DUE CLOWN E UN MORTO CHE PARLA

Beppe Grillo non è Umberto Bossi. E quindi non ripete lo storico errore strategico del leader della Lega: quello di andare ad allearsi con una parte politica (Berlusconi) invece che restare il partito del territorio, il partito del Nord, in grado di pescare voti trasversalmente proprio perchè non si allea con nessuno.
Grillo oggi è il partito della protesta, della rivolta contro tutti i partiti tradizionali, pesca voti trasversalmente. In Veneto tra leghisti e pidiellini, smantellando quelle che si chiamavano le “roccaforti bianche”, proprio come altrove ha demolito le “roccaforti rosse”. Se vuole crescere ulteriormente sa che deve continuare così.
Tutto di può dire di Grillo, anche che è un clown (vedi più avanti), ma certamente non è uno stupido. E quindi non si presta a far da stampella a nessun partito, né di centrodestra né di centrosinistra.
Non si capisce come Bersani (forse ancora stordito dalla vittoria-non vittoria) abbia potuto illudersi del contrario offrendogli di varare assieme il “governo di combattimento”. Grillo gli ha sbattuto la porta in faccia a male parole, dandogli dello zombie del “morto che parla”.
Si è limitato a una disponibilità, di volta in volta, su quei provvedimenti largamente condivisi: taglio dei parlamentari, taglio degli emolumenti, via il finanziamento ai partiti. Ma per venirne fuori ci vuole ben altro.
Ci vuole un governo che duri anni, che usi il freno del taglio alla spesa pubblica e ai privilegi corporativi, e l’acceleratore della (piccola) ripresa economica. Non mancheranno, di certo, lacrime e sangue. E lui, Grillo, starà alla finestra a guardare…la crescita di Cinque Stelle.
L’unica alternativa, teorica, è dunque un governissimo Pd-Pdl che Berlusconi, forse sotto effetto del testosterone (anche qui vedi più avanti), ha subito proposto. Che però è impraticabile per quel Pd che per decenni ha alimentato la propria base a pane e antiberlusconismo.
Col senno di poi c’era un leader democratico capace di attirare i voti del centrodestra senza Berlusconi: era ed è Matteo Renzi. Ma, quando quei voti cominciò ad attirarli alle primarie, l’apparato del partito (preoccupato di perdere le rendite di posizione) li definì voti impuri, voti contaminati, voti da escludere al secondo turno.
Se ci pensiamo è ridicolo. C’è una sinistra che non è mai riuscita a sfondare, cioè a diventare maggioranza nel paese. E come puoi riuscirci se non conquistando anche i voti “impuri” che sono quelli del centro e della destra?!
Quindi la seconda alternativa (anche questa molto teorica) è tornare alle urne di corsa con Matteo Renzi candidato premier che sarebbe in grado di coagulare una maggioranza autentica.
La realtà invece è un altra. L’ha così descritta il candidato cancelliere della Spd, Peer Steinbrueck, “inorridito dalla vittoria di due clown”…”il comico di professione Beppe Grillo, mentre l’altro è uno che agisce sotto l’impulso del testosterone”, cioè Silvio Berlusconi.
E, accanto ai due clown, c’è il “morto che parla”. Difficile intravvedere un futuro roseo.

POLITICA ESTERA DECISA A BUSTO

La politica estera si decide a Busto Arsizio. Quale sia l’interesse del nostro Paese lo stabilisce un laureato in legge che ha vinto un concorso pubblico. Non chi è investito della sovranità popolare.
Diamo per appurato che Orsi abbia pagato tangenti per la commessa di 12 elicotteri Aw101 all’India. Secondo me è un benemerito, uno che ha fatto gli interessi dell’Italia e di Finmeccanica, una delle poche grandi aziende di assoluta eccellenza che ci restano. E che, dopo il suo arresto, ha visto crollare le azioni in borsa rischiando di compromettere il proprio futuro (compreso quello di chi ci lavora).
Questa è la mia modesta opinione. Il Pm di Busto – legittimamente – ha un’opinione diversa. Lui, però, decide; nella totale confusione dei poteri, caratteristica del nostro Paese allo sbando.
Spazio alla Francia, all’Inghilterra, agli Stati Uniti: gli elicotteri all’India li venderanno loro, pagando – come sempre avviene con certi Stati – quella che loro chiamano, non tangente inernazionale, ma intermediazione commerciale.
Ce lo ricordiamo Enrico Mattei? La tangente era il suo pane quotidiano (anche sul fronte interno). Grazie alle tangenti pagate ai Paesi arabi, piuttosto che a quelli Nordafricani, garantì il fabbisogno energetico all’Italia del dopo guerra, presupposto per la ricostruzione e il decollo delle attività industriali. Senza Mattei non ci sarebbe stato il boom economio. La sinistra lo esaltava come l’uomo che ci aveva emancipato dal cappio delle famigerate Sette Sorelle. Pagò con la vita. E tutti (Napolitano in testa) anche ora celebrano l’anniversario della sua morte come la morte di un padre della Patria. Ve lo immaginate un pm, non dico di Busto, ma nemmeno il capo della Procura di Roma o di Milano che all’inizio degli anni Sessanta metteva sotto accusa Mattei per “tangenti internazionali”? Eravamo ancora un Paese serio, teso a salvaguardare il proprio interesse nazionale.
Oggi invece sono i pm e i giudici milanesi che decidono anche delle nostre alleanze. Che sbattono in carcere i vertici dei servizi segreti rei di aver collaborato con la Cia al rapimento di Abu Omar (colluso col terrorismo islamico). I servizi segreti che agiscono al di fuori della legge?! Certo: o fanno così o non hanno ragion d’essere. Per agire all’interno della legge bastano i poliziotti o i carabinieri…E, in ogni caso, sarà il governo a deciderlo o spetta all’ordinamento giudiziario?
Per rendere manifesto lo sbando del nostro Paese, tanto vale appaltare la politica estera agli operatori ecologici: in fondo hanno vinto anche loro un concorso pubblico e, come i magistrati, non hanno alcuna legittimazione dalla sovranità popolare.
Piccolo suggerimento per Grillo: oltre ad affidare il ministero dell’Economia ad una madre di tre figli, metta anche un netturbino agli Esteri che facciamo una bella pulizia…Che procediamo a demolire quel poco che resta.
E gli altri – Monti, Berlusconi, Bersani – ne avete sentito uno insorgere contro la follia di una politica estera decisa in procura a Busto Arsizio?

FALSE PROMESSE, PROMESSE DA PAURA

Si fa sempre più strada la netta impressione che la campagna elettorale si giochi tra questi due poli: da un lato le false promesse, pure fantasie che non hanno alcuna possibilità di concretizzarsi; dall’altro le promesse da paura, promesse cioè che c’è da augurarsi non si attuino perchè avrebbero conseguenze catastrofiche.
Cominciamo, ovvio, dall’incantatore di serpenti (Monti dixit): Berlusconi non ha attuato nulla della rivoluzione liberale promessa; il famoso Contratto con gli italiani l’ha archiviato subito dopo il voto; figuriamoci se ci restituirà mai l’Imu sulla prima casa.
Ma dovremmo forse credere a Monti che ora promette di tagliare le tasse? Dovremmo credere ad Ichino che parla di cambiare lo Statuto dei lavoratori? Sarebbe, certo, un’esigenza fondamentale. Ma la Camuso dove la mandiamo? In esilio? E la Cgil la rottamiamo? Pure fantasie anche queste…
Reddito di cittadinanza lanciato da Beppe Grillo, mille euro a tutti i bisognosi. Qui siamo a cavallo tra le false promesse (inimmagginabile di poterlo finanziare) e le promesse da far paura: nel senso che, con la furbizia da scugnizzi che ci caratterizza, ci ritroveremmo anche con i neonati che esigono di ottenerlo…60 milioni di redditi di cittadinanza.
E siamo all’altra faccia della medaglia, promesse da far paura: Vendola che invoca le politiche industriali, la pianificazione, i piani quinquennali da preistoria sovietica. Ingroia che invoca il ripristino dell’art.18, e prefigura un premier da processi, intercettazioni e manette a go go…
In mezzo c’è Bersani che di promesse non ne fa. Per il semplice motivo che ha ottime probabilità di vincere e quindi di essere chiamato a mantenerle! (Gli altri promettono a vanvera solo per perdere…meno largo, ben sapendo che al vedo, cioè a Palazzo Chigi, non ci arrivano).
Ad assere cattivi potremmo aggiungere che Bersani è serio al punto da non promettere nulla, da non avere un programma che sia ben visibile ed incisivo. Ciò che si vede, che si intuisce (anche se lui non lo dice, ma lo sa bene) è che il nostro Paese è irriformabile, che dopo il 25 Febbraio si potrà fare poco o niente.
Si tirerà a campare, con una sola certezza: tra due anni al massimo si tornerà a votare.

BANCHIERI PIU’ PIRLA CHE LADRI

Magari mi sbaglio (come capita spesso) ma, riguardo alla vicenda Monte dei Paschi, ho l’impressione che questi nostri grandi (?) banchieri siano più pirla che ladri. Pirla come noi risparmiatori che eravamo convinti di fare i soldi comprando i bond argentini o le obbligazioni Parmalat.
Ricordo quando Telenuovo la mattina mandava in onda una serie di rubriche, dalle ricette agli animali. Erano gli anni del boom della borsa: Il cuoco arrivava col Sole 24 Ore sotto il braccio, il veterinario anche. Fuori trasmissione ti spiegavano come guadagnare il 10% in una settimana comprando quale azione. Tutti finanzieri, tutti pirla: loro che pensavano di esserlo, noi che li ascoltavamo.
Pirla come quei funzionari dei comuni che li hanno mandati in dissesto finanziario comprando derivati. Loro, i funzionari, non i sindaci che spesso nemmeno venivano interpellati sugli investimenti fatti. E loro investivano i soldi in cassa (che non potevano essere spesi) e magari lo facevano in buona fede, convinti cioè di fare l’interesse del comune stesso, ma lo facevano da pirla: troppo banale comprare titoli di stato, meglio la Lehmann Brother che rende di più. Pensavano di essere diventati finanzieri e si son fatti tosare come pecorelle…
Ho l’impressione che questi nostri banchieri non siano tanto diversi. Magari hanno fatto un paio d’anni alla City di Londra e si son convinti di aver appreso i segreti della grande speculazione internazionale…si reputavano i Soros de noaltri! E hanno comprato derivati a raffica sicuri di fare affari d’oro per la propria banca. Invece l’hanno distrutta.
Forse è sfuggito loro un dato strutturale: un colonia (prima statunitense e poi tedesca) non può fare affari ma solo donazioni. Non li fa l’ultimo dei coloni, il risparmiatore, e nemmeno il primo cioè il banchiere. Gli affari li fanno solo i colonizzatori. Quelli, tanto per dire, che oggi ci impongono di contribuire a ripianare il debito greco per garantire il rientro alle banche tedesche che si sono esposte con la Grecia…
La tragedia è che da noi i pirla vengono promossi: dal vertice di Monte dei Paschi al vertice dell’Associazione bancaria italiana. Giuseppe Mussari: promozione per merito di dissesto.
La tragedia è che Bankitalia, che dovrebbe controllare, oggi si lamente che i controllati non si siano fatti controllare, cioè non abbiano fornito spontanamente la documentazione dei loro disastrosi tramacci.
La tragedia è che i pirla sono più nefandi dei ladri. Perchè i farabutti sanno fare gli affari, mentre i pirla sanno solo prenderlo in quel posto.

CATTOLICI E ISLAMICI UNITI CONTRO I GAY

Nella mega manifestazione di Parigi contro le nozze gay mi sembra interessante sottolineare la presenza – accanto a centinaia di migliaia di cattolici – di decine di migliaia di mussulmani. Della serie: cattolici e islamici uniti contro i gay…
Uniti coerentemente alle loro religioni che non contemplano la completa libertà individuale, che non mettono al primo posto i diritti civili, ma l’obbligo di sottostare ai dettami della legge divina. Perchè l’individuo appartiene a Dio e quindi non è padrone della propria vita e delle proprie scelte ma deve, appunto, sottostare a quanto prescrive la sua religione. E la religione cattolica, al pari di quella islamica, condanna le pratiche omosessuali.
E interessante notare che anche i regimi dittatoriali, comunismo in testa, considerano l’omosessualità addirittura un reato da perseguire. La logica è la stessa: l’individuo appartiene allo Stato e quindi non è libero di scegliere lui i comportamenti, compresi quelli sessuali.
In quasi tutto l’Occidente oggi, per fortuna, le libertà e i diritti civili vengono riconosciuti. Il 56% degli stessi francesi è favorevole alle nozze gay. Da noi perfino il Cavaliere si è espresso a favore, se non delle nozze, dei diritti gay (al pari di Bersani). Anche se non formalizzate e normate, le libertà sessuali vengono comunque riconosciute: nessuno si sogna di perseguire i gay perchè sono gay.
Del resto i diritti civili costano meno delle riforme economiche!
Ed il paradosso è appunto questo, in Italia in particolare: le libertà economiche non hanno lo stesso riconoscimento delle cosiddette libertà civili-sessuali. Trovi più ostacoli (burocratici e fiscali) ad aprire una partita iva che ad aprirti ad una relazione gay! Puoi separarti tranquillamente dal tuo patner, mentre è vietato farlo dal tuo dipendente! Con conseguenze devastanti anche per lui, per il dipendente (e non solo per il datore di lavoro).
Il dramma dei tanti nostri cinquantenni che, perduto il lavoro, non trovano un altra occupazione, è infatti una diretta conseguenza della mentalità da posto fisso: adagiato nella certezza di averlo per tutta la vita, nessuno si attrezza né acquisendo diverse competenze e nemmeno mentalmente ad un cambio di mansioni. E quando la realtà te lo impone sei del tutto impreparato.
Nelle società economicamente libere ed aperte avviene il contrario. In Inghilterra, ad esempio, il posto fisso praticamente non esiste: solo contratti a termine che vengono rinnovati o meno a seconda dei risultati. Ma in questo modo tutti sono attrezzati e pronti (e vitali) a cambiare lavoro in qualsiasi momento della loro vita.
Molti sostengono che la libertà di relazioni sessuali, il cambio del patner, contribuiscono a tenerti vivo e vitale, a non farti invecchiare; mentre le relazioni monogame porterebbero ad una progressiva pace dei sensi… Non so se è vero. Ma se è così, lo stesso vale anche per i monogami del lavoro: è più salutare aprirsi ad una pluralità di esperienze lavorative…

BOATENG, L’EROE FURBETTO

La guerra contro il razzismo, tra Capodanno e l’Epifania, ha trovato il suo eroe: il calciatore del Milan Prince Boateng. Tutti a celebrare, osannare e glorificare, quel suo gesto tanto coraggioso: il pallone scagliato contro i tifosi della Pro Patria e l’uscita sdegnata dal campo di gioco!
Il primo a dissociarsi dal coro conformista è stato Zeman che ha osservato: “lo avesse fatto un calciatore bianco, l’arbitro lo avrebbe espulso”. Invece, avendolo fatto un nero, lo abbiamo assunto ad eroe…
Il razzismo è così drammaticamente serio che è vergognoso scambiarlo con la maleducazione e ancor di più pensare di sconfiggerlo con le pagliacciate. Serio. Pensiamo al razzismo religioso, cioè alle decine di cristiani che quotidianamente vengono massacrati solo perchè sono cristiani. Contro chi lo scagliamo il pallone? Contro i fanatici mussulmani o induisti? Dov’è lo sdegno unanime, dove la rivolta, dove gli spot Uefa, dove la scritta “No racism” di fronte ai fatti, cioè ai massacri?
Tutti pronti invece ad insorgere e a mobilitarci se i tifosi “uheggiano” all’indirizzo di un calciatore di colore. Tra l’altro non è chiaro se quelli della Pro Patria ce l’avessero con il colore della pelle di Boateng o con le sue frequentazioni amorose (Melissa Setta). In ogni caso siamo alle grida, alle parole, che pesano assai meno dei fatti. C’è comunque una vena di razzismo dietro a queste parole, dietro ai fischi? C’è. Anche se più sottile della richiesta avanzata in questi giorni dai cittadini di Trapani di allestire una linea apposita di trasporto pubblico da riservare a quegli sporcaccioni degli immigrati…
Richiesta degna dell’Alabama del secolo scorso! Ma che sui media non ha avuto lontanamente il risalto riservato al caso Boateng. Sarà mica perchè Busto Arsizio è al Nord e Trapani al Sud? Vien da pensarlo tornando a quanto osservato sempre dall’allenatore della Roma Zeman: che cioè puoi lanciare ogni genere di insulto, di fischi, di improperi o di grida, purchè rivolti all’arbitro o ai calciatori bianchi e nessuno si sogna che sia razzismo; mentre, se appena manchi di rispetto ad un calciatore nero, subito scatta l’accusa. Come mai? Non è razzismo alla rovescia questo che consente di insultare il bianco e lo proibisce solo se lo fai al nero?
Ci chiediamo perchè nessuno abbia mai insultato un giocatore nero serio come Seedorf, e tutti invece siano pronti a farlo con quel Boateng al cubo che è Mario Balotelli? E’ questione di pelle o di cialtroneria?
Quanto al calcio italiano anche qui il problema vero sono i fatti, cioè la violenza. Il problema sono quei tifosi del Napoli che hanno devastato (nel silenzio dei media o quasi) il nuovo Juventus stadium di Torino: distrutti i sedili del settore loro riservato e, non bastasse, spaccati anche lavandini e vater dei bagni.
Finchè circola gentaglia del genere nessuno potrà mai realizzare quegli stadi moderni su modello inglese, perchè tutti i servizi connessi (negozi, ristoranti, cinema, palestre) sarebbero a rischio devastazione della teppaglia. E così il nostro calcio resterà quello che è: il più arretrato d’Europa.
Chiudendo con l’eroe furbetto, Boateng cercava un buon pretesto per andarsene dal Milan in qualche squadra tedesca o inglese. Pare però che nessun di questi club europei abbia avanzato offerte. E così dovremmo tenerci l’eroe per un giorno e continuare a celebrarlo.

ANTONELLA E MARCO PANNELLA

Stamani la nostra giornalista Antonella Manna, come fa ogni giorno, ha accompagnato i suoi due figli all’asilo nido prima di venire in redazione. Li ha portati dentro e quando è uscita, pochi minuti dopo, ha trovato la sorpresa: le avevano rubato la borsa lasciata in macchina. Dentro aveva del contante, appena prelevato per pagare l’affitto, la carta di credito, i documenti, le chiavi di casa.
Ha fatto denuncia, inevitabile quando ti rubano i documenti anche se inutile quanto a risultati, e, oltre al danno subito, deve anche spendere per cambiare le serrature dell’abitazione. Era così depressa e traumatizzata che non ha nemmeno condotto Rosso & Nero, come fa ogni Mercoledì a ora di pranzo.
Parlo di Antonella perchè ce lo ha raccontato. Ma quante sono state, sempre oggi, le donne che in Veneto hanno subito un uguale trattamento? Quanti gli appartamenti derubati? Ogni tanto i media ne parlano: è una notiziola di cronaca quotidiana , a meno che il derubato non vanga anche pestato o ucciso. Ne parlano ogni giorno i cittadini al bar e nei luoghi di ritrovo. Lo Stato invece tace, sembra che il fenomeno non esista, che non sia un problema.
Veniamo a Marco Pannella. Condivido fino in fondo la sua battaglia: la situazione delle nostre carceri è vergognosa. Dirò di più: è una barbarie indegna di un Paese civile anche il 41 bis ai mafiosi. Se le carceri devono diventare un luogo di tortura, tanto vale scioglierli nell’acido che facciamo prima e ci costa meno…
Ma quella di Pannella è una battaglia di nicchia, lontanissima dal comune sentire: come fai a proporre l’amnistia a cittadini in balia delle bande di predoni? Vorrebbero anzitutto vederli in carcere, vorrebbero essere tutelati. E, solo dopo, arriveranno a porsi il problema del trattamento riservato ai detenuti.
Nessun reato, nemmeno quelli sicuramente più gravi, crea un allarme sociale così capillare come gli scippi, i furti, le rapine. C’è una Procura della repubblica che metta questi delitti tra le priorità da perseguire? Se vi risulta, segnalatemela.
In compenso sento certi discorsi che sembrano giustificare i predatori: “non hanno lavoro, devono mangiare, c’è la crisi…”. Come se la crisi non ci fosse anche per Antonella, che adesso l’affitto dovrà comunque pagarlo anche se le hanno rubato i soldi…
Tornando a Pannella, il modello civile da imitare è certamente quello della Norvegia dove Breivik, il pazzo fanatico autore della strage costata la vita ad oltre 90 ragazzi, è detenuto in una cella che è un vero e proprio mini appartamento di lusso. Ma la Norvegia prima ha tutelato la sicurezza ed i beni dei suoi cittadini, e dopo si fatta cura del trattamento carcerario dei delinquenti.
L’idea che da noi possa avvenire il contrario è un’idea…tutta italiana.

LITIZZETTO LAVORA PER SILVIO

Non sto nemmeno a chiedere cosa sarebbe successo se, su una rete delle Tivù pubblica (o anche privata) un ospiti fisso (in questo pagato dai soldi del canone) avesse esclamato:” Monti, Bersani avete rotto il c…!”. Di Monti, in particolare, sono molti a pensarlo, e pronti ad applaudire l’esclamazione, ma eravamo in Rai e non sul blog di Grillo…
Mi preme invece notare che in questo modo la Litizzetto ha fatto il gioco di quello che tanto gli ha rotto il c…
L’unico modo per pensionare definitivamente Berlusconi è infatti quello di sottrargli i consensi del suo popolo, del popolo di destra che quello di sinistra, ovviamente, mai lo ha votato. E secondo voi quale può essere stata la reazione degli elettori di destra di fronte al grido della Litizzetto che loro giudicano una delle tante stelline da sempre schierate a sinistra? Non credo gli abbia convinti a non votare più per lui, se mai il contrario…
Discorso analogo, anche se il tono è stato serioso e non certo volgare, vale per tutti quei mondi che sono insorti alla notizia del ritorno del Cavaliere. Parlo di Bagnasco o dei giornaloni (Repubblica e Corriere) o dello stesso presidente del Parlamento europeo il tedesco Schulz: tutti a dire che è un disastro, una sciagura per il nostro Paese, che l’Europa non lo permetterà.
Perfino uno zombie della politica come Gianfranco Fini (il suo Fli è dato attorno al 2%) si è affrettato a puntualizzare che “Berlusconi ha già perso”. Vero. Purchè Fini & c. non gli diano una mano a resuscitare ponendolo al centro del dibattito politico.
Lo scenario migliore per il Cavaliere è infatti la riproposizione dell’ennesimo referendum sulla sua persona. Dell’ennesimo scontro pro o contro Berlusconi. Lo scenario peggiore è invece il silenzio. Il silenzio composto che accompagna il funerale, anche quello degli ex leader politici.
Vi immaginate la delusione di Silvio se l’annuncio della sua ennesima ridiscesa in campo fosse stata accolta dal disinteresse generale, riservato alle scelte di un Fini o di un Rutelli? Sarebbe stato il segno tangibile della sua morte politica…La Litizzetto in modo sguaiato, gli altri seriosi e composti, ma ho l’impressione che tutti stiano invece lavorando alla resurrezione del Cavaliere.

SCOCCA L’ORA DEL DOROTEO ROSSO

Scocca l’ora del doroteo rosso

Dopo la netta vittoria su Renzi, e di fronte allo sfaldamento in atto nel centrodestra, oggi non si vede chi se non Pierluigi Bersani possa essere il prossimo premier che governerà il Paese dopo il 10 Marzo.
Scocca l’ora del doroteo rosso. Bersani è una garanzia anche perchè viene da questa tradizione di serietà e buongoverno: quella dei comunisti emiliani, i cosiddetti “dorotei rossi”, che erano l’interfaccia perfetta di quei dorotei del Biancofiore che per tanti anni hanno assicurato prosperità al nostro Veneto.
Stesso radicamento territoriale: qui con le cooperative bianche e la Coldiretti, là con la Lega e la Cia e la Cna; stesso controllo sul sistema bancario locale; stesso modello di sviluppo puntato sulle piccole e medie imprese. Uguale alla fine la cultura del lavoro e dell’impegno, che l’Emilia ha dimostrato anche con il terremoto rimboccandosi le maniche ed evitando inutili lamentazioni.
Il doroteo rosso si è subito qualificato dichiarando, in vista della battaglia per le politiche: “Non si può vincere ad ogni costo, non si può vincere raccontando favole, perchè poi non si governa!”
Più chiaro di così: non si può vincere con la demagogia di Renzi che prometteva 100 euro subito a tutti, ma nemmeno con il populismo della sinistra vendoliana che interpreta la ricetta keynesiana come una ripresa di spesa pubblica a 360 gradi.
Bersani ha fatto capire che si potranno fare passi concreti ma piccoli; che ci aspettano anni di cinghia da tirare; che non puoi rottamare l’agenda Monti né i vincoli europei; che potrai solo essere un po’ meno “ragionieristico” dei tecnici nel gestire i conti pubblici; che non esistono soluzioni miracolistiche per uscire dalla crisi.
Breve considerazione sullo sconfitto. Col senno di poi Renzi è stato il miglior alleato di Bersani: gli ha infatti consentito di rottamare tutta quella oligarchia soffocante che fin qui gli aveva impedito di essere il vero leader del Pd. Da qui in avanti D’Alema, Marini, la Bindi, Franceschini, Veltroni contano come il due di picche.
Nel bene o nel male, con successo o meno, a decidere tutto sarà il doroteo rosso. E potrà farlo grazie al sindaco di Firenze.

CHE LE PRIMARIE NON LE ABBIA VINTE…GRILLO!

Non vorrei che la primarie, alla fine, le avesse vinte…Grillo! Cioè l’antipolitica, o l’antipartitica (che per me sono la stessa cosa). Il dato più preoccupante è infatti quello della partecipazione: 3 milioni e 100 mila elettori – dopo tutto lo spazio mediatico e l’interesse che sembravano aver suscitato – non mi sembrano granchè. Anche tenendo conto che le primarie del solo Pd, per scegliere il segretario tra Bersani e Franceschini, nell’indifferenza o quasi dei media, avevano portato ai seggi 3 milioni e 300 mila cittadini.
Certo i tempi da allora (era l’Ottobre 2009) sono cambiati. Ma sono, appunto, cambiati: oggi il vento dell’antipolitica soffia impetuoso. Ed è il dato più preoccupante per chi creda che il Paese deve comunque essere governato. E per chi creda che non possono riuscirci dei politici improvvisati, che vantano un’onesta dovuta…alla mancanza di occasioni (Ricordate che in Tangentopoli non vi fu un solo esponente del Msi coinvolto? Per forza: erano tutti fuori dalla stanze dei bottini. Ma, una volta entrati, molti sono…Fioriti).
Il popolo del Pd può consolarsi col confronto ipotetico: fossero così folli da andare a primarie quelli del Pdl, porterebbero ai seggi più candidati che elettori!
Tuttavia resta profonda la sfiducia dei cittadini verso i partiti e verso la politica. Tale da temere che il 10 Marzo trionferanno Grillo e il non voto.
Il risultato di Bersani non è trascendentale. Resta però il probabile vincitore del ballottaggio (Vendola non può che appoggiarlo) e l’unico in grado di riunire poi una maggioranza (magari taroccata con i premi) che dia un governo politico al Paese, chiudendo la parentesi dei tecnici.
Chi creda a questa soluzione non ha la scelta tra un candidato premier del centrodestra, uno del centrosinistra e uno del centrocentro: può scegliere solo tra Bersani e Bersani.
Ciò detto Renzi ha ottenuto un risultato strepitoso: perchè tutto l’apparato del partito e tutta la Cgil erano con Bersani e lui, Renzi, che doveva intercettare i voti dei reazionari orfani di Berlusca, ha vinto invece proprio nelle Regioni Rosse!
Il che fa pensare (o sperare) che sia in atto un cambiamento epocale anche tra gli elettori della sinistra italiana.