità di questo eccezionale imprenditore veronese. Che una sola fortuna ha avuto: nessun contributo pubblico, nessuna prescrizione né indicazione dalle “politiche industriali”…

SE FRANCESCO CHIUDE LE FONTANE

E Dai , Papa Francesco, non fermarti a metà del guado! Dopo aver chiuso le fontane del Vaticano, di fronte all’emergenza idrica, ordina anche di prosciugare le acquasantiere in tutte le chiese! Basta con questi sprechi inutili!
Finito il tempo in cui i sacerdoti organizzavano le novene nei campi invocando la pioggia con le preghiere. Adesso, in modo laico e pragmatico, si chiudono le fontane.
Definire le iniziative di questo Pontefice è arduo. Limitiamoci a dire che è un modaiolo: sempre in prima linea a dare l’esempio su come affrontare le emergenze più stringenti. (Che poi nelle chiese il flusso dei fedeli sia rinsecchito, questo è secondario…)
Per carità, è innegabile che ci sia un’estate di siccità. In compenso c’è l’alluvione continua della drammatizzazione: i raccolti agricoli? Distrutti al 60%! Danni per miliardi di miliardi! Tanto vale dire che sono distrutti al 100% e che, assieme ai tanti africani, è arrivato qui anche il Sahara…
L’emergenza idrica, che si profila in diverse città e regioni, è dovuta anzitutto al nostro voto: no alla privatizzazione dell’acqua! L’acqua è un bene pubblico! Va bocciato, ed è stato bocciato, il referendum che voleva affidare ai privati la gestione delle reti idriche. E cosi’ l’acqua se la beve il pubblico, cioè le municipalizzate, che continuano a gestire – a costi spropositati – le reti vecchie e scassate con una dispersione superiore al 40%…
A Roma, di fronte al disastro dell’Atac, i radicali stanno raccogliendo le firme per proporre, tramite referendum, la privatizzazione dei trasporti. Ma scherziamo?! I trasporti sono un bene pubblico (come l’acqua) e pubblici debbono restare! Anche se poi gli autisti Atac, invece che guidare i mezzi, fanno gli idraulici in nero…
Poco importa se gli autobus non girano, se la metropolitana chiude. Come le fontane di piazza San Pietro e dei giardini vaticani. Tanto abbiamo Papa Francesco che ci risolve lui i problemi.

COME FARCI DEL MALE DA SOLI

Com’era ampiamente prevedibile il vertice di Tallinn è servito ad un’unica cosa: a togliere l’ultima illusione che l’Europa ci aiuti a gestire i flussi migratori. Non un solo Paese Ue ha infatti accettato di aprire i suoi porti.
Dovremmo arrangiarci da soli. Quando perfino Renzi ha scoperto l’acqua calda, cioè che serve il numero chiuso nell’accoglienza. Ovvio: come i servizi sociali di un comune possono aiutare solo i propri cittadini bisognosi, e non tutti i cittadini italiani, così un singolo Paese non può farsi carico di tutti i migranti economici dell’Africa e del mondo ma solo di un numero definito di loro.
Secondo Tito Boeri, senza migranti, mancherebbero 38 miliardi di euro e crollerebbe il sistema previdenziale. Infatti gli altri Paesi Ue – non avendo economisti dello spessore di Tito nostro – chiudono porti e frontiere e così non potranno più versare l’assegno ai loro pensionati…
In teoria non serve certo il benestare dell’Europa per imporre un codice di comportamento alle Ong: entrano nei nostri porti solo se accettano di avere a bordo forze dell’ordine che controllino gli equipaggi, se hanno bilanci trasparenti, e se dimostrano di avere effettuato veri salvataggi in mare. Non se fungono da traghettatori per gli scafisti andando a prendere i migranti al largo della Libia. (Che lo facciano gratis o spartendosi gli utili con i mercanti di esseri umani?)
Nessun Paese europeo ci impedisce di rimpatriare tutti coloro che non hanno diritto all’asilo. Basta volerlo fare.
Ma quel è oggi la priorità del governo Gentiloni-Renzi? Approvare lo Ius soli totale. L’Italia, che già accoglie l’85% dei migranti arrivati in Europa, è l’unico Paese europeo intenzionato ad introdurlo.
Questione di civiltà o di autolesionismo? Propendo decisamente per la seconda ipotesi: come farci del male da soli, anche senza bisogno di aiutini Ue…

NON SOLO SANTI NELLE ONG

Cosa proclamavano in genere i politici? Di impegnarsi per il bene comune, per l’interesse dei cittadini e non, certo, per il loro tornaconto. Poi – per alcuni di loro (non tutti) – è emersa una realtà leggermente diversa…E adesso, quantomeno, si tacciono; il boato della loro retorica si è, per così dire, assopito.
Cosa dicevano, e continuano a dire, le Ong, le organizzazioni non governative? Che loro agiscono per puri scopi umanitari, per salvare quello, per aiutare e curare questo, per evitare le stragi in mare…
Ma adesso il governo italiano, al vertice dei ministri degli interni europei di Tallin giovedì prossimo, chiederà che le Ong rispettino non codice preciso. Che proibisca di segnalare la presenza delle loro navi in mare alle barche dei trafficanti di esseri umani che salpano dalla Libia; che le obblighi a fornire l’elenco completo dei loro equipaggi; che le obblighi a fornire le liste complete dei finanziamenti ottenuti.
Codice che, anche se approvato dal vertice Ue, resta molto complicato da applicare concretamente. Ma, la richiesta del codice, evidenzia sospetti molto precisi del nostro governo: che alcune Ong siano in combutta con gli scafisti, che abbiano a bordo qualcuno che fa da tramite con gli scafisti stessi, che ricevano finanziamenti chissà da chi e tutt’altro che trasparenti.
Sospetti degni di associazioni a delinquere, più che di organizzazioni umanitarie.
Anche con le Ong, come per i politici, evitiamo di fare di tutte le erbe un fascio. Niente fasci in nessun senso: né tutti delinquenti, ma neppure tutti santi…

IL VOTO A VERONA E A PADOVA

Scrive oggi Il Gazzettino: ”Padova e Verona, c’è il ribaltone”.
A Padova di sicuro. Ma a Verona, sotto il profilo politico, nessun ribaltone: si passa infatti da un sindaco di centrodestra, Flavio Tosi, ad un altro sindaco di centrodestra, Federico Sboarina.
A Verona è la fine di un’era: l’era Tosi, un sindaco che ha governato la città per dieci anni con un vasto, radicato, consenso popolare. Impossibilitato a ricandidarsi in una Verona che era, è e resta una città di centrodestra (direi sindaco di centrodestra persino l’eccezione Paolo Zanotto pur eletto dal centrosinistra…) e che ha quindi espresso un altro candidato forte di quell’area: Federico Sboarina. Pura continuità politica.
Si è discusso se andava bene o no la candidatura della fidanzata di Tosi, Patrizia Bisinella. Irrilevante: qualunque fosse stato il tosiano prescelto avrebbe ottenuto risultato simile o identico: cioè nessun voto di sinistra, da quel Pd teoricamente apparentato ma di fatto reduce da dieci anni di opposizione…
Padova, sotto il profilo politico, è l’opposto di Verona. Una città cioè tendenzialmente di centrosinistra, ostile a farsi governare dal centrodestra: impalpabile Giustina Destro sindaco, sconfitta all’elezione successiva senza nemmeno bisogno del ballottaggio; duri e determinati invece i due anni e mezzo di Massimo Bitonci, e quindi con l’establishment patavino (decisamente orientato sul centrosinistra) subito impegnato a far saltare il banco…
Padova è dunque tornata alla sua tradizione politica, pur in tempi difficilissimi per un Pd e un centrosinistra sconfitto in tutti i ballottaggi da Genova in giù!
Un eccezione, se vogliamo molto legata alla strategia del segretario provinciale del Pd Massimo Bettin: capace di costruire una vittoria politica, con Giordani sindaco, a fronte di una sconfitta elettorale del suo partito fermo al 14%.
Perché, per far vincere Giordani, era indispensabile accreditarlo fino in fondo come candidato civico, sganciato cioè da qualunque forza politica e per questo capace di attrarre un voto trasversale. Così un Pd a Padova defilato, impalpabile per tutta la campagna elettorale e penalizzato nell’urna. Ma proprio così è stata costruita la vittoria del nuovo sindaco.

CENTRI COMMERCIALI DEL PASSATO

Non c’è candidato sindaco che non abbia detto: basta centri commerciali! Dobbiamo tutelare i negozi tradizionali nelle città, i negozi di prossimità nei quartieri! Intendevano anzitutto dire: debbo garantirmi i voti dei tanti negozianti, l’appoggio delle associazioni di categoria del commercio…
E poi basta con queste sciagurate aperture domenicali! La stessa regione Veneto è impegnata a limitarle ad un massimo di venti festività l’anno.
Peccato che poi dal mondo reale (non da quello dei desideri) sia arrivata la notizia: Amazon ha comperato Whole Foods Market, la più grande catena di supermercati bio al mondo. Amazon sbanca nel settore alimentare e fa le consegne a domicilio, 24 ore al giorno e tutti i giorni dell’anno. Sempre più in ogni paese, Italia compresa.
A domicilio non solo prodotti alimentari ma scarpe, cosmetici, libri, divani, giocattoli etc. etc. Che faranno i sindaci? Proibiranno le consegne a domicilio? (che gli anziani nemmeno devono fare lo sforzo di raggiungere i negozi di prossimità…) Le consentiranno solo nei giorni feriali?
Amazon in Gran Bretagna ha già sperimentato le prime consegne fatte con i droni.
Come ha scritto Mattia Feltri su La Stampa: “Negli Stati Uniti dopo i piccoli negozi cominciano a chiudere i centri commerciali”. Lo stesso accadrà negli anni anche da noi. Piaccia o no. E’ il progresso. E non lo fermano di certo i sindaci.
Un tempo Berta filava. Poi sono arrivati i telai meccanici e le tante Berte hanno smesso di filare. Magari qualcuna ha saputo diventare una stilista. Così i negozi tradizionali non li salvano di sicuro i sindaci. Può farlo solo il singolo negoziante capace di innovare sul fronte dell’alta, dell’altissima qualità – sia nell’alimentare che nell’abbigliamento – che, per una questione di numeri, Amazon non è interessata a coprire. Forse.
La politica può cercare di regolare il progresso, non può fermarlo: la rivoluzione industriale non l’hanno né inventata né promossa i politici, hanno tentato di governarla prendendo atto della nuova realtà economico-produttiva.