I NUMERI NON MENTONO

Si possono usare mille parole per definire la situazione di una squadra di calcio. Sia quando va bene che quando va male. Può piacere o non piacere. Può entusiasmare oppure deludere. Ma i numeri restano sempre il migliore e più oggettivo punto di osservazione.

I numeri del Padova di Pillon dicono che, in due partite, i biancoscudati hanno portato a casa 6 punti, segnando 5 gol e subendone uno solo (e vincendo, peraltro, per la prima volta in trasferta). Di fronte a numeri del genere, non si può che dire che la cura del nuovo allenatore, per il momento, sta funzionando. E anche alla grande.

Se sabato scorso, fino al gol di Neto propiziato da un errore del portiere dell’AlbinoLeffe, si era visto poco di diverso rispetto alla precedente gestione sul piano del gioco, la prestazione di oggi contro la Giana ha fatto vedere che il Padova ha imboccato una strada diversa. Fatta di maggiore compattezza ma anche di un gioco più concreto, che sfrutta di più le fasce, tentando di allargare il fronte offensivo, e che vede in Neto Pereira e Altinier due terminali offensivi in grado di fare sempre più male, a mano a mano che la loro intesa, già buona, crescerà. Il risultato è che si trova la strada per tirare in porta molto di più e, tirando più volte in porta, le occasioni da gol arrivano.

Resta il dubbio, espresso anche da molti tifosi durante la nostra trasmissione attraverso gli sms: ma era Parlato che non ci capiva più nulla o i giocatori che non mettevano in pratica quello che lui chiedeva? Sinceramente non sono in grado di dare una risposta certa. Anche se effettivamente ci sono giocatori che appaiono decisamente trasformati, che prima faticavano terribilmente a saltare l’uomo e ora invece ne saltano addirittura due di fila. Questione di brillantezza, di volontà o della bravura di Pillon a sbloccarli psicologicamente?

Tralasciando per un attimo questo dilemma, cui probabilmente sapremo dare un perché più avanti, dico solo che contro AlbinoLeffe e Giana son stati due scontri “salvezza”. Ora il Padova deve giocare, nell’ordine, contro Bassano e Alessandria per poi cominciare il girone di ritorno contro la Reggiana all’Euganeo. Queste partite sì che potranno dirci se dovremo accontentarci di galleggiare o potremo ambire a qualcosa di più. Lì si vedrà davvero se Pillon, oltre a curare il paziente malato, è in grado anche di tirargli fuori qualcosa di più di quello che si è visto finora.

SERVIVA LA VITTORIA, ORA PENSIAMO AL GIOCO

Una piccola premessa. Giovedì mattina, a margine della conferenza stampa di presentazione di Bepi Pillon, io e qualche altro collega giornalista ci siamo ritrovati da soli a conversare con il presidente Giuseppe Bergamin per qualche minuto. Ci siamo trovati d’accordo su un punto: che se proprio doveva essere esonero per Carmine Parlato (decisione che ha diviso sia tifosi che addetti ai lavori) Bepi Pillon rappresentava la scelta più giusta per sostituirlo, un allenatore non solo d’esperienza ma anche con un carattere ideale per uscire da questo tunnel oscuro (almeno stando alle bellissime parole che per lui hanno speso in questi giorni coloro che l’hanno avuto come tecnico a Padova nella sua prima esperienza, quella datata 1997-98: non ne ho trovato uno che me ne abbia parlato male, anzi. E ho telefonato a gente di cui mi fido molto e che conosco da anni e anni, in qualche caso proprio da allora!).

La partita di oggi ha dimostrato proprio questo: che, se esonero doveva essere, Pillon è l’uomo giusto al momento giusto. In un giorno e mezzo è riuscito a restituire alla squadra almeno una parte della serenità perduta e questo è bastato per conquistare la quarta vittoria in campionato e fare un balzo deciso lontano dalla zona che scotta.

Ciò premesso, però, siamo ancora lontani dal poter dire: “La crisi è finita”. Oggi il Padova ha vinto 3-0 e, a differenza delle partite contro Pordenone e Cremonese, tanto per citare le ultime due dell’era Parlato in cui la prestazione c’è stata ma non è arrivata la vittoria, ha sfruttato a dovere gli episodi che ha avuto a favore. Per diversi tratti della partita, però, si son riviste le stesse insicurezze, le stesse paure e gli stessi limiti delle ultime uscite. Il primo gol è arrivato sì grazie al grande temperamento di Neto che ha capito che poteva mettere in difficoltà il portiere avversario andandogli in pressione, ma soprattutto a causa di un’ingenuità di quest’ultimo. Ed è quando si è messa in vantaggio la partita che il Padova ha iniziato a scacciare i fantasmi. E Petrilli ha potuto mettere la carta regalo e il fiocco all’incontro.

Quindi l’ampia vittoria di oggi va presa esattamente per quella che è: ovvero un punto di partenza. Importante, perché ha portato in dote 3 punti fondamentali, ma pur sempre un punto di partenza.

Dalla prossima settimana si potrà vedere con maggiore incisività il lavoro del nuovo allenatore. E’ quando sarà finito l’effetto scossa che si vedrà se questo Padova ha finalmente fatto propria la parola “continuità”. Se oltre a sfruttare le palle inattive e gli episodi è bravo a creare gioco. E se veramente ci sono quelle qualità, tecniche e umane, che in molti vedono su questa rosa ma che, fino ad oggi, solo a tratti sono state espresse.

Buon lavoro a Pillon, dunque, per il quale il difficile viene adesso.

Con la speranza che ce la possa davvero fare.

UN INCUBO DA CUI E’ SEMPRE PIU’ DIFFICILE USCIRE

Un incubo. Della peggior specie. Di quelli da svegliarsi la notte urlando.

Il Padova oggi con la Pro Patria ha fatto esattamente la partita che non doveva fare. Giocando in maniera a dir poco terrificante. Lanci lunghi a cercare Neto, centrocampo costantemente scavalcato, esterni immobili e di conseguenza incapaci di saltare l’uomo e zero tiri in porta. L’anticalcio, insomma, per dirla con un’unica, efficace, parola.

Parlato ha provato a tornare al modulo 4-2-3-1 ma i risultati sono stati, appunto, tremendi.

La società domani si ritroverà e deciderà del futuro dell’allenatore, fortemente in discussione. Dalle poche frasi captate qua e là tra una telefonata e l’altra ai dirigenti, mi par di aver capito che il tecnico ha le ore contate. Sicuramente ha le sue colpe e ha un po’ perso la bussola (difficile non perderla in questa situazione). Ma se stasera mi sento di avere una certezza in più rispetto a sette giorni fa (momento in cui io per prima brancolavo nel buio), questa certezza è che la qualità di questa rosa è davvero bassa. A tratti tecnicamente, a tratti umanamente. Non ci sono gli uomini giusti per fare nessuno dei due moduli fin qui proposti da Parlato. E chi va in campo spesso, quel poco che ha, non lo mette nemmeno al servizio degli altri.

Detto questo, penso anche che qualcuno, in campo, oggi non si sia impegnato abbastanza, pur sapendo che il mister rischiava e di grosso. E Parlato, questo, non se lo merita.

Concludo con un pensiero dettato dalla profonda rabbia che provo per essermi dovuta risvegliare (insieme a centinaia di tifosi) da un bellissimo sogno durato quasi un anno e mezzo: bisognava davvero impegnarsi per fare così male in questo campionato. Forse davvero era meglio confermare in blocco i 24 dell’anno scorso. Magari, sulla qualità, tanti avrebbero avuto da ridire, visto che erano “da serie D”. Ma, quanto ad attributi e ad attaccamento alla maglia, quelli dell’anno scorso le partite le avrebbero vinte tutte 5-0. E oggi avrebbero vinto anche sul campo contro questa davvero modesta Pro Patria.

DIFFICILE AVERE CERTEZZE

Doveva essere la partita della svolta. E in un certo senso, quello più negativo purtroppo, lo è stata.

E a ripensarci è stato davvero tutto incredibile in Padova-Cuneo. Una partita in cui il Padova ha avuto l’approccio giusto, il Cuneo ha pensato solo a difendersi e il pallino del gioco è sempre stato nelle mani dei biancoscudati. Eppure son bastati pochi minuti di follia, a cavallo tra il primo e il secondo tempo, per rovinare tutto e far finire la gara addirittura con 3 gol nella porta di Petkovic. L’espulsione di Favalli al 47′, il primo gol del Cuneo sulla conseguente punizione (che ci ha fatto tornare in mente la finale playoff del 2011 in casa del Novara, con l’espulsione di Cesar e la punizione segnata poi da Gonzalez), il secondo gol preso ad inizio ripresa da stupidi. Anzi stupidissimi.

Difficile trovare una chiave di lettura che regali ai tifosi delle certezze. C’è chi dice che questo Padova è scarso e che quindi questi singoli episodi che poi vanno a condizionare la gara continueranno a ripetersi per la poca qualità dei giocatori. C’è chi ha già puntato il dito contro Parlato (e non da oggi pomeriggio purtroppo), definendolo un allenatore non da Lega Pro. C’è chi si proietta con tutte le speranze che gli sono rimaste al mercato di gennaio, sperando che il diesse De Poli estragga dal cilindro qualche bell’acquisto che faccia fare un salto di qualità al gruppo intero.

Io, onestamente, invidio chi in questo momento ha le idee chiare. Perché se guardo la gara contro il Pordenone, quella contro la Cremonese e gran parte di quella di oggi (episodi esclusi) non vedo un Padova da playoff certo ma nemmeno un Padova da playout o retrocessione. E, altrettanto sinceramente, non so cosa di diverso potrebbe inventarsi Parlato per fare meglio di come sta facendo. Perché la squadra c’è, risponde ai suoi comandi ed è capace di interpretare bene le gare, ma le succede purtroppo troppo spesso di incartarsi e complicarsi la vita da sola.

La sfida della verità diventa giocoforza quella di sabato prossimo in casa della Pro Patria. Lucidità ed estrema voglia di rivalsa dovranno essere le uniche parole d’ordine di questa settimana, che si preannuncia tribolata quant’altre mai.

COMINCIA DA QUI…

… il secondo tempo del campionato del Padova.

O meglio: comincia dal secondo tempo di Cremona il secondo tempo del campionato del Padova. Che mai come oggi ho visto simile a una squadra vera. Una squadra che, anche se non è fortissima, sa sopperire con le doti umane a tutto quel che, per ora almeno, non riesce a mettere ancora in campo dal punto di vista tecnico.

Oggi è in assoluto la giornata in cui al novantesimo ho provato le migliori sensazioni e non solo perché sono finalmente riuscita a tornare allo stadio e a vivere la partita dal vivo, ma perché è stato lo stesso Padova a regalarle a me e ai suoi tifosi che, non a caso, a fine gara, hanno urlato: “Siamo sempre con voi, non vi lasceremo mai”.  Al termine del primo tempo, per un attimo, ho pensato che sarebbe finita come nelle altre occasioni in cui eravamo andati sotto: ovvero con una sconfitta. Invece no. Il Padova è stato bravo a stupirci, sfoderando una prestazione nella seconda metà della gara di grande sacrificio e impegno, sfiorando perfino nel finale il colpo del ko con Petrilli.

Dovrà sempre essere così se si vorrà soffrire il meno possibile e fare risultato, contro chiunque. Dalla sfida dello stadio Zini di oggi sappiamo che ci si può credere. E molto anche.

 

 

 

UN PUNTO. UN PASSO AVANTI

La settimana, inutile sottolinearlo, è stata particolare. Difficile. Turbolenta. Perché, per quanto i giocatori siano dei professionisti pagati per scendere in campo e dare il meglio di sé in ogni occasione, la componente umana c’è sempre e spesso prevale sui fattori tecnico-tattici.

Il primo “bravi”, dunque, i biancoscudati oggi se lo meritano per come sono scesi in campo contro il Pordenone, una delle squadre più in forma del momento, reduce dal tris calato sul tavolo dell’ex capolista Bassano, non certo un’avversaria qualunque. Cunico e compagni sono entrati subito in gara con l’approccio giusto, concentrati, umili ma allo stesso tempo desiderosi di osare qualcosa in più per vincere e riportare il sorriso sulla bocca di tutti. Non era facile, ma ce l’hanno fatta: sintomo che, in settimana, sono riusciti a estraniarsi da tutto quello che succedeva in società e a ricompattarsi tra di loro, complice forse anche il ritiro prepartita deciso da mister Parlato per la prima volta dall’inizio del campionato.

Per il resto, certo, avesse vinto, ora il Padova starebbe decisamente meglio. Di umore e di classifica. Ma non bisogna ignorare il passo avanti che questo punto conquistato col Pordenone porta con sè. A Pavia, sabato scorso, si era sbagliato tutto. Stavolta invece è mancato solo il gol. E poteva pure arrivare se l’arbitro avesse visto il sacrosanto rigore su Neto Pereira a metà del primo tempo.

Il bicchiere è mezzo pieno. Se poi a Cremona la squadra dimostrerà di aver trovato la continuità di prestazione che nelle ultime settimane è mancata, allora davvero si potrà dire di aver intrapreso la strada giusta. Proiettiamoci già lì con la mente, ma stiamo contenti di quel che oggi l’Euganeo ci ha regalato. Ribadisco: non era così scontato che andasse così.

 

 

IL “CASO” AMIRANTE, CHE MAZZATA!

Il Padova ha perso a Pavia. Vista la forza dell’avversario, potevamo pure metterla in preventivo la sconfitta. E difatti non ho molti appunti da fare alla squadra. Ci ha provato, ha lottato con i mezzi a propria disposizione fino all’ultimo e ha dovuto arrendersi di fronte ad una squadra più attrezzata. Punto.

Quel che mi lascia senza parole è il caso Amirante, che, ancora una volta, mi “regala” la spiacevole consapevolezza che a nascere tifosi del Padova non ci si fa mancare proprio niente. In campo, fuori dal campo e pure nelle carte bollate! Gettato nella mischia al 27′ del secondo tempo in sostituzione di Petrilli, l’attaccante genovese non è potuto entrare in campo perché non è inserito nella lista dei 24 presentata al termine del mercato estivo dal Padova.

Il direttore sportivo Fabrizio De Poli si è assunto in pieno la responsabilità della vicenda. “Non c’è dubbio che abbiamo sbagliato noi – le parole del diesse che ho raccolto in una breve e, devo dire la verità, “surreale” telefonata – c’è alla base della faccenda una dimenticanza da parte nostra. Amirante non è in lista. A suo tempo non l’abbiamo inserito tra i 24 perché non sapevamo con certezza quali sarebbero stati i suoi tempi di recupero”.

E’ tutto allucinante. Ovviamente, appena ne saprò di più, vi aggiornerò. Perchè mi sa che questa sarà una lunga e poco serena notte per molti…

P.S.: ho cancellato alcune parti di questo post perché, essendo la situazione in divenire ed essendo io attaccata al telefono da ore per capire di più su quel che è successo, è cambiata la versione che era passata in un primo momento. Sembrava che la lista dei 24, in cui Amirante non è inserito, non potesse essere modificata fino a gennaio. Invece non è così. Se è stato lasciato il posto libero, basta una comunicazione alla Lega e Amirante può essere inserito anche domani. Dunque con il Pordenone domenica prossima potrà giocare. Certo questo riduce l’assurdità della situazione che si è venuta a creare (mi risultava infatti davvero difficile credere che Amirante, e non solo lui, avesse rilasciato interviste dicendo che sarebbe rientrato a fine ottobre se ciò non era possibile) ma non cancella una figuraccia erga omnes che sinceramente era meglio evitare.

 

 

UNA VITTORIA DAI TANTI RISVOLTI

Oggi era necessario solo vincere. In qualunque modo e con qualunque tipo di prestazione, servivano come il pane i 3 punti per riportare un po’ di sereno sopra la testa dei biancoscudati (e dei tifosi) dopo tre settimane di nuvole e ombre.

Il Padova invece non si è accontentato. Oltre al successo, sul piatto ha messo anche la prestazione, il gioco e il cuore oltre l’ostacolo. Restituendo al suo pubblico la sensazione di una squadra che forse non sarà da primi posti assoluti ma non è nemmeno da retrocessione. Il ritorno di Neto ha restituito peso specifico ed esperienza all’attacco, ma anche gli altri interpreti di questa gara si sono mossi molto bene.

Non è sulla squadra, tutta pienamente sufficiente e da elogiare, che voglio soffermarmi in questo post. Voglio piuttosto fare un lungo e meritato applauso al mister. Carmine Parlato. Di cui addirittura qualcuno ha chiesto sconsideratamente la testa in queste settimane additandolo come un allenatore inesperto, non adatto alla Lega Pro, incapace di leggere le partite.

Se c’è una cosa che invece Parlato ha dimostrato oggi è di saperle leggere e pure molto bene le gare. Le sue scelte sono state determinanti, sia all’inizio che a gara in corso, per portare in porto questa vittoria. La formazione iniziale ha lasciato più di qualcuno sorpreso, perché se Giandonato in regia dal primo minuto bene o male se l’aspettavano tutti, l’esclusione di Altinier a beneficio di Bearzotti no. Anche gli ingressi di Bucolo e Petrilli sono arrivati al momento giusto, dettati dalla giusta lettura tattica del momento. Petrilli, poi, ha strappato gli applausi più intensi con due gol da cineteca.

Questo è il Padova che vogliamo. Forte, consapevole, determinato, cinico. Il resto sono solo chiacchiere che si porta via il vento…

POTEVA ESSERE LA SVOLTA

Ha ragione Parlato. I rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli. E capita anche ai più forti e affidabili di non riuscire a cacciarla dentro. Di sicuro Altinier segnerà tanti altri rigori, probabilmente anche durante questo campionato, ed esulteremo tutti con lui, come abbiamo fatto a Cittadella la scorsa settimana, illudendoci che quel penalty tirato con così tanta potenza e forza d’animo potesse permetterci di tornare a casa dalla città murata con almeno un pareggio. Purtroppo non è stato così: a Cittadella sabato, visto che siamo tornati con una sonora sconfitta, e a Meda oggi, visto che l’errore dal dischetto non ha permesso al Padova di dare una piccola svolta al proprio campionato.

Dispiace e anche tanto. Perché, onesta e sincera, il Padova oggi non avrebbe meritato di vincere, pur avendo messo in campo molta buona volontà. Ma quel rigore trasformato nel finale avrebbe avuto tutto il sapore di una svolta. Di un’iniezione di fiducia e consapevolezza che in questo momento mancano come il pane. D’accordo: c’è chi non sta rendendo secondo le sue reali potenzialità per mille motivi, magari qualcuno è stato sopravvalutato, l’assenza di Neto pesa più del dovuto ma mi rifiuto di pensare che ci siamo ridotti a non saper più costruire nemmeno un’azione di gioco degna di tal nome. Ci deve essere anche qualcosa a livello psicologico che non funziona più come prima.

Vincere, in qualunque modo, oggi avrebbe permesso ai biancoscudati di diradare almeno un po’ la nebbia che si è creata sopra la loro testa. Così non è stato. Bisognerà dunque profondere uno sforzo ancora più grande per provare a tornare sulla giusta via sabato prossimo contro il Mantova. Niente è compromesso e anzi almeno un punto oggi si è portato a casa dopo due sconfitte. Ma occorre rialzare la testa. Adesso. Subito. Prima che la parola “crisi” si faccia ancora più tremendamente grande.

LA COPERTA E’ UN PO’ (TANTO) CORTA

Ci ho riflettuto tutta ieri sera. E anche un po’ stanotte, guardando il soffitto e ripercorrendo mentalmente più volte il film del derby. Perché seguire il Padova è il mio lavoro, ma è anche una grandissima passione. Quando si perde, e meritatamente, non si può non rimanerci male. E perdere anche qualche ora di sonno.

Ho letto tantissimi commenti. Mi sono ricordata di quasi tutti i messaggi che sono stati inviati in trasmissione. Mi sono confrontata con qualcuno di voi. E sono arrivata innanzitutto alla conclusione che non è giusto che sia partito il gioco al massacro nei confronti di Carmine Parlato. “Il mister è ottimo per la serie D non per la Lega Pro”, “Il mister è inesperto”, “Il mister non ci ha capito nulla nei cambi”.

Mica vero (secondo me). L’unica frase che condividerei in questo momento è: “Il mister fa con quello che ha”. Ergo: la coperta è corta, un po’ tanto corta.

Ho ripensato alle ultime due partite, coincise con due sonore sconfitte. Ho capito che se gli avversari, con doppie o triple marcature, neutralizzano Cunico e Petrilli, i due che hanno nel bagaglio tecnico una dose più elevata di fantasia, andiamo in affanno. Perché? Perché nessun altro ha le caratteristiche per inventarsi qualcosa di diverso, una giocata, una ripartenza fatta come si deve. Via di lanci lunghi e buonanotte al secchio.

Purtroppo in questo momento il Padova paga dazio oltre i suoi reali demeriti perché ha fuori Amirante (e di fatto, con Neto infortunato, non ha un’alternativa lì davanti) e perché ha Ilari sottotono, perché reduce da un mese di infortunio che inibisce al momento la sua bravura a saltare l’uomo. Le alternative ci sono, ma evidentemente non hanno altrettante capacità.

Dietro, inoltre, è un peccato dover sacrificare Diniz mettendolo terzino (si è mosso benissimo in questo ruolo ma si è sentita la mancanza della sua esperienza lì in mezzo) perché non c’è un vice Favalli che garantisce la medesima copertura difensiva (Anastasio è giovanissimo e ha dimostrato, contro il Sudtirol di saper spingere molto bene, ma dalla sua parte, onestamente, ha contenuto gran poco).

A questo punto, serve stringere i denti. E di brutto. Provando a tornare almeno mentalmente all’atteggiamento delle prime quattro partite: dove, dando tutti il 110 per cento, si è riusciti ad arrivare al risultato positivo.

Però occorre fin da ora proiettarsi al mercato di gennaio. Son sicura che De Poli, con la testa, è già lì.