QUAL E’ IL VERO KNOW HOW FIAT

 

 

Per cercare di capire cosa abbia combinato la Fiat con Chrysler e cosa tenti (credo invano) di combinare con Opel, per cercar di capirlo bisogna partire dal suo know how. Si può forse sostenere che la capacità, la competenza dell’industria torinese, sia l’innovazione tecnologica? Si, in parte: il diesel common rail è un suo brevetto; ma è un ricordo degli anni Ottanta e la capacità di innovazione di Toyota o Audi negli anni è stata infinitamente superiore. La Fiat spicca forse per capacità di contenere i costi di produzione? Vi pare che abbia saputo mettere sul mercato auto competitive nel rapporto qualità prezzo? Nemmeno i suoi apologeti osano sostenerlo . L’autentico know how Fiat, sviluppato e affinato nei decenni, è un altro: arraffare denaro pubblico. In questo l’azienda torinese è maestra insuperata in Europa e nel mondo.

Sono stati anch’io fuorviato dai toni entusiasti con cui i giornali (con la Fiat sì proprio di regime) hanno salutato l’impresa americana del prode Marchionni: Davide che, generosamente, salva Golia. La rivincita del piccolo Paese, con le sue aziende piccole ma geniali, nei confronti del colosso americano; revanscismo e nazionalismo a palate. Sembrava quasi che avessimo rivinto i campionati del mondo di calcio. Ma come possiamo dimenticare, come potete dimenticare colleghi menestrelli della Fiat, che questo cadavere di azienda è rimasta in piedi solo grazie alle continue iniezioni di denaro dei contribuenti?

Era anch’io confuso e fuorviato finchè non ho letto questa dichiarazione del premier tedesco Angela Merkel la quale ha puntualizzato che il suo governo, per cercare una via d’uscita alla crisi Opel, “non intende spingersi in avventure finanziarie con i soldi dei contribuenti”. Chiarissimo: la Fiat in Germania non troverà denaro pubblico da arraffare, mentre lo ha trovato in America dove il presidente Obama proprio questo ha fatto, “si è spinto in avventure finanziarie con i soldi dei contribuenti”: cioè ha stanziato ingenti finanziamenti federali sia diretti che indiretti (intervenendo sulle banche usa perchè rinunciassero a riscuotere i crediti chrysel) mentre la Fiat non ha tirato fuori una lira. Esattamente come non l’ha mai tirata fuori qui in Italia, incassando contributi per aprire stabilimenti al Sud e rottamazioni varie sempre pagati dai soldi dei contribuenti.

Secondo il suo autentico know how, la Fiat intanto incassa poi si vedrà: nella fattispecie la scommessa punterebbe sul fatto che gli americani – con le loro strade, la loro dimensione e, se vogliamo, anche la loro megalomania – abbandonino i macchinoni per macchinette come la Cinquecento (che i colleghi menestrelli sono arrivati a chiamare “la nostra bambina di latta”). Quando vedrò i cow boy in sella agli asinelli sardi comincerò a crederci.

Ma intanto la Fiat incassa, arraffa, e non sborsa una lira. E anche per l’operazione Opel, fermo restando che la Merkel è molto più scettica di Obama e non da finanziamenti, dovremmo pensarci noi risparmiatori e fornire il carburante. Vi segnalo infatti il titolo di oggi su Repubblica: ”Un gigante a caccia di soldi in Borsa per piegare le resistenze di Berlino”. Le pecore sono avvisate, se poi si prestano all’ennesima tosatura Fiat, scelta e affari loro.

 

LA VERONICA DESNUDA, VELINA INGRATA?

 

 

Qualche spunto per chi resta davanti al computer nel ponte del Primo Maggio. Veronica Lario ce ne ha offerti più di uno.Siete d’accordo con Vittorio Feltri che l’ha definita una “velina ingrata”, mostrandocela per giunta desnuda nella prima pagina di Libero?

C’è anche un caso Feltri oltre ad un caso Veronica? Che Feltri sia libero di nome (del suo quotidiano) e di fatto o che abbia concordato tutto con il Cavaliere che qujesta volta non intende perdonare “signora”?

Ci credete alla motivazione politica – preoccupazione per i criteri “pettoruti” di selezione delle candidature Pdl – addotta da Lady Berlusconi o pensate che i veri motivi dei periodici contrasti con il marito siano di natura patrimoniale? O magari anche sentimentali per colpa di questo presidente così farfallone? L’equiparazione veline-puttanelle-che fan carriera dandola via, equiparazione fatta da Veronica Lario, e non solo da lei, come la giudicate? Non vi sembra un po’ becero-maschilista?

In fine: che differenza c’è tra mettere in lista una gran gnocca oppure un olimpionico oppure un giornalista oppure un rettore dell’università? Non vi pare che facciano tutti un mestiere diverso da quello del politico?


FESTA DELLA LIBERAZIONE…DEI CLANDESTINI

 

 

C’è chi ha festeggiato la Liberazione in un modo, molto concreto, letterale: sono gli oltre mille clandestini che proprio in questi giorni hanno potuto lasciare i centri di identificazione ed espulsione, dopo che è stata affossata dal parlamento la norma che prolungava da due a sei mesi la loro permanenza nei centri stessi. Tutti liberi con un foglio di espulsione in mano che vale quanto la carta straccia e dunque liberi di restarsene da clandestini nel nostro Paese.

Il dibattito che ha caratterizzato questo primo 25 Aprile con la presenza di Berlusconi – deve essere la festa di tutti e non di una sola parte, i partigiani non vanno equiparati ai repubblichini – questo dibattito interessa gli storici, i pochi reduci di entrambe le parti, chi ha avuto il nonno nella Resistenza o nella repubblica di Salò, i fanatici dell’ideologia (magari anche i frequentatori di questo blog); ma la maggioranza dei cittadini, i giovani, le persone che lavorano sono sensibili a ben altri problemi. Perchè la sicurezza nelle nostre città e gli stessi equilibri del mercato del lavoro non sono messi in crisi né dai partigiani né dai repubblichini, ma dall’incapacità della nostra classe politica di governare i flussi migratori.

Voglio ribadirlo al di là di ogni equivoco: la responsabilità non è degli immigrati ma della nostra classe politica che non sa governare il fenomeno (Ed è inutile invocare Sant’Europa, perchè ognuno deve saper togliere le castagne dal suo fuoco): gli stranieri che da noi hanno fatto saltare gli equilibri sociali della convivenza, sia con la pratiche criminali che con il lavoro nero sottopagato, nei Paesi seri come Francia, Germania e Austria, lavorano in regola, mediamente si inseriscono, se serve vengono espulsi con rapidità e determinazione.

Il fulcro di ogni politica dell’immigrazione è la capacità di governare i flussi, di porci un freno, di espellere i clandestini. Rinunciare a farlo equivale a calare le braghe. Aprire le porte dei Cei equivale ad aprire le porte del Paese; e gli effetti sono devastanti. Il Giornale ha tentato di attribuire la prima responsabilità di questa festa di liberazione dei clandestini al Pd di Dario Franceschini che ha presentato l’emendamento al decreto sicurezza. Idiozia totale. L’opposizione, ovviamente, fa il suo mestiere che è quello di cercare di mettere in crisi il governo. Ma è il governo Berlusconi che è caduto nella trappola facendo emergere le proprie contraddizioni su un tema tanto cruciale per il centrodestra.

Per il centrodestra e per la Lega in particolare che da sempre ha fatto del contrasto all’immigrazione clandestina il fulcro delle sue politiche. Maroni non può limitarsi a denunciare il nuovo “indulto” a favore dei clandestini. Doveva impedirlo dimettendosi. Sia lui che gli altri ministri leghisti. Come fa infatti la Lega a minacciare la crisi di governo su un tema secondario ed incomprensibile, quale quello della data del referendum sulla legge elettorale, salvo poi limitarsi a sterili proteste sulla questione ben più pregnante per il proprio elettorato della clandestinità impunita?…

Quanto a Berlusconi vorrebbe cambiare il nome al 25 Aprile e chiamarlo Festa della Libertà. Ma dovrebbe sapere che la libertà, prima ancora che libertà politica, economica, culturale, è libertà dalla paura. E’ libertà di girare per le nostre città senza timore di subire aggressioni, libertà per le coppie di andare nei parchi senza il terrore degli stupri, libertà di abitare dove più ci piace senza far la fine dei coniugi Pellicciardi o Ambrosio. Senza sicurezza non c’è libertà. E oggi sicurezza vuol dire anzitutto capacità di dimostrare agli stranieri che non siamo il Bengodi del crimine e del lavoro nero. Quindi non possiamo celebrare alcuna Festa della Libertà.

 

I GEMELLI SIAMESI E IL 25 APRILE

 

 

Le celebrazioni del 25 Aprile nel nostro Paese hanno avuto l’obiettivo primario, la parola d’ordine, di negare l’esistenza dei gemelli siamesi. Negare ciò che tutta la storiografia del resto d’Europa da per scontato: cioè appunto l’esistenza dei gemelli siamesi, nazifascismo e comunismo, del tutto equiparati quanto a nefandezze. Tutti gli storici (tranne quelli italiani ancora preda de “l’egemonia culturale”) parlano dei due totalitarismi che hanno funestato la storia del Novecento, provocando stragi e devastazioni mai conosciute prima nella storia dell’umanità. Decine e decine di milioni di morti: questa è l’eredità lasciata tanto dal nazifascismo quanto dal comunismo.

Da noi, col fatto che un gemello aveva dato un contributo a seppellire l’altro, si è negato e tutt’ora si nega che fossero gemelli. Lo si fa contro ogni evidenza. In Spagna, tanto per fare un esempio, il gemello fascista franchista seppellì la dittatura che i comunisti stavano instaurando. Ma non per questo portò la democrazia: semplicemente sostituì ad un totalitarismo l’altro. Altrettanto avrebbero fatto i comunisti in Italia se non ci fossero stati gli americani e quegli accordi internazionali che assegnarono il nostro Paese al campo dell’Occidente e delle libertà democratiche.

Fin’ora il 25 Aprile ha cercato, appunto, di negare l’esistenza dei gemelli siamesi. Ed ha potuto farlo appellandosi ad una Costituzione che è fondata sull’identica negazione. Una Costituzione che è antifascista e non anche anticomunista, che chiude tutti e due gli occhi sull’altro totalitarismo. Che giustamente vieta la ricostituzione del partito fascista e ignobilmente permette le varie rifondazioni comuniste giunte fino ai giorni nostri. Ovviamente non sbaglia la storia che – cifre e documenti alla mano – condanna senza appello entrambi i totalitarismi. E’ strabica la nostra Costituzione che ne ignora uno perché l’aveva rappresentato tra i suoi Padri costituenti. (Così come dei costituenti nazifascisti costretti alla convivenza democratica avrebbero stilato una Carta solo anticomunista).

Lo strabismo della nostra Costituzione ha fatto sì che solo gli eredi del fascismo dovessero compiere un’abiura completa per rientrare nel gioco democratico, come successo con Gianfranco Fini che è arrivato a definire il fascismo “male assoluto”. Mentre gli eredi del comunismo, gli eredi di quel Togliatti che fu consapevole e complice dei crimini staliniani, sono sempre rimasti in gioco senza dover compiere nessuna abiura; ed anzi continuando ad alimentare la favola del gemello unico.

Può darsi che oggi il “partigiano Silvio”, scendendo in piazza questo 25 Aprile, ristabilisca una volta per tutte la verità storica dei gemelli siamesi. Ma ormai, appunto, interessa solo agli storici. Poco agli italiani del 2009. Siamo in ritardo di oltre 60 anni

IL RAZZISMO SPIEGATO AL BAGAGLINO

 Il presidente iraniano Ahmadinejad, che da perfetto razzista predica e pratica (tramite Hezbollah) la distruzione della razza ebraica ritenuta inferiore, proprio lui può tranquillamente accusare Israele di essere razzista. Col che diventa chiaro che l’accusa di razzismo è puramente strumentale, non ha più un significato intrinseco e chiuque può usarla contro l’avversario. Lo spiega molto bene Gian Enrico Rusconi che oggi su La Stampa scrive: “Il razzismo è diventato l’indicatore più potente e comodo per stigmatizzare ciò che si considera il male, il nemico. Anzi il proprio nemico. Ma in questo modo la definizione di cosa sia il razzismo è politicizzata” Ognuno cioè la usa a piacimento.

Rusconi ci scuserà ma, più chiaro ancora di lui, era stato…Il Bagaglino che l’altro sabato ha messo in scena questo sketch: due comici litigano su tutto come galletti, ad un certo punto uno lancia all’altro l’accusa “razzista!” e l’altro domanda “Cosa centra?” risposta “Niente. Ma è una parola magica: chi la dice vince, chi la riceve è fregato…”. Perfetto. Non ci fossero tutte quelle donnine scollacciate, direi che Ahmadinejad ha visto il Bagaglino e imparato come si fa.

L’importante è lanciare per primo l’accusa di razzismo. Così è razzista Israele se difende i suoi cittadini dagli attacchi terroristici. Sono razzisti i cittadini del Nord Italia se si lamentano per le troppe erogazioni di denaro pubblico al Sud. Se non soccorriamo e accogliamo ogni barcone di profughi africani siamo razzisti. Non arriviamo nemmeno a domandarci perché, se siamo così intolleranti e xenofobi, tanti stranieri (non solo dall’Africa ma anche dall’Europa dell’Est) vengono proprio da noi e non scelgono invece le grandi democrazie europee – Spagna, Francia, Germania – così avanzate per quanto concerne l’accoglienza e il rispetto dei diritti umani…

Se riportiamo i profughi, rifocillati e curati, sulla costa libica, siamo noi i razzisti e non quel beduino di Gheddafi che si fa pagare tanto a cranio dai mecanti di carne umana per lasciargliela imbarcare nel porto di al Zuwara. Distratti come siamo dalla disputa con Malta, per decidere chi dovesse accoglierli, se noi o i maltesi, ci dimentichiamo infatti che anche quest’ultima carretta del mare è partita da questo porto libico. Berlusconi e Maroni fingono di ignorare l’ovvio: cioè che, se costruiremo a nostre spese la nuova autostrada litoranea libica, questa servirà anzitutto ai trafficcanti di uomini aumentando così gli introiti che a Gheddafi derivano dal flusso di clandestini verso l’Italia. Dovremmo invece riportarglieli indietro scortati dagli incrociatori della marina militare. L’unico linguaggio che il leader libico capisce, ma non si può perchè Gheddafi per primo ci griderebbe “razzisti!”, “colonialisti!”, “imperialisti!”

Sono razzisti i cori da stadio contro Mario Balotelli (che, essendo nero, non può nemmeno essere definito un figlio di buona donna per i suoi atteggiamenti arroganti da bulletto, come si fa abitualmente con i giocatori bianchi). Cori che mi sembrano più manifestazioni di ignoranza e inciviltà. Mentre il razzista autentico, quello che non solo teorizza l’inferiorità della razza ebraica ma ne predica e pratica l’eliminazione, di lui, Ahmadinejad, si dice solamente (cito da l’Unità di oggi) che lancia “insulti a Israele”…Ma, come ci ha spiegato Il Bagaglino, razzismo è una parola magica: chi la dice vince, chi la riceve è fregato.


SCAMBIO DI FAVORI TRA MICHELE E SILVIO

 

Tutto si può dire, ma non che Santoro sia un martire. Vorrei io essere stato altrettanto martirizzato da “aguzzini” così bravi a tirare la volata degli ascolti!…L’unica cosa certa, al termine dell’ennesimo can can attorno a San Michele martire, è infatti questa: la puntata di Annozero di giovedì scorso molti non l’avevano vista, era passata quasi inosservata, mentre quella di stasera la vedranno tutti. Boom d’ascolti garantito.

Era passata inosservata, dicevo, fino a domenica; quando il caso l’ha sollevato Silvio Berlusconi dichiarando ai giornalisti che certe trasmissioni nella televisione di Stato non si dovrebbero vedere. Subito gli è andato dietro Gianfranco Fini definendo “indecente” la puntata di Annozero. E così tutti si sono accorti dello scandalo fino ad arrivare alla ridicola intimazione a “riequilibrare” fatta dal nuovo direttore generale Rai Mauro Masi. Ma l’aguzzino capo, quello che ha dato il là, quello che ha martirizzato Santoro condannandolo agli ascolti da record di questa sera, è stato Berlusconi. Un premier, un politico, molto maturato anche sotto questo aspetto: che non commette più cioè l’errore di emanare editti bulgari che rischiano di creare martiri autentici e far perdere consensi…Oggi ha capito di avere tutto l’interesse a tenere Santoro in Rai e, addirittura, a garantirgli i più alti ascolti possibili.

Ha l’interesse a farlo perchè San Michele lo ricambia incarnando alla perfezione quella sinistra antagonista che non otterrà mai la maggioranza dei voti per andare al governo del Paese, e che quindi non rappresenta un pericolo per il Cavaliere. Anzi: è, oggettivamente, sua alleata perchè erode consensi ad una sinistra riformista che sola potrebbe contendergli il potere. Berlusconi ha sempre puntato a togliere legittimità ai suoi avversari politici, definendoli in blocco “comunisti”; adesso trova avversari teorici, di fatto alleati, che si delegittimano da soli assumendo posizioni troppo gridate e troppo estreme. Lo ha spiegato molto bene Claudia Mancina (sul quotidiano che, non a caso, si chiama Il Riformista) criticando le trasmissioni di Santoro perchè “sono la massima espressione di un senso comune che si vuole di sinistra perchè è contro: contro il governo, contro i poteri forti, contro i costruttori, contro i profittatori…Contro sempre e comunque, a prescindere, ancora prima che si verifichino i fatti o i misfatti da denunciare e da combattere”.

Un’analisi che trovo molto convincente. Detto in altri termini le posizioni e le tesi di un Santoro, di un Di Pietro, di un Travaglio, di un Grillo o di un De Magistris, per quanto possano scaldare il cuore e gli animi, per quanto possano piacere ai loro fans che sono anche numerosi, restano però posizioni e tesi minoritarie. E’ assai difficile immaginare che la maggioranza dei cittadini affidi loro il governo del Paese. Lo ha fatto due volte con Romano Prodi, che sospirava affranto di pausa in pausa ma non urlava mai…E questo appunto teme il Cavaliere: una qualche reincarnazione di un Prodi. Con Michele invece siamo allo scambio di favori: io mi impegno a tenerti in Rai e farti aumentare l’audience, tu in cambio mi spaventi e scandalizzi quanti più moderati possibile.

 

E SE SANTORO AVESSE RAGIONE?…

 E se Santoro questa volta avesse ragione? Non è solo una questione statistica (una volta, e dai e dai, capita a tutti di avercela) ma di merito. Nell’ultima puntata di Annozero Santoro ha polemizzato e criticato, col suo stile abituale, l’organizzazione dei soccorsi ai terremotati; cioè l’azione della protezione civile. Reazioni sdegnate. Tutti a dire che no, che la Protezione civile è stata perfetta, che va solo ringraziata, che le va riconfermata la fiducia al massimo grado. Bene, mettiamo che sia stato così; che tutto abbia funzionato alla perfezione. Ma non vuol dire che Santoro abbia torto. Significa solo che Berlusconi è meglio di Padre Pio: cioè che gli riescono miracoli che neanche al frate di Pietralcina…Perchè – ed arriviamo al punto – la protezione civile non è fatta, non è organizzata, per essere tempestiva, efficiente, professionale in caso di catastrofi naturali. Può capitare che lo sia, ma è appunto un caso o un miracolo.

Chi ha istituito la protezione civile, così come è articolata, cioè con un nucleo in ogni comune italiano su base volontaria; che vuol dire 581 nuclei diversi solo nel nostro Veneto. Chi l’ha concepita e così istituita ha voluto anzitutto dotare ogni comune italiano di…un parco giochi per pensionati (e per statali che, come noto, sono già prepensionati anche quando in teoria lavorano). Il che è un’iniziativa meritoria per i pensionati stessi, che non devono cader preda dell’accidia, che se hanno qualcosa da fare vivono meglio, e che infatti discutono delle varie mansioni, che hanno divise e pettorine da sfoggiare, che magari litigano su chi è più adatto a guidare la jeep, che fanno tante belle esercitazioni all’aria aperta…E’ un’iniziativa concepita anche per dare un ritorno di consensi alla classe politica che garantisce la “dotazione” ai vari nuclei…Ma è qualcosa di radicalmente diverso da una task force professionale, pagata, addestrata e pronta ad intervenire in caso di catastrofi.

Gli addetti alla protezione civile sono centinaia di migliaia (in Italia abbiamo 8101 comuni). Quindi sono anzitutto troppi numerosi. Alcuni anche all’altezza del compito; ma i più sono adatti a smistare il traffico e organizzare il parcheggio il giorno della sagra nel loro paese. Sono tutti molto volonterosi e tutti, infatti, volevano fiondarsi in Abruzzo il giorno dopo il terremoto. Quindi la prima emergenza è stata evitare che i sopravvissuti ai crolli venissero travolti dalla fiumana della protezione civile. I vari assessori provinciali, coordinati dal regionale Elena Donazzan, hanno dovuto scontentare migliaia di aspiranti soccorritori e mandare all’Aquila solo i pochi preparati e autosufficienti (che non si trasformassero cioè, a loro volta, in bocche da sfamare e persone da alloggiare…).

Anche questa esperienza ci dimostra dunque che un task force limitata ed altamente specializzata (un nucleo di cento professionisti per ogni regione italiana) sarebbe in grado di dare una risposta molto più efficiente e puntuale. E non lo dice solo Santoro. Lo dicono i politici di tutti gli schieramenti che in modo trasversale da Fini a Ferrero, e con l’esclusione dei soli leghisti, hanno bocciato l’istituzione delle ronde. Perchè – hanno spiegato – un compito così delicato, come la tutela della sicurezza dei cittadini, – non poteva essere delegato a dei volontari a persone, magari con ottime intenzioni, ma senza una preparazione adeguata e verificata. No, la sicurezza – aggiungevano – devono garantirla i professionisti, cioè lo forze dell’ordine. Discorso identico, mi sembra, va fatto quando i cittadini sono in balia delle calamità, delle “criminalità naturali”. Non è meglio garantir loro dei professionisti che affidarli a dei volontari? Questa volta Santoro ha ragione. Anche se padre Pio Silvio ha evitato il peggio.

 

IL GIORNO DELLO SCIACALLO

 Odiose, certo, le figure degli avvoltoi, degli sciacalli, che puntualmente anche in Abruzzo si aggirano tra le macerie per lucrare sulla tragedia altrui. Ma, quantomeno, è utile ricordare che ci sono anche loro; che siamo anche questo. Utile a riequilibrare un po’ la sbornia autocelebrativa che tenderebbe a rappresentarci come un popolo di santi, di volontari, di generosi tutti votati alla solidarietà. Siamo anche questo; ma restiamo anche un popolo di sciacalli. E non è detto che i peggiori siano quelli che apertamente si aggirano tra la macerie. Quelli almeno non si travestono, non si nascondono sotto la pelle dell’agnello…

Siamo arrivati ormai ad avere più conti correnti pro terremotati che terremotati. Non c’è giornale, associazione, istituzione che non abbia aperto il proprio: è una gara di solidarietà o una gara di pubblicità? Non è che il terremoto diventi l’occasione per esibire (oltre che per praticare) gli slanci umanitari? Vediamo chi riesce a commuovere di più: mi pare abbia vinto Vittorio Feltri con Libero che raccoglie fondi solo per “i bambini dell’Abruzzo vittime del terremoto”. Feltri è il più sensibile o il più furbo? I bambini, i bambini…quanto ci commuove pensare ai bambini, quanto ci sentiamo buoni…Sicuri di non essere anche un po’ avvoltoi che germiscono i bambini e li strumentalizzano? E gli anziani, nessuno che pensi solo agli anziani? Magari potrebbe farlo Il Giornale di Mario Giordano che si batte con Libero copia su copia…Capo branco degli sciacalli resta comunque Gianni Riotta che ha usato il terremoto per esibire l’ auditel del Tg1 al momento di lasciarlo…(col rimpianto, vien da pensare, di una catastrofe ancora più devastante che l’auditel magari l’avrebbe raddoppiato…)

E poi servono davvero questi mille rivoli della raccolta fondi o servono anzitutto a rendere impossibile il controllo di dove vanno realmente a finire i mille rivoli?…Ammettiamo (e non mi pare assolutamente sia così) che tutti confluiscano in un unico punto – alla protezione civile piuttosto che ad un qualunque organismo pubblico – in modo di consentirne l’utilizzo più razionale fondato sulle priorità reali. Ma è comunque questo il modo di procedere? Di fronte alla catastrofe ci si appella alla solidarietà, alla generosità privata che va ad integrarsi all’intervento pubblico. Procediamo così perchè siamo tanto solidali o perchè restiamo un po’ straccioni? Non sarebbe più serio che pensasse a tutto e a tutti lo Stato con una tassa specifica che ogni cittadino (non solo quelli buoni e generosi) è tenuto a pagare in base al suo reddito? I Paesi del Nord Europa hanno meno volontariato perchè sono meno generosi o perchè sono meglio organizzati?

Quanto alla generosità e alla solidarietà, che certamente pratichiamo in modo diffuso e di cui è giusto andare fieri, ricordiamoci che è il frutto dell’educazione e della cultura. E’ il risultato di secoli di civilizzazione. Direi anzitutto di una civiltà cristiana fondata su “ama il prossimo tuo come te stesso”. E, nella prassi, fondata su “non sappia la tua mano destra cosa fa la sinistra”. Cioè una generosità silenziosa. Che, se diventa invece esibizione, allora è da giorno dello sciacallo.

 


 

UN TERREMOTO FRIULANO E NON IRPINO…

 

Purtroppo non si può dire che il terremoto in Abruzzo sia colpa di Berlusconi…Quindi bisogna accontentarsi di addebitargli i terremoti prossimi venturi che saranno causati da quell’ampliamento del 20%, senza adeguati controlli pubblici, previsto dal suo piano casa; come ci spiegano sia Il Manifesto che Repubblica. Sciocchezze. Dal momento che, come tutti dovrebbero ben sapere, il piano casa nella sua versione definitiva transita attraverso le regioni; e quindi saranno Galan in Veneto piuttosto che Errani in Emilia ad effettuare tutti i controlli del caso, a verificare cioè se la zona è sismica e se gli edifici devono avere le caratteristiche conseguenti. La realtà è l’esatto contrario: il piano caso diventa l’occasione per legare la concessione dell’ampliamento alla messa in sicurezza degli edifici che lo necessitano.

L’altra sciocchezza circolata subito nelle ore della tragedia riguarda la prevedibilità dei terremoti. Un Paese che crede ai filtri d’amore e ai numeri del lotto di Vanna Marchi (e ci aggiungerei anche le stimmate di padre Pio, se non temessi di diventare poco rispettoso…) non ha difficoltà a credere alla prova del radon venduta dall’imbonitore sismico Giampaolo Giuliani. Avesse una qualche credibilità scientifica, questo Giuliani, i giapponesi lo avrebbero già rapito e fatto imperatore…

La questione seria invece, la più seria di tutte, ha avuto il merito di porla Il Riformista, ricordandoci i vergognosi precedenti del Belice e dell’Irpinia. Il cataclisma che ha colpito l’Abruzzo che almeno sia un terremoto friulano e non irpino. Che non si speculi cioè sulla pelle dei morti per andare al saccheggio continuato delle casse dello Stato. Come avvenuto con i 2.375 cadaveri dell’Irpinia. Peppino Calderola, sul Riformista, sottolinea che i comuni investiti dal sisma furono 36 in tutto; ma, al momento di chiedere i rimborsi “i comuni colpiti risultarono 280. Si andava dal foggiano ai quartieri centrali di Napoli. Partì con il terremoto il più grande assalto al bilancio dello Stato. L’intera classe dirigente meridionale, apposizione compresa, partecipò al banchetto. Furono oltre 60 mila i miliardi dirottati verso i paesi vittima e i paesi terremotati per grazia politica”.

Marco Ferrante, in un altro articolo sempre sul Riformista, aggiunge che di quel terremoto, avvenuto nel 1980, resta, “secondo i calcoli della Corte dei conti un’appendice di spesa che – incredibile a dirsi – durerà per altri quindici anni”. Cioè continueremo a pagare fino al 2024! La logica è identica a quella della monnezza che Giuseppe D’Avanzo definì “l’oro di Napoli”: nel senso che finchè restava sulle strade rappresentava l’occasione per continuare a richiedere allo Stato finanziamenti a fondo perduto; se mai l’avessi rimossa, il filone di esauriva…Tali e quali i terremotati: devi lasciarli per decenni nelle baracche, come nel Belice come in Irpinia, in modo di ottenere rifinanziamenti continui. Se invece in qualche anno ricostruisci tutto, come in Friuli, la pacchia finisce…

Questa è la sfida vera per Berlusconi, questa è la “prova cataclisma” cui lo chiama il Riformista: dimostrare che il suo governo sa organizzare una ricostruzione alla friulana e non una tragedia senza fine alla irpina. La rapida eliminazione de “l’oro di Napoli” è un precedente positivo.

 

BRUNETTA LO SHOPPING E L’ACQUA CALDA

 Siamo il Paese dove è vietato dire che l’acqua calda è calda. Tant’è che è insorta anche il ministro Mara Carfagna contro il suo collega di governo e di partito Renato Brunetta che, appunto, ha osato dire che l’acqua è calda: cioè che le dipendenti pubbliche vanno a fare la spesa durante l’orario di lavoro. Le abbiamo visto e le vediamo tutti (qui in Veneto dove viviamo, non nei ministeri romani né nei municipi campani…) però bisogna far finta di niente, altrimenti diventiamo dei “provocatori” (parola di Mara). Brunetta ha smesso di far finta, lo dice e lo denuncia in ogni occasione; anche al convegno sulle pari opportunità femminili, titolato “woman at work”, dove non ha avuto problemi ad osservare che le impiegate pubbliche alternano il lavoro allo shopping. Lo capiamo o no che proprio per questo Brunetta è diventato il politico più popolare d’Italia, secondo (forse) solo a Berlusconi?

Non lo capisce la Cgil che lo accusa di aver fatto l’ennesima “battuta da bar”. Non lo capisce la Carfagna e meno che mai la giornalista di Repubblica Natalia Aspesi che argomenta: “Quando un uomo, anche se è un ministro come Brunetta, ficca il naso nei tempi delle donne e dice la sua e suggerisce, consiglia auspica o proibisce, vuol dire che non ha la minima idea di come esse vivano”. La Aspesi accusa Brunetta di “sessismo” e propugna una sorta di apharteid tra i sessi, per cui solo le donne che capiscono le donne possono ficcare il naso nell’assenteismo femminile e, di conseguenza, solo gli uomini che capiscono gli uomini possono fare altrettanto su quello maschile.

Siamo alla separazione arcaica dei sessi come in moschea (e cinquant’anni fa nelle chiese); siamo delirio nel tentativo disperato di negare che l’acqua calda è calda. Quando Brunetta, lungi dal fare battute da bar, arriva proprio al nocciolo della questione femminile nel momento in cui spiega che “la lotta all’assenteismo per malattia è una lotta di liberazione della donna”. Certo. Perché, finché chiudiamo un occhio sull’assenteismo femminile, giustificandolo con le altre mansioni che la donna deve ricoprire a casa e in famiglia, non spezziamo mai quel cordone ombelicale che impedisce alla donna stessa di realizzarsi in pieno nel lavoro. Cioè le neghiamo di fatto la pari opportunità con l’uomo.

Il ministro mette poi a fuoco il problema dei problemi quando afferma che “il lavoro pubblico deve essere al servizio del cittadino e non può essere un ammortizzatore sociale di genere” Magari, aggiungo io, lo fosse per il solo genere femminile…In realtà lo è stato e lo è, un ammortizzatore sociale, per entrambi i generi anche quello maschile: uomini e donne assunti non perché le loro prestazioni servono alla comunità, ma perché a loro serve uno stipendio.

E finiamola di raccontarci che questo succede solo al Sud, a Napoli o a Palermo, in Campania o in Sicilia. Questo è successo e succede anche nel nostro Veneto. Perchè la scarsa stima che i veneti hanno degli statali non è certo maturata andando ai ministeri a Roma e all’anagrafe di Catania: è il frutto dell’esperienza quotidiana con il personale degli uffici pubblici delle nostre città; anche da noi troppi gli assunti senza alcuna utilità precisa per i cittadini.