Non essendo vegetariano amo la carne e gli affettati, le buone soppresse in particolare, e sono grato a chi sa confezionarle. Anche perché non vengono a raccontarmi che le fanno gratis e a scopi umanitari.
Un risultato altamente umanitario certamente c’è: preparare dell’ottimo cibo per chi è disposto a comprarlo, garantendo a chi lo confezione un giusto guadagno (proporzionato alla qualità del prodotto). In compenso chi fa gli insaccati non sta a scassarci i gabasisi, spiegandoci che lui è mosso da scopi altamente umanitari, del tutto gratuiti, volti solo a garantire la sopravvivenza di noi carnivori.
Diffido invece delle Ong. E in genere di tutte le associazioni private che raccolgono fondi per la ricerca volta a sconfiggere ogni tipo di malattia (ormai manca solo la fondazione per debellare l’unghia incarnata).
Non si tratta, ovviamente, di fare di tutte le erbe un fascio escludendo che ci siano anche Ong e fondazioni serie. Certo che i bilanci nessuno li conosce, e i risultati neppure; certo che è arduo credere a chi dice di operare gratis. Certo che minimo vengono esibiti falsi scopi: un po’ come quando la Chiesa nello spot per l’otto per mille ci mostra tanti disagiati e disperati, quando poi gran parte dei proventi vanno – legittimamente – al sostentamento del clero (pubblicità ingannevole?)
Quanto alle organizzazioni non governative, oggi Repubblica titola: “L’Ong lavorava con gli scafisti”. Il Tempo. “Soccoritori? Sono i banditi del mare”.
Meglio dunque la soppressa senza frontiere, senza le frontiere dei tanti dubbi.
SANDRO VERONESI CREA LAVORO
“Ho scritto una lettera a Papa Francesco per dirgli che da noi il lavoro c’è per i giovani che hanno la voglia e la flessibilità di adattarsi ai cambiamenti”.
Così Sandro Veronesi, il fondatore di Calzedonia e Intimissimi, nel lungo articolo che gli dedica oggi l’inserto economia del Corriere. Il Pontefice aveva denunciato l’ingiustizia di una società che fa lavorare i vecchi e non i giovani. L’opposto del cambiamento, della comprensione dei tempi nuovi. Fermo alla vecchia ricetta da triplice sindacale sessantottina: via alle baby pensioni che così si schiudono nuovi posti di lavoro…
Ovviamente la voglia e la flessibilità di adattarsi ai cambiamenti per i giovani non arrivano né per caso né per miracolo: dipende dall’educazione al lavoro che hanno ricevuto o dall’educazione al posto pubblico e all’assistenzialismo. Dipende dagli stimoli. Anche la tanto vituperata “disuguaglianza sociale” può essere utile, se non la vivi come invidia ma come spinta a migliorarti…
Quanto ai posti di lavoro Sandro Veronesi ha saputo crearli: “quando ho iniziato del 1986 – ricorda – c’ero solo io con un designer e una modella”. Oggi i dipendenti sono 32 mila. Il 60% ha meno di 30 anni. Stabilimenti di produzione e negozi (4.212) in mezzo mondo. 2,128 miliardi il fatturato del gruppo Calzedonia lo scorso anno.
Interessante ripercorrere la storia di questo crescita impetuosa raccontata dall’inserto del Corriere. Intuizione dopo intuizione: bisogna produrre direttamente e non solo commercializzare, devi capire i gusti della potenziale clientela e trovare la giusta fascia di prezzo.
Tutto dovuto alla genialità di questo eccezionale imprenditore veronese. Che una sola fortuna ha avuto: nessun contributo pubblico, nessuna prescrizione né indicazione dalle “politiche industriali”…
SE FRANCESCO CHIUDE LE FONTANE
E Dai , Papa Francesco, non fermarti a metà del guado! Dopo aver chiuso le fontane del Vaticano, di fronte all’emergenza idrica, ordina anche di prosciugare le acquasantiere in tutte le chiese! Basta con questi sprechi inutili!
Finito il tempo in cui i sacerdoti organizzavano le novene nei campi invocando la pioggia con le preghiere. Adesso, in modo laico e pragmatico, si chiudono le fontane.
Definire le iniziative di questo Pontefice è arduo. Limitiamoci a dire che è un modaiolo: sempre in prima linea a dare l’esempio su come affrontare le emergenze più stringenti. (Che poi nelle chiese il flusso dei fedeli sia rinsecchito, questo è secondario…)
Per carità, è innegabile che ci sia un’estate di siccità. In compenso c’è l’alluvione continua della drammatizzazione: i raccolti agricoli? Distrutti al 60%! Danni per miliardi di miliardi! Tanto vale dire che sono distrutti al 100% e che, assieme ai tanti africani, è arrivato qui anche il Sahara…
L’emergenza idrica, che si profila in diverse città e regioni, è dovuta anzitutto al nostro voto: no alla privatizzazione dell’acqua! L’acqua è un bene pubblico! Va bocciato, ed è stato bocciato, il referendum che voleva affidare ai privati la gestione delle reti idriche. E cosi’ l’acqua se la beve il pubblico, cioè le municipalizzate, che continuano a gestire – a costi spropositati – le reti vecchie e scassate con una dispersione superiore al 40%…
A Roma, di fronte al disastro dell’Atac, i radicali stanno raccogliendo le firme per proporre, tramite referendum, la privatizzazione dei trasporti. Ma scherziamo?! I trasporti sono un bene pubblico (come l’acqua) e pubblici debbono restare! Anche se poi gli autisti Atac, invece che guidare i mezzi, fanno gli idraulici in nero…
Poco importa se gli autobus non girano, se la metropolitana chiude. Come le fontane di piazza San Pietro e dei giardini vaticani. Tanto abbiamo Papa Francesco che ci risolve lui i problemi.
COME FARCI DEL MALE DA SOLI
Com’era ampiamente prevedibile il vertice di Tallinn è servito ad un’unica cosa: a togliere l’ultima illusione che l’Europa ci aiuti a gestire i flussi migratori. Non un solo Paese Ue ha infatti accettato di aprire i suoi porti.
Dovremmo arrangiarci da soli. Quando perfino Renzi ha scoperto l’acqua calda, cioè che serve il numero chiuso nell’accoglienza. Ovvio: come i servizi sociali di un comune possono aiutare solo i propri cittadini bisognosi, e non tutti i cittadini italiani, così un singolo Paese non può farsi carico di tutti i migranti economici dell’Africa e del mondo ma solo di un numero definito di loro.
Secondo Tito Boeri, senza migranti, mancherebbero 38 miliardi di euro e crollerebbe il sistema previdenziale. Infatti gli altri Paesi Ue – non avendo economisti dello spessore di Tito nostro – chiudono porti e frontiere e così non potranno più versare l’assegno ai loro pensionati…
In teoria non serve certo il benestare dell’Europa per imporre un codice di comportamento alle Ong: entrano nei nostri porti solo se accettano di avere a bordo forze dell’ordine che controllino gli equipaggi, se hanno bilanci trasparenti, e se dimostrano di avere effettuato veri salvataggi in mare. Non se fungono da traghettatori per gli scafisti andando a prendere i migranti al largo della Libia. (Che lo facciano gratis o spartendosi gli utili con i mercanti di esseri umani?)
Nessun Paese europeo ci impedisce di rimpatriare tutti coloro che non hanno diritto all’asilo. Basta volerlo fare.
Ma quel è oggi la priorità del governo Gentiloni-Renzi? Approvare lo Ius soli totale. L’Italia, che già accoglie l’85% dei migranti arrivati in Europa, è l’unico Paese europeo intenzionato ad introdurlo.
Questione di civiltà o di autolesionismo? Propendo decisamente per la seconda ipotesi: come farci del male da soli, anche senza bisogno di aiutini Ue…
NON SOLO SANTI NELLE ONG
Cosa proclamavano in genere i politici? Di impegnarsi per il bene comune, per l’interesse dei cittadini e non, certo, per il loro tornaconto. Poi – per alcuni di loro (non tutti) – è emersa una realtà leggermente diversa…E adesso, quantomeno, si tacciono; il boato della loro retorica si è, per così dire, assopito.
Cosa dicevano, e continuano a dire, le Ong, le organizzazioni non governative? Che loro agiscono per puri scopi umanitari, per salvare quello, per aiutare e curare questo, per evitare le stragi in mare…
Ma adesso il governo italiano, al vertice dei ministri degli interni europei di Tallin giovedì prossimo, chiederà che le Ong rispettino non codice preciso. Che proibisca di segnalare la presenza delle loro navi in mare alle barche dei trafficanti di esseri umani che salpano dalla Libia; che le obblighi a fornire l’elenco completo dei loro equipaggi; che le obblighi a fornire le liste complete dei finanziamenti ottenuti.
Codice che, anche se approvato dal vertice Ue, resta molto complicato da applicare concretamente. Ma, la richiesta del codice, evidenzia sospetti molto precisi del nostro governo: che alcune Ong siano in combutta con gli scafisti, che abbiano a bordo qualcuno che fa da tramite con gli scafisti stessi, che ricevano finanziamenti chissà da chi e tutt’altro che trasparenti.
Sospetti degni di associazioni a delinquere, più che di organizzazioni umanitarie.
Anche con le Ong, come per i politici, evitiamo di fare di tutte le erbe un fascio. Niente fasci in nessun senso: né tutti delinquenti, ma neppure tutti santi…
IL VOTO A VERONA E A PADOVA
Scrive oggi Il Gazzettino: ”Padova e Verona, c’è il ribaltone”.
A Padova di sicuro. Ma a Verona, sotto il profilo politico, nessun ribaltone: si passa infatti da un sindaco di centrodestra, Flavio Tosi, ad un altro sindaco di centrodestra, Federico Sboarina.
A Verona è la fine di un’era: l’era Tosi, un sindaco che ha governato la città per dieci anni con un vasto, radicato, consenso popolare. Impossibilitato a ricandidarsi in una Verona che era, è e resta una città di centrodestra (direi sindaco di centrodestra persino l’eccezione Paolo Zanotto pur eletto dal centrosinistra…) e che ha quindi espresso un altro candidato forte di quell’area: Federico Sboarina. Pura continuità politica.
Si è discusso se andava bene o no la candidatura della fidanzata di Tosi, Patrizia Bisinella. Irrilevante: qualunque fosse stato il tosiano prescelto avrebbe ottenuto risultato simile o identico: cioè nessun voto di sinistra, da quel Pd teoricamente apparentato ma di fatto reduce da dieci anni di opposizione…
Padova, sotto il profilo politico, è l’opposto di Verona. Una città cioè tendenzialmente di centrosinistra, ostile a farsi governare dal centrodestra: impalpabile Giustina Destro sindaco, sconfitta all’elezione successiva senza nemmeno bisogno del ballottaggio; duri e determinati invece i due anni e mezzo di Massimo Bitonci, e quindi con l’establishment patavino (decisamente orientato sul centrosinistra) subito impegnato a far saltare il banco…
Padova è dunque tornata alla sua tradizione politica, pur in tempi difficilissimi per un Pd e un centrosinistra sconfitto in tutti i ballottaggi da Genova in giù!
Un eccezione, se vogliamo molto legata alla strategia del segretario provinciale del Pd Massimo Bettin: capace di costruire una vittoria politica, con Giordani sindaco, a fronte di una sconfitta elettorale del suo partito fermo al 14%.
Perché, per far vincere Giordani, era indispensabile accreditarlo fino in fondo come candidato civico, sganciato cioè da qualunque forza politica e per questo capace di attrarre un voto trasversale. Così un Pd a Padova defilato, impalpabile per tutta la campagna elettorale e penalizzato nell’urna. Ma proprio così è stata costruita la vittoria del nuovo sindaco.
CENTRI COMMERCIALI DEL PASSATO
Non c’è candidato sindaco che non abbia detto: basta centri commerciali! Dobbiamo tutelare i negozi tradizionali nelle città, i negozi di prossimità nei quartieri! Intendevano anzitutto dire: debbo garantirmi i voti dei tanti negozianti, l’appoggio delle associazioni di categoria del commercio…
E poi basta con queste sciagurate aperture domenicali! La stessa regione Veneto è impegnata a limitarle ad un massimo di venti festività l’anno.
Peccato che poi dal mondo reale (non da quello dei desideri) sia arrivata la notizia: Amazon ha comperato Whole Foods Market, la più grande catena di supermercati bio al mondo. Amazon sbanca nel settore alimentare e fa le consegne a domicilio, 24 ore al giorno e tutti i giorni dell’anno. Sempre più in ogni paese, Italia compresa.
A domicilio non solo prodotti alimentari ma scarpe, cosmetici, libri, divani, giocattoli etc. etc. Che faranno i sindaci? Proibiranno le consegne a domicilio? (che gli anziani nemmeno devono fare lo sforzo di raggiungere i negozi di prossimità…) Le consentiranno solo nei giorni feriali?
Amazon in Gran Bretagna ha già sperimentato le prime consegne fatte con i droni.
Come ha scritto Mattia Feltri su La Stampa: “Negli Stati Uniti dopo i piccoli negozi cominciano a chiudere i centri commerciali”. Lo stesso accadrà negli anni anche da noi. Piaccia o no. E’ il progresso. E non lo fermano di certo i sindaci.
Un tempo Berta filava. Poi sono arrivati i telai meccanici e le tante Berte hanno smesso di filare. Magari qualcuna ha saputo diventare una stilista. Così i negozi tradizionali non li salvano di sicuro i sindaci. Può farlo solo il singolo negoziante capace di innovare sul fronte dell’alta, dell’altissima qualità – sia nell’alimentare che nell’abbigliamento – che, per una questione di numeri, Amazon non è interessata a coprire. Forse.
La politica può cercare di regolare il progresso, non può fermarlo: la rivoluzione industriale non l’hanno né inventata né promossa i politici, hanno tentato di governarla prendendo atto della nuova realtà economico-produttiva.
TOTTI, UN 10 PER IL LOTTO
Non mi permetto certo di giudicare il calciatore Francesco Totti: un campione grande, grandissimo, unico; fate voi.
Scontato l’entusiasmo dei tifosi. Un po’ sorprendete che anche tutti i media e i commentatori lo trattino da ultimo Re di Roma, da Pontefice del calcio. Con tutte queste celebrazioni melense, mi pare che un distinguo, una critica, possano starci. La critica a quel mitico numero dieci messo a disposizione del 10eLotto. La critica a Totti che si fa pagare profumatamente anche per fare lo sponsor al gioco d’azzardo. (E non è l’unico calciatore, ex calciatore, sportivo, che si presta).
Non c’è praticamente persona benestante che butti via soldi con l’azzardo. Comprensibilmente sono le persone comuni, i più poveri e disagiati, a sognare un facile guadagno, una pioggia o pioggerellina di soldi. Quindi – per dirla alla Camusso – il gioco d’azzardo è la forma più vergognosa di sfruttamento dei lavoratori, dei pensionati, degli indigenti.
E’ una presa per i fondelli la frasuccia letta di corsa alla fine di ogni spot “il gioco nuoce ai minori e può indurre dipendenza”. L’azzardo nuoce a tutti. E induce matematicamente la dipendenza: ormai abbiamo più ludopatici, che tossici, che alcolisti.
Giustamente è stata vietata la pubblicità del fumo perché “nuoce gravemente alla salute”. Quella del gioco d’azzardo invece, in ogni sua forma, dilaga su tutte le reti televisive e la carta stampata.
Cosa si aspetta a vietarla tassativamente?
I sindaci, che sono a contatto con i cittadini e i loro problemi, fanno qual che possono: divieto che le slot stiano a meno di 500, a meno di 1.000 metri da scuole, parrocchie, centri sportivi; orari limitati per le sale gioco. Ma, anche scomparissero tutte, il gioco d’azzardo ormai dilaga pure in rete: persone di ogni età che puntano e gettano via soldi col cellulare.
Sacrosanto, ovviamente, pretendere che vengano cancellati dalla rete i video che inneggiano alla Jihad. Ma non sono gli unici video virali che andrebbero ad ogni costo censurati.
Tornando a Francesco Totti ieri, al momento dell’addio alla Roma, ha pianto e confessato “adesso ho paura!”. Paura di cosa? Di non fare più i soldi come sponsor del 10eLotto sulla pelle di chi di soldi ne ha infinitamente meno di lui? Ed in cambio ha ansie per il proprio futuro ben più giustificate rispetto al Pupone…
DIFESA E LARDO SUGLI OCCHI
Non avessimo il lardo sugli occhi, capiremmo che quanto sta avvenendo col tentativo di rivedere le norme sulla legittima difesa è un autentica follia.
Follia politica del governo di sinistra-centro pensare che recuperi i voti moderati inseguendo Lega e centrodestra su questo terreno: la copia non vale mai l’originale. Senza dire che il pasticcio estremo di poter sparare al ladro a fuso orario è tutta acqua al mulino della stessa destra.
Ma follia politica anche quella di Lega e centrodestra di spostare tutto il tema della sicurezza sul diritto all’autodifesa da parte del cittadino. Perché in questo modo crei un alibi gigantesco allo Stato, lo assolvi cioè dall’aver eluso al suo primo dovere che è quello di garantire lui, Stato, la sicurezza dei cittadini.
Cittadini che per questo anzitutto pagano le tasse. E poi per la pubblica istruzione, per il servizio sanitario.
Quindi due esempi precisi: mettiamo che la pubblica istruzione sia allo sfascio (più di quanto già non sia), che non abbia più senso andare a scuola perché nulla impari e nessun futuro lavorativo ti si prospetta. Invochiamo, pretendiamo, una drastica riforma del sistema scolastico o invochiamo il diritto all’auto-istruzione? Il diritto a comprare libri a spese nostre e ad andare al poligono dell’istruzione per essere abilitati ad usarli?
Se la sanità è allo sfascio, come già in tante regioni, pretendiamo una drastica riforma del sistema sanitario o invochiamo anche qui il diritto all’auto-cura? Ad andare in farmacia a comprare ciò che serve e poi al poligono sanitario per essere abilitati ad operarci col bisturi e farci noi la terapia oncologica?
Mi sembra evidente che la vera deterrenza per ladri e criminali non la eserciti il cittadino armato e libero di sparare, bensì uno Stato capace di arrestarli, con leggi adeguate a lasciarli in carcere tutto il tempo che serve, e con tutti i posti che servono nelle carceri stesse.
C’è anche un problema di professionalità dei tutori dell’ordine. Perché basta un Igor, che non sia così scemo da postare in rete o da usare il cellulare, e in migliaia e migliaia da mesi e mesi non riescono a beccarlo…
SOLDI AI POVERI CHE POVERI RESTANO
Lo chiamano reddito di inclusione. Tradotto in parole povere e comprensibili sono soldi ai poveri: da 300 a 500 euro al mese a 600 mila famiglie povere. La misura decisa dal governo Pd di Gentiloni non convince per almeno tre motivi.
Cominciamo dal più banale, quasi ridicolo per non dire autolesionistico. Questo tentativo di rincorrere il reddito di cittadinanza patrocinato dai 5 Stelle, non tiene conto di un fattore determinante: la copia non vale mai l’originale. Quindi è un’illusione quella del Pd di incassare (comprare?) il voto dei poveri. In prima fila c’è già Beppe Grillo ed è impossibile per chiunque scalzarlo, tentare il sorpasso populista.
C’è poi la questione fondamentale che è, dovrebbe essere, la serietà: qualunque misura prenda un governo è tenuto a spiegare ai cittadini dove trova le risorse per finanziarla. Gentiloni già si è rimangiato la promessa di tagliare l’Irpef, perchè abbiamo una spesa pubblica e un debito pubblico fuori controllo. Per non parlare di una pressione fiscale da record europeo. E l’unico modo per finanziare il reddito di inclusione sarà un ulteriore aumento delle tasse.
Minimo va comunicato agli interessati, cioè ai contribuenti. Dopo di che chiamiamola, se vogliamo, giustizia sociale o redistribuzione della ricchezza: prendiamo ai ricchi (ma sono tutti ricchi quelli che pagano le tasse?) e diamo ai poveri. Peccato che la carità – sia privata che di stato – aiuti solo il povero a restare povero. Cioè a dargli l’illusione di tirare a campare senza lavorare.
Ed in questo senso è deleteria anche la carità privata.
Peggio ancora quella pubblica (specie in un Paese dove i furbetti del welfare già dilagano…) Quando l’impegno di un governo serio dovrebbe muoversi in una doppia direzione. Da un lato creare più opportunità di lavoro, abbattendo la pressione fiscale non inasprendola. Dall’altro educando i cittadini a vivere col lavoro. (Come recita la premessa della “Costituzione più bella del mondo”…)
Può starci, certo, un aiuto alle famiglie più povere. Ma ben delimitato nel tempo e pretendendo in cambio un qualche lavoretto socialmente utile. A puro scopo educativo.
Mentre se elargisci assistenza gratuita, a tempo indeterminato e senza contropartita, diseduchi i nostri poveri. Esattamente come stiamo già facendo con ottimi risultati verso i migranti…