LA LEZIONE DEL COMPAGNO BAGNASCO

 C’era una volta il “compagno” don Camillo. Tra virgolette perché, come sappiamo, si era solo travestito da “compagno” per accompagnare Peppone in visita in Unione sovietica. Oggi invece c’è il compagno Angelo Bagnasco. Senza virgolette perché la ricetta proposta dal presidente dei vescovi italiani per superare la crisi economica, è proprio una ricetta veterocomunista; degna di quelli che don Camillo chiamava i “trinaricciuti”. Nel suo intervento all’assemblea di Confcooperative il cardinal Bagnasco non si è infatti limitato a ripetere l’invito generico a tenere presente i più poveri, i cassintegrati, i licenziati, le vittime della crisi economica; ha voluto anche indicare una precisa via d’uscita invitando le imprese a “fare meno utili e più posti di lavoro”.

Non so se sia rimasto un Oliviero Diliberto a far finta di credere che i problemi dei disoccupati si risolvono così. Di certo tutti gli ex compagni hanno accettato il principio che prima bisogna produrre più ricchezza e solo dopo si può procedere a ridistribuirla. Se le imprese fanno meno utili, lungi da creare nuovi posti di lavoro, semplicemente chiudono cioè cancellano anche i posti di lavoro che hanno. Solo aumentando gli utili arrivano ad aumentare i posti di lavoro ( e non per bontà, ma come mezzo per ampliarsi e guadagnare ancora di più…). Per fare un esempio che il compagno Bagnasco dovrebbe comprendere al volo: solo aumentando il gettito dell’8 per mille possiamo puntare ad aumentare gli aiuti ai bambini del Terzo Mondo (e consolidare il radicamento della Chiesa in quei Paesi). O dobbiamo auspicare che la Chiesa faccia meno utili, che incassi meno 8 per mille, perché così si deciderà a dare più banchi di scuola ai bimbi africani?…

Non ho mai condiviso il grido di dolere di chi si sdegna e denuncia le “ingerenze” della Chiesa. Penso che abbia il pieno diritto di farlo; e non solo sui temi etici, anche in quelli sociali, economici e genericamente politici. Dovrebbe però stare attenta, nelle materie non di sua diretta competenza, a limitarsi agli auspici generici; evitando cioè di entrare nel dettaglio e nelle soluzioni per non dare l’impressioni, come fatto dal Bagnasco versione economista, di aver superato il limite massimo della propria incompetenza.

Provo a spiegarmi con un ultimo esempio. Già resteremmo stupefatti nel sentire la Marcegaglia, il ministro Tremonti o i sindacati, esprimere preoccupazione per i calo dei cattolici praticanti. Ma se avessero addirittura la pretesa di spiegarci come si fa a riportarli a messa la Domenica (diminuendo la durata delle prediche e aumentando i posti a sedere nelle chiese) avremmo la netta sensazione di aver compiuto più di qualche passo nel delirio. Lo stesso accade quando il compagno Bagnasco vuol far l’economista e viene a spiegarci che bisogna diminuire gli utili per aumentare i posti di lavoro.


 


CALCIO SPECCHIO DEL PAESE (E DI NOEMI)

 

 

Il calcio, si sa, è lo specchio del Paese. E che Paese di sepolcri imbiancati, falsi ed ipocriti, sia il nostro lo ha ben dimostrato quest’ultima (penultima) giornata di campionato: A Torino i giocatori granata a fine gara hanno aggredito e pestato quelli del Genoa, colpevoli di aver giocato sul serio la partita invece di accettare la combine del pareggio. Al Bentegodi quelli del Bologna erano incollati al cellulare; a giocare, a conquistarsi la salvezza sul campo, nemmeno ci pensavano: tutti ad ascoltare il risultato di Torino, a sperare che vincesse il Genoa al posto loro. Perfino il Chievo – e sto parlando di una delle pochissime società serie del nostro calcio – ha rinunciato al dovere di onorare lo spettacolo, cioè di giocarsi fino in fondo la partita, calcolando che gli bastava un punticino e quindi che era sufficiente contenere l’esangue Bologna…

Passi per il Chievo che, essendo un club serio, è stata massacrato dagli arbitri e che aveva il “diritto” di stare in guardia nella partita decisiva. Ma il comportamento del Bologna è stato vergognoso, quello del Torino scandaloso. Che sia Luciano Moggi il direttore sportivo della squadra di Cairo? Ci avevano spiegato che bastava far fuori lui per restituire piena moralità al mondo del calcio… E invece i pochi cretini che ancora vanno allo stadio, i tanti imbecilli come me che pagano l’abbonamento a Sky, assistono a spettacoli come quello dell’Olimpico di Torino; vedono calciatori che sembrano cascatori, arbitri incompetenti e in male fede che li assecondano, presunti protagonisti di uno spettacolo che avrebbero il dovere di onorare e che puntualmente tradiscono con combine, sceneggiate, falsità.

Cambia il Paese e cambia anche il calcio, o viceversa. In Inghilterra tutte le partite sono partite vere e, non a caso, tutti gli stadi sono stracolmi.

Sempre domenica a Birmingham il Newcastle aveva bisogna di un punto per salvarsi e giocava contro un Aston Villa già in vacanza, che non aveva cioè più nulla da chiedere al campionato; che però ha onorato lo spettacolo e battuto gli avversari condannandoli alla retrocessione: pianto dei tifosi sugli spalti, ma in campo solo abbracci e strette di mano tra giocatori. (Altro che l’indegna caccia all’uomo scatenata da quelli del Torino.) Un esempio di vera sportività, non l’eccezione ma la norma nel calcio inglese che è specchio di un Paese serio; un Paese in cui anche l’etica ha basi ampie e condivise, non ci si inventa il capro espiatorio, non si fa finta che tutto sia colpa del Moggi del calcio o della politica. In un Paese così è naturale che provochino uno scandalo anche dei semplici rimborsi spesa dei parlamentari.

Il nostro invece è il Paese dei sepolcri imbiancati. Sono passati quasi vent’anni da quando Craxi andò in Parlanento a dire quello che tutti sapevano: cioè che erano falsi i bilanci di tutti i partiti, perchè tutti ricevevano finanziamenti illeciti. Nessuno osò fiatare di fronte all’evidenza. Ma subito dopo l’ipocrisia riprese il sopravvento, fecemmo finta che ci fossero i buoni e i cattivi, il partito dei ladri e il partito degli onesti. Si cercò di far credere che fosse tutta colpa del Moggi di allora, cioè Craxi stesso. Così come adesso il focolaio dell’immoralità starebbe tutto nel presidente “papi”…Siamo il Paese dei sepolcri imbiancati, dei gesuiti. Di Emma Bonino che ieri candidava Cicciolina al parlamento, simbolo della porno liberazione sessuale, e oggi invoca una commissione d’inchiesta sulle frequentazioni del premier…

Nei Paesi seri si ha il coraggio di fare le domande. A Clinton si chiese, senza tanti giri di parole e di parentele, se aveva avuto rapporti sessuali

con la Lewinsky. Punto. Invece il “papa nero” del nostro giornalismo, quel gesuita di Giuseppe D’Avanzo, non ha coraggio di fare la stessa domanda chiara e diretta a Berlusconi; ci gira attorno, pone interrogativi sul padre, sulla madre, adesso intervista anche il fidanzato; insinua, morboseggia, da bravo italiano vuol sapere con quale aereo Noemi è andata a Villa Certosa per Capodanno.

D’altronde non c’era anche con “papi” Luciano il problema dell’aereo usato da Alessandro Moggi per portare a cena a Parigi Ilaria D’Amico? Il calcio è specchio del Paese…

SE LA PRESIDE CHIEDE IL PERMESSO

 

Se la preside chiede il permesso…succede il finimondo! Perchè il permesso in questione è il permesso di soggiorno. Lo ha chiesto agli studenti stranieri dell’ultimo anno, prossimi all’esame di maturità, la preside dell’istituto Leonardo da Vinci di Padova ed è appunto successo il finimondo; è nato un caso nazionale: con i cobas che hanno presentato un esposto in procura; l’associazione Razzismo stop che denuncia la discriminazione degli immigrati; i dirigenti scolastici regionali che parlano di “errore molto grave”. Si invoca l’intervento chiarificatore del ministro Gelmini; la preside non sa più come cavarsela e cerca di spiegare che non intendeva “ledere i diritti degli stranieri”.

La legge garantisce il diritto all’istruzione ai minori stranieri a prescindere dal fatto che siano o meno regolari. E’ tutto da vedere se i maturandi siano ancora minori, a occhio direi che sono tutti già maggiorenni. Diamo comunque per scontato che la preside abbia sbagliato, che abbia richiesto a sproposito di mostrare il permesso di soggiorno. Ma vi pare giustificato tutto il pandemonio che ne è nato? Ha forse compiuto un reato? Ha discriminato gli studenti stranieri come avveniva con gli ebrei durante il nazismo? E’ più grave una preside che chiede di esibire il permesso di soggiorno a chi non è tenuto a farlo oppure un governo e uno Stato che chiudono gli occhi, che fingono di non vedere centinaia di migliaia di clandestini che bivaccano senza permesso alcuno nelle nostre città? Quale dei due è il caso e lo scandalo nazionale?

Alla fine bisogna arrivare al dunque. L’immigrato finché studia, anche se maggiorenne e clandestino, ha diritto a farlo; se ha bisogno di cure è sacrosanto dargliele a prescindere che sia regolare o meno. Giustissimo. Ma dopo c’è o no un momento in cui andiamo a verificare se è regolare o meno? Possiamo chiedergli di mostrare questo benedetto permesso di soggiorno? Oppure, chiedendoglielo, violiamo quello che troppi ritengono essere il suo vero “diritto”: restarsene da clandestino nel nostro Paese.

Anche perchè alla preside è vietato chiedere il permesso agli studenti stranieri, mentre i vigili hanno l’obbligo di chiedere ai vu cumprà il permesso di controllarli. E sto parlando dei vigili del sindaco filosofo di Venezia Massimo Cacciari (vigili progressisti, si presume) non di quelli del sindaco leghista di Verona Flavio Tosi (vigili fascisti, si presume). Questo sì che meritava di diventare un caso nazionale, mentre è finito in prima pagina solo sul Gazzettino di Venezia: centinaia di vu cumprà sfilati per ponti e campielli, una manifestazione di protesta contro i troppi controlli cui vengono sottoposti dalla polizia municipale veneziana! Si arriva a questo: non puoi controllare se hanno le licenze commerciali, se vendono merce contraffatta, se sono regolari, perchè se lo fai li perseguiti. Mi sembra chiaro anche quale sarà il passo successivo: vietato cercare di prevenire i furti perchè non possiamo tormentare e discriminare i ladri. Altro che violazione dei diritti degli immigrati; ormai è vietato il diritto al buon senso.

(So che è superfluo, ma avrei una replica da suggerire a Silvestro, dubbioso, Frenk e qualche altro: in un Paese in cui il presidente del consiglio è libero di corrompere i testimoni, si può forse vietare ai vu cumprà di vendere merce contraffatta?! O si può sottilizzare se uno ha o meno il permesso di soggiorno quando al Cavaliere Nero tutto è permesso?!)


LA VERA MENZOGNA DI BERLUSCONI

 

 

La camera da letto è l’ultima risorsa rimasta a chi vuole mandare a casa Berlusconi, non con la via maestra della sconfitta alle elezioni, ma con la via traversa della sue frequentazioni sessuali. E così si continua ad insistere sui rapporti che il premier avrebbe avuto o avrebbe con Noemi Letizia piuttosto che con sua madre, con la Carfagna piuttosto che con la schiera delle veline; mentre incombe la domanda di Repubblica sul numero di minorenni che, oltre a Noemi, lo stesso Berlusconi starebbe “allevando”. Ma le anime belle dell’antiberlusconismo sentono un certo imbarazzo: diventa infatti troppo da bigotti questo continuo spiare dal buco della serratura della sua camera da letto. E così sono diventati tutti americani, Berlusca come Bill Clinton: inaccettabile non era il “servizietto” fattogli dalla Lewinsky, ma il fatto che il presidente Usa avesse negato l’accaduto, cioè che avesse mentito.

Quindi è arrivata la virata: anche con Silvio il problema non è più la scopata ma la menzogna. Tutti a dire che Berlusconi ha mentito, che deve andare a casa perchè è inaccettabile che un premier menta ai cittadini. Ha mentito e tanto basta, a casa, eliminato dalla scena politica! Ma mentito su cosa? Possiamo domandarcelo? Non si sarà mica inventato un’intervista di sana pianta come ha fatto l’autorevole inviato Richard Owen dell’autorevolissimo Times? Non avrà mica scambiato il signore per il Signore? (se volete divertirvi andate a leggere cosa racconta sul Giornale di oggi Stefano Lorenzetto di questo Richard Owen).

Tornando a Berlusconi le terribili menzogne del premier non riguardano neppure un rapporto sessuale (che resta tutto da dimostrare) ma le circostanze in cui ha conosciuto il padre di Noemi, Elio; da quanto tempo frequenta l’intera famiglia; improvvisata o premeditata la sua partecipazione alla festa di compleanno?…

Come si vede tutte questioni cruciali per il futuro del nostro Paese, in cui la verità o la menzogna fanno una differenza abissale: possono salvare gli italiani o precipitarli nell’abisso…Ci fosse ancora l’abitudine di occuparsi di politica, invece che spiare dal buco della serratura (sperando di cogliere Berlusconi in fallo, possibilmente con una minorenne), ci sarebbero diverse menzogne da rinfacciare al premier. Menzogne davvero cruciali per il destino del nostro Paese.

Ricordo quella più clamorosa e gravida di conseguenze mortifere: l’impegno di fissare l’aliquota massima dell’irpef al 33%. Una promessa solenne che Berlusconi ha lasciato cadere (dando la colpa a Casini e agli alleati del suo secondo governo) senza che nessuno lo inchiodasse ad un volta faccia così clamoroso (oggi l’aliquota massima è sopra il 43%, più alta di quella del “vampiro” Vincenzo Visco) che ha segnato il tradimento della rivoluzione liberale; che ci condanna a restare il Paese più sovietico dell’Occidente, cioè quello col più alto numero di pubblici dipendenti in rapporto agli abitanti; quello col più alto numero di enti e consigli di amministrazione inutili; un Paese dove perfino la riforma federalista si svuota come un pallone sgonfiato: cosa mi cambia se (ben che vada) pago le stesse tasse di prima e non vengono ridotti gli apparati pubblici ma rischiano anzi di moltiplicarsi come metastasi?

Questa è la vera menzogna su cui inchiodare Berlusconi e mandarlo a casa facendogli perdere le elezioni: Altro che Elio, Noemi, il regalino di compleanno e le pugnette neoclintoniane.

10 DOMANDE A SILVIO, QUANTE A SIRCANA?

 

Come noto Repubblica nel modo più autorevole (con un editoriale firmato dal vicedirettore Giuseppe D’Avanzo) ha rivolto a Berlusconi dieci domande “cruciali” per il futuro del nostro Paese. Del tipo : “Come e quando ha conosciuto il padre di Noemi Letizia, Elio?”, “Quante volte si sono incontrati (col padre) e dove e in quale occasione?”, “Quando Berlusconi ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia?”,”Quante volte ha avuto modo di incontrare Noemi e dove?”,”Al di là di Noemi ci sono altre minorenni che il premier incontra o alleva?”. Dopo di che D’Avanzo sottolinea che i “comportamenti ossessivi nei confronti del sesso potrebbero essere l’esito di una degenerazione psicopatologica di tratti narcisistici della personalità” e conclude con l’ultima domanda:”Quali sono le condizioni di salute del presidente del consiglio?”

Repubblica non dubita di avere pieno diritto d’intrusione nella vita privata di Berlusconi perchè lui è un uomo pubblico; e quindi gli italiani hanno diritto di sapere se a capo del governo c’è un satiro assatanato di sesso, possibilmente minorenne.

Era un uomo pubblico anche un altro Silvio, Sircana, braccio destro e portavoce dell’allora premier Romano Prodi. Sircana che fu fotografato mentre discuteva la tariffa con un transessuale nei viali di Roma. Che conoscesse anche suo padre e dove e in quale occasione? Lo frequantava saltuariamente o abitualmente? Aveva controllato se era o no maggiorenne? Aveva un allevamento di trans? Non è che d’estate Sircana andasse in vacanza in Thailandia? Qualche volta a “distrarsi” in questi viali di Roma aveva forse portato anche il suo premier?…

Quanto sarebbe stato facile rivolgere decine di autorevoli domande anche al Silvio di Prodi. Ma non si poteva assecondare la becera manovra della destra che aveva proditoriamente pubblicato foto attinenti alla sfera privata di Sircana, e quindi prive di rilevanza politica. Così come sempre fin’ora era stato considerato, magari riprovevole, ma privo di rilevanza politica il fatto che Mariano Roumor passasse per gay, che si discutesse della “potenza” sessuale di Spadolini, delle scorribande notturne di Gianni De Michelis, della striminzita sufficienza che Moana Pozzi aveva rilasciato al Bettino Craxi amatore, o del fatto che il grande John Kennedy avesse trasformato la Casa Bianca in una casa di tolleranza. Fin’ora gli eccessi, le tendenze o le debacle sessuali di un leader restavano una questione privata. Con Berlusconi diventano invece pubblica e politica.

Non solo. Assumono un atteggiamento sdegnato e bacchettone proprio giornali come Repubblica che normalmente accolgono le scelte più trasgressive: i diritti dei gay e dei transessuali, le coppie di fatto, i pacs o i dico. Improvvisamente diventa riprovevole che Berlusconi abbia rapporti sessuali (pare frequenti e vivaci) al di fuori del matrimonio. Ma è Repubblica o l’Osservatore Romano a porre le dieci domande a Berlusconi?

Non sarà, per caso, che l’obiettivo del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari sia tanto evidente quanto stantio: cioè eliminare l’avversario politico per via giudiziaria? Magari cambia solo l’ipotesi, la ricerca, di reato: non più evasione fiscale o corruzione di magistrato, ma pedofilia e violenza sessuale su minore. L’importante è riuscire ad eliminare, finalmente Berlusconi dalla scena politica…

Ma allora ha ragione Riccardo Barenghi, alias la Jena, che nella sua rubrica su La Stampa suggeriva a D’Avanzo di porre anche un’undicesima domanda al premier, quella che tutte le altre riessume e arriva dritta al nocciolo della questione: Berlusconi, perchè esisti?

 

ASILO POLITICO E CAVALIERE PADANO

 

 

L’argomento principe con cui l’opposizione e la Chiesa criticano i “respingimenti” di Maroni è che tra i clandestini riportati in Libia possono essercene alcuni o molti in condizione di chiedere asilo politico. A sostegno di questa tesi Gian Antonio Stella sul Corriere di sabato ricordava che il diritto d’asilo è solennemente sancito dall’articolo 10 della nostra Costituzione e che la stessa Convenzione di Ginevra ribadisce che va garantito a chi scappa per il timore di essere perseguitato “per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza ad un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche”. Quindi Maroni e il governo Berlusconi sarebbero dei barbari che violano sia la Costituzione che la Convenzione di Ginevra.

C’è però un piccolo problema di date. La nostra Carta è del 1946 e quella ginevrina del 1951. All’epoca si pensava ai perseguitati politici come ad una pattuglia di oppositori, numericamente simile ai nostri antifascisti che negli anni Trenta chiesero asilo in Francia. Nessuno immaginava di dover dare una riposta a fenomeni biblici come le moderne migrazioni; con decine e decine di milioni di persone che, nella sola Africa, sono in fuga tanto dalla persecuzione politica e religiosa quanto dalla miseria e dalla morte per fame. Se ragioniamo in termini umanitari non si capisce proprio perchè dovremmo dare asilo ai primi ed essere liberi di respingere i secondi: forse fa più pena un adulto perseguitato politico di un bambino che muore di fame? In termini umanitari dovremmo farci carico di tutti. Ma, oltre alla buona volontà, ci vogliono le risorse.

Di fronte a fenomeni di questa portata sarà la comunità internazionale, sarà l’Onu con il suo alto commissariato ai rifugiati politici che, invece di bacchettare il governo italiano, tenterà di dare una risposta adeguata, ripartendo gli oneri tra tutti i Paesi economicamente in grado di sostenerli. D’accordo che, geograficamente, siamo il ponte tra l’Europa e l’Africa; ma nessuno può ritenerla una ragione sufficiente perchè sia il solo nostro Paese a farsi carico della fame e della persecuzione dell’intero Continente Nero.

La colpe, se colpe ci sono, sono dell’intero Occidente e vanno appunto ripartite equamente. Anche ricordando che il colonialismo è finito ed è finita l’occupazione militare. Oggi le risorse dell’Africa sono nella piena disponibilità dei governi africani; governi tutt’altro che democratici ma assolutamente padroni e delle risorse e del destino dei loro popoli. Se poi questi governi continuano a scatenare guerre tribali e religiose, se non mettono le risorse a profitto per favorire la crescita economica e sociale dei loro popoli, l’Occidente cosa dovrebbe fare? Distribuire aiuti che continuano a incamerarsi i vari “signori della guerra” e non arrivano a chi ne ha bisogno? Intervenire militarmente con una “guerra giusta” che instauri o riporti la democrazia? La quadratura del cerchio è tutt’altro che semplice.

E il nostro Paese cosa dovrebbe fare in attesa che arrivi questa soluzione planetaria? Viola la Costituzione se tenta di limitare l’eccesso di ingressi? Deve lasciare le porte aperte per continuare ad essere cattolico e democratico? La risposta è già arrivata con il plebiscito di consensi a Maroni. Così tanti da spaventare anche Berlusconi e spingerlo, come mai prima d’ora, a diventare un…Cavaliere padano.

LEGGI RAZZIALI E NUOVA VERGOGNA

 Si dice: la vergogna delle leggi razziali. Ed è poco. Nel 1938 furono non solo una vergogna; furono un’ignominia, una macchia indelebile nella storia del nostro Paese. Appunto per questo, perché sono state qualcosa di terribilmente serio, vanno “maneggiate” con cura. Non si può cioè evocarle con leggerezza, in modo strumentale, come ha fatto il segretario del Pd Dario Franceschini. Perché altrimenti questa è la nuova vergogna delle leggi razziali: usare la tragedia della persecuzione contro gli ebrei per criticare i provvedimenti adottati nel 2009 dal governo Berlusconi nel contrasto ai clandestini.

Provvedimenti che Franceschini avrebbe potuto criticare e bollare con qualunque termine: repressivi, autoritari, antidemocratici, inefficaci, demagogici. Qualunque termine, ma non razzismo né leggi razziali, per un motivo evidente: i clandestini non sono una razza, sono tutte le razze che – violando le leggi sull’immigrazione (compresa la Turco-Napolitano) – entrano ugualmente nel nostro Paese. Se Maroni e il governo dicessero: intendiamo chiudere le porte agli africani perchè sono neri e inferiori ma lasciarle invece aperte agli slavi perchè sono bianchi e ariani. Se dicessero questo Franceschini avrebbe tutte le ragioni di evocare quelle leggi razziali che discriminarono gli ebrei e solo gli ebrei nell’accesso all’insegnamento e ad altre professioni.

I ladri, tanto intenderci, sono un altra categoria che viola, non le leggi sull’immigrazione, ma le leggi sulla proprietà. Chi mai si sognerebbe di definire i tentativi di contrastare i furti delle “leggi razziali”? Nessuno, nemmeno Franceschini. Anche in questo caso potremmo definire e criticare in mille modi e con mille termini i provvedimenti anti-ladri, ma sarebbe un delirio evocare il razzismo e la tragedia degli ebrei.

Possiamo capire Franceschini, ma non giustificarlo. Comprendiamo che è incalzato da “l’urlatore” Di Pietro, e che cerca di impedirgli di fare il pieno a sinistra urlando come lui e più di lui. Però non è giustificata la vergogna di aver evocato a casaccio le leggi razziali. Per non dire che lo stesso risultato elettorale rimane quantomeno incerto: è così che tampona l’emorragia di voti un moderno partito della sinistra riformista?

QUAL E’ IL VERO KNOW HOW FIAT

 

 

Per cercare di capire cosa abbia combinato la Fiat con Chrysler e cosa tenti (credo invano) di combinare con Opel, per cercar di capirlo bisogna partire dal suo know how. Si può forse sostenere che la capacità, la competenza dell’industria torinese, sia l’innovazione tecnologica? Si, in parte: il diesel common rail è un suo brevetto; ma è un ricordo degli anni Ottanta e la capacità di innovazione di Toyota o Audi negli anni è stata infinitamente superiore. La Fiat spicca forse per capacità di contenere i costi di produzione? Vi pare che abbia saputo mettere sul mercato auto competitive nel rapporto qualità prezzo? Nemmeno i suoi apologeti osano sostenerlo . L’autentico know how Fiat, sviluppato e affinato nei decenni, è un altro: arraffare denaro pubblico. In questo l’azienda torinese è maestra insuperata in Europa e nel mondo.

Sono stati anch’io fuorviato dai toni entusiasti con cui i giornali (con la Fiat sì proprio di regime) hanno salutato l’impresa americana del prode Marchionni: Davide che, generosamente, salva Golia. La rivincita del piccolo Paese, con le sue aziende piccole ma geniali, nei confronti del colosso americano; revanscismo e nazionalismo a palate. Sembrava quasi che avessimo rivinto i campionati del mondo di calcio. Ma come possiamo dimenticare, come potete dimenticare colleghi menestrelli della Fiat, che questo cadavere di azienda è rimasta in piedi solo grazie alle continue iniezioni di denaro dei contribuenti?

Era anch’io confuso e fuorviato finchè non ho letto questa dichiarazione del premier tedesco Angela Merkel la quale ha puntualizzato che il suo governo, per cercare una via d’uscita alla crisi Opel, “non intende spingersi in avventure finanziarie con i soldi dei contribuenti”. Chiarissimo: la Fiat in Germania non troverà denaro pubblico da arraffare, mentre lo ha trovato in America dove il presidente Obama proprio questo ha fatto, “si è spinto in avventure finanziarie con i soldi dei contribuenti”: cioè ha stanziato ingenti finanziamenti federali sia diretti che indiretti (intervenendo sulle banche usa perchè rinunciassero a riscuotere i crediti chrysel) mentre la Fiat non ha tirato fuori una lira. Esattamente come non l’ha mai tirata fuori qui in Italia, incassando contributi per aprire stabilimenti al Sud e rottamazioni varie sempre pagati dai soldi dei contribuenti.

Secondo il suo autentico know how, la Fiat intanto incassa poi si vedrà: nella fattispecie la scommessa punterebbe sul fatto che gli americani – con le loro strade, la loro dimensione e, se vogliamo, anche la loro megalomania – abbandonino i macchinoni per macchinette come la Cinquecento (che i colleghi menestrelli sono arrivati a chiamare “la nostra bambina di latta”). Quando vedrò i cow boy in sella agli asinelli sardi comincerò a crederci.

Ma intanto la Fiat incassa, arraffa, e non sborsa una lira. E anche per l’operazione Opel, fermo restando che la Merkel è molto più scettica di Obama e non da finanziamenti, dovremmo pensarci noi risparmiatori e fornire il carburante. Vi segnalo infatti il titolo di oggi su Repubblica: ”Un gigante a caccia di soldi in Borsa per piegare le resistenze di Berlino”. Le pecore sono avvisate, se poi si prestano all’ennesima tosatura Fiat, scelta e affari loro.

 

LA VERONICA DESNUDA, VELINA INGRATA?

 

 

Qualche spunto per chi resta davanti al computer nel ponte del Primo Maggio. Veronica Lario ce ne ha offerti più di uno.Siete d’accordo con Vittorio Feltri che l’ha definita una “velina ingrata”, mostrandocela per giunta desnuda nella prima pagina di Libero?

C’è anche un caso Feltri oltre ad un caso Veronica? Che Feltri sia libero di nome (del suo quotidiano) e di fatto o che abbia concordato tutto con il Cavaliere che qujesta volta non intende perdonare “signora”?

Ci credete alla motivazione politica – preoccupazione per i criteri “pettoruti” di selezione delle candidature Pdl – addotta da Lady Berlusconi o pensate che i veri motivi dei periodici contrasti con il marito siano di natura patrimoniale? O magari anche sentimentali per colpa di questo presidente così farfallone? L’equiparazione veline-puttanelle-che fan carriera dandola via, equiparazione fatta da Veronica Lario, e non solo da lei, come la giudicate? Non vi sembra un po’ becero-maschilista?

In fine: che differenza c’è tra mettere in lista una gran gnocca oppure un olimpionico oppure un giornalista oppure un rettore dell’università? Non vi pare che facciano tutti un mestiere diverso da quello del politico?


FESTA DELLA LIBERAZIONE…DEI CLANDESTINI

 

 

C’è chi ha festeggiato la Liberazione in un modo, molto concreto, letterale: sono gli oltre mille clandestini che proprio in questi giorni hanno potuto lasciare i centri di identificazione ed espulsione, dopo che è stata affossata dal parlamento la norma che prolungava da due a sei mesi la loro permanenza nei centri stessi. Tutti liberi con un foglio di espulsione in mano che vale quanto la carta straccia e dunque liberi di restarsene da clandestini nel nostro Paese.

Il dibattito che ha caratterizzato questo primo 25 Aprile con la presenza di Berlusconi – deve essere la festa di tutti e non di una sola parte, i partigiani non vanno equiparati ai repubblichini – questo dibattito interessa gli storici, i pochi reduci di entrambe le parti, chi ha avuto il nonno nella Resistenza o nella repubblica di Salò, i fanatici dell’ideologia (magari anche i frequentatori di questo blog); ma la maggioranza dei cittadini, i giovani, le persone che lavorano sono sensibili a ben altri problemi. Perchè la sicurezza nelle nostre città e gli stessi equilibri del mercato del lavoro non sono messi in crisi né dai partigiani né dai repubblichini, ma dall’incapacità della nostra classe politica di governare i flussi migratori.

Voglio ribadirlo al di là di ogni equivoco: la responsabilità non è degli immigrati ma della nostra classe politica che non sa governare il fenomeno (Ed è inutile invocare Sant’Europa, perchè ognuno deve saper togliere le castagne dal suo fuoco): gli stranieri che da noi hanno fatto saltare gli equilibri sociali della convivenza, sia con la pratiche criminali che con il lavoro nero sottopagato, nei Paesi seri come Francia, Germania e Austria, lavorano in regola, mediamente si inseriscono, se serve vengono espulsi con rapidità e determinazione.

Il fulcro di ogni politica dell’immigrazione è la capacità di governare i flussi, di porci un freno, di espellere i clandestini. Rinunciare a farlo equivale a calare le braghe. Aprire le porte dei Cei equivale ad aprire le porte del Paese; e gli effetti sono devastanti. Il Giornale ha tentato di attribuire la prima responsabilità di questa festa di liberazione dei clandestini al Pd di Dario Franceschini che ha presentato l’emendamento al decreto sicurezza. Idiozia totale. L’opposizione, ovviamente, fa il suo mestiere che è quello di cercare di mettere in crisi il governo. Ma è il governo Berlusconi che è caduto nella trappola facendo emergere le proprie contraddizioni su un tema tanto cruciale per il centrodestra.

Per il centrodestra e per la Lega in particolare che da sempre ha fatto del contrasto all’immigrazione clandestina il fulcro delle sue politiche. Maroni non può limitarsi a denunciare il nuovo “indulto” a favore dei clandestini. Doveva impedirlo dimettendosi. Sia lui che gli altri ministri leghisti. Come fa infatti la Lega a minacciare la crisi di governo su un tema secondario ed incomprensibile, quale quello della data del referendum sulla legge elettorale, salvo poi limitarsi a sterili proteste sulla questione ben più pregnante per il proprio elettorato della clandestinità impunita?…

Quanto a Berlusconi vorrebbe cambiare il nome al 25 Aprile e chiamarlo Festa della Libertà. Ma dovrebbe sapere che la libertà, prima ancora che libertà politica, economica, culturale, è libertà dalla paura. E’ libertà di girare per le nostre città senza timore di subire aggressioni, libertà per le coppie di andare nei parchi senza il terrore degli stupri, libertà di abitare dove più ci piace senza far la fine dei coniugi Pellicciardi o Ambrosio. Senza sicurezza non c’è libertà. E oggi sicurezza vuol dire anzitutto capacità di dimostrare agli stranieri che non siamo il Bengodi del crimine e del lavoro nero. Quindi non possiamo celebrare alcuna Festa della Libertà.