LE PERGAMENE DI PAPA FRANCESCO

La notizia è riportata oggi da tutti i giornali: la guardia di finanza ha sequestrato false pergamene con la benedizione apostolica di Papa Francesco; falsi gadget di ogni genere con il logo del Vaticano e l’immagine del Pontefice: oltre un milioni di articoli taroccati.
Mi pare manchi la notizia correlata: accanto a quelli taroccati, ci sono i gadget veri. In vendita regolare che fruttano centinaia di milioni di euro.
Vediamo infatti ogni giorno spot televisivi che propongono l’acquisto di medaglie con l’effigie del Papa; l’elemosiniere di Sua Santità (unico abilitato a farlo) ha ordinato la stampa di migliaia di pergamene autentiche con la benedizione papale da vendere ai fedeli. Con una manchette in prima pagina il Corriere annuncia oggi “Le immagini più belle e rare di Papa Francesco in una collana di dvd inediti. In edicola a euro 9.99”.
Questo e tanto altro sullo slancio del Giubileo. E direi che proprio il Giubileo della Misericordia attesta che – cinque secoli dopo la denuncia e la condanna di Martin Lutero – il traffico delle indulgenze continua imperterrito…
Da laico mi scandalizzo fino ad un certo punto. Dato che in qualcosa bisogna credere, preferisco di gran lunga la religione alle ideologie. La religione cristiana ai succedanei in voga oggi: la “religione canina” che mette il bovaro del bernese o il pastore tedesco (invece di Cristo) al centro della propria vita, che sostituisce l’Eucarestia con le crocchette; la religione del corpo, che spinge alla dieta, che la mattina ti fa andare in palestra invece che a messa, convinto di garantire così vita eterna ed eterna giovinezza al tuo corpo…Succedanei che mi sembrano un tantino più banali.
Ma la religione cristiana va racconta così com’è oggi: centrata sulla moderna comunicazione, pronta a sfruttare il business e l’indotto, ad usare tecnologie come il rosario elettronico.
Insomma mi sembra che non disdegni i vantaggi, i mezzi e le prassi dell’Occidente ricco e capitalista. Anche se Papa Francesco ama raffigurarla povera e terzomondista.

PENSIONE, PIU’ CONDANNA CHE CONQUISTA

L’allarme lo ha lanciato il presidente dell’Inps Tito Boeri: i nati negli anni ’80 (chi ha oggi 35 anni) dovranno lavorare fino a 75 anni e poi andranno in pensione con un assegno decurtato del 25%.
Non una bella prospettiva. Ma sarebbe ancora peggiore se in pensione ci andassero a 60 anni: avrebbero infatti davanti 15 anni in più di stenti rispetto a chi lavora fino a 75 anni. Quindi, rovesciando un comune sentire e una comune battaglia sindacale, lavorare fino a tarda età è preferibile all’andare in pensione prima.
La pensione infatti è un dramma, sia economico che sociale. Economico perchè le esigenze e le spese non diminuiscono ma aumentano: e 4 pensionati su 10 hanno meno di 1000 euro al mese. Sociale, anzi socio-sanitario, perchè il lavoro ti mantiene vivo e vitale, rallenta le terribili malattie dell’invecchiamento. Detto brutalmente: chi continua a lavorare ha meno probabilità di rincretinirsi rispetto a chi va “ai giardinetti”.
La prospettiva non è triste solo per i pensionati italiani. Lo è anche per quelli tedeschi, di una Germania che ha un’economia ed un welfare più forti dei nostri. Una ricerca della società di assicurazione Axa ha infatti appurato che il 73% dei pensionati tedeschi ha problemi finanziari, è cioè costretto a rinunciare a spese necessarie e/o a ricorrere all’aiuto dei parenti.
La stessa ricerca spiega che le necessità economiche salgono con il progredire dell’età: del 39% per i pensionati fino a 69 anni, del 49% fino a 74 anni, dell’80% per gli ottantenni. Spese legate anzitutto alle crescenti esigenze di assistenza e interventi sanitari.
(Prendiamone atto: la famiglia è sempre più rara, il pensionato è sempre più solo)
Quindi il vero dramma, la vera condanna, non è andare in pensione tardi, ma andarci troppo presto. Meglio continuare a lavorare il più a lungo possibile. Anche perchè mantieni relazioni sociali, invece che ritrovarti solo a guardarti invecchiare nello specchio.
Tant’è che non ce n’è uno di libero professionista che vada in pensione. Magari finge d’andarci per incassare l’assegno, ma continua a lavorare. Tant’è che non c’è medico (capace e con clientela) che, una volta pensionato dal sistema sanitario pubblico, non continui a fornire prestazioni in cliniche e ambulatori privati. Tant’è che non c’è giornalista che, terminato il contratto di lavoro, non si metta a scrivere un libro (che magari nessuno mai leggerà).
Oltre che a guadagnare (o a provarci) serve a tenersi vivi.
E non vale solo per i lavori privilegiati. Meglio, molto meglio, potendo, anche starsene in fabbrica piuttosto che aspettare la morte seduto su una panchina ai giardinetti o al tavolo di un bar del tuo quartiere.
La vera conquista è dunque continuare a lavorare, non certo diventare pensionato. (Tranne per chi già pensionato lo era, anche quando faceva finta di lavorare…)

ANCHE UN VESCOVO CONTRO IL NATALE

Tutto parte da Rozzano dove il preside vieta il presepe a scuola, cambia il nome del Concerto di Natale in Concerto d’Inverno e proibisce di insegnare canti religiosi ai bambini. E così si parla di “Attacco al Natale”. Omettendo però di dire che questo attacco parte da noi, da noi italiani teoricamente cristiani.
Non ce n’è infatti uno di islamico che chieda di rinunciare al presepe, ai canti natalizi, ai rituali della tradizione cristiana. L’iniziativa parte dai quisling italioti, “più realisti del re”, più maomettani di Maometto, che compiono il primo passo in nome della pace, preoccupati di non offendere le religioni altrui: presidi, insegnanti; a Rozzano e non solo, un po’ dovunque da anni.
La novità non è dunque il preside di Rozzano, Marco Parma; la novità clamorosa è che adesso sulla stessa linea si è schierato anche un vescovo: il vescovo di Padova, Claudio Cipolla, che si dichiara pronto a rinunciare al presepe “a fare un passo indietro su tante nostre tradizioni pur di stare in pace”.
Insomma una resa preventiva. Senza capire che il dialogo e il confronto con culture e religioni diverse diventa interessante e proficuo se ognuno mantiene salde le proprie radici, puntando ad una contaminazione in positivo. Mentre se cali le braghe preventivamente non c’è alcun vero confronto; c’è appunto solo la resa.
Si parla tanto di Vatileaks, dello scandalo di mons. Balda e Francesca Immacolata (immacolata, anche no…). Ma questi sono solo furbetti, arraffoni. Li trovi dovunque, Vaticano compreso. Non sono apostati, non rinnegano la propria fede, anche perchè non l’hanno mai avuta…
L’impressione è che faccia più danni alla Chiesa cattolica il vescovo di Padova di loro.
Il rettore della Basilica del Santo, padre Enzo Pojana, dichiara infatti che lui il presepe continua a farlo perchè “sono gli atei e gli agnostici a chiedere di accantonare i nostri riti più cari ”. Ora c’è anche un vescovo pronto ad accantonarli…
Ricordo che l’inventore del presepe è stato San Francesco. Grande figura di riferimento per Jorge Bergoglio che ha voluto onorarlo e ricordarlo assumendo il suo nome da Papa. E adesso il vescovo di Padova, nominato da Papa Francesco, è pronto a ripudiare la tradizione della natività, introdotta da San Francesco, in nome della convivenza pacifica e tranquilla con gli islamici.
Il Santo d’Assisi si rivola nella tomba e magari sta domandandosi: ma questo Papa, che ha scelto il mio nome, ne imbrocca almeno una di nomine?…

UN GIUBILEO IN TELECONFERENZA

Un Giubileo in teleconferenza. E’ la proposta provocatoria che fa Marco Travaglio a Papa Francesco e, anzitutto, al nostro governo cui compete (dovrebbe competere) l’ultima decisione.
Papa Francesco non dovrebbe aver problemi ad accogliere la proposta di Travaglio: è così ansioso di portare la Chiesa nella modernità. E allora usiamo le moderne tecnologie. Mica siamo arretrati come i musulmani che alla Mecca devono andarci fisicamente… Noi cattolici, molto più moderni e aperti alla scienza, non abbiamo bisogno di andare a Roma in pellegrinaggio dal sapore medievale: l’apertura della Porta Santa, e tutti i riti del Giubileo, ce li guardiamo in tivvù, in diretta streaming, con l’iPad o il telefonino. E ognuno resta dov’è.
L’esempio profano l’abbiamo avuto sabato scorso. Centinaia e centinaia e centinaia di milioni di persone (direi più di quelli interessati al Giubileo) ansiosi di vedere “El Clasico”. Sono forse andati tutti al Bernabeu mettendo in crisi gli apparati di sicurezza spagnoli? Ovviamente no: se lo son guardato dai maxischermi installati in tutte le città del mondo. Facciamo altrettanto con l’Anno Santo.
Marco Travaglio spiega che non siamo assolutamente in grado di garantire la sicurezza né agli italiani né ai dieci milioni di pellegrini previsti. Mica serviva Fbi – ha spiegato – per avvertirci che piazza San Pietro, il Colosseo, il Duomo di Milano (anche San Marco e il Santo, aggiungo io) sono obiettivi perfetti per i terroristi islamici.
E noi abbiamo le forze di sicurezza, con le risorse tagliate, che hanno – spiegava sempre Travaglio – perfino i giubbetti antiproiettile scaduti (come lo yogurt): perchè dopo dieci anni dovevano essere cambiati e non c’erano i soldi per farlo…
Non parliamo dei servizi segreti decapitati. Non parliamo (oso sempre aggiungere io) che la prima emergenza per i cittadino comune resta quella dei furti e, con tutti gli apparati impegnati a cercare di contrastare i terroristi, i predoni saranno liberi di agire ancor più indisturbati.
Tornando al direttore del Fatto Quotidiano, Travaglio sottolinea che è vuota retorica dire che non dobbiamo avere paura, che le nostre abitudini di vita non devono cambiare. Servono i fatti, non le parole. Servirebbero cioè degli apparati di sicurezza efficienti e in grado di rassicurare i cittadini. Esattamente ciò che non abbiamo.
E la sicurezza dei milioni che arriveranno a Roma invitati dal Papa– conclude Travaglio – non la garantiscono le Guardia Svizzere. Dovrebbe garantirla lo Stato italiano. Non può farlo e quindi il governo – per onestà – dovrebbe imporre a Francesco di fare pure il Giubileo, ma in teleconferenza. Cioè senza mettere a rischio Roma e l’intero Paese.

ALI’ SCEK NUR, SALVINI E BIFFI

Alì Scek Nur, musulmano somalo che abita e lavora a Padova da una vita, che ha sposato un’italiana cristiana e battezzato le due figlie, ha espresso alla nostra trasmissione Prima Serata un’opinione: ha detto che, se dovesse vincere la Lega di Salvini, l’Isis colpirebbe anche in Italia.
Non ha incitato alla jiahd, non ha detto massacrate gli infedeli. Ha espresso un’opinione, magari sbagliata, ma condivisa dai tanti che pensano che, con la vittoria dei partiti che invocano la chiusura completa verso gli stranieri e gli islamici in particolare, lo scontro rischia di inasprirsi e aumenta il pericolo attentati.
Questa sua frase ha scatenato il finimondo e indotto l’eurodeputato della Lega Lorenzo Fontana, braccio destro di Salvini, a chiedere l’immediata espulsione dall’Italia di Alì Scek Nur.
Credo che, più che soffermarci sulle dichiarazioni di questo o quell’islamico più o meno moderato, dovrebbe preoccuparci un fenomeno più generale. Ad esempio i quattro gatti che sabato hanno manifestato a Roma e Milano “not in my name”.
Il quotidiano Il Tempo ha osservato che, su 100 mila islamici che vivono a Roma, sono scesi in piazza in 500. Contando anche gli “islamici moderati” Landini, Camusso e Fassina che hanno sfilato al loro fianco…
Questo non significa, ovviamente, che tutti gli altri siano terroristi o stiano con i terroristi. Ma evidenzia quanto sia insormontabile il solco culturale che divide l’Occidente dal mondo islamico. E quindi quanto sia ardua la convivenza, anche a prescindere dal rischio degli attentati.
Non ha senso parlare di civiltà superiore (anche perchè la storia insegna che la civiltà superiore è quella che vince, e non mi pare questo il destino dell’Occidente). Ma sono civiltà diverse, inconciliabili. La nostra ha archiviato la religione e il peccato in nome della libertà di fare tutto ciò che vogliamo e che non è vietato dalle leggi civili. La loro è regredita al Medioevo con la religione al centro della vita delle persone; con il peccato=reato.
Oggi tutta Europa parla di chiudere le frontiere e selezionare gli ingressi. Esattamente quello che predicava vent’anni fa il cardinal Biffi invitando ad accogliere gli immigrati di origine cristiana coi quali sarebbe stata più semplice l’integrazione.
Giacomo Biffi predicò inascoltato. Indietro non si torna. Quindi non resta che piangere sul latte che noi abbiamo versato. Altro che scandalizzarci per Alì Scek Nur.

TERRORISMO: SERVONO I DELATORI

Come si individuano e si eliminano i terroristi islamici che colpiscono nei Paesi europei? Abbiamo un preciso precedente storico che riguarda i nostri terroristi.
Per i servizi doveva essere relativamente semplice infiltrarsi nelle cellule dei terroristi nostrani, certo molto più semplice che con le cellule islamiche. Ma non ci riuscirono. Fu risolutiva la legge sul pentitismo che spinse alcuni nostri terroristi alla delazione nei confronti dei loro compagni.
Anche i colpi più duri alla mafia sono stati inferti grazie alla “collaborazione” dei mafiosi pentiti.
Quindi la soluzione – sulla carta – è evidente: la delazione è fondamentale anche per individuare e arrestare i terroristi islamici, le cui cellule risultano impenetrabili (o quasi) ai servizi segreti occidentali.
Sempre sulla carta è evidente anche chi sono i delatori “perfetti”: sono i cosiddetti islamici moderati. Chi meglio di loro infatti sa chi è il conoscente, l’amico, il congiunto che ha deciso di arruolarsi con l’Isis? Nessuno lo sa né può saperlo meglio di loro.
Quindi dimostrino di essere sul serio moderati. Si dissocino nei fatti – e non nel blateramento scontato – dalle azioni terroristiche.
Dimostrino, nei fratti, che l’Islam è una religione di pace e non di guerra. Cioè collaborino con le forze dell’ordine denunciando loro per primi gli assassini che distorcono e oltraggiano i pacifici insegnamenti del Corano.
Se non lo fanno più che islamici moderati, sono islamici omertosi, complici passivi dei terroristi. I quali come dimostra e conferma quanto accaduto in Turchia – con i tifosi che gridano “Allah è grande” durante il minuto di silenzio per le vittime di Parigi – godono di un radicamento sociale che i nostri brigatisti se lo sognavano…
Ovvio che non tutti gli islamici sono terroristi. Chiaro anche che oggi tutti i terroristi sono islamici. Quelli che proclamano di non esserlo, che prendono le distanze a parole, lo dimostrino con i fatti se vogliono essere creduti. Con i fatti cioè con la delazione.

COME DIVENTARE ISLAMICI MODERATI

Dopo la strage del terrorismo islamico a Parigi, lo speciale Virus di ieri sera su Rai 2 ha ospitato due interventi che, in particolare, hanno fornito la dimensione di quanto enorme sia il pericolo.
Un giornalista di Liberatiòn, quotidiano della sinistra francese, sottolineava come fin’ora i terroristi avevano colpito obiettivi precisi – Charlie Hebdo, il negozio ebraico – mentre ora hanno ammazzato a caso, chiunque capitava in strada, al bar, al ristorante, al Bataclan, allo stadio. Quindi siamo tutti a rischio.
Il giornalista Rai Antonio Di Bella spiegava inoltre che oggi il primo traffico in Turchia è quello dei passaporti falsi. Particolarmente ricercato il falso documento siriano che ti garantisce l’immagine immacolata del profugo autentico, che è un dovere accogliere. E così in Europa entra chiunque; i controlli alle frontiere sono un’utopia.
Non so se esistano o no gli islamici moderati. La storia insegna però come – in ogni caso – si diventa tutti moderati: quando ti hanno sconfitto definitivamente. Dopo la distruzione completa del nazismo, con Dresda e altre città letteralmente rase al suolo, tutti i tedeschi sono diventati moderati. Più che moderati anche i giapponesi, dopo le bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Per non parlare di noi italiani diventati tutti improvvisamente antifascisti da fascisti che eravamo…
Quindi la cosa certa è che, per difenderci, dobbiamo mettere in campo una violenza militare pari ed anzi superiore (come fortunatamente consente la tecnologia occidentale) a quella dei terroristi islamici. Il Califfato va raso al suolo. Hollande è partito col piede giusto andando a bombardare Raqqa, la capitale dell’Isis in Siria. Deve essere solo l’inizio.
Se invece pensiamo che bastino le magliette con scritto “je suis Paris”, se pensiamo che basti spegnere per cinque minuti le luci del Colosseo ed esprimere tutto il dolore per le vittime, allora siamo finiti. Destinati a diventare ciò che profetizzò la Fallaci.
E per distruggere l’Isis serve un alleato indispensabile: la Russia di Putin che, come dimostrato in Cecenia, può usare i metodi più brutali senza avere un’opinione pubblica “umanitaria” che insorge…
Speriamo che Obama l’abbia capito.

HALLOWEEN PER LADRI E VANDALI

Mai come quest’anno Halloween è stata anzitutto la festa di ladri e vandali. Ladri che approfittano per depredare indisturbati le case quando chi ci abita esce a festeggiare. Vandali che lordano le città. Altroché dolcetto o scherzetto…
Coi ladri cosa facciamo? Non usciamo più? Restiamo chiusi in casa a vigilare h24? O è preferibile non esserci quando arrivano i predoni?
Potessimo almeno scegliere: meglio i nomadi che rubano e basta, piuttosto dei predoni dell’Est che magari aggiungono il pestaggio se non trovano abbastanza, se neghi di avere la cassaforte che non hai…
Stiamo a blaterare su una legittima difesa da rivedere; quando nulla è più illegittimo di uno Stato che non ti difende, che lascia vagare indisturbati per il Paese, ed entrare nelle nostre case, sia i predoni che i nomadi.
C’è poi l’altro aspetto. Vandalismo e bullismo dilaganti. Ragazzi ubriachi e/o fatti di droga che devastano vetrine, auto, facciate delle case. Ogni occasione è buona: da Halloween ai sabato sera in discoteca.
Perduto qualunque senso civico, non si capisce come riprendere un percorso educativo. Anche perchè la parola d’ordine è “vietato vietare!” Vista la loro maturità manca solo di dargli il voto a 16 anni.
Dopo il caso bestiale della figlia diciassettenne che ammazza la madre perchè, a fronte dei suoi disastri scolastici, le aveva tolto computer e telefonino, ho sentito uno di questi pseudopsicologi affermare, in un talk nazionale del pomeriggio, che non si può più vietare qualcosa ai ragazzi, che bisogna dialogare con loro e convincerli…
Quindi colpa della madre calabrese che non ha studiato la nuova psicologia d’accatto: per questo la figlia l’ha ammazzata!
Nemmeno i nostri padri, i nostri nonni, avevano studiato psicologia. Ma usavano il bastone e quasi sempre funzionava. Insegnava il rispetto per i genitori e le regole del vivere civile.
Adesso ai figli diamo sempre carota e solo carota. E, se osi toglierla, si ribellano. Arrivano ad ammazzarti se provi ad educarli, se vieti loro qualcosa.
Scusate la banalità dell’analisi, ma nemmeno io ho studiato psicologia.

VISIBILITA’ CON PROFUGHI E ANZIANI

Se accogli i profughi (da protagonista) hai una grande visibilità mediatica; se invece assisti i nostri anziani – per dirlo brutalmente – nessuno dei media ti caga.
La conferma viene da don Luca Favarin, giovane prete 2.0. E’ in prima linea nell’accoglienza; grande, infaticabile organizzatore: a Padova e provincia ha promosso centinaia di accordi con i privati per “l’accoglienza diffusa” che sostiene essere la vera soluzione rispetto alla concentrazione di centinaia di profughi ad Avesa, alla Prandina o a Cona.
Lo sostiene con straordinartia abilità dialettica anche nei confronti televisivi. Lo ha fatto a Telenuovo con un avversario che non è “farina da far ostie”: il leghista Roberto Marcato. Sono rimasto ammirato per come don Luca l’ha – non dico messo nell’angolo – ma contenuto alla grande.
Un amico che ha visto la sua performance televisiva mi ha chiesto, maliziosamente, come mai don Luca non profonda lo stesso impegno e la stessa passione per assistere i nostri anziani.
Risposta ovvia: perchè nemmeno lontanamente avrebbe la visibilità (e la conseguente soddisfazione) che gli garantisce dedicarsi all’accoglienza ai profughi.
Che lo ha reso una star. Per averlo ospite a Telenuovo l’abbiamo rincorso per oltre un mese. I talk nazionali se lo contendono. I quotidiani lo intervistano quotidianamente.
Data l’età guardo con più attenzione ed interesse alle case di riposo, mia destinazione prossima ventura. Dove c’è una situazione incomparabilmente più drammatica dei centri di accoglienza.
Nei centri vedi giovani che possono avere un futuro incerto. Ma vivi e vitali: vanno in giro, telefonano, mangiano e bevono senza bisogno di badanti.
Nelle case di riposo il futuro semplicemente non c’è. Donne e uomini a fine corsa; dopo una vita di lavoro e di impegni famigliari hanno bisogno di un’assistenza a 360 gradi: per vestirsi, per muoversi, per mangiare, per cambiare il pannolone. Non ce n’è uno che sia autosufficiente.
Abbiamo chiuso le geriatrie. Chiuso le lungodegenze. Trasformato le case di riposo in cronicari senza trasferire i mezzi, le risorse, il personale sanitario presenti negli ospedali per gli anziani.
Eppure qui, nelle residenze, lavorano persone serie e impegnate. Ci sono anche animatori professionali che organizzano giochi e piccole competizioni, fondamentali per mantenere vigile l’anziano, per contrastare il degrado psichico più insidioso ancora di quello fisico.
Ma nessuno, fuori dalle case, li conosce. Non esiste che vengano invitati ad un talk nazionale. Se vuoi diventare una star mediatica devi operare nell’accoglienza ai profughi.
Cosa volete farci: quando è moda è moda. I profughi son di moda, i nostri anziani sono dimenticati. Punto.

VIVERE PRIMA CAUSA DI MORTE

Come ha ricordato Filippo Facci, vivere è la prima causa di morte. Puoi fare tutte le diete, la palestra e lo jogging, ma comunque alla fine tiri le cuoia.
Paradossalmente la prima causa di diffusione dei tumori sono proprio queste pratiche salutiste che (forse) allungano la vita: infatti più a lungo vivi più è probabile che il tumore ti colpisca.
Se la vita media è di 40 anni, come tutt’ora è in alcuni Paesi sottosviluppati, la possibilità di contrarre questa malattia è molto inferiore rispetto a Paesi come il nostro dove (fortunatamente) la vita media si aggira sugli 80 anni.
Fin’ora si diceva che l’Onu, di cui l’Organizzazione mondiale della sanità è emanazione, è un ente inutile. Adesso bisogna aggiungere che è un ente delinquenziale. Adesso che l’Oms ha lanciato questo allarme delirante contro carni rosse, insaccati e wurstel che provocherebbero il cancro.
Allarme delirante perchè non supportato da alcuna prova scientifica. Ente delinquenziale perchè mette a rischio migliaia e migliaia di posti di lavoro: pensiamo ai nostri ottimi prosciutti, ai salumifici, ad aziende come l’Aia. Con l’ansia salutista che pervade la nostra società è scontato un crollo nella vendita di questi prodotti.
Senza aggiungere che una delle poche cose dimostrate è il rapporto tra diffusione dei tumori e ansia per il posto di lavoro a rischio. Quindi l’Oms, mettendo a rischio posti di lavoro, provoca il cancro.
Da anni uso le pastigliette di aspartame nel caffè. L’Aspartame causa il cancro! Ho sentito anche questa. Peccato che la relazione esista se ne assumi un chilo al giorno, non mezzo grammo con 5 o 6 pilloline…
Parlo di relazione, perchè è l’unico dato appurato. Nessuno infatti è ancora riuscito a comprendere cosa di preciso scateni la riproduzione anomala delle cellule che causa il tumore. Ma è provata una relazione: ad esempio la maggiore incidenza di tumore ai polmoni e alla laringe tra i fumatori.
Il buon senso suggerisce che il problema sia la quantità: magari vale per le carni, come per le pizze, come per le verdure trattate con gli anticrittogamici. D’altra parte anche se fai jogging 20 ore al giorno, invece che guadagnarci in salute, rischi l’infarto.
E’ demenziale, è criminale che l’Oms abbia lanciato questo allarme sulle carni e i salumi senza nemmeno soffermarsi sulle quantità, come se un etto alla settimana equivalesse a un chilo al giorno. Come se un bicchiere di vino producesse lo stesso effetto di una damigiana.
Interfacciata alla follia dell’Oms c’è poi l’ansia salutista che prende per buono qualunque allarme. Ignorando che l’unico dato inconfutabile è la vita media che continua ad allungarsi. Fermo restando che alla morte non si sfugge.