Non sono solo i giornali locali a celebrare il Vinitaly come esempio di un mondo produttivo che sfida e batte la pesantissima crisi economica. Lo fa anche Dario Di Vico sul Corriere osservando che “piccoli e medi industriali sfidano la recessione in campo aperto, esportano il 50% del prodotto e pensano addirittura di conquistare i mercati emergenti” come quello cinese
“Dimostrano alla fine – prosegue Di Vico – un modo di fare politica industriale dal basso”. Dal basso, non all’alto cioè senza l’intervento dello Stato. Direi grazie alla mancanza di intervento dello Stato. Dato che l’Istituto del commercio estero è defunto e le Camere di commercio sono carrozzoni che, per vie più o meno traverse, distribuiscono fondi per mantenere gli apparati delle associazioni di categoria invece che destinarli alla promozione.
Gli imprenditori del vino fanno tutto da soli, con l’inventiva con l’impegno e la passione: sono l’incarnazione delle politiche liberali di Margaret Thatcher. L’esaltazione delle capacità individuali che tanto più sono stimolate quanto meno ricevono aiutini pubblici. “I privati – diceva la Lady di Ferro – hanno diritto di vivere le loro vite e condurre i propri affari senza che lo Stato ci metta becco”.
Per fortuna il vino non è considerato un “settore strategico”. Così lo Stato non ci mette becco (anche se la burocrazia non molla l’osso) e così prospera.
Potremmo poi aggiungere che il vino, gli imprenditori di questo settore hanno realizzato la vera unità d’Italia. Perchè se un tempo trovavi prodotti di alta qualità solo in Veneto (Verona e Treviso) in Friuli, in Piemonte e in Toscana, oggi non c’è regione italiana – dalla Sicilia alla Puglia alle Marche al Trentino Alto Adige – che non li garantisca.
Il vino come altri settori dell’agroalimentare (penso all’olio) confermano inoltre l’assunto: dove non c’è l’aiuto pubblico trovi la qualità e il profitto; dove c’è proliferano invece, i sottoprodotti, il deficit e le truffe.
In chiusura un pensiero della Lady di Ferro che solo lei poteva permettersi di esprimere con tanta chiara brutalità: “Pensare a quanto lavorava mio padre, sempre senza sosta, mi riempiva di disprezzo non solo per gli operai che scioperavano inutilmente, ma anche per gli impiegati e i manager statali che si alzavano, spensierati, dalla scrivania alle cinque”.
Di certo gli imprenditori del Vinitaly non lavorano come gli impiegati e i manager statali. Senza aggiungere che quelli italiani mica sono inglesi e dunque dalla scrivania si alzano, spensierati, alle due del pomeriggio…
PROVINCE ABOLITE COME LE FESTIVITA’
Fatti, non parole. Crocetta e i 5 Stelle in Sicilia ce l’hanno dimostrato abolendo di colpo le province sicule! (con le lodi di tutti i media) Peccato che le cose non stiano proprio così…
La presidente della Provincia di Padova, Barbara Degani, che fa parte dell’organismo nazionale (Unione province) che segue la questione, mi spiegava infatti che in Sicilia hanno solo cambiato il nome: al posto delle nove province ci sono infatti ora nove comprensori con gli stessi dipendenti, gli stessi apparati, le stesse funzioni e, dunque, gli stessi costi. Non bastasse Crocetta e i suoi, avendo “abolito” le provincie, hanno dato il via a tre città metropolitane: Palermo, Catania e Trapani.
Ricordo che quando si parlava di varare la città metropolitana di Venezia era scontato che avrebbe sostituito la provincia di Venezia. In Sicilia invece si sono aggiunte, quindi ad esempio Palermo, oltre al comprensorio, ha la città metropolitana. Risultato: in Sicilia al posto di nove vecchi enti “aboliti” adesso ne abbiamo dodici. Nove comprensori più tre città metropolitane.
Ma non illudiamoci però che il problema sia solo siculo. Magari. Sicilia=Italia.
Parlavo ieri con un vecchio amico medico. Lo cerco spesso al telefono: una volta lo trovo a Lione, un altra a San Pietroburgo, a volte anche in ospedale…E così gli ho chiesto quante ferie hanno per contratto i medici del servizio sanitario nazionale. Lui mi ha fatto il conto spiegandomi che, per molti medici, la settimana lavorativa viene considerata di cinque giorni e quindi trenta giorni di ferie non sono un mese ma (30=5×6) sei settimane, cioè un mese e mezzo. Alla fine del conteggio precisava poi che vanno aggiunti anche “i cinque giorni di ferie per le festività soppresse” (sic!)
Confesso che me l’ero dimenticato. Ma diversi anni fa ci siamo accorti che, tra feste religiose e laiche, l’Italietta ne aveva più di tutti con grave danno per la produttività. E così, molto responsabilmente, ne abbiamo soppresse una manciata, a partire da quelle festività infrasettimanali che consentivano di fare ponte simulando raffreddori o improrogabili impegni familiari…
Ma, esattamente come le province sicule, le festività soppresse sono riemerse come ferie aggiunte a norma di contratto. Con eguale meccanismo: i cinque giorni di ferie (vedi sopra) equivalgono a una settimana. E, quindi, invece che non lavorare cinque giorni non si lavora per sette!
Concludo con la telefonata che ha fatto ieri, a Prima Serata, Mirko da Verona. Diceva di essersi convinto che non ha più senso agitare l’orgoglio nazionale e quindi respingere le ingerenze tedesche-Ue sulla nostra politica economica. “Mi sono ridotto – diceva – a sperare per il nostro bene che…ci invadano!”
Se ha ragione lui (e temo l’abbia), il problema si sposta: non si tratta più di riuscire a dare un governo al nostro Paese ma di sperare che ci invadano, che ci governino gli altri, che i tedeschi ci costringano a diventare persone serie e non pagliacci che fingono di abolire le province o le festività.
P.S. Dato per scontato che sono uno pseudo giornalista, un paraculo e per giunta un venduto a Berlusconi, gradirei – una tantum – qualche commento nel merito. Danke.
QUELLE TROIE A CORRENTE ALTERNATA
Il presidente siculo Crocetta ha dimissionato in tronco da assessore Franco Battiato per aver detto che “il Parlamento è pieno di troie disposte a tutto”. Può starci.
Coerentemente Napolitano avrebbe dovuto rifiutarsi di ricevere al Colle un Beppe Grillo che, per restare all’ultima, ha dato dei “puttanieri” a Bersani e Berlusconi.
Direi che ha ragione Massimo Cacciari quando osserva che il degrado del linguaggio politico è solo lo specchio (verbale) del degrado dell’intero sistema politico ormai palesemente incapace di svolgere la sua funzione di governo del Paese.
La Costituzione sancisce un principio che condivido totalmente: ogni parlamentare deve essere “senza vincolo di mandato”. Cioè deve rispondere solo ai propri elettori (i padri costituenti non immaginavano certo un Parlamento di nominati) per restare un soggetto pensante e responsabile, evitando di ridursi a burattino dei vari partiti.
Ma questo principio non è, di fatto, condiviso dalla larga maggioranza dei cittadini che considerano chi cambia casacca un traditore, una troia, un venduto.
Vale però la pena di osservare che l’epiteto viene distribuito a corrente alternata: la troia cioè è solo il parlamentare che va a schierarsi con chi detesto.
Esempio tipico. Il popolo della sinistra considera Scilipoti, che lascia l’Idv e va a sostenere Berlusconi, una troia, un venduto. Fini invece che ha fatto la stessa cosa, lasciando il centodestra per passare all’opposizione, veniva considerato come una padre responsabile della Repubblica. Per il popolo di centrodestra vale l’inverso: Fini è il traditore, Scilipoti la persone responsabile.
Esempio recentissimo. Chi è per il governo Bersani considera molto responsabili quei senatori grillini che dovessero concedergli la fiducia. Chi è contro li tratta da troie.
Ma non dimentichiamo che anche noi cittadini elettori o siamo senza vincolo di mandato o siamo troie nella mobilità elettorale. Che giudizio diamo di chi, dopo aver votato per anni Pd o Lega o Pdl, oggi ha scelto le 5 Stelle?
Anche noi siamo più venali che ideali. Nel senso che diamo il voto pensando a chi garantirà meglio i nostri privilegi, a chi ci restituirà l’Imu, a chi ci assicura il reddito di cittadinanza. Puro mercato delle vacche.
Quindi delle due l’una: o è lecito cambiare idea (anche per motivi personali e venali) sia in Parlamento che nell’urna, oppure le troie non mancano tanto alle Camere quanto tra noi cittadini elettori.
LA PATRIMONIALE SULLA CASA C’E’ GIA’
Tutti concordano che il nuovo governo, se arriverà e quando arriverà e chiunque lo sosterrà, dovrà fare tre-quattro cose indispensabili: tagliare i costi della politica, riformare le istituzioni, cambiare la legge elettorale e pensare all’economia.
Il punto oscuro, ed inquietante nella sua vaghezza, è il quarto. Pensarci come? La via è una sola anche se non esplicitata: con una patrimoniale, o nuove tasse che dir si voglia, dal momento che il debito pubblico ha continuato a crescere anche in questi mesi di “vacanza” governativa. E i conti vanno sistemati. L’Europa (la Merkel) lo impone. E vanno sistemati con i nostri soldi, cioè prendendoli dalle nostre tasche. Come insegna anche Cipro. Per il semplice motivo che l’alternativa sarebbe prenderli dalle tasche dei tedeschi, i quali non si prestano…
Intanto non dimentichiamo che la patrimoniale sulla casa c’è già stata, l’abbiamo già pagata. E non è l’Imu che, per quanto gravosa in se, rappresenta solo un ingranaggio del meccanismo che ha generato la vera patrimoniale: cioè la svalutazione degli immobili, il crollo del valore di quella casa che è da sempre il bene rifugio per antonomasia e che posseggono oltre l’80% degli italiani.
Emblematico il caso di un amico che tre anni fa poteva vendere il suo appartamento per 200 mila euro, glieli avevano offerti e lui ha esitato. Oggi lo stesso appartamento non riesce più a venderlo a 150 mila euro.
Non sola la casa ha perso un quarto del suo valore. Ma il valore è diventato teorico. Un po’ come certi quadri d’autore la cui valutazione da catalogo è x ma, se nessuno te lo compra, la x di fatto equivale a zero…
Quanti di noi pensavano che, se le cose si fossero messe proprio male, avrebbero tirato avanti vendendo la casa? Oggi questa estrema possibilità sta svanendo.
In compenso c’è una certezza di nome Tares, la nuova tariffa rifiuti che scatta a primavera con aumenti spaventosi rispetto all’importo della vecchia Tia.
Insomma il Venerdì Santo, Venerdì di Passione, è garantito. La Pasqua di Resurrezione pare invece che sia rimandata alle Calende Greche.
STRANIERI E MORATORIA DIMENTICATA
La moratoria per i neo comunitari. Noi abbiamo anche dimenticato che esisteva questa possibilità. Altri Paesi l’hanno applicata e per loro è in vigore fino al 1° Gennaio 2014.
Breve riassunto: quando sono entrati nella Ue gli ex Paesi dell’Est si è posto il problema se permettere o meno subito la libera circolazione dei loro cittadini nell’Europa Occidentale. Alcune nazioni che noi definiremo poco solidali (per non dire razziste) hanno detto no: non se ne parla, aspettiamo prima di vedere come si assestano quei Paesi altrimenti rischiamo l’invasione. Noi invece abbiamo detto sì, vengano pure subito, e sappiamo come andata. Ad esempio con i romeni…
Adesso che la scadenza del 2014 si avvicina, questi Paesi “incivili” – Germania, Gran Bretagna, Austria e Olanda – hanno messo le mani avanti e spiegato che, in ogni caso, non potranno garantire il welfare – assistenza sanitaria e servizi sociali vari – agli stranieri comunitari che dovessero arrivare senza aver prima lavorato (e pagato i relativi contributi) in queste quattro nazioni.
Rivendicano inoltre il “diritto ad esplellerli se c’è qualche imbroglio nelle carte”. Anche perchè “troppi abusano di servizi migliori in Paesi più benestanti del loro, troppi fanno i turisti del welfare solo per ottenere ciò che a casa loro non hanno. E ora la crisi economica non permette più di fare troppa beneficenza”
Il virgolettato è dal Corriere che illustra l’iniziativa congiunta di Germania, Gran Bretagna, Austria e Olanda. Paesi, ricordo per inciso, che non sono governati né da Le Pen e nemmeno dai leghisti della prima ora.
Paesi comunque insensibili ai drammi dell’umanità? Paesi egoisti o realisti, cioè attenti alle risorse disponibili? E noi che Paese siamo, molto più solidale o molto più cialtrone?
Direi molto più cialtrone. Perchè se non indichi con precisione dove trovi le risorse per finanziare il welfare vecchio e nuovo (leggi reddito di cittadinanza), se non spieghi con quali risorse stabilizzi precari o rimborsi l’Imu sei solamente un cialtrone.
Per anni abbiamo sentito questo mantra: le risorse si trovano con la lotta all’evasione fiscale! Perfetto: e dove sono queste risorse recuperate? Se per decenni annunci la lotta all’evasione, e non riesci o non vuoi praticarla, e quindi di fatto non recuperi una beata minchia, dovrebbe essere chiaro che al massimo ci finanzi i pasti caldi per anziani.
Prima devi avere in cassa cento, mille miliardi, e solo dopo puoi fare promesse che non siano da cialtrone.
Adesso è arrivato un nuovo mantra: basta tagliare gli stipendi dei parlamentari! Basta abbattere i costi della politica! Sacrosanto. Ma, con le cifre recuperate, cosa ci fai? Forse risolvi i problemi dei disoccupati di Padova o di Verona…
Tornando al welfare da garantire agli stranieri ( e quelli comunitari sono solo una parte…) se oggi, con la crisi economica in atto, può diventare un problema molto serio per i Paesi senza più lo scudo della moratoria. Per noi, per il Paese del prego si accomodi, è già un problema devastante. Come ben sanno i nostri disabili che hanno perso pezzi consistenti di assistenza.
I GRILLINI? NON VOGLIO VEDERLI!
“Non voglio vederlo! – cantava Garcìa Lorca – Di alla luna che venga\ch’io non voglio vedere il sangue\ d’Ignazio sopra l’arena”. Anch’io (nel mio piccolo) avrei sperato in un black out per non vedere i neo parlamentari grillini che si presentavano ieri con i video riportati dai Tg nazionali: come vedere il sangue sopra l’arena del nostro povero Paese.
Uno che diceva “In quanto sommelier, mi occuperò di agricoltura”, un altro “Sono appassionato di mobilità sostenibile e mi piacerebbe arrivare in Parlamento in bicicletta”, un terzo “Mi sono occupato di acqua e mi auguro che riusciremo presto a demolire il nostro ego”, una quarta “Sono artigiana, la mia attenzione andrà al ripensare al made in Italy”.
Non tutti così, per carità, ma tanti. E poi il neo capogruppo al Senato, Vito Crimi, assistente giudiziario alla Corte d’Appello di Brescia, un impiegato del ministero della Giustizia, un ministeriale: notoriamente lavorano tanto da spezzarsi la schiena, sacrosanto che Grillo voglia ridurre anche a loro l’orario settimanale…
Siamo al peggio del peggio, al rovesciamento del falso mito della società civile prestata alla politica. Quel mito si fondava sull’idea che un bravo ingegnere, un ricercatore di fama, un docente della Bocconi fossero preferibili ai politici di professione, più preparati e più onesti di loro. Peccato che queste ottime persone il più delle volte di politica (vedi Monti) non capiscano una beata minchia. Peccato che, come insegnava Benedetto Croce nel 1922, “l’onestà politica non è altro che la capacità politica”.
Ma qui il requisito di base per diventare parlamentari grillini sembra quello di essere insignificanti anche professionalmente: un impiegato, un sommelier, una precaria, uno qualunque.
La scelta di Grillo (e Casaleggio. Ma lui conta sul serio qualcosa?) pare ispirata ad un criterio preciso: più modesti sono, più sono yes man, più si comporteranno da burattini che manovri tirando i fili.
Ma non è detto che il calcolo sia giusto. I membri di una setta infatti sono fanatici, ma non sono degli inetti. A loro modo sono intelligenti. E per questo fanno squadra. Di sicuro sanno dov’è la sede di Scientology…
Per questo non ho perso la speranza. La speranza di tornare ad affacciarmi e vedere sopra l’arena…i grillini alla diaspora. (Ma esisterà ancora un Paese o ci sarà una Grecia?)
UN PAESE A 5 STELLE
Da un certo punto di vista il governo a 5 Stelle è superfluo: nel senso che un Paese a 5 Stelle abbiamo già cominciato ad esserlo, almeno sotto il profilo economico.
Grillo si batte per la decrescita felice, un’Italia in cui tutti siano più poveri ma più solidali ed ecocompatibili. La sintesi del suo programma è: “Meno lavoro, meno energia, meno materiali”.
Il meno lavoro è già una realtà. Cassa integrazione a rotazione, per poter lavorare tutti lavorando meno, gli straordinari sano già scomparsi in questi tutte le aziende. I lavoretti saltuari per arrotondare si sono rarefatti. Consumiamo certamente di meno, come dimostra il crollo degli acquisti perfino dei prodotti alimentari.
Meno energia e meno materiali. L’Ilva sta procedendo proprio in questa direzione, gli altiforni sono spenti. La Mantovani seguirà a ruota. Anche a prescindere dal contributo della magistratura, la deindustrializzazione è in pieno svolgimento tra aziende che falliscono e aziende che emigrano.
La chiusura di Grillo sul fronte dell’immigrazione, il rifiuto dello jus soli, rifiuto criticato da Bersani, ha una perfetta coerenza con l’obiettivo della decrescita: gli immigrati infatti comportano l’opposto, cioè la crescita sia demografica che economica.
I parlamentari di Grillo spiegano che loro abiteranno a Roma in una casa comune, mangiando vegetariano e prendendo esempio da De Gasperi che aveva un solo cappotto che usava a turno con altri due colleghi deputati. (Ho subito proposto ai miei colleghi giornalisti il “cappotto di redazione”: né bastano un paio per la troupe che esce, mentre gli altri restano al caldo in sede…)
Una soluzione che mi ricorda la campagna veneta di prima della guerra: famiglie di dieci figli in due stanze, vegetariani per forza con la polenta (e la pellagra) tutti i giorni e la carne due volta l’anno a Natale e Pasqua.
E’ un modello che attrae anche per la nostalgia di quel passato in cui eravamo poveri ma onesti, ma solidali. Una solidarietà che cerca anche il sindaco padovano di Vigonza: ha annunciato che Domenica andrà in Chiesa per chiedere dal pulpito ai fedeli la carità di un euro per le casse esangui del suo comune…
La nostalgia per quando eravamo poveri e onesti, per il dolce tempo andato, la sento spesso negli uomini. Meno nelle donne per la quali la povertà comportava anche la servitù (all’uomo). Donne che in tutto l’Occidente si sono messe a lavorare, a guadagnare in proprio, per diventare libere.
Spero non scelgano anche loro la decrescita. Perchè questo è il punto cruciale: la libertà va di pari passo con il benessere, più aumenta il tuo tenore di vita più sei libero di disporre della tua vita. (Senza aspettare che rientri De Gasperi per poter uscire…)
Dopo di che, in democrazia, la maggioranza vince. E, se la maggioranza vuole un Paese a 5 Stelle, lo diventeremo. Avendo almeno la consolazione di un percorso pacifico.
Perchè un merito preciso va riconosciuto a Beppe Grillo: aver inglobato e devitalizzato quelle spinte violente ed eversive che sono endemiche in certe frange politiche. La sua è solo una violenza verbale che sublima la violenza fisica. I grillini sono, legittimamente, contrari alla Tav ma mai andranno all’assalto dei cantieri; mai tireranno i cubetti di porfido contro la polizia.
Andremo verso il declino, ma col metodo del mahatma Gandhi. Pacificamente.
DUE CLOWN E UN MORTO CHE PARLA
Beppe Grillo non è Umberto Bossi. E quindi non ripete lo storico errore strategico del leader della Lega: quello di andare ad allearsi con una parte politica (Berlusconi) invece che restare il partito del territorio, il partito del Nord, in grado di pescare voti trasversalmente proprio perchè non si allea con nessuno.
Grillo oggi è il partito della protesta, della rivolta contro tutti i partiti tradizionali, pesca voti trasversalmente. In Veneto tra leghisti e pidiellini, smantellando quelle che si chiamavano le “roccaforti bianche”, proprio come altrove ha demolito le “roccaforti rosse”. Se vuole crescere ulteriormente sa che deve continuare così.
Tutto di può dire di Grillo, anche che è un clown (vedi più avanti), ma certamente non è uno stupido. E quindi non si presta a far da stampella a nessun partito, né di centrodestra né di centrosinistra.
Non si capisce come Bersani (forse ancora stordito dalla vittoria-non vittoria) abbia potuto illudersi del contrario offrendogli di varare assieme il “governo di combattimento”. Grillo gli ha sbattuto la porta in faccia a male parole, dandogli dello zombie del “morto che parla”.
Si è limitato a una disponibilità, di volta in volta, su quei provvedimenti largamente condivisi: taglio dei parlamentari, taglio degli emolumenti, via il finanziamento ai partiti. Ma per venirne fuori ci vuole ben altro.
Ci vuole un governo che duri anni, che usi il freno del taglio alla spesa pubblica e ai privilegi corporativi, e l’acceleratore della (piccola) ripresa economica. Non mancheranno, di certo, lacrime e sangue. E lui, Grillo, starà alla finestra a guardare…la crescita di Cinque Stelle.
L’unica alternativa, teorica, è dunque un governissimo Pd-Pdl che Berlusconi, forse sotto effetto del testosterone (anche qui vedi più avanti), ha subito proposto. Che però è impraticabile per quel Pd che per decenni ha alimentato la propria base a pane e antiberlusconismo.
Col senno di poi c’era un leader democratico capace di attirare i voti del centrodestra senza Berlusconi: era ed è Matteo Renzi. Ma, quando quei voti cominciò ad attirarli alle primarie, l’apparato del partito (preoccupato di perdere le rendite di posizione) li definì voti impuri, voti contaminati, voti da escludere al secondo turno.
Se ci pensiamo è ridicolo. C’è una sinistra che non è mai riuscita a sfondare, cioè a diventare maggioranza nel paese. E come puoi riuscirci se non conquistando anche i voti “impuri” che sono quelli del centro e della destra?!
Quindi la seconda alternativa (anche questa molto teorica) è tornare alle urne di corsa con Matteo Renzi candidato premier che sarebbe in grado di coagulare una maggioranza autentica.
La realtà invece è un altra. L’ha così descritta il candidato cancelliere della Spd, Peer Steinbrueck, “inorridito dalla vittoria di due clown”…”il comico di professione Beppe Grillo, mentre l’altro è uno che agisce sotto l’impulso del testosterone”, cioè Silvio Berlusconi.
E, accanto ai due clown, c’è il “morto che parla”. Difficile intravvedere un futuro roseo.
POLITICA ESTERA DECISA A BUSTO
La politica estera si decide a Busto Arsizio. Quale sia l’interesse del nostro Paese lo stabilisce un laureato in legge che ha vinto un concorso pubblico. Non chi è investito della sovranità popolare.
Diamo per appurato che Orsi abbia pagato tangenti per la commessa di 12 elicotteri Aw101 all’India. Secondo me è un benemerito, uno che ha fatto gli interessi dell’Italia e di Finmeccanica, una delle poche grandi aziende di assoluta eccellenza che ci restano. E che, dopo il suo arresto, ha visto crollare le azioni in borsa rischiando di compromettere il proprio futuro (compreso quello di chi ci lavora).
Questa è la mia modesta opinione. Il Pm di Busto – legittimamente – ha un’opinione diversa. Lui, però, decide; nella totale confusione dei poteri, caratteristica del nostro Paese allo sbando.
Spazio alla Francia, all’Inghilterra, agli Stati Uniti: gli elicotteri all’India li venderanno loro, pagando – come sempre avviene con certi Stati – quella che loro chiamano, non tangente inernazionale, ma intermediazione commerciale.
Ce lo ricordiamo Enrico Mattei? La tangente era il suo pane quotidiano (anche sul fronte interno). Grazie alle tangenti pagate ai Paesi arabi, piuttosto che a quelli Nordafricani, garantì il fabbisogno energetico all’Italia del dopo guerra, presupposto per la ricostruzione e il decollo delle attività industriali. Senza Mattei non ci sarebbe stato il boom economio. La sinistra lo esaltava come l’uomo che ci aveva emancipato dal cappio delle famigerate Sette Sorelle. Pagò con la vita. E tutti (Napolitano in testa) anche ora celebrano l’anniversario della sua morte come la morte di un padre della Patria. Ve lo immaginate un pm, non dico di Busto, ma nemmeno il capo della Procura di Roma o di Milano che all’inizio degli anni Sessanta metteva sotto accusa Mattei per “tangenti internazionali”? Eravamo ancora un Paese serio, teso a salvaguardare il proprio interesse nazionale.
Oggi invece sono i pm e i giudici milanesi che decidono anche delle nostre alleanze. Che sbattono in carcere i vertici dei servizi segreti rei di aver collaborato con la Cia al rapimento di Abu Omar (colluso col terrorismo islamico). I servizi segreti che agiscono al di fuori della legge?! Certo: o fanno così o non hanno ragion d’essere. Per agire all’interno della legge bastano i poliziotti o i carabinieri…E, in ogni caso, sarà il governo a deciderlo o spetta all’ordinamento giudiziario?
Per rendere manifesto lo sbando del nostro Paese, tanto vale appaltare la politica estera agli operatori ecologici: in fondo hanno vinto anche loro un concorso pubblico e, come i magistrati, non hanno alcuna legittimazione dalla sovranità popolare.
Piccolo suggerimento per Grillo: oltre ad affidare il ministero dell’Economia ad una madre di tre figli, metta anche un netturbino agli Esteri che facciamo una bella pulizia…Che procediamo a demolire quel poco che resta.
E gli altri – Monti, Berlusconi, Bersani – ne avete sentito uno insorgere contro la follia di una politica estera decisa in procura a Busto Arsizio?
FALSE PROMESSE, PROMESSE DA PAURA
Si fa sempre più strada la netta impressione che la campagna elettorale si giochi tra questi due poli: da un lato le false promesse, pure fantasie che non hanno alcuna possibilità di concretizzarsi; dall’altro le promesse da paura, promesse cioè che c’è da augurarsi non si attuino perchè avrebbero conseguenze catastrofiche.
Cominciamo, ovvio, dall’incantatore di serpenti (Monti dixit): Berlusconi non ha attuato nulla della rivoluzione liberale promessa; il famoso Contratto con gli italiani l’ha archiviato subito dopo il voto; figuriamoci se ci restituirà mai l’Imu sulla prima casa.
Ma dovremmo forse credere a Monti che ora promette di tagliare le tasse? Dovremmo credere ad Ichino che parla di cambiare lo Statuto dei lavoratori? Sarebbe, certo, un’esigenza fondamentale. Ma la Camuso dove la mandiamo? In esilio? E la Cgil la rottamiamo? Pure fantasie anche queste…
Reddito di cittadinanza lanciato da Beppe Grillo, mille euro a tutti i bisognosi. Qui siamo a cavallo tra le false promesse (inimmagginabile di poterlo finanziare) e le promesse da far paura: nel senso che, con la furbizia da scugnizzi che ci caratterizza, ci ritroveremmo anche con i neonati che esigono di ottenerlo…60 milioni di redditi di cittadinanza.
E siamo all’altra faccia della medaglia, promesse da far paura: Vendola che invoca le politiche industriali, la pianificazione, i piani quinquennali da preistoria sovietica. Ingroia che invoca il ripristino dell’art.18, e prefigura un premier da processi, intercettazioni e manette a go go…
In mezzo c’è Bersani che di promesse non ne fa. Per il semplice motivo che ha ottime probabilità di vincere e quindi di essere chiamato a mantenerle! (Gli altri promettono a vanvera solo per perdere…meno largo, ben sapendo che al vedo, cioè a Palazzo Chigi, non ci arrivano).
Ad assere cattivi potremmo aggiungere che Bersani è serio al punto da non promettere nulla, da non avere un programma che sia ben visibile ed incisivo. Ciò che si vede, che si intuisce (anche se lui non lo dice, ma lo sa bene) è che il nostro Paese è irriformabile, che dopo il 25 Febbraio si potrà fare poco o niente.
Si tirerà a campare, con una sola certezza: tra due anni al massimo si tornerà a votare.