Un tempo c’erano i confini della Patria. Sacri ed inviolabili, da difendere ad ogni costo. Per noi, per l’Italia, i confini inviolabili sono sempre esistiti solo a parole; mai nei fatti.
Adesso – sull’onda emotiva della foto dal bimbo siriano morto – i confini li ha aperti anche la Germania di Angela Merkel. Aperti ai rifugiati veri, come sono i siriani in fuga dall’Isis. Non anche ai clandestini come facciamo noi. Differenza essenziale, che non possiamo fingere di ignorare.
Accogliere chi scappa dalla guerra e dalle persecuzioni è un dovere imprescindibile. Anche perchè la storia dimostra che non c’è muro che tenga né che riesca a fermarli.
Ma, proprio perchè è un dovere, va attuato fino in fondo; oltre la semplice accoglienza.
Quindi ci vuole anche l’integrazione autentica nelle libertà, nei diritti, nelle opportunità dell’Occidente. Non può cioè esserci spazio per chi fanatico sanguinario è, e tale pretende di restare.
Bisogna inoltre avere il coraggio di combattere e sconfiggere chi li mette in fuga dal loro Paese. Galli della Loggia accosta la foto del bimbo siriano a quella del bimbo ebreo che, nel ghetto di Varsavia in fiamme, alza le mani in segno di resa ai soldati nazisti.
Non bastò allora che gli ebrei, in fuga dai Paesi che Hitler conquistava, si rifugiassero in Svizzera piuttosto che negli Stati Uniti. La soluzione fu sconfiggere e distruggere il nazismo. La soluzione oggi è (sarebbe) sconfiggere e distruggere il Califfato.
Soluzione ardua, che costerebbe lacrime e sangue, ma unica e vera soluzione.
Non basta certo cancellare i confini dell’Europa, aprire le frontiere ai disperati. Non basta per due motivi. Primo: più ne accogli più, fatalmente, ne arrivano. Secondo: esiste un limite all’accoglienza. Oltrepassato il quale ( un milione, due, tre milioni in tutta Europa?) sono garantiti il caos e i conflitti sociali. Nessuna integrazione è più attuabile.
INSEGNANTI E MIGRANTI “DEPORTATI”
Perchè decine di migliaia di giovani italiani (volonterosi) vanno a Londra? Perchè in Gran Bretagna c’è lavoro (grazie al tanto deprecato liberismo…). Perchè quindicimila insegnanti precari, oggi stabilizzati, dovrebbero trasferirsi dal Sud al Nord? Perchè gli studenti e quindi le cattedre disponibili sono al Nord.
Ma parecchi di loro rifiutano, parlano di “deportazione”, non vogliono uscire nemmeno dalla provincia dove vivono. Perfettamente in linea, va osservato, con quella “mobilità con limitazione geografica” introdotta dal governo Renzi per il pubblico impiego: obbligo di spostarsi, ma entro il raggio di 50 chilometri.
Non che il rifiuto della “deportazione” riguardi solo gli insegnati e il pubblico impiego in genere. Il giornalista Mario Sechi tira in ballo la nostra categoria, noi scribacchini che abbiamo allegramente sdoganato questo termine tanto roboante quanto assurdo; e Sechi afferma: “ c’è una sintonia storica tra chi scrive articoli e chi detta compiti in classe: provate a trasferire un giornalista, non dico dalla sede, ma dalla sua scrivania…”
La caduta verticale del buon senso ci ha fatto perdere una considerazione elementare, un dato di realtà: si trova lavoro dove il lavoro c’è. Non dove non c’è.
In caso contrario la “deportazione” va impedita per tutti. Non solo per gli insegnati del Sud. Anche per nostri giovani che vanno a cercare lavoro all’estero. Anche per i milioni di migranti che il lavoro vengono a cercarlo (in Europa, più che in Italia).
Valesse per i migranti ciò che pretendono certi insegnati meridionali, sarebbe compito e dovere degli Stati africani e asiatici garantire loro un lavoro stabile a casa propria, massimo a 50 chilometri da dove sono nati.
Mica siamo nazisti, mica accettiamo di favorire la loro deportazione…(che Galantino sia un Kapò?).
CI MANCAVA IL PRETE PACIFISTA
Se ne sentiva il bisogno. Mancava proprio il prete pacifista che censura la preghiera degli alpini perchè “guerrafondaia”.
E’ successo al passa di San Boldo, confine tra la provincia di Treviso e Belluno, dove ad ogni Ferragosto (festa dell’Assunta) gli alpini si ritrovano a celebrare la messa in una chiesetta da loro costruita.
Quest’anno il sacerdote, inviato dalla diocesi di Vittorio Veneto, si è rifiutato di far recitare in chiesa la preghiera degli alpini. Questi i versi incriminati: “Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la civiltà cristiana”.
Versi scritti 80 anni fa, ma mai come oggi attuali. Oggi che quotidianamente i cristiani vengono massacrati in tanti Paesi dell’Africa e dell’Asia. Oggi che la civiltà cristiana è minacciata come non accadeva dal tempo dei turchi sotto le mura di Vienna.
Immagino che il pretonzolo sia pronto a censurare anche l’Inno di Mameli. Ma come si fa a cantare “Siam pronti alla morte, l’Italia chiamo!”? Probabilmente deve aver ispirato lui la variante puerile sentita all’inaugurazione dell’Expò: “Siam pronti alla vita, siam pronti alla vita, l’Italia chiamo!”…
Da notare che gli alpini dimostrano una fedeltà alla celebrazione liturgica, ormai molto rara: non c’è manifestazione o raduno che non si apra con la messa.
Ma di questo al pretonzolo poco importa. Importa mostrasi fighetto indossando le sacre vesti pacifiste.
Non c’è dubbio che oggi il problema assillante sia questa preghiera degli alpini così guerrafondaia: va contrastata con gesti altamente simbolici.
Di fronte al prete pacifista non resta che pregare: “Signore, rendi forti le nostre natiche…”
IL VANGELO NON E’ LEGGE DELLO STATO
Arridatece Alcide De Gasperi che, da cattolico autentico e convinto, quando il Papa era il Papa (non uno arrivato dalla fine del mondo), ingaggiò una durissima battaglia con Pio XII per rivendicare la laicità del suo governo; rifiutandosi di essere l’ascaro del Vaticano.
Oggi invece il boy scout tace e incassa in silenzio le accuse che arrivano al suo governo dal Galantino e dai vescovi (quelli veneti compresi) di non far nulla per i migranti, di abbandonarli a loro stessi, invece che impegnarsi per integrarli nella società italiana, come recita il Vangelo.
Fermo restando che, se Nunzio Galantino fosse un prete, saprebbe qual’è il primo compito di un prete per favorire una vera integrazione nell’Occidente cristiano: impegnarsi a convertire i musulmani al cattolicesimo.
Fermo restando, la questione è un’altra. Ed è decisiva. Per ribadire il dovere dell’accoglienza i nostri vescovi continuano a citare il Vangelo. Perfetto. Peccato che il Vangelo non sia legge dello Stato italiano.
Piccolo dettaglio che ci distingue dagli stati in cui vige la Sharia. Nelle cosiddette repubbliche islamiche, dove vige la Sharia appunto, il Corano è legge dello stato. I reati penali sono stabiliti come violazione di quanto scritto nei sacri testi.
Sarebbe il caso che Renzi e Gentiloni, se non avessero il cervello e la dignità in ferie, ricordassero questo piccolo dettaglio al Vaticano; ribadendolo a beneficio di tutti gli italiani eventualmente distratti. Siamo, dovremmo essere, un Paese laico che tollera e rispetta tutte le religioni, ma che non trasforma leggi e dettami religiosi in leggi civili.
Quindi, quanto scritto nel Vangelo, sono tenuti a rispettarlo i preti per primi. Non i nostri governanti.
Preti che magari, come scrive oggi in prima pagina il Messaggero , dovrebbero evitare di avere solo a Roma “ 10 mila posti letto gestiti dalla Chiesa: resort per turisti”. Che rinuncino ai lauti guadagni e accolgano i migranti. Come impone il Vangelo che definisce il denaro “sterco di Satana”
Quanto alla sinistra-sinistra che per decenni ha denunciato le “ingerenze del Vaticano” oggi dov’è? Tutti in ferie a Capalbio?
IL TRAVET DELLA CEI E I PIAZZISTI
Ne galante né Galantino questo travèt della Cei, questo semisconosciuto segretario generale dei vescovi italiani che non esita a definire alcuni nostri leader politici ( Salvini e Grillo) dei “piazzisti da quattro soldi”
Lo siano o meno, la questione è un’altra: in quale Paese la Chiesa cattolica si è mai permessa di apostrofare così i leader politici? In nessun Paese, solo nell’Italia che evidentemente considera la sua colonia.
Nemmeno i nostri padroni e signori, gli statunitensi, hanno mai osato usare questi toni nei confronti dei loro ascari italiani…
L’unica risposta adeguata sarebbe una nuova Breccia di Porta Pia, con tanto di decreto d’espulsione e trasferimento del Vaticano nei campi profughi della Giordania. Che là – garantisce il Galantino – sono tanto più accoglienti di noi.
VOJA DE LAVORAR SALTIME DOSO!
Lo dicevano già tanti anni fa gli amici veneziani: voja de lavorar saltime doso! E il fenomeno si diffonde sempre più…
Proprio perché siamo subissati dai dati drammatici sulla disoccupazione giovanile, è tanto più inquietante l’altra faccia della medaglia: giovani che rifiutano il lavoro che viene loro offerto.
L’ultimo esempio lo ha fornito, con una lettera-denuncia al Corriere del Veneto, l’imprenditore Riccardo Pavanato che opera nel settore della consulenza aziendale.
Cerca neo laureati, offre un impiego a tempo indeterminato, con uno stipendio d’ingresso di 26 mila euro lordi l’anno; più auto, pc e telefono gratuiti. Li cerca ma non li trova.
Ha fornito anche una spiegazione convincente del perchè la voglia di lavorare non “salta adosso” a tanti giovani: perchè – dice – hanno il timore di mettersi in gioco.
Già, comprensibile che abbiano questo timore. Chi mai infatti li ha educati a mettersi in gioco? Non certo noi genitori che serviamo loro la pappa fatta: paghetta, soldi per le vacanze, trattamento da enfant gaté. Naturale che vogliano restare gaté, cioè viziati: accetto di lavorare ma non troppo, senza sporcarmi le mani e con la garanzia di una retribuzione che mi consenta, appunto, i vizietti cui mi ha abituato papà.
Certo non li educano a mettersi in gioco insegnati che rifiutano loro per primi di mettersi in gioco: niente merito, niente stipendi legati ai risultati, niente test Invalsi che scoprirebbero “le vergogne” dell’insegnamento mancato.
Ma il punto cruciale è la cultura del posto di lavoro fisso. Lasciamo perdere tutele e sussidi, che dovrebbero essere rimodulati dando garanzie ma anche stimoli. Sotto il profilo psicologico è devastante: ho il posto fisso e quindi posso sedermi; posso scalare le marce in attesa che arrivino gli scattini di anzianità, i premi di produzione distribuiti anche agli improduttivi, la pensione.
Mettermi in gioco, provare a migliorarmi? E perchè mai se ho già quel che mi serve a sopravvivere?
L’ex ministro dell’economia, Padoa Schioppa, questi giovani li definì “bamboccioni”. Giusto. Ma non si riproducono per auto inseminazione. Noi li abbiamo creati, noi siamo i responsabili se la voja de lavorar non salta loro addosso.
DISCOTECHE, PISTE DA (S)BALLO
Le discoteche, tutte le discoteche, non solo il Cocoricò di Rimini,
sono diventate piste, non da ballo, ma da sballo. Ne chiudi una, come successo appunto a Rimini dopo l’ennesimo giovane morto. Le chiudi tutte? Semplicemente lo spaccio di droga si sposta altrove.
Dove? Nelle scuole, fuori e anche dentro tantissime scuole. Che facciamo? Chiudiamo anche le scuole per prevenire lo sballo che può diventare mortale?
Mauro Maria Marino, senatore del Pd , ha raccontato a Repubblica che, mentre faceva jogging nel suo quartiere a Torino, in sole tre vie ha contato ben 35 pusher! Lo stesso conteggio, conteggio simile a quello che potremmo fare nelle vie e nelle piazze delle nostre città. L’arresto di spacciatori a Verona, a Padova e Vicenza è ormai ridotto a poche righe sui quotidiani. Tanto quotidiano e diffuso da non fare più notizia. Come non fa notizia il loro pronto rilascio.
Che facciamo? Chiudiamo anche tutte le città, oltre alle discoteche e alle scuole? Mettiamo ragazzi e ragazze (e persone di tutte le età) in clausura?
Le soluzioni (o le toppe) possibili sono due.
Una molto complicata: convincere i tanti giovani che rischiano lo sballo o il coma etilico a non assumere droghe e non bere smodatamente.
Si tratta di rimuovere motivazioni profonde che li spingono a questa fuga dalla realtà. Dare loro alternative. Entrano in gioco l’educazione, le famiglie, la capacità di persuadere i giovani ad apprezzare la vita, a trovare stimoli migliori della droga. Vaste programme, come diceva De Gaulle ironizzando sui progetti pretenziosi e utopistici…
Resta l’alternativa. Non certo liberalizzare le droghe, che più libere di così è impossibile; ma, come hanno sempre spiegato i radicali, regolare l’uso delle droghe. Come? Facendole diventare un monopolio statale.
Che sia lo Stato a vendere droga, tutte le droghe non solo le cosiddette leggere, eliminando così i traffici criminali e garantendo miscele che – quantomeno – non siano letali per chi le assume.
Capisco che scandalizzi l’idea che lo Stato diventi spacciatore di droga. Ricordiamoci però che lo Stato è già spacciatore di alcol e fumo, che provocano molti più morti della droga.
In ogni caso mi sembra l’unica soluzione in grado – non certo di eliminare il problema – ma di limitare danni. Chiudere il Cocoricò per quattro mesi, sicuramente serve a nulla.
ZAIA, IL VENETO E LA SICILIA
L’8 Luglio scorso un tornado di violenza inaudita ha investito la Riviera del Brenta. Questo il bilancio: un morto, una novantina di feriti, 450 sfollati; 150 tra case, scuole e ville storiche danneggiate; 200 auto distrutte, 50 tra negozi e aziende devastati.
Calcolo dei danni: attorno ai 100 milioni.
Succede che il governo Renzi, dopo una telefonata del premier al sindaco di Dolo e una visita tardiva del ministro Del Rio, stanzia 2 milioni in tutto.
“Una vergognosa elemosina” la definisce il presidente Luca Zaia, che paragona la cifra ai 500 milioni stanziati dal governo per coprire l’ennesima voragine nel bilancio della Sicilia di Crocetta.
500 milioni in tre trance, una per stabilizzare i precari della Regione Sicilia (sacrosanto: ha così pochi dipendenti…)
A questo punto Zaia annuncia: se il governo non scuce il dovuto, dovrò recuperare io i fondi per la ricostruzione con una tassa di scopo, con un’accise di 5 centesimi sulla benzina.
Nella straordinaria capacità di stravolgere la realtà, alcuni media accusano Zaia di aver mentito: di mettere la tassa quando aveva promesso di non prelevare un soldo dalle tasche dei veneti. Quando invece va accusato il governo Renzi di non dare al Veneto ciò che gli è dovuto.
La nostra regione, come noto, vanta un grande residuo fiscale: 20 miliardi in più le tasse che versa a Roma rispetto a ciò che riceve. Una “donazione” che si giustifica in nome della solidarietà dovuta alle regioni più povere. Ma, quando è il Veneto colpito da una calamità, non c’è alcuna solidarietà di ritorno: il conto dobbiamo pagarcelo noi.
Anzi non c’è nemmeno informazione: dato che tutti e tre i telegiornali della Rai hanno ignorato il tornado che ha colpito la Riviera del Brenta – come ha osservato il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti – mentre se ci fosse stata una mareggiata ad Ostia servizi a raffica…
La colpa è anche nostra, di noi veneti, che accettiamo di farci trattare come la Cenerentola d’Italia. Ma l’indignazione e la protesta di Luca Zaia sono sacrosante.
Quanto alla tassa di scopo, per forza che è indispensabile se il governo Renzi non stanzia fondi adeguati. Perchè per riparare i danni ci vogliono tanti soldi. Cioè soldi pubblici raccolti con le tasse. Di certo non sono sufficienti quelle decine di comitati che, prontamente, si sono messi a raccogliere offerte per la Riviera. Alla fine raccoglieranno briciole; di fronte alle calamità non bastano certo una o dieci San Vincenzo…
GASSMANN: ARMIAMOCI E PARTITE
La sporcizia e il degrado di Roma serve a farsi belli, a conquistare notorietà. E’ servito ad Alessandro Gassmann (figlio del Gassmann vero, il grande Vittorio…) per lanciare l’hashtag :”Armiamoci di scopa e ripuliamo tutto noi!”
Noi chi? Lui no di certo. Perchè al momento Alessandro G. è in Uruguay a girare il film, e non ha detto mollo tutto e domani sarà a Roma con la scopa in mano. Lui se ne resta là, e la scopa dovrebbero impugnarla i cittadini romani.
Stile identico al famoso “armiamoci e partite” dei gerarchi fascisti: a morire in guerra ci andarono i poveri soldati, mentre i gerarchi rimasero a casa al sicuro…
Ovviamente i fighetti dello spettacolo, della cultura e della politica sono tutti entusiasti dell’appello di Alessandro Gassmann. I cittadini, con la testa sulle spalle, si domandano invece perchè mai dovrebbero pulire loro Roma quando pagano fior di tasse e c’è l’Ama, la municipale super dotata di uomini e mezzi…
Anche ammesso, non finisce qui. Perchè i romani dovrebbero armarsi anche di volante e guidare loro i mezzi di trasporto pubblico; dovrebbero andare a fare il check-in a Fiumicino; improvvisarsi custodi al Colosseo e guardiani a Pompei…
E via di seguito: siccome la giustizia è lenta, passiamo alla “giustizia fai da te”, e la sicurezza la garantiscano i cittadini con le ronde…
Il senso civico deve (dovrebbe) recuperarlo anzitutto chi è pagato per svolgere un certo servizio pubblico. Ad esempio il personale dell’Atac, l’azienda romana dei trasporti, che registra ogni giorno il 38% di assenze per “malattia”. Quando l’assenza tra il personale dei trasporti pubblici di Londra è al 3%.
E’ o no questo il nocciolo del problema? Avere il record europeo di scioperi nei servizi pubblici: 2084 scioperi lo scorso anno; all’80% proclamati il lunedì o il venerdì per garantirsi il week end lungo.
Vanno denunciate le responsabilità del governo nazionale e di quelli locali (di Roma, della Sicilia…) che tollerano e alimentano l’inefficienza, il degrado di un Paese allo sbando; un Italia sempre più da Terzo Mondo. O pensiamo di usare, come una foglietta di fico, l’appello al senso civico dei cittadini?
Quando ad Alessandro Gassmann ha annunciato che tornerà dall’Uruguay a settembre che farà la sua parte: tutti a controllare per quante ore al giorno e per quanti giorni di seguito sarà con la ramazza in mano a ripulire la Capitale…
IL CALCIO, LA RELIGIONE ANTI ISIS
Il calcio è l’unica religione autenticamente universale, praticata cioè con entusiasmo dal Sud America di Papa Francesco agli States, all’Europa, all’Africa, al mondo arabo fino all’Estremo Oriente.
Le grandi religioni monoteiste non lo sono altrettanto, nel senso che hanno confini geografici limitati.
Potrebbe quindi essere il calcio un’alternativa ad altre religioni, più fanatiche e più pericolose. Speriamo.
In questo senso è interessante l’iniziativa del prefetto di Verona che ha deciso di costruire un campo di calcio per i circa 400 migranti riuniti nel complesso di Costagrande ad Avesa sopra la città: speriamo che giochino a calcio, invece che giocare all’Isis…
La vicenda di Costagrande è emblematica: gli ospitati hanno inscenato una protesta perchè ci sarebbero gli scorpioni e i serpenti che minacciano la loro incolumità!?
Già: qualche scorpioncino, del tutto innocuo, c’è l’ho anch’io nella casa sui colli dove abito da una vita; e fuori c’è anche qualche biscia, lei pure innocua. Protesterò col cartello al collo chiedendo allo Stato di garantirmi la sicurezza…
Il prefetto di Verona è persona spiritosa, perchè ai migranti che, oltre al bus navetta per andare su e giù in città, chiedevano anche altri servizi ha risposto: non siamo tour operator!
Ma veniamo alla questioni serie: da sinistra chi non è accogliente a prescindere viene definito razzista; a Padova i sindacati hanno rispolverato anche l’epiteto di fascista.
Preoccupati no? Quello è vietato esserlo. E si che i segnali inquietanti si moltiplicano di giorno in giorno: A Costagrande sono stati espulsi 8 nigeriani violenti che avevano fomentato la rivolta.
Espulsi vuol dire che gli metti un foglio di via in mano e vanno dove vogliono, senza alcun controllo.
Giovani che partono dall’Italia e vanno ad arruolarsi all’Isis. L’ultima una marocchina padovana.
Solo oggi a Brescia la polizia ha arrestato due terroristi islamici che stavano preparando un attentato ad una base militare.
Mentre l’inchiesta del Corriere spiega come arrivano nel nostro Paese le armi di Boko Haram e Isis: smontate e spedite a pezzi che in questo modo vengono classificate come “parti metalliche”. Rimontate e pronte ad essere usate qui.
Preoccuparci? Ma scherziamo è roba da fascisti! Pericoli non ce ne sono, l’importante è accogliere tutti senza pregiudizi! L’unico pericolo sono le reazioni razziste!…
Speriamo che basti dargli un campo di calcio, come ha fatto il prefetto di Verona.
Siamo ridotti a sperare che giochino a calcio e rinuncino a giocare all’Isis.
Speriamo che si limitino alle proteste violente, tipo curva della Lazio. Perchè l’alternativa è che comincino ad ammazzarci.
Ad ammazzarci come ce lo meritiamo: sporchi razzisti e fascisti che non siamo altro!…