Per quanto siano afflitti e sdegnati, elettori e dirigenti del Pdl non possono non prendere atto della realtà: la fine politica di Silvio Berlusconi è arrivata, non dalle urne, ma per via giudiziaria. Pur sempre di fine si tratta.
La sentenza Ruby sta infatti per essere seguita da una valanga di altri procedimenti dall’esito scontato. Così come sembra scontato che la stessa Cassazione confermerà l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, cioè la morte politica appunto.
(Esito inevitabile anche perchè, come ho avuto occasione di osservare, non esiste oggi un Palmiro Togliatti capace di imporre la pacificazione nazionale attraverso l’amnistia per i nemici politici. Non esiste e basta, non far parte della realtà dell’Italia 2013, inutile pensarci)
Nel giorno del diluvio, del Giudizio Universale Ambrosiano, il popolo di centrodestra può però consolarsi con la nascita dell’erede politico che fin’ora gli era mancato. E’ (sarebbe) Marina Berlusconi che – Bisignani dixit – già nella fatale serata di Lunedì, durante la cena ad Arcore, è (sarebbe) stata incoronata ad erede dall’intera famiglia, allargata alla fidanzata Francesca Pascale.
Un’incoronazione accolta con entusiasmo dalle parlamentari del Pdl che l’hanno subito definita “la nostra Renzi”. Non è la prima volta che viene fatto il suo nome, la novità è che questa volta non c’è stata nessuna smentita. E sembrerebbe la conferma che papà Silvio ha deciso.
Comunque vada, a prescindere dai precedenti dell’altra Marina, la Le Pen, erede anch’essa e con successo dell’estrema destra francese; a prescindere anche dalla regola sempre più confermata, nelle mansioni più svariate – dalla politica, all’impresa, alla cultura – che è la figlia primogenita l’autentica erede del padre; a prescindere da tutto questo, Marina Berlusconi sembra proprio avere tutte le carte in regola: donna, con gli attributi, determinata, preparata, capace di interpretare un ruolo pubblico, nemmeno troppo vamp. Insomma una giovane Lady di Ferro per la destra italiana che fin qui ha visto l’estinzione naturale degli aspiranti delfini, da Casini a Fini e via dicendo.
Una futura competizione per la premiership tra lei e Matteo Renzi rappresenterebbe il rinnovamento totale della nostra politica; una sfida capace di consolidare davvero il bipolarismo.
Vien da pensare che con Matteo e Marina in campo non ne resti (di consensi) per nessun altro, o quasi. Staremo a vedere.
ZAIA, LO IUS SOLI E I GAY
Non tutto il male vien per nuocere. Il folle e brutale invito di Dolores Valandro a stuprare Cecile Kyege deve aver spinto i leghisti cum grano salis a comprendere che o si attua una completa rivoluzione copernicana oppure si sprofonda nel gorgo dei residui bossiani e/o psichiatrici.
Fatto sta che il governatore del Veneto Luca Zaia si è schierato a favore dello ius soli, cioè dalla parte della Kyenge, condividendo il primo punto del programma del neo ministro per l’Integrazione.
Lo ha fatto con un’osservazione tanto semplice quanto efficace dicendo che questi ragazzini, figli di stranieri ma nati qui, “parlano il dialetto anche meglio di me!” Come dire che sono più veneti loro di tanti veneti (magari nati altrove e arrivati qui da adulti).
Capisco Flavio Tosi quando dice che serve altro. Perchè il problema vero resta la capacità di governare il fenomeno epocale dell’immigrazione. E noi, il nostro Paese, incapace di governare nemmeno i tassisti, con gli stranieri ha combinato disastri, rendendoli così più un problema che una risorsa.
Non risolvi certo l’incapacità di governare passando dallo ius sanguinis allo ius soli. Pura fuffa. Così come è solo fuffa l’eterna discussione sulla cittadinanza: non possiamo darla agli stranieri perchè non conoscono la Costituzione! Già, come se gli italiani invece la conoscessero…Non parlano nemmeno italiano! Già, ma ricordavo l’altro giorno a proposito della Rai, che nemmeno il 99% degli italiani parlavano italiano prima che mamma Rai glielo insegnasse…Dovevamo per questo negare loro cittadinanza e diritti politici?…
Dopo di che perchè mai non concedere questa fuffa, questa piccola gratificazione, ai figli degli stranieri nati in Italia? Male di certo non fa. Di certo non saremo invasi da miliardi di stranieri che bramano di figliare cittadini italiani…
Grazie al nostro pessimo gorerno dell’immigrazione, cioè anzitutto per colpa nostra, gli stranieri hanno creato grossi problemi. Ma quando sento certi elettori di centrodestra dire che non c’è lavoro per colpa degli stranieri (non dei nostri figli cresciuti nel bombaso che aspettano arrivi loro su un vassoio d’argento, e rigorosamente da colletti bianchi), quando li sento dire che la sicurezza non esiste per colpa degli stranieri (e non perchè abbiamo cinque polizie del tutto scoordinate, con un questore che se lo sogna di poter dare un ordine ai carabinieri). Quando sento questi discorsi da destra, li trovo speculari a chi da sinistra addita Berlusconi come causa di tutti i mali. Silvio, con quella faccia da straniero…
Non a caso poi Zaia ha aggiunto allo ius soli anche un monito contro l’omofobia invocando rispetto e diritti per i gay.
Anche con loro infatti è un po’ come con gli stranieri (e con Berlusconi), anche loro sarebbero causa prima del degrado morale della famiglia e della società.
Quando il modello di famiglia e società veneto-patriarcale (se così vogliamo chiamarlo) l’abbiamo distrutto noi.
Affermando il diritto alla piena libertà della nostra vita amorosa e sessuale: ho relazioni con chi voglio, l’utero è mio (e la minchia pure) e me li gestisco io, mi accoppio, mi unisco, mi separo, divorzio, e ho diritto di farlo.
Perfetto, sacrosanto.
Salvo poi scandalizzarsi perchè arrivano loro, i gay, e vogliono sposarsi (magari solo per provare pure loro il brivido della separazione, del divorzio, delle liti giudiziarie sull’affidamento dei figli adottivi). No, non è giusto perchè minano la morale! Perchè distruggono la famiglia!
Avessimo almeno il pudore di ammettere che ci abbiamo già pensato noi eterosessuali senza bisogno di aiutini gay. Così come avevamo già devastato il nostro Paese ben prima che arrivassero gli immigrati. (Perfino prima che Berlusconi costruisse Milano Due).
ALTRO CHE STUPRO, A SCUOLA DALLA KYENGE!
Una leghista sconosciuta a tutti (anche a noi giornalisti locali), residuo bossiano di 58 anni, consigliere di quartiere a Padova, legge dell’ultimo stupro compiuto da un africano e posta su Facebook l’invito a stuprare il ministro Cecile Kyenge affinchè sappia anche lei cosa prova una donna vittima di questo reato.
Non sto a discutere quanto sia indecente, razzista, truce, volgare questo invito. Diamo per scontato ogni sdegno possibile, e anche di più.
Dopo di che riflettiamo sulla fonte. Una legista sconosciuta, appunto, che nessuno mai si sarebbe sognato di intervistare. Anche perchè nessuno sapeva che esistesse. Qualunque giornalista voglia un parere della Lega sugli stupri o sulla Kyenge va da Zaia o da Tosi, non certo da Dolores Valandro… Consigliere di quartiere, cioè politicamente il nulla.
Ha senso che questo nulla diventi protagonista dell’ultimo scandalo politico nazionale: siti, telegiornali della sera, prima pagina su Repubblica e il Corriere? A me pare più folle ancora del suo post.
Perchè, oltre al contenuto di una affermazione, è la fonte che ne determina il peso reale. Esempio. Se io dico che la Rai va chiusa come la televisione di stato greca le reazioni sono un’alzata di spalle; massimo del commento “il solito matto di Zwirner”. Lo dicesse il ministro delle telecomunicazioni Flavio Zanonato susciterebbe il finimondo.
Nessuno sarebbe mai andato a domandare un parere a questa Dolores. Ma oggi c’è la rete, cioè la diarrea: qualunque delirio, qualunque bestialità venga in mente a chiunque, mentecatti compresi, lui può vomitarlo in rete e diventa un fatto pubblico. E le esorbitanti reazioni di queste ore rischiano di generare solo la massima soddisfazione possibile per il mentecatto di turno. Cosa starà pensando Dolores Valandro? Finalmente si sono accorti che esisto! Tutta Italia sta parlando di me!
Risultato: coazione a ripetere le più orrende diarree in rete, dato che vengono ampiamente gratificate.
Quanto alla Kyenge, altro che invito a stuprarla. Si dovrebbe andare a scuola, imparare da lei che è un politico a tutto tondo, un ministro vero, non uno appena sbarcato dalla canoa come Josefa Idem…
L’ho capito quando l’ha intervistata il nostro Luigi Primon: risposte pacate, trappole evitate, toni moderati. Perchè il vero politico, specie quando governa, vuole ottenere risultati e non gli interessa dare soddisfazione al giornalista in cerca aizzare polemiche.
Cosa ci dice dello Ius Soli? Provvedimento importante, bisogna arrivarci col consenso e col confronto, con gradualità, una meta da perseguire. Risposta degna della miglior scuola democristiana!
E quando Primon le ha chiesto delle preoccupazioni di Zaia per l’ingresso della Croazia nella Ue, Cecile Kyenge si è limitata a rispondere: “Non commento le opinioni altrui”. Ed erano le opinioni del presidente del Veneto!
Noi invece, come oche, tutti a commentare le opinioni dell’ultima Dolores Valandro. Col solo risultato di renderla protagonista di uno scandalo politico nazionale, di cui potrà compiacersi vita natural durante. Mi domando chi sia più mentecatto: lei o tutti noi?
PARCO GIOCHI PER RAGAZZI
Parco giochi per ragazzi e ragazze. A questo è ridotta la larga maggioranza delle nostre scuole.
Ci sono le eccezioni. Ne abbiamo ospitata una a Telenuovo mercoledì scorso: gli studenti che frequentano la scuola dell’Enaip, il più accreditato ente di formazione professionale del Veneto.
Ragazze e ragazzi arrivati con gli abiti da lavoro: tute, divise da cuoco da maitre o da parrucchiera. Perchè all’Enaip si studia la teoria ma c’è anche la pratica nei laboratori. Tutti giovani (15-18 anni) dentro la realtà; tesi cioè verso il lavoro ( che trovano subito in percentuale assai elevata) desiderosi di realizzarsi professionalmente e magari di aprire un’attività in proprio. Pronti ad andare a cercarlo dove c’è, anche all’estero. Lavoro qualificato e ben retribuito: elettrotecnici, gestori di macchine a controllo numerico, meccanici d’auto, etc.
Ma sono, appunto, l’eccezione. La norma – spiega Maurizio Ferrera sul Corriere di oggi – è ben diversa: “Dagli anni Sessanta abbiamo puntato sempre più sull’istruzione generalista, la cosiddetta licealizzazione”. Il parco giochi, appunto, preludio a quello successivo: facoltà come Scienza della comunicazione o Psicologia o Scienze sociali, fatte le quali la prospettiva di lavoro è inesistente.
Ma tante famiglie – evidentemente con risorse residue, non ostante la crisi – non ci badano: è così elegante avere figli al liceo e all’università che pazienza se poi devi continuare a mantenerli…
Il ministro tedesco del lavoro, Ursula Von Der Leyen, è venuta a spiegarci che il nostro principale problema, causa prima della disoccupazione giovanile, è il mancato avviamento al lavoro. E qui dovremmo investire le nostre magre risorse.
Le cifre in parallelo le fornisce sempre Maurizio Ferrera: “Solo il 23% dei nostri studenti frequenta istituti tecnico-professionali, di contro al 64% della Danimarca, al 76% della Germania e addirittura al 90% della Svizzera”
Capito? Il 90% dei ragazzi dell’Eldorado svizzero sono tute blu! I nostri giovani quasi tutti aspiranti colletti bianchi, capaci massimo di scaricarsi un giochino dal computer non certo di gestire una macchina a controllo numerico. In compenso con il più alto tasso di disoccupazione giovanile d’Europa.
Più soldi alla scuola e all’istruzione, chiedono tutti. Giusto, se stiamo parlando dell’Enaip. Inutile se pensiamo al Politecnico di Milano; dove oltre duecento docenti si sono ribellati e rivolti al Tar contro il progetto di svolgere lezioni ed esami in inglese. Una rivolta dettata da un semplice motivo: cattedrattici, di quella che dovrebbe essere un’università scientifica per eccellenza, che l’inglese non lo conoscono e quindi non lo sanno usare con gli studenti. Un Paese serio li caccerebbe a calci in culo. Cominciamo a chiudere gli inutili parchi giochi scolastici.
SPIAGGE ISLAMICHE A JESOLO
Spiagge islamiche a Jesolo
Dalla più grande spiaggia del Veneto, quella di Jesolo, arriva un esempio limite di auto-islamizzazione. I gestori degli arenili avevano infatti deciso di non assumere più bagnini donne. Sapete perchè? Per non turbare i vù cumprà maomettani!
E’ dovuto intervenire il presidente della Regione Luca Zaia – onore al merito (una tantum) – per imporre loro la revoca del divieto di assunzione delle donne.
Ci sono anche alcuni aspetti ridicoli: questi venditori ambulanti sono talmente turbati dalla presenza femminile che infestano letteralmente ogni nostra spiaggia…Non si capisce perchè dovrebbero essere turbati dalle bagnine in costume e non da tutte le altre bagnanti in bikini se non il topless. I gestori siano coerenti: impongano il burkini a tutte le donne che scelgono la spiaggia di Jesolo!
Ci sono poi le questioni serie. Prima: siamo di fronte a venditori abusivi, che fanno concorrenza sleale ai negozianti in regola. Invece di impegnarci a contrastarli ci preoccupiamo di agevolarli: che possano lavorare in nero senza turbamenti religioso-sessuali.
Poi il problema non si pone solo sulla spiaggia. E nei negozi, in bar e ristoranti dove magari lavora una commessa un po’ formosa e adeguatamente scollata cosa facciamo? Imponiamo il burka d’ordinanza sempre per non turbare gli integralisti islamici? E possiamo permettere che le vigilesse piuttosto che le poliziotte girino per le strade senza avere nemmeno un velo in testa? Ma arriviamo al dunque: possiamo lasciare che le donne lavorino o devono stare tutte a casa come piace a certi maomettani?
Questa – per dirla chiaramente e in veneto – è l’integrazione praticata mettendoci “a cuo busòn”. Posizione scomoda, indotta dalla fragilità della nostra identità culturale-valoriale.
Fossimo convinti che la libertà della donna, il suo diritto di lavorare e vestirsi come vuole e frequentare chi vuole, è un valore irrinunciabile della nostra civiltà occidentale, ne fossimo convinti potremmo anche accettare che certe donne islamiche girino velate e sottomesse. Sperando che col tempo e col confronto capiscano che la condizione di serva dell’uomo non è il massimo né della vita né della realizzazione femminile.
Ma ci vuole una forte identità dei propri valori e della propria civiltà. Cosa che hanno tedeschi e svizzeri, i quali per questo sono capaci di integrare (quasi tutti) gli stranieri e renderli perciò una risorsa.
Noi invece, come dimostrano i gestori degli arenili di Jesolo, abbiamo una identità inesistente: destinati a farci colonizzare, pronti a trasformare le nostre spiagge in spiagge islamiche.
UN SINDACO PER L’ITALIA
Il dibattito sul presidenzialismo (semi presidenzialismo con doppio turno alla francese) di cui si è tornato a parlare ieri, festa della Repubblica, dovrebbe partire dalla concreta esperienza dei comuni dove l’elezione diretta dei sindaci l’ha di fatto già introdotto.
Anche nei comuni prima vigeva il parlamentarismo: tutto il potere ai consigli comunali che potevano sfiduciare il sindaco e mandarlo a casa senza perdere le loro poltroncine. Poi il potere è passato ai sindaci che scelgono gli assessori e possono loro mandare a casa il consiglio comunale e andare a nuove elezioni. Mi pare indubbio che il governo delle nostre città sia migliorato: si decide, si procede e gli elettori giudicano l’operato dei primi cittadini.
Tra i consensi che oggi, anche da una parte della sinistra, arrivano alla riforma il più significativo è quello di Romano Prodi che la definisce “l’unica via di salvezza” per il nostro Paese: ha sperimentato infatti anche lui (come Berlusconi) l’impotenza attuale di qualunque premier, di qualsiasi colore politico. In questo senso i due governi di Prodi e Berlusconi sono stati identici: impossibilitati a varare qualunque provvedimento, qualunque riforma incisiva in qualsiasi direzione andasse.
Impossibilitati perchè bloccati da un Parlamento (anzi: da due parlamenti) che rappresenta, non l’interesse generale, ma quello particolare delle singole caste o corporazioni che dir si voglia: dalla più piccole, come i tassisti, fino all’ultracasta dei magistrati.
La preoccupazione di partiti e parlamentari è infatti stata sempre una sola: il consenso. Per cui, facendo un esempio con medici, non ci si preoccupa di ottenere la massima efficienza nel servizio sanitario nazionale (a beneficio della collettività), ma di non perdere i loro voti. E così si consentono autentici abomini come l’intra moenia: la libera professione privata esercitata dentro (e a scapito) della sanità pubblica.
Le corporazioni hanno demolito il Paese inteso come cura dell’interesse generale. Basterà il sindaco d’Italia per scalfire i loro privilegi? Difficile essere ottimisti. C’è chi sostiene che un presidente investito di potere dal voto diretto non basta, che ci vorrebbe un dittatore…Dimenticando magari che fu proprio un dittatore, Mussolini, a varare quel ministero delle corporazioni che non rinunciò mai a guidare in prima persona…
Difficile essere ottimisti, ma difficile anche non essere d’accordo con Prodi: è l’estrema speranza, l’unica via di salvezza per il Paese.
PIU’ ASTENSIONE C’E’ MEGLIO E’
Dovevano ancora chiudersi le urne amministrative e tutti già si stracciavano le vesti per la scarsa partecipazione al voto. “Ha vinto l’astensionismo” questo il titolo – funereo – del Corriere di Martedì.
Intanto ricordiamoci che il fenomeno non è né nuovo per noi né estraneo alle grandi democrazie. Anzi diremmo che è fisiologico a tutte le democrazie mature.
Negli Stati Uniti c’è voluto l’entusiasmo del primo Obama per riportare alle urne il 60% di americani, che abitualmente eleggevano il loro presidente con una partecipazione attorno al 50%. Domenica, in Germania, nello Schleswing-Holstein hanno votato il 46,7% degli aventi diritto. E nessuno ha pensato di celebrare i funerali della partecipazione democratica…
Quindi da noi gli elettori delle ultime amministrative (62,4%) sono ancora un esercito. Senza aggiungere che si è sempre votato molto meno che alle politiche e che, alle regionali del 2010, quando i partiti erano allo spolvero e la Lega si apprestava a diventare il primo in Veneto, la partecipazione fu del 63,6%. Un punticino in più di adesso per elezioni che chiamarono tutto il Paese alle urne.
Rovescio il ragionamento. La partecipazione, purtroppo, da noi è ancora troppo alta!
Perchè esiste una torma di barucca (e lo constatiamo anche con certe telefonate che arrivano a Telenuovo) che gridano, che inveiscono, che sono incapaci di qualunque distinzione per cui, ad esempio, secondo loro i politici sono tutti ladri e tutti incapaci.
Mi pare che più ne perdiamo di questi elettori meglio è: perchè ne guadagna la qualità della partecipazione democratica.
E’ impensabile tornare ad un voto elitario. Così come sono improponibili dei test d’accesso all’esercizio dei diritti politici. Test che pure un senso l’avrebbero: prima di consentire l’ingresso ai seggi si dimostri almeno di sapere cos’è il parlamento, che poteri ha, che poteri ha il governo. (Nozioni ignote a gran parte, non degli elettori, ma dei parlamentari grillini…)
Ma una scrematura preventiva – giustamente – è impedita dalla democrazia che deve garantire a tutti il diritto di voto. Però se questa scrematura avviene per via naturale, cioè con l’aumento dell’astensionismo, non vedo proprio che motivo ci sia per stracciarsi le vesti. C’è invece da rallegrarsi perchè, appunto, a scapito della quantità ne guadagna la qualità della partecipazione democratica: vota chi almeno qualcosa capisce ed un giudizio ponderato è, forse, in grado di esprimerlo.
BALOTELLI RAZZISMO O STRONZISMO
Capisco i tifosi viola che ieri sera, dopo la rocambolesca vittoria del Milan sul Siena, hanno accolto i giocatori rossoneri alla stazione di Firenze al grido “ladri! ladri!”. Li capisco perchè al Siena è stato negato un rigore evidente, mentre quello concesso al Milan era più che altro una simulazione di Balotelli.
Il quale ha pensato bene di affrontarli ed è stato subissato di fischi e insulti. E così SuperMario è divenato ancor più il simbolo della lotta al razzismo. Fiona May ha definito i tifosi viola “animali razzisti”, tutti sono schierati (e sdagnati) dalla sua parte.
Tranne Zeman. L’unico che ha osato andare contro corrente e spiegare che non c’entra il colore della pelle bensì centrano i comportamenti. Ed ha fatto l’esempio di Totti, bianco come la neve, ma fischiatissimo in tutti gli stadi italiani per i suoi comportamenti e toni da romanaccio.
Mourino, quando lo allenava all’Inter, diceva che Balotelli ha sì è no un neurone…Cioè che si comporta da stronzo tanto in campo quanto fuori dal campo e per questo i tifosi lo mettono nel mirino. Stessa cosa si potrebbe dire di Cassano, lui pure bianco candido, ma tanto stronzo nei suoi comportamenti da essere fischiatissimo.
Prova contraria: il Milan ha avuto fior di campioni di colore – da Gullit a Seedorf a Thiago Silva – gente seria sul campo e fuori, e mai nessun tifoso avversario li ha accolti con grida e motteggi preventivi.
Ma la cosa vergognosa é tirare in ballo il razzismo per gli ululati contro Balotelli o Boateng. Il razzismo è una cosa infinitamente più drammatica e seria, come hanno dimostrao le stragi di Hitler e Stalin. Cosa la celebriamo a fare la Giornata della Memoria se poi mettiamo un SuperMario a livello di Anna Frank?
Oggi il razzismo sono i cristiani, massacrati in tutto il mondo solo perchè cristiani. Sono gli stessi mussulmani che gli induisti Thamil, in India e a Cylon, massacrano solo perchè mussulmani.
Di questi drammi atroci, autentici ed efferati, quasi non si parla. In compenso l’Onu ha il buon tempo di invitare Boateng come emblema e oratore della lotta al razzismo! (Che l’intervento glielo abbia scritto Melissa Satta?).
Raramente ho assistito ad una pagliacciata, ad una vergogna del genere: il Diario di Anna Frank è dimenticato, in compenso furoreggiano Balotelli e Boateng.
PICCONARE LA LEGGE BASAGLIA
La prima reazione della Lega, di fronte al picconatore assassino di Milano, è stata una raccolta di firme contro lo Jus soli. Cosa c’entri la cittadinanza – data a uno straniero a 18 a 8 anni o appena nato – con un pazzo criminale libero di colpire lo sa solo Dio (e il furore ideologico leghista).
Se mai c’è da raccogliere firme contro la Basaglia. C’è da picconare questa legge che nel 1978 portò alla chiusura dei manicomi e che oggi, per ricaduta, ha portato ad eliminare anche gli ospedali psichiatrici giudiziari (quelli che un tempo si chiamavano manicomi criminali).
La prevenzione psichiatrica è materia quanto mai ardua. Come dimostrano ampiamente gli Stati Uniti dove ormai quotidianamente troviamo pazzi che sparano e uccidono. Pazzi di qualunque età, sesso e colore della pelle. Cittadini americano o immigrati clandestini.
Nessun Paese civile e di buon senso ha però mai pensato di abolire i manicomi o ospedali psichiatrici che dir si voglia: cioè quei luoghi di custodia che impediscano al pazzo acclarato di far del male a se e agli altri. Solo noi lo abbiamo fatto, buttando via il bambino con l’acqua sporca: c’erano manicomi con trattamento da lager? C’erano eccome. Quindi andavano “bonificati”, cioè andavano imposti e controllati trattamenti civili per i ricoverati. Invece abbiamo chiuso tutto, mandando in circolazione prima i pazzi e adesso anche i pazzi criminali.
La legge Basaglia parte da un presupposto terrificante nel suo dogmatismo ideologico: la malattia mentale non esiste, esiste solo un pregiudizio della cultura borghese nei confronti del “diverso”. Il quale deve invece diventare “uguale”, cioè va inserito nella società!
Malattia mentale abolita per legge. Tanto valeva abolire per legge anche le malattie fisiche che avremmo risolto il dramma dei tumori…
Nel caso di Mada Kabobo c’entra poi anche un’altra legge. Quella che consente ad un ghanese di arrivare in Italia e chiedere asilo politico. Di avere diritto a continuare a chiederlo anche dopo che ha devastato il centro accoglienza (e passato per questo sei mesi in carcere). Che, di fronte alla prima richiesta respinta, gli consente di presentare ricorso e nel frattempo girare liberamente per il territorio italiano in attesa della risposta definitiva.
Ma questa legge non l’hanno fatta i ghanesi né altri stranieri. L’ha fatta il legislatore italiano. L’hanno fatta – o non l’hanno comunque modificata – i governi a partecipazione leghista.
CHI NASCE IN ITALIA E’…LAUREATO!
Avrei una modesta proposta aggiuntiva a quella del ministro Kyenge sullo jus soli (che condivido totalmente). Proposta valida solo per i figli degli italiani (che gli stranieri sono persone serie): chi nasce in Italia ha, per ciò stesso, il diritto ad essere laureato! Anzi: lo è già fin dal primo vagito!
Proposta nata dopo aver letto su Repubblica della rivolta di studenti, famiglie e Cobas degli insegnanti contro i test Invalsi. Per chi non lo sapesse sono i test che vengono fatti in tutte le scuole europee per verificare i livelli di apprendimento; e puntualmente certificano che i risultati della scuola italiana sono disastrosi, da ultimi posti.
Secondo il Cobas sarebbero “una vergognosa scheda sugli alunni”. Insomma, se vuoi accertare capacità e competenza, stai schedando, violi la privacy. Quindi sospendiamo per coerenza qualunque competizione sportiva tra i ragazzi: perchè – sia una gara di ciclismo, di atletica o di scherma – c’è chi arriva primo, chi sesto e chi ultimo. Quindi stiamo schedando questi poveri giovani sportivi. Li traumatizziamo e, per non farlo, l’unica è stabilire che sono arrivati tutti primi.
Ma il merito, la selezione, che nessuno si sogna di discutere nello sport, viene invece contestata nella scuola. Contestata dagli stessi genitori, che sono spesso i primi colpevoli di un figlio cialtrone che cazzeggia invece di impegnarsi nello studio. Ma guai assumersi le proprie responsabilità. Tutta colpa dell’Invalsi che scheda e mortifica!
Marco Rossi Doria, maestro di strada nonchè sottosegretario alla Pubblica Istruzione, osa ricordare che “in tutto il mondo si valutano professori e alunni”. Coi docenti da noi non se parla, e adesso vorremmo vietare anche la valutazione degli alunni. Senza renderci conto che significa azzerare la funzione della scuola stessa.
Enrico Letta ha minacciato di dimettersi se dovessero esserci tagli all’Istruzione. Ma se l’Istruzione è questa – senza valutazione, senza merito, senza selezione – tanto vale abolirla che non serve a nulla.
La soluzione è pronta: laurea garantita per diritto a tutti i neonati italiani. Per gli stranieri no. Loro sono persone serie e sanno che il titolo di studio, come il lavoro, devi meritarteli e conquistarteli. Sanno che c’è chi arriva primo, chi sesto e chi ultimo. Non è l’Ovra, è la vita.