PER ORA ACCONTENTIAMOCI DI UN’OCCHIATA…

Un’occhiata alla zona playoff. Sì, dopo aver assistito alla partita di oggi e al gran secondo tempo del Padova contro la Feralpi Salò, soprattutto dal punto di vista dell’atteggiamento, penso che un’occhiata alla zona playoff possiamo anche buttarla. Giusto per gustarci l’occhio e provare un brivido nel nostro vecchio ma sempre sinceramente innamorato cuore biancoscudato.

Fermiamoci all’occhiata, però, almeno per adesso. Come ha detto anche ai microfoni e taccuini dei giornalisti più volte anche Bepi Pillon, oggi bisogna stare sul pezzo, umili e non fare voli pindarici, perché il rischio di inciampare sulle bucce di banana disseminate qua e là lungo il cammino c’è sempre. Se poi contro Sudtirol e Cittadella, due squadre che all’andata ci hanno fatto provare le pene dell’inferno, ci saranno ulteriori importanti passi avanti, allora l’occhiata potrà anche trasformarsi in uno sguardo intenso e duraturo.

La mia linea di pensiero resta dunque coperta e prudente. Però è stato un piacere oggi pomeriggio vedere la squadra con la mentalità di chi ha voglia di vincere, di chi non si arrende di fronte ad un primo tempo difficile e di chi vuole arrivare sulla palla sempre prima dell’avversario. Sono concetti semplici nel calcio, eppure da quanto tempo non si provava questa sensazione di “sicurezza”. Solo in un clima di consapevolezza così importante potevano nascere il gol stratosferico di Corti prima e la prima rete tra i professionisti di Sparacello poi. 

Che poi, a proposito di Sparacello, chiudo con una sottolineatura che va a sostegno di quanto per mesi ho detto e ripetuto in questo blog e nelle mie trasmissioni (peraltro non da sola!): in panchina ci volevano i giusti cambi per permettere a questa squadra di dimostrare appieno le proprie qualità. Sparacello ha già dato un primo fondamentale apporto oggi nello spezzone disputato. Ora aspettiamo anche quello di Finocchio e Baldassin.

 

UN COMPLEANNO FESTEGGIATO COME SI DEVE

Il Padova ha compiuto ieri 106 anni. Domani, domenica 31 gennaio, alle 17 in piazza Cavour ci sarà la consueta festa dei tifosi per la speciale ricorrenza.

Non poteva arrivare in un momento più azzeccato questa terza vittoria del Padova di Pillon dopo quattro pareggi consecutivi. Giunta al termine di una partita in cui, a differenza delle due ultime, il Padova ha avuto l’approccio giusto alla gara, disputando un primo tempo su buoni livelli e gestendo bene il finale, prima che il raddoppio di Altinier chiudesse la faccenda a doppia mandata.

Lunedì alle 23 chiude il mercato. E io spero vivamente che i rinforzi che devono arrivare arrivino. Senza Cunico a poter fare da alternativa a Neto o Altinier (ci auguriamo ovviamente che l’assenza del capitano non sia lunga visto che anche Pillon ha capito quanto è importante il suo impiego, anche parziale), con Aperi che ha rescisso e con Bucolo che forse se ne andrà i vuoti da provare a colmare sono parecchi.

Attendiamo fiduciosi. Felici del ritorno al successo di oggi. Fiduciosi che, da lunedì, avremo in mano un Padova più forte e completo.

PILLON MISTER X

Questo quarto pareggio di fila del Padova mi spinge a diverse riflessioni. E alcune di queste affondano le loro radici a un po’ di tempo fa, quando sembrava che l’avvento di Bepi Pillon sulla panchina biancoscudata al posto di Carmine Parlato avesse risolto all’improvviso tutti i problemi di questo gruppo.

All’allenatore trevigiano vanno riconosciute onestamente due cose: 1) non ha ancora perso una partita, anche se oggi contro la Pro Piacenza ci è andato molto vicino; 2) Col suo 4-4-2 (che un tifoso, inviando un sms in trasmissione, ha definito “Anni 70”) ha restituito alla squadra compattezza e ordine. Le squadre avversarie fanno più fatica a farci gol, anche se, sempre oggi, è successo.

D’altro canto, però, se contro AlbinoLeffe, Giana Erminio e in parte anche Bassano e Alessandria l’impressione era di una squadra che poteva solo andare in meglio e che avrebbe presto sviluppato anche una manovra offensiva importante, contro Reggiana e Pro Piacenza abbiamo assistito ad una piccola involuzione. I biancoscudati perdono troppi palloni, fanno fatica a ripartire e, in alcuni casi, sono appannati. Stanchi. Qualcuno, altrettanto onestamente, avrebbe bisogno di rifiatare.

E qui veniamo all’altro punto che da settimane mi ronza in testa (e non solo a me): l’allenatore fa fatica a fare i cambi. E se ad Alessandria, a precisa domanda, ha risposto: “Quelli che erano in campo stavano facendo bene, io non sono uno che cambia tanto per cambiare”, con la Reggiana e oggi pomeriggio, sinceramente, qualcuno di quelli in campo andava sostituito e il tecnico non lo ha fatto. Non si fida di chi è in panchina perché non ha le caratteristiche per interpretare il suo 4-4-2? Oppure preferisce portare a casa il pareggio perché “intanto portiamo la barca nel porto sicuro della salvezza e poi penseremo anche a giocare meglio?”.

A questa domanda non ho una risposta certa. Certo è che io Cunico lo avrei visto bene oggi, così come domenica scorsa, in campo per un minutaggio più elevato. Il capitano ha qualità e, se si cerca l’episodio, lui è il più indicato a farlo succedere a suo favore. Insieme a lui merita una chance in più anche Mazzocco. Oppure Aperi o magari anche quell’oggetto misterioso di nome Turea di cui tutti parlano bene ma che non ha mai visto il campo neanche per un minuto. 

Perché non provare, in caso di difficoltà, qualcosa di diverso, provando a sorprendere le avversarie che un po’ alla volta iniziano a conoscerci?

 

INSISTO: CONCENTRIAMOCI SUL MERCATO

Dopo aver “emulato” Parlato con due vittorie e due pareggi nelle prime quattro gare della sua gestione, Bepi Pillon oggi è incappato per la prima volta in una prestazione un po’ sottotono da parte di alcuni giocatori che lui stesso aveva rivitalizzato dopo l’esonero dell’allenatore napoletano.

Succede. Non c’è da fare drammi. In fin dei conti, alla quinta Parlato le ha prese in casa dal Sudtirol, mentre oggi Pillon è riuscito a portare a casa uno 0-0 che, per quanto a tratti brutto da vedere, almeno muove la classifica e non interrompe la serie positiva.

Oggi più che mai però insisto sul tasto che per me, e per molti tifosi, da mesi è dolente. Il mercato. In difesa si è provveduto a colmare il vuoto lasciato da Niccolini con l’innesto di Sbraga. In attacco arriverà una punta (che serve per far rifiatare Neto e Altinier o dar loro un’alternativa), ma occorre un colpo (e forse anche più di uno) anche a centrocampo. E’ lì che oggi abbiamo sofferto in modo particolare e per quello davanti sono arrivati pochi palloni a Neto e Altinier.

Non aggiungo altro. Ma mi auguro che da qui a fine mese si faccia tutto quel che si deve fare per aumentare la qualità di questa rosa. Anche, e anzi soprattutto, in prospettiva futura.

BENE PER SBRAGA E PER IL PARI, AVANTI COSI’

Oggi le buone notizie sono due.

E per prima metto quella dell’acquisto del difensore centrale Andrea Sbraga. Non è che per forza, nell’ambito di una finestra di mercato, i colpi debbano arrivare all’inizio, per carità, ma, dopo il grave infortunio di Niccolini, lì dietro non si trattava solo di acquistare un giocatore con più o meno qualità, si trattava di colmare un vero e proprio vuoto. Sinceramente mi ha lasciato un po’ perplessa il fatto che siamo andati ad Alessandria con questo “spazio” ancora da riempire, dunque oggi son contenta che la società abbia dato un pugno importante sul tavolo, puntando su questo giocatore anche in maniera decisa per vincere la concorrenza di altri club. Credo si tratti del primo di una serie di ingaggi che verranno portati a termine e che questi riguarderanno anche il centrocampo e l’attacco. Anche alla luce del fatto che il nuovo allenatore, Bepi Pillon, oggi non ha effettuato nemmeno un cambio fino al novantesimo, buttando dentro Mazzocco al 46′ della ripresa. E’ evidente che si fida degli undici titolari ma si fida, diciamo così, molto meno della gente che ha in panchina.

E arrivo così alla partita di oggi che ha dimostrato come Pillon sia stato bravo, a (quasi) parità di giocatori in campo rispetto a Parlato, a dare un’organizzazione più efficiente alla squadra. Più compattezza. Più quadratura. Il pari raccolto ad Alessandria, portato a casa dopo aver corso qualche rischio grosso nella seconda parte del primo tempo ma dopo aver anche sfiorato il gol del 2-1 con Altinier nella ripresa, è un risultato che dà continuità a quanto di buono fatto vedere nella parte finale del 2015 e fa sorridere. Per tornare a grasse risate però bisogna continuare così. C’è ancora tutto un girone di ritorno da disputare, in cui provare a tornare un po’ più protagonisti.

 

ORA BISOGNA PENSARE SERIAMENTE AL MERCATO

7 punti in 3 partite. Penso che, se nel momento in cui ha accettato l’incarico sulla panchina del Padova, avessero chiesto a Pillon di firmare per questo ruolino di marcia nelle prime tre partite della sua gestione lo avrebbe fatto. Due vittorie contro due squadre di bassa classifica e un pareggio a testa alta contro la terza forza del campionato rappresentano un bottino di tutto rispetto per il nuovo allenatore biancoscudato. Un bottino che permette ai tifosi di passare un sereno Natale e guardare con maggiore fiducia al girone di ritorno.

C’è però un piccolo rammarico, pur nel clima di soddisfazione generale che in questo momento, legittimamente, sta riempiendo il cuore del tifoso. Anzi due. 1) Quando nel primo tempo giochi meglio di un avversario così attrezzato e le occasioni per portarti sul 2-0 e addirittura sul 3-0 le hai le devi sfruttare. Perché il calcio non ti perdona niente e si è visto. 2) Se nel secondo tempo, pur con l’attenuante dei due infortuni in un minuto, non abbassavi così il baricentro prestando il fianco alle scorribande avversarie, forse, l’1-0 lo portavi a casa.

Del senno di poi sono piene le fosse. E lo stesso Pillon in sala stampa ha ammesso che, forse, mettere un centrocampista per un attaccante nel momento dell’infortunio di Neto non è stata l’idea giusta perché, appunto, il Padova ha iniziato a snaturarsi e a fare le barricate, atteggiamento che non è certo nel suo dna. Ma aldilà delle scelte di Pillon (che un po’ difensivista, lui sì, lo è di natura) è evidente, come già lo era in passato, che questa rosa, che pur ha ricominciato con gli undici, diciamo così, titolari, a mostrare cose egregie, non ha ricambi all’altezza. La coperta è corta, insomma, e non lo scopriamo certo adesso.

Ecco perché occorre un’attenta e seria riflessione sul mercato. Perché qui c’è da mettere mano a tutti i reparti se si vuole viaggiare con maggiore tranquillità fino alla fine del campionato (o magari sognare qualcosa di più di una semplice salvezza). E Pillon dovrà assolutamente confrontarsi con il direttore sportivo De Poli per far arrivare i giocatori che veramente servono alla causa. Non comparse destinate a riempire la parte bassa della lista e a scaldare la panchina (o peggio ancora la tribuna). Solo allora, cioè quando saranno stati ingaggiati i rinforzi da lui richiesti, potremo giudicare fino in fondo l’operato di Pillon. E capire se, anche oggi, ha fatto di necessità virtù oppure ha sbagliato la filosofia dei cambi pensando a difendersi quando invece non doveva. Per ora stiamo contenti dei miglioramenti visti e attendiamo che si apra il mese di gennaio.

P.S.: chiudiamo con un sentito e affettuoso “in bocca al lupo” a Daniel Niccolini. Un giocatore che ha dato tantissimo alla causa del Padova. Sia l’anno scorso, nella cavalcata promozione che difficilmente i tifosi che l’hanno vissuta in prima persona dimenticheranno, anche se era “solo” serie D, sia quest’anno, nelle poche occasioni in cui ha avuto l’occasione di giocare. Ha commesso qualche errore per carità, ma ha sempre profuso il massimo impegno. Anche oggi ci stava riuscendo ad uscire a braccia alzate dal campo. Il brutto infortunio alla tibia e al ginocchio della gamba sinistra lo terranno lontano dal campo per un po’ ma, ne siamo certi, non ne spegneranno lo spirito da guerriero. Che tornerà a ruggire quanto prima.

I NUMERI NON MENTONO

Si possono usare mille parole per definire la situazione di una squadra di calcio. Sia quando va bene che quando va male. Può piacere o non piacere. Può entusiasmare oppure deludere. Ma i numeri restano sempre il migliore e più oggettivo punto di osservazione.

I numeri del Padova di Pillon dicono che, in due partite, i biancoscudati hanno portato a casa 6 punti, segnando 5 gol e subendone uno solo (e vincendo, peraltro, per la prima volta in trasferta). Di fronte a numeri del genere, non si può che dire che la cura del nuovo allenatore, per il momento, sta funzionando. E anche alla grande.

Se sabato scorso, fino al gol di Neto propiziato da un errore del portiere dell’AlbinoLeffe, si era visto poco di diverso rispetto alla precedente gestione sul piano del gioco, la prestazione di oggi contro la Giana ha fatto vedere che il Padova ha imboccato una strada diversa. Fatta di maggiore compattezza ma anche di un gioco più concreto, che sfrutta di più le fasce, tentando di allargare il fronte offensivo, e che vede in Neto Pereira e Altinier due terminali offensivi in grado di fare sempre più male, a mano a mano che la loro intesa, già buona, crescerà. Il risultato è che si trova la strada per tirare in porta molto di più e, tirando più volte in porta, le occasioni da gol arrivano.

Resta il dubbio, espresso anche da molti tifosi durante la nostra trasmissione attraverso gli sms: ma era Parlato che non ci capiva più nulla o i giocatori che non mettevano in pratica quello che lui chiedeva? Sinceramente non sono in grado di dare una risposta certa. Anche se effettivamente ci sono giocatori che appaiono decisamente trasformati, che prima faticavano terribilmente a saltare l’uomo e ora invece ne saltano addirittura due di fila. Questione di brillantezza, di volontà o della bravura di Pillon a sbloccarli psicologicamente?

Tralasciando per un attimo questo dilemma, cui probabilmente sapremo dare un perché più avanti, dico solo che contro AlbinoLeffe e Giana son stati due scontri “salvezza”. Ora il Padova deve giocare, nell’ordine, contro Bassano e Alessandria per poi cominciare il girone di ritorno contro la Reggiana all’Euganeo. Queste partite sì che potranno dirci se dovremo accontentarci di galleggiare o potremo ambire a qualcosa di più. Lì si vedrà davvero se Pillon, oltre a curare il paziente malato, è in grado anche di tirargli fuori qualcosa di più di quello che si è visto finora.

SERVIVA LA VITTORIA, ORA PENSIAMO AL GIOCO

Una piccola premessa. Giovedì mattina, a margine della conferenza stampa di presentazione di Bepi Pillon, io e qualche altro collega giornalista ci siamo ritrovati da soli a conversare con il presidente Giuseppe Bergamin per qualche minuto. Ci siamo trovati d’accordo su un punto: che se proprio doveva essere esonero per Carmine Parlato (decisione che ha diviso sia tifosi che addetti ai lavori) Bepi Pillon rappresentava la scelta più giusta per sostituirlo, un allenatore non solo d’esperienza ma anche con un carattere ideale per uscire da questo tunnel oscuro (almeno stando alle bellissime parole che per lui hanno speso in questi giorni coloro che l’hanno avuto come tecnico a Padova nella sua prima esperienza, quella datata 1997-98: non ne ho trovato uno che me ne abbia parlato male, anzi. E ho telefonato a gente di cui mi fido molto e che conosco da anni e anni, in qualche caso proprio da allora!).

La partita di oggi ha dimostrato proprio questo: che, se esonero doveva essere, Pillon è l’uomo giusto al momento giusto. In un giorno e mezzo è riuscito a restituire alla squadra almeno una parte della serenità perduta e questo è bastato per conquistare la quarta vittoria in campionato e fare un balzo deciso lontano dalla zona che scotta.

Ciò premesso, però, siamo ancora lontani dal poter dire: “La crisi è finita”. Oggi il Padova ha vinto 3-0 e, a differenza delle partite contro Pordenone e Cremonese, tanto per citare le ultime due dell’era Parlato in cui la prestazione c’è stata ma non è arrivata la vittoria, ha sfruttato a dovere gli episodi che ha avuto a favore. Per diversi tratti della partita, però, si son riviste le stesse insicurezze, le stesse paure e gli stessi limiti delle ultime uscite. Il primo gol è arrivato sì grazie al grande temperamento di Neto che ha capito che poteva mettere in difficoltà il portiere avversario andandogli in pressione, ma soprattutto a causa di un’ingenuità di quest’ultimo. Ed è quando si è messa in vantaggio la partita che il Padova ha iniziato a scacciare i fantasmi. E Petrilli ha potuto mettere la carta regalo e il fiocco all’incontro.

Quindi l’ampia vittoria di oggi va presa esattamente per quella che è: ovvero un punto di partenza. Importante, perché ha portato in dote 3 punti fondamentali, ma pur sempre un punto di partenza.

Dalla prossima settimana si potrà vedere con maggiore incisività il lavoro del nuovo allenatore. E’ quando sarà finito l’effetto scossa che si vedrà se questo Padova ha finalmente fatto propria la parola “continuità”. Se oltre a sfruttare le palle inattive e gli episodi è bravo a creare gioco. E se veramente ci sono quelle qualità, tecniche e umane, che in molti vedono su questa rosa ma che, fino ad oggi, solo a tratti sono state espresse.

Buon lavoro a Pillon, dunque, per il quale il difficile viene adesso.

Con la speranza che ce la possa davvero fare.

UN INCUBO DA CUI E’ SEMPRE PIU’ DIFFICILE USCIRE

Un incubo. Della peggior specie. Di quelli da svegliarsi la notte urlando.

Il Padova oggi con la Pro Patria ha fatto esattamente la partita che non doveva fare. Giocando in maniera a dir poco terrificante. Lanci lunghi a cercare Neto, centrocampo costantemente scavalcato, esterni immobili e di conseguenza incapaci di saltare l’uomo e zero tiri in porta. L’anticalcio, insomma, per dirla con un’unica, efficace, parola.

Parlato ha provato a tornare al modulo 4-2-3-1 ma i risultati sono stati, appunto, tremendi.

La società domani si ritroverà e deciderà del futuro dell’allenatore, fortemente in discussione. Dalle poche frasi captate qua e là tra una telefonata e l’altra ai dirigenti, mi par di aver capito che il tecnico ha le ore contate. Sicuramente ha le sue colpe e ha un po’ perso la bussola (difficile non perderla in questa situazione). Ma se stasera mi sento di avere una certezza in più rispetto a sette giorni fa (momento in cui io per prima brancolavo nel buio), questa certezza è che la qualità di questa rosa è davvero bassa. A tratti tecnicamente, a tratti umanamente. Non ci sono gli uomini giusti per fare nessuno dei due moduli fin qui proposti da Parlato. E chi va in campo spesso, quel poco che ha, non lo mette nemmeno al servizio degli altri.

Detto questo, penso anche che qualcuno, in campo, oggi non si sia impegnato abbastanza, pur sapendo che il mister rischiava e di grosso. E Parlato, questo, non se lo merita.

Concludo con un pensiero dettato dalla profonda rabbia che provo per essermi dovuta risvegliare (insieme a centinaia di tifosi) da un bellissimo sogno durato quasi un anno e mezzo: bisognava davvero impegnarsi per fare così male in questo campionato. Forse davvero era meglio confermare in blocco i 24 dell’anno scorso. Magari, sulla qualità, tanti avrebbero avuto da ridire, visto che erano “da serie D”. Ma, quanto ad attributi e ad attaccamento alla maglia, quelli dell’anno scorso le partite le avrebbero vinte tutte 5-0. E oggi avrebbero vinto anche sul campo contro questa davvero modesta Pro Patria.

DIFFICILE AVERE CERTEZZE

Doveva essere la partita della svolta. E in un certo senso, quello più negativo purtroppo, lo è stata.

E a ripensarci è stato davvero tutto incredibile in Padova-Cuneo. Una partita in cui il Padova ha avuto l’approccio giusto, il Cuneo ha pensato solo a difendersi e il pallino del gioco è sempre stato nelle mani dei biancoscudati. Eppure son bastati pochi minuti di follia, a cavallo tra il primo e il secondo tempo, per rovinare tutto e far finire la gara addirittura con 3 gol nella porta di Petkovic. L’espulsione di Favalli al 47′, il primo gol del Cuneo sulla conseguente punizione (che ci ha fatto tornare in mente la finale playoff del 2011 in casa del Novara, con l’espulsione di Cesar e la punizione segnata poi da Gonzalez), il secondo gol preso ad inizio ripresa da stupidi. Anzi stupidissimi.

Difficile trovare una chiave di lettura che regali ai tifosi delle certezze. C’è chi dice che questo Padova è scarso e che quindi questi singoli episodi che poi vanno a condizionare la gara continueranno a ripetersi per la poca qualità dei giocatori. C’è chi ha già puntato il dito contro Parlato (e non da oggi pomeriggio purtroppo), definendolo un allenatore non da Lega Pro. C’è chi si proietta con tutte le speranze che gli sono rimaste al mercato di gennaio, sperando che il diesse De Poli estragga dal cilindro qualche bell’acquisto che faccia fare un salto di qualità al gruppo intero.

Io, onestamente, invidio chi in questo momento ha le idee chiare. Perché se guardo la gara contro il Pordenone, quella contro la Cremonese e gran parte di quella di oggi (episodi esclusi) non vedo un Padova da playoff certo ma nemmeno un Padova da playout o retrocessione. E, altrettanto sinceramente, non so cosa di diverso potrebbe inventarsi Parlato per fare meglio di come sta facendo. Perché la squadra c’è, risponde ai suoi comandi ed è capace di interpretare bene le gare, ma le succede purtroppo troppo spesso di incartarsi e complicarsi la vita da sola.

La sfida della verità diventa giocoforza quella di sabato prossimo in casa della Pro Patria. Lucidità ed estrema voglia di rivalsa dovranno essere le uniche parole d’ordine di questa settimana, che si preannuncia tribolata quant’altre mai.