ANCORA UN PASSETTINO…

Ragazzi, la cena è cominciata. Anzi, chiamiamola pure abbuffata perché sappiamo già che sarà lunga e goduriosa come poche altre.

Siamo all’antipasto. Quello che di solito si consuma fuori all’aria aperta, prima di entrare in ristorante, in piedi, chiacchierando amabilmente in mezzo alla natura, baciati dal sole.

Le portate più pregiate sono ancora in fase di preparazione. Ma dalla cucina se ne avverte ormai forte e intenso il profumo. Stanno per esserci servite. Si chiamano “Lega Pro” e “ritorno tra i professionisti”. Un primo e un secondo da cinque stelle Michelin. I cuochi sono Giuseppe Bergamin e Roberto Bonetto. I maître sono il direttore De Poli e l’allenatore Parlato. I camerieri tutti i giocatori della rosa, che dal primo all’ultimo si sono messi a disposizione dei tifosi per offrire loro il miglior servizio che potessero desiderare.

Bel calcio, passione, attaccamento alla maglia, lavoro, impegno, sacrificio, sudore e umiltà sono stati gli ingredienti che renderanno unica e indimenticabile questa cena. Cui tutti noi tifosi non vediamo l’ora di partecipare.

Dai, che forse domenica sera, dopo la partita con il Legnago, l’antipasto sarà finito e potremmo mettere le gambe sotto la tavola…

Grazie ragazzi. In anticipo e comunque vada. Perché ve lo meritate davvero.

 

DOPO CLODIENSE E SACILESE FORSE CI SIAMO…

Di primo istinto oggi mi è venuto da pensare che poteva scattare la terza puntata dal titolo “C’è da perdere la testa”. Ce n’erano tutti i presupposti perché vincere contro il Dro non è stato facile, visti i due cambi bruciati dopo appena 3′ di partita a causa dell’infortunio di Petkovic e le assenze di Cunico e Zubin ma anche del baby Bortot, il cui forfait ha costretto Parlato a schierare un mancino puro come Salvadori a destra e non Dionisi per tenere in campo i 4 under di rito. Amirante è stato grandioso e con la sua quarta doppietta stagionale ha fatto volare i biancoscudati a 22 vittorie (record storico!) e a 69 punti, ma purtroppo, se per oggi possiamo dire: “Tutto è bene quel che finisce bene”, basta uno sguardo al calendario per capire che le prossime due partite saranno difficilissime e fondamentali.

Giovedì c’è la Clodiense, in trasferta. La domenica successiva la Sacilese in casa. Sacilese che ha battuto i biancoscudati all’andata e ha battuto oggi il Belluno 3-1 in trasferta.

Dopo queste due partite, se la situazione sarà ancora quella attuale, si potrà iniziare a farci più che un pensierino al traguardo finale. Ma oggi no. Godiamoci la vittoria, portata a casa ancora una volta con le unghie e con la tanta buona volontà, gioiamo per i gol di Amirante, per il rientro, che sarà importante, di Gustavo Ferretti, per lo stato di forma ormai superlativo da settimane di Petrilli e Ilari. Ma da lunedì cominciamo a immergerci nel doppio confronto che ci attende.

Un ultimo sforzo, dai. Poi forse ci si potrà finalmente rilassare.

QUANDO LA PAROLA “GRUPPO” HA UN GRANDE SIGNIFICATO

Nel calcio la parola “gruppo” è tra le più abusate. Se penso poi che se ne riempivano la bocca anche i dirigenti e i giocatori che l’anno scorso hanno determinato la distruzione del nostro amato calcio Padova 1910 mi viene un travaso di bile e mi rendo conto una volta di più di quanto facile sia dare fiato alla bocca e vendere fumo ai tifosi con una sconcertante naturalezza. Mentendo sapendo di mentire.

Poi però ti trovi davanti la società e la squadra che l’estate scorsa ha ridato forma e sostanza al sogno di migliaia di padovani. Ripartendo da zero con forza, trasparenza e umiltà. E allora scopri che la parola “gruppo” può avere un senso. Un senso profondo. Incommensurabile.

La partita di oggi con il Giorgione ne è stata una dimostrazione incredibile. Se è un dato di fatto che è dalla prima partita del campionato contro l’Union Pro all’Euganeo che chi è entrato dalla panchina non ha fatto rimpiangere chi è uscito, oggi si è toccato l’apice di questa inconfutabile verità perché: 1) non c’era Cunico, per la prima volta fuori per infortunio dopo 25 partite disputate e una sola saltata per squalifica (a Sacile, ed era arrivata una sconfitta). Lui è il faro di questa squadra, il punto di riferimento in mezzo al campo oltre che in spogliatoio. Lui è il capitano. Non si trattava di un’assenza comune. Ebbene Zubin, che lo ha sostituito, non solo ha illuminato l’attacco come doveva fare ma ha anche segnato due gol e fatto un gran lavoro di sacrificio. Dimostrando una volta di più, ma forse non ce n’era davvero bisogno perché il suo valore era già chiarissimo, che andarselo a prendere a dicembre dal Pordenone è stata una delle scelte più azzeccate della società, alla faccia della carta d’identità che in campo non si nota proprio. 2) Mazzocco ha dato forfait all’ultimo secondo. Al suo posto ha disputato la sua prima partita da titolare Fenati, arrivato all’ultimo giorno del mercato di gennaio e finora praticamente oggetto sconosciuto, e ha sfoderato un biglietto da visita coi controfiocchi, regalandosi anche la soddisfazione di servire a Ilari l’assist per il gol che ha definitivamente chiuso la gara. 3) Al 10′ del primo tempo Bortot ha accusato un problema fisico. Degrassi si è alzato dalla panchina, in quattro e quattr’otto si è scaldato e, dopo otto partite passate a guardare i compagni da fuori, è rientrato nei meccanismi come se l’ultima gara l’avesse giocata la domenica precedente. 4) Petrilli, che ha passato quasi tutto il girone d’andata a veder scritto il suo nome tra le riserve e ad avere a disposizione solo pochi spezzoni a gara in corso, da quando è titolare fisso non ha mai sbagliato partita e oggi è stato semplicemente stratosferico. 5) Dionisi è ormai diventato un tesoretto da sfruttare a partita in corso. Un tesoretto che garantisce corsa e sostanza sulla fascia quando c’è bisogno di difendere il risultato.

Già il risultato. Il risultato finale di tutta questa evoluzione è stata una bella vittoria. Un 4-2 al Giorgione. Certo con qualche sbavatura, ma ci mancherebbe anche che fossimo perfetti!

Ad un gruppo non si chiede di essere perfetto. Si chiede di saper soffrire, di saper fare un sacrificio per un compagno, sapendo che lui ricambierà quanto prima, di pensare al bene collettivo prima che a se stessi. Ad un gruppo vero si chiede semplicemente di comportarsi in modo di dare alla parola “gruppo” il significato che ha. E il Padova lo sta facendo. In un modo che sta riempiendo il cuore dei tifosi di una gioia che mai avrebbero pensato di provare in un campionato di serie D.

IL CUORE OLTRE L’OSTACOLO

Ha ragione a mille Carmine Parlato. Non sarà facile per nessuno andare a Trieste e strappare punti alla formazione alabardata. Lo stadio “Nereo Rocco” è meraviglioso. Oggi, appena sono rientrata lì dentro a cinque anni di distanza dal playout che ha donato al Padova la salvezza al primo anno di B, mi sono sentita in un tempio del calcio. In un impianto fatto apposta per assaporare tutto di una partita. Tecnica, tattica, cuore, spettacolo. Giocare lì dentro non è come giocare in un qualunque altro campo di serie D (e pure di serie B…). Le pressioni e le aspettative crescono. Se poi ti trovi di fronte una Triestina che ci dà dentro fino all’ultimo, pur con i limiti di una rosa non certo costruita per vincere il campionato, ne esce il 3-1 di oggi: tre punti d’oro, ma conquistati con un po’ di sofferenza.

I biancoscudati sono però stati bravissimi a buttare il cuore oltre l’ostacolo in ogni momento della gara. La vittoria regala serenità e continua a tenere il redivivo Altovicentino ben indietro, a 8 punti di distanza.

D’ora in avanti le partite saranno tutte così. Tutte le avversarie del Padova daranno quel qualcosa in più non solo perché giocheranno contro la capolista ma anche perché lotteranno per raggiungere il loro obiettivo, chi i playoff (e la speranza di un successivo ripescaggio in Lega Pro), chi la salvezza, chi semplicemente un pizzico di tranquillità in più.

Ma se il Padova terrà in testa l’elmetto che ha tenuto oggi dal primo al novantesimo forse non bisognerà attendere il 10 maggio per alzare le braccia al cielo.

Continuiamo a lottare. Buttando, appunto, sempre il cuore oltre l’ostacolo. Il resto verrà da sè. Come naturale conseguenza di tutto l’impegno che i giocatori e lo staff, fino a questo momento, non hanno mai fatto mancare. In campo e fuori.

TRA IL PESSIMISMO E L’OTTIMISMO C’E’ IL REALISMO

Dal fischio finale ad adesso ne ho sentite di tutti i colori. Gente che parla di “inizio della fine”, di una Triestina che, essendo in periodo di forma, ci mangerà in un solo boccone domenica prossima. Di distacco dalla seconda Altovicentino che si è ridotto “drasticamente”. Il solito vecchietto della tribuna ovest, a fine partita, ha allargato le braccia e urlato: “Dove vutto che ndemo?”.

Ecco, passiamo allora dal pessimismo cosmico di queste esternazioni (di una, per fortuna, piccola parte della tifoseria) al realismo di uno 0-0, il primo dall’inizio della stagione, che ci può benissimo stare. Che la Lega Pro non sia stata ancora conquistata e che non si debba, di conseguenza, parlare come se la si avesse già in tasca è un pensiero che appoggio in pieno (di qui nasce il titolo del mio precedente post: PENSIAMO AL PRESENTE). Ma da qui a dire che uno 0-0 con l’Arzichiampo è una tragedia ce ne passa.

Condivido il pensiero di chi dice: aspettiamo a parlare di Lega Pro, di riconferme, di progetti troppo futuri. Ma non posso condividere l’allarmismo che si è acceso dopo uno 0-0. Frutto peraltro di una partita in cui il Padova ha tirato in porta da tutti gli angoli del campo, trovando l’ennesimo portiere in giornata di grazia, e di una gara in cui l’arbitro, mi permetto stavolta di dirlo, è stato fin troppo “british” con i falli subiti da alcuni giocatori del Padova (non è un alibi, per carità, ma quando va detto, va detto).

Certo, bisognerà trovare alternative, metterci ancora più cattiveria, giocare al 130 per cento anziché al 120 come ha fatto la squadra oggi. Ma non credo proprio che la Triestina ci mangerà in un solo boccone, né che abbiamo imboccato un tunnel di crisi (ci mancherebbe ragazzi!). Si tratta solo di prendere atto che i punti di vantaggio sono passati da 10 a 8 (riduzione drastica? Non mi pare proprio!), che mancano ancora 9 partite e che bisognerà affrontarle tutte con lo spirito della finalissima. Tutte cose che il Padova aveva ben presenti anche prima di fare 0-0 con l’Arzichiampo.

P.S.: ultimissimo pensierino della sera, solo apparentemente banale: il Padova oggi ha PAREGGIATO, non ha PERSO. Pare poca la differenza, ma non lo è. E questo punticino io, fin da adesso, me lo tengo ben stretto. Perché sono pronta a scommettere che tra qualche settimana scoprirò quanto è stato prezioso.

 

PENSIAMO AL PRESENTE

Mi è venuto da sorridere quando ho letto, per primo, il commento che ha condiviso Maurizio sul precedente post a proposito della vittoria di oggi. Ha scritto: “C’E’ DA PERDERE LA TESTA 3”.

E’ vero. D’istinto è proprio questo il titolo che avevo immaginato subito dopo il fischio finale per questo nuovo post di discussione. Però poi ho pensato alle voci che si sono moltiplicate in settimana. A volte in maniera forte, altre volte sotto forma di semplici chiacchiere (tipo quelle che dicono che Dalle Rive vorrebbe entrare proprio nel Padova!). Voci che guardano troppo al futuro e quasi per niente al presente. Un presente che vede il Padova in vantaggio di 10 punti sull’Altovicentino a 10 giornate dal termine: un distacco notevole, per carità, ma che non dà ancora certezze assolute sulla conquista della Lega Pro, che pur si avvicina di settimana in settimana.

E allora preferisco riportare tutti, me per prima, all’unica cosa reale: il fatto che siamo primi con 10 punti sull’Altovicentino ma che l’Altovicentino ha vinto al 95′ oggi a Mogliano e quindi ha ripreso coraggio. Basta un niente per imboccare una strada sbagliata. Basta una giornata storta per farsi prendere da ansie, paure, insicurezze.

Invece il Padova nell’ultimo mese e mezzo è stato una macchina da guerra proprio perché non si è mai cullato sul suo vantaggio e sulle sue prestazioni. E ha sempre cercato di riproporle, riuscendoci, come è successo oggi a Belluno.

Per cui perdiamo pure la testa, stiamo contenti, esaltiamoci perché abbiamo un signor bomber davanti e un capitano che il 5 marzo compie 37 anni ma ha l’entusiasmo di un ragazzino e qualità da vendere. Ma continuiamo a tenere presente che solo il 10 maggio avrà davvero un senso essere nella posizione in cui siamo oggi.

Sotto con l’Arzichiampo!

 

C’E DA PERDERE LA TESTA 2

Oggi, al commento tecnico della telecronaca di Padova-Fontanafredda, mi ha accompagnato Gualtiero Grandini. Che, dopo aver fatto per anni il calciatore professionista in piazze prestigiose, oggi veste i panni dell’allenatore degli Juniores nazionali della Biancoscudati Padova. Poco prima di andare in onda mi ha parlato della posizione in classifica dei suoi ragazzi. “Siamo primi a più 10 – mi ha detto – fino a ieri eravamo a più 7 ma poi abbiamo vinto e la seconda ha perso”. Subito mi è venuto spontaneo sperare che la domenica potesse finire così anche per la prima squadra che, prima di scendere in campo contro il Fontanafredda, era proprio prima a più 7 sull’Altovicentino. E non mi sono fatta problemi a dirlo in diretta al fischio d’inizio, salvo poi pentirmi per via della scaramanzia che mai mi lascia in pace.

Be’, che dire: per una volta sono arci contenta di aver “chiamato” una cosa positiva alla squadra e di essere stata confermata dai fatti che si sono poi verificati davanti ai miei occhi e a quelli dei tifosi presenti sugli spalti dell’Euganeo. Non è stato facile oggi avere la meglio sul Fontanafredda che ha preparato la partita molto bene, chiudendo per un tempo e mezzo molto bene gli spazi ai biancoscudati.

Alla fine la qualità è venuta fuori. E’ tornato al gol Ferretti, ha segnato ancora l’incontenibile Amirante.

Anche questa domenica c’è da perdere la testa. E più va avanti il tempo e il numero delle giornate che mancano alla fine si riduce e più questa situazione batte in testa a tutti quanti.

Non è ancora arrivato il momento di festeggiare. Anche se davvero il Padova sarebbe scellerato a dilapidare un simile vantaggio nelle rimanenti 11 partite che mancano.

Avanti ancora con questa mentalità. Se non molliamo di un centimetro si potrà lasciarsi andare del tutto tra non molte settimane. Intanto, sotto col Belluno!

C’E’ DA PERDERE LA TESTA

Primi a più 7. Con l’Altovicentino che continua a lasciare punti preziosi per strada.

C’è davvero da perdere la testa per questo Padova. Che vince, segna, diverte, convince e chi più ne ha più ne metta. Lo sostengo dall’inizio dell’anno: il tifoso padovano sta vivendo un anno di rinascita unico e irripetibile e deve assaporare ogni secondo di questa stagione, ogni gol, ogni passaggio, ogni sorriso, ogni esultanza, ogni abbraccio tra due giocatori, ogni saluto, ogni gesto. Esagero: ogni respiro.  Perché non si verificherà di nuovo tanto presto una situazione che vedrà il Padova assoluto protagonista in positivo sotto tutti i punti di vista.

La speranza, che si fa ogni settimana sempre più grande, è quella di tagliare il traguardo per primi. Per farlo, occorre che a perdere la testa, proprio come fa l’innamorato, siano per il momento solo i tifosi.

I giocatori continuino a tenerla ben poggiata sul collo, solida, lucida, razionale (come peraltro stanno facendo alla grande, tutti!). Fingano di essere ancora secondi a meno uno, come ad inizio gennaio.

Poi, a maggio, sarà bello lasciarsi andare tutti insieme e gioire fino a notte fonda…

 

SEMPLICEMENTE IMMENSI

Al termine della sfida persa a Valdagno contro l’Altovicentino, Davide Sentinelli, con ancora i fumi nelle orecchie per la rabbia di aver ceduto il passo agli avversari in un giorno in cui tanto avrebbe voluto regalare una gioia ai 2.000 tifosi biancoscudati presenti sugli spalti, aveva detto: “Dopo essere stato sconfitto oggi dall’Altovicentino, sono ancora più convinto che siamo più forti noi. E lo dimostreremo”.

Sembrava un rigurgito di rabbia, appunto, una reazione d’istinto in un momento difficile, invece l’Ibra della difesa del Padova era lucidissimo. E i fatti gli hanno dato ragione. Il Padova è riuscito a portarsi di nuovo a più cinque dall’Altovicentino, ritrovandosi in spogliatoio e in campo. E ribadendo una volta di più il concetto che le qualità tecniche dei singoli arrivano fino ad un certo punto. A fare la differenza, ora, è lo spogliatoio. Sano, unito. Dove chi non gioca rosica, com’è normale che sia, ma poi trasforma il suo rammarico in energia positiva per mettere a disposizione dei compagni quello che ha o nello spezzone di partita che gli viene riservato o nella settimana successiva all’esclusione per cercare di far cambiare idea all’allenatore. Per metterlo in difficoltà nelle sue scelte.

Ecco perché oggi Parlato, nel condividere la gioia per la sedicesima vittoria in campionato, ha nominato per primi proprio gli esclusi. Perché senza la loro reazione costruttiva non potrebbe farcela ad arrivare in fondo. Ed è giusto così.

Si può dunque ricominciare a ragionare con cinque punti di vantaggio sull’Altovicentino. Stavolta, ne siamo certi, con la lezione già imparata, non verranno sperperati.