IL PADOVA CHE CI PIACE

Pensavo durante la partita di oggi contro il Sudtirol alla significativa metamorfosi che ha avuto il Padova rispetto all’inizio del campionato. Eravamo ancora in vantaggio di un solo gol, Altinier doveva ancora svettare sopra tutti per chiuderla dopo la perla di Emerson, eppure si capiva già che la partita di oggi sarebbe stata portata in salvo (così come ad Ancona, invece, si avvertiva che qualcosa poteva andare storto, come poi è stato, nei minuti finali).

Questa squadra è bravissima a farti vivere sulle sensazioni. Se tu senti che è una giornata storta, ahimè, sarà una giornata storta. Se però in cuor tuo percepisci che non ti tradirà, non ti tradirà, puoi starne certo. Questione di maturità, di consapevolezza, di forza, di meccanismi rodati che finalmente oggi sono splendide realtà nel Padova di Oscar Brevi.

C’è sempre chi chiede il bel gioco. Be’, si accomodi su un’altra tribuna, anzi, direttamente in un’altra categoria. Qui (in Lega Pro, dove, ricordo a chi ha la memoria corta, abbiamo patito quasi un decennio con un presidente che ogni anno tirava fuori i milioni prima di tornare in B) l’obiettivo è diventare una squadra sempre più importante per puntare ad aggredire la vetta della classifica e restare in alto. Forse belli da vedere non saremo mai, ma felici e vincenti sì. Meglio così va’…

P.S.: mi fa piacere che, dopo due partite in cui gli episodi legati alle decisioni dell’arbitro sono stati fin troppo importanti, abbiano mandato un direttore di gara esperto e affidabile. Dalle nostre parti non si chiede mica la luna, nè tantomeno regali o favori. Solo quel che è giusto. Ovvero che se su Germinale c’è un rigore lo si fischi e se su Bindi c’è una carica irregolare la si segnali. Tutto qui.

RECRIMINAZIONI E AUTOCRITICA

E con quella di ieri fanno due. Due partite, consecutive, in cui il Padova recrimina per una decisione dell’arbitro che lo ha penalizzato. Contro il Pordenone, domenica scorsa, il direttore di gara Prontera di Bologna non ha visto nel finale di gara un fallo netto da rigore di De Agostini su Germinale, che poteva valere il 3-3, ad Ancona ieri, nel turno infrasettimanale, l’arbitro Pasciuta di Agrigento non ha notato la carica irregolare di Samb ai danni del portiere biancoscudato Bindi in occasione del primo gol dei padroni di casa. In effetti a velocità normale è difficile notarla: ma a rallentare l’immagine si vede che l’attaccante dell’Ancona, con la sua mano, sposta il braccio di Bindi che sta uscendo in presa aerea.

Peraltro Bindi nemmeno protesta, rimanendo a terra fermo a guardare la palla che finisce in gol, atteggiamento che poi, in sala stampa, ha commentato così. “Non ho protestato non perché pensassi di non avere ragione, ma perché, da giocatore, ho accettato la decisione dell’arbitro, come è giusto che sia – le parole di Bindi – Vorrei che gli arbitri capissero che noi non cerchiamo lo scontro, anzi, cerchiamo il dialogo. Questo spirito di collaborazione può aiutare sia noi che loro a fare meglio in campo”. Ciò premesso, doverosamente, c’è però, altrettanto doverosamente, da sottolineare che se il Padova ieri ha pareggiato un po’ di responsabilità le deve attribuire anche a sè stesso, soprattutto in occasione del 2-2 di Momentè a una manciata di minuti dal fischio finale.

La gestione del 2-1 forse non è stata quella giusta. La partita andava chiusa e le occasioni, la squadra di Brevi, le ha avute. La sensazione finale infatti, per quanto il pari sia un risultato utile e per quanto una decisione arbitrale abbia influito su di esso, è che ci troviamo di fronte a due punti persi.

UN PADOVA CHE CI METTE SEMPRE LA FACCIA

Aver perso oggi contro il Pordenone fa male. Tanto male. Ma la delusione non arriva dalla prestazione del Padova che, esattamente come ha fatto in tutte le partite post San Benedetto, ha messo in campo tutto sé stesso. Con pregi e difetti, ma tutto sé stesso. Appena l’arbitro ha fischiato la fine di questa partita mi è saltato subito in mente il monologo che venerdì sera, ad una trasmissione televisiva, ha fatto la ballerina Heather Parisi, ormai non più giovincella ma sempre molto autentica. “Questa è la mia faccia e ce l’ho sempre messa tutta in ogni situazione. Quando ho sorriso l’ho fatto con ogni singolo muscolo, quando ho pianto pure, anche quando le lacrime lasciavano solchi incredibili. E non rimpiango alcun segno del tempo perché mi ha portato dove sono ora”. Più o meno questo il senso del suo discorso, che ho apprezzato tantissimo.

Ecco il Padova di adesso è un po’ così: a volte mostra qualche “ruga”, qualche difetto (in fin dei conti quando si prendono 4 gol in una singola partita, qualcosa dietro si sarà pure sbagliato, no?), qualche limite ce l’ha, ma è maledettamente autentico. E ha un carattere che anche oggi mi ha sorpreso in positivo. Dopo il 4-1 di Berrettoni, credevo anche io fosse finita. Non i biancoscudati che invece hanno sfiorato una rimonta incredibile.

Il Pordenone ha fatto una signora partita per 70/75 minuti (come ammesso dallo stesso allenatore dei ramarri Bruno Tedino, grandissimo signore e intenditore di calcio) ma la reazione del Padova è stata quella di una grande squadra. E ha spaventato la capolista, eccome se l’ha spaventata. Oggi si è dunque capito che forse non siamo da primo posto (ma forse anche sì, con qualche distrazione di meno…) ma nemmeno da settimo-ottavo. Lì in alto ce la possiamo giocare con tutti.

Con questa consapevolezza si deve andare avanti. Alla fine del girone d’andata non manca molto, credo che a fine anno non potrà che aumentare ancor di più (la consapevolezza).

P.S.: il Pordenone è davvero un’ottima squadra. Non aveva certo bisogno di una direzione arbitrale come quella di oggi per vincere a Padova. Dopo aver visto il fuorigioco inesistente fischiato a Neto e il rigore non dato a Germinale ho capito una volta per tutte che il direttore di gara ha avuto decisamente una pessima giornata… Capita. Si rifarà senz’altro alla prossima.

SE VI PIACE CHIAMATEMI OSCAR

Vi ricordate il Supertelegattone? Quello di “Superclassifica Show”, programma musicale cult degli Anni Ottanta. Il simpatico gattone correva sopra i tetti, appoggiato all’antenna centrale e faceva impazzire le gattine che lo chiamavano a gran voce. La sigla si concludeva con lui che diceva: “Se vi piace chiamatemi Oscar”. Ecco, penso che, dopo la diffidenza con cui ha dovuto convivere all’inizio della sua avventura biancoscudata, ora l’allenatore del Padova (Oscar) Brevi possa lasciarsi un po’ andare (come ha fatto ieri sera sotto la curva ospiti del Penzo per festeggiare la bellissima vittoria veneziana), guardare negli occhi i tifosi, anche coloro che erano i suoi detrattori, stendere la mano e dire: “Chiamatemi pure Oscar, sarò il vostro allenatore”.

E’ merito suo se questo Padova ad un certo punto ha tirato fuori gli attributi. Tutto è partito da quello sfogo prima di Padova-Reggiana, quando sembrava che il tecnico milanese avesse già un piede nella fossa dell’esonero: Brevi ha rilasciato un’intervista al vetriolo, dicendo chiaramente: “Io non mollo. Dovete abbattermi voi se volete che mi faccia da parte. Finché sono allenatore io vado avanti coi miei ragazzi che tutelerò fino alla fine”. Con il suo sfogo ha evidentemente risvegliato la parte guerriera di ciascuno e ne sono uscite 8 vittorie in 9 partite, tra campionato e Coppa Italia.

Credo che nessuno, neanche il più ottimista dei tifosi, potesse sperare in un doppio successo a Parma e Venezia. Ottenuto con carattere e finalmente un po’ di gioco in cui i protagonisti in campo si ritrovano a memoria. Ora però piedi per terra e pedalare. Sempre avanti. Su questa strada che finalmente è attraversata da luminosi raggi di luce.

RIBADISCO: IL CARATTERE E’ DA GRANDE SQUADRA

Non è da tutti andare a vincere a Parma. In una cornice di pubblico da serie A e non certo da Lega Pro.

Il Padova ci è riuscito. Ancora una volta tirando fuori il meglio di sé e una reazione devastante dopo essere andato sotto, peraltro stavolta immeritatamente per quel che aveva espresso fino al gol di Calaiò. Mi spiace per chi non la pensa come me, ma io ribadisco il concetto già espresso la scorsa settimana: questa squadra ha carattere e orgoglio e non ci sta a farsi mettere la zampa sopra da nessuno, men che meno dal Parma e dai proclami che ne facevano la scorsa estate la squadra che avrebbe ammazzato il campionato senza “se” e senza “ma”. Mi sento di dire “bravissimi” ai giocatori, ma anche all’allenatore Oscar Brevi che, nel momento peggiore della stagione, dopo la sconfitta di San Benedetto del Tronto, invece che abbassare le mani e lasciar cadere le redini della squadra che gli stavano scivolando, ha stretto i pugni e quelle redini le ha tenute attaccate a sé con tutta la forza che aveva in corpo. I risultati, e i giocatori, lo stanno ripagando alla grande.

L’equilibrio regna ancora sovrano nel girone B. Proprio per questo il Padova non deve guardare in che posizione della classifica si trova bensì continuare a galoppare con questa intensità. Cercando di demolire tutte le avversarie che, una domenica dopo l’altra, gli si pareranno davanti. Già non vediamo l’ora che parta il cronometro del derby di lunedì 28 novembre a Venezia: un derby a cui il Padova arriva con il migliore degli stati d’animo. E con due vittorie di fila nelle ultime due giornate. L’avreste mai detto a settembre?

REAZIONE DA GRANDE SQUADRA

Il Padova fa ancora fatica a manovrare palla. Ad evitare errori individuali evitabilissimi. A sviluppare un gioco che possa in qualche modo appassionare i tifosi, in cui i giocatori si ritrovano a memoria passandosi la palla senza per forza doversi guardare negli occhi per capire se il compagno ha fatto il movimento giusto.

Questo è un aspetto sul quale Oscar Brevi sa che deve lavorare ancora molto (ed è un aspetto che lo fa pure parecchio incazzare!). Non serve nemmeno dirglielo perché è la prima cosa che anche stavolta in sala stampa ha puntualizzato nell’analisi della partita. Il rientro di Neto Pereira, che oggi ha illuminato a giorno l’Euganeo nei pochi minuti disputati a distanza di un mese e mezzo dall’intervento al ginocchio, giocherà senz’altro un ruolo importante in questa strada, più di quanto stia facendo (non me ne voglia) Filipe, che è stato additato da sempre come un giocatore in grado di fare la differenza nel 3-5-2 di Brevi ma che fino a questo momento, per mille motivi, non è riuscito ancora a farla.

La vittoria sulla Feralpi però ha consegnato alla tifoseria una certezza: questa squadra ha carattere ed è stato proprio il suo allenatore a saperglielo trasmettere, sul più bello che tutti si aspettavano che i giocatori gli avrebbero voltato le spalle. La reazione di oggi dopo il gol della Feralpi è stata imponente. Da grande squadra. Se arriva il gioco, siamo veramente a cavallo. Speriamo che le due trasferte di Parma e Venezia ci regalino qualcosa in più sul campo oltre che in termini di punti in classifica.

GIUSTO ATTEGGIAMENTO MA…

Giacomo Bindi e Michele Russo, i due protagonisti assoluti della partita disputata oggi dal Padova a Bassano (il primo per alcune super parate nel primo tempo, il secondo per aver realizzato il gol che ha permesso ai biancoscudati di riacciuffare il punteggio dopo l’iniziale vantaggio bassanese: proprio per questo è toccato a loro venire in sala stampa a commentare la sconfitta) hanno rilasciato un’intervista molto simile. Puntando su concetti uguali. Dubito si siano messi d’accordo, credo che nella mezz’ora che ha preceduto il loro arrivo tra i giornalisti avessero altro per la testa che pensare ad una versione comune da dichiarare. Entrambi hanno sottolineato come l’atteggiamento della squadra sia stato quello giusto, dall’inizio alla fine, aldilà di qualche disattenzione (sui gol ad esempio, ma non solo) e al netto di qualche azione interrotta sul nascere per qualche passaggio sbagliato di troppo.

Sono d’accordo con loro. E’ vero che anche io oggi a Bassano ho avuto fino alla fine la sensazione che la squadra fosse in partita, che stesse mettendo tutta sé stessa, che davvero potesse anche all’ultimo secondo agguantare il pari e trasformare questo sabato di freddo e pioggia in una giornata positiva, con un pari che sarebbe stato un risultato apprezzabilissimo dopo le tre vittorie di fila delle scorse settimane.

Però, però, però c’è un però. Anzi più di uno. Continuo a pensare che noi non facciamo girare la palla bene come i nostri avversari più quotati. Che siamo ancora un po’ lontani da un’identità di gioco precisa e consolidata. Che lì davanti Altinier e Alfageme si impegnano un sacco e provano in tutti i modi a cercarsi e aiutarsi, ma proprio non ci azzeccano (come caratteristiche). E soprattutto che Altinier gioca troppo lontano dalla porta avversaria. A volte persino 50-60 metri. L’attaccante è andato in doppia cifra in tutti gli ultimi campionati disputati. Vuol dire che forse è lui che non è nel suo periodo migliore, ma vuol dire anche che va aiutato di più, ovvero deve essere messo nella condizione di rendere per quelle che sono le sue punte di diamante. E’ un uomo d’area, Cristian. Non da fuori area. Finché la squadra non alza il baricentro, ho come l’impressione che segneremo spesso su rigore (e faremo un monumento a San Michele Russo da Genova se riuscirà a buttarla dentro sempre!) ma non altrettanto spesso sugli sviluppi di un’azione corale in cui il finalizzatore è uno dei nostri attaccanti.

Mi auguro la musica possa cambiare anche con il rientro di Neto Pereira.

CHAPEAU

Prima di giocare la partita di stasera, non avevo affatto sensazioni positive. Ma non perché non abbia fiducia nel Padova che ha peraltro ritrovato la via del successo da ben due giornate, bensì perché ‘sto Modena era stato dipinto da tutti come “troppo incerottato, in difficoltà, con tanti assenti e bla bla bla”. Sono le classiche situazioni in cui i biancoscudati, storicamente parlando, inciampano e pure di brutto!

E invece no. Il Padova non è inciampato per niente. E con lui nemmeno il suo ritrovato allenatore Oscar Brevi. Terza vittoria di fila, primo gol stagionale di Alfageme (ma per favore non si divori più i due successivi… Ne potrebbero oltremodo risentire le coronarie dei tifosi già messe a dura prova…), nessuna rete finita nella porta di Bindi, 19 punti in classifica. La vetta si avvicina anche se in quattro-cinque posizioni c’è un vero e proprio groviglio di squadre.

Ora inizia il ciclo delle gare terribili. Quelle che avevamo notato subito quest’estate quando è uscito il calendario. Si comincia da Bassano (che si deve affrontare anche martedì in Coppa Italia), poi si passerà per Feralpi Salò, Parma, Venezia e Pordenone.

Rimbocchiamoci le maniche, teniamo alta la testa e non smettiamo di mettere in campo l’atteggiamento che in queste ultime tre partite ci ha fatto riscoprire il piacere di essere una squadra che sa vincere e mettere in difficoltà l’avversario. Noi affrontiamo Feralpi, Parma, Venezia e Pordenone, ma anche loro affrontano il Padova. Un rinforzato Padova, soprattutto nel carattere. Stiano attenti.

 

LOW PROFILE

Ho da poco finito di montare la sintesi di Santarcangelo-Padova per il telegiornale di stasera. Apro facebook per condividerla e mi imbatto nello status di Maurizio, gran tifoso biancoscudato e assiduo frequentatore di questo blog. Leggo: “Ogni volta che il Padova adotta un profilo basso si vince, come sale l’euforia si butta sempre tutto via. Continuiamo e tenere squadra, mister e dg sulla graticola”. Ed ecco l’ispirazione che cercavo, perché Maurizio ha una visione acuta e profonda delle vicende pallonare padovane e mi trova spessissimo d’accordo con le sue analisi.

Giusto così. Siamo partiti quest’estate sbandierando ai quattro venti che volevamo arrivare “almeno quarti” per migliorare il quinto posto dell’anno scorso e provare attraverso i playoff a raggiungere la serie B. Abbiamo visto tutti quanto prematuramente ci siamo arenati in prestazioni non all’altezza e in partite piene di difficoltà (per mille motivi: infortuni, squadra nuova per gli otto-undicesimi, anche sfortuna perché con l’AlbinoLeffe e la Maceratese bastava davvero poco per vincere).

Low profile, dunque. Profilo basso. Basta proclami. Avanti così. Testa bassa e pedalare. Una partita alla volta. Arrivare con questo stato d’animo e questa rinnovata fiducia al filotto che ci attende da qui a fine novembre non può che farci bene. A noi tifosi. A loro giocatori.

SCOSSA…

Alzi la mano chi, dopo una settimana così difficile e tormentata, passata attraverso un quasi esonero di Oscar Brevi (confermato in panchina dal direttore generale Giorgio Zamuner, mentre i dirigenti candidamente ammettevano “Fosse per noi Brevi sarebbe stato sollevato dal suo incarico”) si aspettava una reazione così in campo da parte della squadra. Una prestazione con così tanta voglia di arrivare sul pallone prima dell’avversario e di fare la corsa in più per aiutare il compagno.

Credo che in questo momento se avessi davanti tutti i tifosi del Padova potrei comunque contare queste persone e le loro braccia alzate sulle dita di una mano. Brevi era praticamente spacciato. In tantissimi stasera aspettavano l’ennesima prova incolore per poter finalmente voltare pagina con un’altra guida tecnica. E invece Zamuner si è trasformato in uno dei pochissimi direttori generali che è riuscito a dare la scossa alla squadra non esonerando il tecnico.

Il Padova non ha ancora risolto i suoi problemi, sia chiaro. Siamo lontani da un gioco fluido e guardabile e fino a che Russo non l’ha sbloccata su rigore la gara ha a tratti presentato le stesse difficoltà delle ultime uscite, San Benedetto del Tronto compresa. Però stasera, a fare la differenza, è stata la forza umana e caratteriale di questa squadra. Una forza rimasta compressa dalla paura di sbagliare nelle scorse settimane ed esplosa invece stasera contro tutte le difficoltà che la partita presentava. In campo e fuori.

Brevi ha dimostrato di avere le palle. I giocatori anche. Sono segnali importanti. Da sfruttare al massimo e far diventare concrete certezze nelle prossime uscite. A cominciare da sabato in casa del Santarcangelo. Non ci fosse continuità, la vittoria sulla Reggiana si rivelerebbe utile solo a fini statistici.