PADOVA DI RESURREZIONE

Ieri sera è rinato il calcio Padova. Negli uffici del notaio Doria, che si trovano all’interno del palazzo di Corso del Popolo in cui ha vissuto tanti anni fa Pollazzi, il presidente del Padova che, a tutt’oggi, è rimasto in carica più a lungo. Che sia un segno del destino? Il tifoso padovano si augura ovviamente di sì.

La speranza di tutti è quella che ieri sera sia iniziata una storia che duri almeno altri 104 anni senza essere violentata e uccisa in maniera barbara come è successo all’Associazione Calcio Padova 1910.

Le prime impressioni del duo Bergamin-Bonetto l’altro giorno a Palazzo Moroni non erano state, in cuor mio, positive. Vederli scappare da un’uscita secondaria dall’ufficio del sindaco per evitare giornalisti e fotografi mi aveva fatto pensare ad un comportamento esageratamente riservato e allo stesso tempo troppo da “fenomeni”. In realtà, almeno in parte, ieri sera i due imprenditori mi hanno convinto che credono fermamente nel progetto che hanno messo su e che sono molto legati al calcio. Mi hanno anche convinto che non faranno il passo più lungo della gamba, che non faranno voli pindarici e sogni giocando con il cuore e la passione dei tifosi. Non è un brutto inizio, mi pare.

Dunque, per favore, capisco la diffidenza, capisco le paure di chi si è scottato e ora ha paura anche dell’acqua fredda. Sono anche le mie. Ma non cominciamo la nuova avventura mettendo i bastoni tra le ruote alla nuova proprietà per motivi futili. Arrabbiamoci se ne vale la pena. Protestiamo per cose importanti. Ma lasciamoli lavorare.

In fin dei conti, un primo, importante, grazie possiamo già dirglielo: se non c’erano loro, mica rinasceva il calcio a Padova…

FALLITI E MAZZIATI

E’ finita. Ci ho creduto fino all’ultimo che il salvataggio avvenisse, ma niente da fare. Il Padova sparisce. Il Padova non c’è più. Se ne vanno in fumo Nereo Rocco, gli anni gloriosi della fossa dei leoni all’Appiani, le promozioni all’ultimo respiro e le salvezze insperate. 104 anni di storia buttati nel cesso.

Onesta e sincera, come sempre: non so cosa dire, se non che mi viene da piangere. Per il fallimento in sé ma anche per come è maturato. Non auguro neanche a un tifoso del Vicenza di vivere la giornata che abbiamo vissuto oggi noi tifosi del Padova, passando dalle quattro alle cinque volte dal “tranquilli, è tutto fatto, Cestaro paga” al “no, non è fatto niente, Cestaro si è tirato indietro” e viceversa. I bonifici erano partiti, poi dalla Unicomm sono stati bloccati. E il risultato è stato che il tutto è suonato una volta di più come la più sonora e clamorosa delle prese per i fondelli.

Si riparte ora. Da cosa? Dalla passione per il Biancoscudo. Dai ricordi che nessuno potrà strapparci dal cuore. Solo tre anni fa stavamo piangendo per una serie A mancata. Oggi, se va bene, ripartiremo dalla serie D. Come cambiano in fretta le cose.

Ma risorgeremo. Eccome se risorgeremo. E vi garantisco che tra non molto tempo questa parentesi sarà solo un brutto ricordo. Il Padova non muore. Il Padova siamo noi.

AD UN PASSO DAL FALLIMENTO

L’altro ieri sono andata a Schio alla ricerca di Marcello Cestaro che doveva partecipare ad un convegno sullo sport e l’impresa.

In moltissimi me l’avevate chiesto: “Martina, chiama Cestaro e chiedigli come stanno le cose, a te darà ascolto, con te parlerà”. E io stessa volevo guardarlo negli occhi e sentire cosa aveva da dire sulla crisi nera del nostro Padova. Per mesi ho provato a contattarlo al telefono senza successo (e non sono certo stata l’unica!). E allora ho pensato che era arrivato il momento di passare all’azione, di presentarmi di persona laddove sapevo che l’avrei trovato. E mi sono appunto recata a Schio.

Le impressioni che ho ricavato sono le seguenti:

1) Mi sento di dire con profonda convinzione che l’uomo sta soffrendo e anche molto per le sorti del Padova. E non solo perché la sua azienda è stata tirata in mezzo nell’inchiesta del pm Roberti e della Guardia di Finanza. Se qualche “pastroccio”, per dirla alla veneta, è stato fatto ai tempi della cessione, non credo sia passato direttamente per le sue mani e la sua volontà. Anche perché stiamo sempre parlando di un uomo che in 10 anni di presidenza ha tirato fuori qualcosa come 80 milioni di euro per il Padova. Mi rifiuto di pensare che, all’ultimo atto, abbia volontariamente deciso di rovinare la società.

2) Dalle parole che ha usato (“I soldi per anticipare la sponsorizzazione non ce li ho”, “La mia azienda ha bisogno di ossigeno”, “La mia azienda non se la passa bene, inutile nasconderlo, negli ultimi due anni son cambiate tante cose”) si capisce chiaramente che la Unicomm non scoppia di salute.

3) Credo sempre meno alla storia che una cordata di imprenditori padovani arriverà a dare una mano a Penocchio o a sostituirlo. Quindi Cestaro, anche se ha detto chiaramente no all’anticipo, rimane oggettivamente l’ultima speranza che la situazione possa risolversi per il meglio.

Alla luce di quanto detto, cosa posso concludere se non che siamo ad un passo dal fallimento?

 

SAREBBE ORA DI INTERROMPERE QUESTO ASSURDO SILENZIO

Credo che la misura sia colma. Che il presidente Diego Penocchio, se davvero non ha alcun problema ad iscrivere il Padova al prossimo campionato di Lega Pro come ha fatto scrivere nel comunicato post deferimento, debba interrompere questo assurdo silenzio e iniziare a dare qualche segno di vita, qualche segnale di buona intenzione.

Di errori ne ha fatti a palate nel campionato appena concluso con la retrocessione, nonostante una costante ostentazione di sicurezze e certezze e quel “ci salveremo al cento per cento” che suona ancora nel cuore e nella testa dei tifosi come la più sonora delle beffe. Perché ostinarsi a chiudersi in sé stesso, perché non provare a farsi capire dalla piazza, attraverso un dialogo in cui si dimostri pronto a scusarsi e disponibile a rivedere le scelte per provare a tirarsi su?

So che una trattativa per la cessione della società ancora in piedi c’è, anche se è coperta da assoluto riserbo. Ma credo che, in ogni caso, sia arrivato il momento di parlare, di agire, di fare qualcosa. Qualunque cosa che faccia capire ai tifosi che non devono disperare, che uno spiraglio in fondo al tunnel c’è, che non dovranno dimenticarsi di aver amato la propria squadra di calcio, che il Padova non sparirà nell’oblio.

Se non lo farà in tempi brevi, credo che la situazione diventerà irrimediabilmente insanabile. E che la sensazione di essere stati presi tutti per i fondelli predominerà su ogni volontà di chiarimento.

 

QUALCOSA SI MUOVE, SPERIAMO IN POSITIVO

Si stanno vivendo ore decisive in casa Padova. Entro la fine del mese la proprietà dovrà presentare la propria iscrizione al prossimo campionato di Lega Pro (con annessa fideiussione da 600 mila euro) ma attualmente non si sa né se ce la farà (il rischio fallimento è purtroppo una delle opzioni possibili, tutt’altro che remota) né se a farlo sarà proprio Diego Penocchio.

Dopo aver subìto la perquisizione, la scorsa settimana, da parte degli agenti della Guardia di Finanza, pare infatti che il presidente del Padova si sia deciso a far scorrere i titoli di coda sulla sua breve ma alquanto disastrosa esperienza al comando del Biancoscudo. Di più: per riuscire nel suo intento, Penocchio è andato a bussare proprio alla porta dell’ex presidente Marcello Cestaro che, visto che è sponsor per altre due stagioni (e che sponsor!), si sta dando da fare, in prima persona, per mettere in piedi una cordata di imprenditori pronti a subentrare al bresciano.

In questa trattativa si è inserita in queste ore anche la nuova amministrazione comunale di Padova, fresca di vittoria al ballottaggio, che, nelle persone del neo sindaco Massimo Bitonci e del (quasi sicuramente) futuro vicesindaco Maurizio Saia, si è incontrata con Cestaro per, diciamo così, “invogliarlo” ancora di più a darsi da fare per il calcio e la città che tanto gli sono stati a cuore negli ultimi dieci anni. Ricordiamoci che Cestaro, con la sua azienda, è ancora proprietario dei terreni adiacenti allo stadio Euganeo, acquistati nel 2003 con la promessa mai mantenuta, da parte dell’allora sindaco Giustina Destro, di costruire un centro commerciale. Su quei terreni sarebbe dovuto sorgere il nuovo ospedale, ma Bitonci, proprio ieri, in occasione della venuta a Padova del Governatore del Veneto Luca Zaia, ha fatto capire che non ci sarà alcun nuovo polo ospedaliero e che si procederà alla ristrutturazione dell’attuale complesso giustinianeo. Che si apra per Cestaro una strada che sembrava definitivamente chiusa e tramontata su quei terreni? Probabile che sì, qualcosa si muova e che, anche per questo motivo e non solo per la cospicua sponsorizzazione in cui si è impegnato nei prossimi due anni verso il Padova, Cestaro in queste ore si stia dando da fare per convincere qualche imprenditore amico a farsi avanti per la causa biancoscudata.

Una cosa è certa: non passeranno mesi prima di saperne di più. I tempi sono strettissimi. E solo rispettandoli Penocchio, Cestaro, l’amministrazione comunale e tutti coloro che vorranno essere protagonisti di questa vicenda possono regalare un nuovo futuro al Padova. Evitando che, al purgatorio della retrocessione in Lega Pro, segua l’inferno del fallimento.

E’ LA FINE DI UN’EPOCA

La cosa che più mi ha fatto male stasera è stata la faccia di Matias Cuffa al momento della sostituzione. E’ andato ad abbracciare qualche compagno, ha cercato di trattenere, senza successo, le lacrime, è stato acclamato dai tifosi e si è diretto mesto verso la panchina dove ha trovato anche Michele Serena a stringerlo forte a sé. Il capitano, il guerriero, il cabezon, non farà più parte del Padova del futuro. Lui che dal 2009 è stato il punto di riferimento per tutti i tifosi. Nella gioia e nel dolore.

Questa bruttissima retrocessione rappresenta davvero la fine di un’epoca proprio come fu l’estate scorsa l’avvento di Diego Penocchio dopo 10 anni di presidenza di Marcello Cestaro. Allora avevamo mille speranze, il presidente aveva perfino dichiarato, in un’intervista a un quotidiano bresciano, che aveva in mente un progetto di tre anni con l’obiettivo di raggiungere la serie A. Quanto stride con queste parole la situazione biancoscudata attuale!

Guardo la rosa, guardo il livello di questa serie B appena conclusa e ancora non mi rendo conto di come siamo riusciti a buttare tutto nel cesso, a non raggiungere una salvezza che era più che a portata di mano.

Per ora non riesco ad aggiungere altro. Nei prossimi giorni ovviamente cercheremo di capire come si muoverà Penocchio, se potremo ripartire con entusiasmo dalla Lega Pro o se dovremo rassegnarci a soffrire ancora. Se già non abbiamo sofferto abbastanza…

PER FAVORE, EVITATE LE LACRIME DI COCCODRILLO

Il Padova è retrocesso in Lega Pro. Ma non stasera, bensì a settembre dello scorso anno. Non era a Siena che eravamo chiamati ad essere diversi da quelli che siamo, era contro Juve Stabia, Reggina e altre dirette concorrenti con cui abbiamo condiviso dall’inizio alla fine del campionato i bassifondi della classifica.

Non mi viene affatto da piangere per questa retrocessione. Perché mia nonna diceva sempre: chi è causa del suo mal pianga se stesso e il Padova, questa retrocessione, se l’è ampiamente meritata. Giocando forse due o al massimo tre partite in maniera decente (su 42 gare a disposizione), soprattutto dal punto di vista umano. Per il resto, solo inguardabili figuracce, da mettersi la maglia davanti alla faccia a fine partita per nascondersi dalla vergogna.

Ecco perché stasera a farmi stare male più di ogni altra cosa sono le lacrime che ho visto scendere sul volto di qualche giocatore. Lacrime di coccodrillo, per come la vedo io. Troppo comodo coprirsi ora il volto con le mani e mostrare la faccia dispiaciuta, quando il tuo procuratore, con ogni probabilità, si è messo a cercarti un’altra sistemazione già qualche settimana fa. Questa è ipocrisia allo stato puro. Non bastano due lacrime per lavarsi la coscienza sporca. La maggior parte dei giocatori sa di non aver dato tutto quello che poteva e doveva, lasciando solo chi invece si è impegnato sempre e si è ritrovato da solo al timone di una barca in piena tempesta non riuscendo a tenere la rotta della salvezza.

Risparmiateci la sceneggiata, almeno quella, visto che non siete stati in grado di conservare e tutelare il patrimonio della serie B.

Chiudo con un invito, caloroso, al presidente Penocchio: non so, dopo il disastro che ha combinato in soli 10 mesi, dopo tutte le fatiche emotive ed economiche di Cestaro, se vuole rimanere alla guida del calcio Padova o se tenterà di vendere. Se decide di rimanere nella stanza dei bottoni, per cortesia, si attorni di persone competenti. E soprattutto di persone che hanno voglia di imparare a conoscere la piazza e ad amare i suoi tifosi. Lui per primo non ci ha capito un granché…

 

LA RABBIA NON FA CHE AUMENTARE

Vedere il Padova vincere col Pescara non ha fatto altro che farmi arrabbiare, se già non lo ero abbastanza con questa squadra.

Se penso che basterebbe avere qualche punticino in più per non dover pendere così tremendamente da Novara e Varese mi vien da fare esattamente come hanno fatto oggi i tifosi allo stadio: incavolarmi come una bestia coi giocatori e fischiarli, per tutte le occasioni buttate al vento con una leggerezza disarmante.

Quel che raddoppia la dose di rabbia è poi constatare che oggi i lor signori son riusciti a vincere contro un avversario tosto e per nulla propenso a regali e favori in un clima bruttissimo, con l’Euganeo mezzo vuoto e i tifosi pronti a contestare ad ogni passaggio. Ma perché non sono riusciti a tirare fuori il carattere e quel poco in più che bastava quando tutto lo stadio li aiutava, cantava loro cori di incitamento per tutti e novanta i minuti, li sosteneva e li amava?

Sfogo finito. Il miracolo non è ancora compiuto.

L’agonia è solo prolungata e, con ogni probabilità, la morte cerebrale è stata rimandata di sette giorni. Anzi otto: perché col Siena si gioca di domenica.

 

P.S.: mi ha invece riempito il cuore il corteo di questa mattina, in cui si è visto che il cuore pallonaro di Padova batte e batte ancora forte. Spero che le promesse dei candidati sindaco non siano parole al vento e che ci possa davvero essere un futuro più roseo per il nostro Biancoscudo.

GAME OVER E STAVOLTA PER DAVVERO

Nel 2009, a poche giornate dalla fine del campionato di C1, perdemmo in casa 3-2 col Ravenna. Il “Mattino di Padova” il giorno dopo titolò, giustamente, GAME OVER. La sconfitta infatti ci aveva allontanato dai playoff di 6 punti, apparentemente impossibili da rimontare in così poco tempo. Poi invece arrivò l’impresa e, settimana dopo settimana, riuscimmo non solo ad agguantarli i playoff ma anche a buttare fuori dagli spareggi per la B lo stesso Ravenna che in campionato ci aveva ridotto in polpette, andando poi a vincere la finalissima a Busto Arsizio il 21 giugno, giornata che resterà per sempre nel cuore di tutti noi tifosi come una delle più belle in assoluto della storia biancoscudata.

Ecco, in un angolo del mio cuore ho sperato che anche quest’anno l’impossibile potesse ad un certo punto tornare possibile in qualche modo. Fino a stasera, serata che ha sancito la nostra retrocessione in Lega Pro dopo appena cinque anni di campionato cadetto. Stavolta è proprio GAME OVER e nessuno potrà cambiare questo destino triste ma giusto, visti i pochi valori espressi sul campo dall’inizio alla fine del campionato.

Onesta e sincera: mi dispiace per qualcuno, per Iori ad esempio, per Cuffa, per Mazzoni, per Nocchi, per chi in generale, una volta chiamato in causa, poco o tanto che sia stato, ha dato il suo contributo. Mi dispiace per Serena, arrivato a barca già mezza affondata e senza salvagenti. Ma per tanti altri non mi dispiace affatto: hanno meritato la retrocessione perché non hanno fatto abbastanza per meritare la salvezza. Tra questi c’è, in primis, la società che ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare, commettendo anche l’errore di perseverare in alcuni errori. “Ci salveremo al cento per cento”, disse una volta Penocchio in trasmissione da me. Altro che presidente, altro che… Guardi qui che disastro ha combinato. Pensi che ci avevamo messo solo 11 anni a tornare in B: lei in pochi mesi ha distrutto tutto. Questo sì che è un record, presidente…

SERIE B ADDIO

E’ finita. Sì, lo so, era finita anche la settimana scorsa e quella prima ancora. Ma il Padova mi ha talmente abituato negli anni alle salvezze last minute che credevo veramente che, prima o poi, qualcosa in più avremmo tirato fuori. Se non dai piedi, almeno dal cuore (orgoglio) e dalle mutande (attributi).

Stasera invece è proprio naufragato tutto. La squadra intera e, con essa, una società che in un solo anno è riuscita nell’impresa (questa sì titanica) di buttare nel cesso tutta la fatica fatta per tornare nel calcio di serie B, sbagliando tutto quello che poteva sbagliare. Nel costruire la squadra, nel gestirla e nel portare avanti i rapporti con la piazza, di fatto mai sbocciati e sempre tesi come corde di violino.

Sì, perché in campo ci sono andati i giocatori e i voti li potete leggere nelle pagelle, anche se in realtà non ce n’è bisogno perché le prestazioni sono sotto gli occhi di tutti, ma fuori dal campo a toppare tutto quel che poteva toppare è stata la società. Penocchio, Valentini senior, Valentini junior e via scendendo.

E ora che si fa? Me lo ha chiesto una tifosa su Facebook pochi minuti fa mandandomi un messaggio in privato. Che si fa… La fede e la passione non retrocedono. Continueremo a seguire il Padova, “anca sua luna”, cantavano una volta gli ultras. L’unica cosa che mi fa paura più del presente è il futuro. E qui cito l’sms che mi ha scritto al telefonino un altro tifoso, un tipo di grande ironia e di pungente arguzia. “Ma dici che ce la faremo a salvarci? L’anno prossimo intendo…”. Già, l’anno prossimo. Riusciremo a rimanere in piedi in Lega Pro o siamo di fronte all’inizio della fine e dunque all’orlo del baratro? Ho il terrore che il domani possa essere peggio dell’oggi, che già è tremendo. E con ogni probabilità questo timore porterà via qualche ora di sonno non solo a me stanotte.