UN CHIARO SEGNALE (DI FORZA)

Anche oggi, per molti aspetti, è stata una giornata indimenticabile. Certo, non ci sono stati tutti i gol di Tamai e quella straordinaria rimonta e ci stavamo tutti rassegnando ad assistere al primo 0-0 della stagione iniziando a guardare il Belluno dal basso. Invece oggi il Padova ha lanciato l’ennesimo segnale di forza, uscendo con l’elmetto in testa dalla situazione probabilmente più difficile in cui si è venuto a trovare dall’inizio del campionato.

L’infortunio di Ferretti (e la conseguente perdita del punto di riferimento lì davanti, aldilà dei 6 gol in 4 partite) e l’espulsione a fine primo tempo di Segato (altro punto di riferimento lì nel mezzo) avrebbero potuto trasformare questa domenica in un autentico disastro. Invece il Padova, che pure ha accusato il colpo e ha fatto fatica a rimettersi in piedi, non ha mollato emotivamente la partita. Buttando il cuore oltre l’ostacolo fino all’ultimo secondo, quando Ilari è riuscito a trovare il varco giusto tra le barricate alzate dal Mezzocorona.

Straordinario Ilari nella ripresa, insieme a Dionisi nell’asse di destra. Bravi dietro Sentinelli e Niccolini. Rapidi e per nulla timorosi sia Aperi che Pittarello, subentrati a partita in corso. Intelligente anche stavolta Parlato nel leggere la gara e nell’effettuare i cambi al momento giusto per sopperire alla mancanza di Ferretti e Segato.

L’applauso più sentito però va anche stavolta al pubblico di Padova. Quasi in 5.000 oggi si sono presentati all’Euganeo, esplodendo quando l’arbitro ha fischiato la fine decretando la quinta vittoria di fila dei biancoscudati. Credo che i giocatori abbiano provato emozioni fortissime e che questa sia davvero una spinta in più che le altre realtà non hanno. Un pubblico da categoria superiore in serie D non si vede mica tutti i giorni. E i ragazzi in campo lo sanno. Per questo danno fondo anche all’ultimo rimasuglio di energia rimasto in fondo al barile per non deluderlo mai.

GIORNATA INDIMENTICABILE

Oggi a Tamai ho vissuto una giornata (calcisticamente parlando!) come non ne vivevo da almeno 3 anni. Per trovare qualcosa che ci assomiglia devo tornare al campionato 2010-2011, alla cavalcata verso la serie A interrotta bruscamente in finale dalla vittoria del Novara. Quel che è venuto negli anni successivi è stato il nulla assoluto: poche partite esaltanti, ancor meno giocatori con un po’ di attaccamento alla maglia. A Bresseo, tranne rare eccezioni, ho visto solo visi abbronzati coperti da occhiali da sole passare salutando a malapena o addirittura fingendo di essere al telefono per non essere costretti a fare neanche quel minimo sforzo in direzione dell’educazione.

Certo, per ritrovare un po’ di sana normalità tra chi veste la nostra amata maglia biancoscudata, un po’ di sacrificio e voglia di lottare in campo e un minimo di rapporto umano abbiamo pagato lo scotto di scendere di due categorie. Ma ben venga la serie D se ci ha permesso di tornare a respirare questo clima. Di tornare a credere in un gruppo che non è solo una squadra di calcio, è una fede.

Non credevo ai miei occhi quando, dopo l’errore dal dischetto di Cunico, non solo i biancoscudati non hanno accusato il colpo ma hanno, se possibile, messo ancora più cattiveria per portare a casa una vittoria voluta davvero a tutti i costi. Una vittoria che ci fa mantenere il primo posto a punteggio pieno e continuare a volare sulle ali di un entusiasmo che non vogliamo più lasciare per strada.

Quel che ho visto dopo il novantesimo, inoltre, mi ha definitivamente riconciliato con tutto quello che, nel pallone, circonda la partita vera e propria e che non sempre fa parlare bene di sè. La cerimonia voluta dalla società Tamai ad inizio gara per ricordare Riccardo Meneghel, suo giocatore di 19 anni morto la scorsa settimana per un incidente stradale, è stata commovente e molto sentita. Ma vedere gli ultras del Padova srotolare lo striscione con scritto “ciao Riccardo” e accogliere i parenti di questo giovane strappato prematuramente alla vita sotto la tribuna a fine gara per far loro coraggio è stato un gesto che difficilmente chi ha visto potrà dimenticare. Da brividi. Da pelle d’oca.

“Non mollate mai” hanno cantato i tifosi del Padova a quelle persone straziate da un dolore insopportabile. Un dolore che per qualche secondo oggi è stato in minima parte alleviato dalla nobiltà della nostra Tribuna Fattori e dalla sua spontanea e sincera esplosione d’affetto.

Perché di fronte alla morte di un ragazzo di 19 anni il dio pallone è uno solo. E la maglia che indossa è uguale per tutti.

Ciao Mene…

 

 

TANTA SOFFERENZA, MA QUESTI RAGAZZI NON MOLLANO!

La partita tra il Padova e il Mori Santo Stefano ha sancito la fine della mia reclusione in studio e il ritorno nell’unico luogo in cui vedere una partita di calcio ti provoca una vera scossa di adrenalina pura: lo stadio. Appena è partita la sigla della nostra trasmissione “Alè Padova” ho iniziato a tremare dall’emozione, mi ero preparata un’introduzione che ovviamente poi è scivolata via dalla mia mente, ho fatto fatica a trovare le parole per esprimere quel che il cuore in quel momento mi faceva provare. Un grazie di cuore a tutti coloro che mi hanno tempestato di messaggi per dirmi che mi stavano ascoltando e vedendo e che tutto ciò era bellissimo!

Sognavo un ritorno allo stadio con la vittoria del Padova e i ragazzi mi hanno pienamente accontentato battendo, seppur con sofferenza, il Mori. E’ vero che siamo in D, dunque due categorie sotto lo standard cui eravamo abituati negli ultimi cinque anni (che poi le categorie sarebbero tre se non avessero unificato in una Lega Pro unica C1 e C2) ma è altrettanto vero che a me e ai tifosi bastava davvero poco per tornare a sorridere. Un gruppo di ragazzi che hanno sposato la causa, che sono attaccati veramente alla maglia (e non solo a bla bla bla) e che finalmente non mollano, inseguendo la vittoria fino all’ultimo respiro.

Questo è successo oggi. In altri tempi il pareggio del Mori ci avrebbe ammazzato: nella migliore delle ipotesi avremmo portato a casa un pari soffrendo come cani, nella peggiore (e purtroppo è stata la più frequente nel recente passato) avremmo perso 2-1, forse perfino 3-1.

Sono segnali di un progetto che è ripartito sui giusti binari, con la giusta passione ma anche con l’equilibrio e la forza che servono per fare risultati. Senza schizofrenie e facili proclami. Ma con la convinzione che il lavoro e la dedizione quotidiani possono portare molto lontano.

Oggi più che mai: avanti così Padova!

ENTUSIASMO ALLE STELLE, CHE INIZIO PADOVA!

Me ne sono andata in ferie due settimane fa con la speranza di rientrare e vedere il Padova con qualche punticino in classifica. Certo, in cuor mio, sognavo un inizio roboante, di quelli che spazzano via in un sol colpo tutte le paure, le ansie, l’amarezza e il dolore che abbiamo provato tutti insieme il 15 luglio, quando il vecchio Padova non si è iscritto al campionato di Lega Pro ed è sparito dal calcio professionistico. Ma pensavo che appunto sarebbe stato solo un bel sogno, che il risveglio sarebbe stato “carino” lo stesso ma non come l’avevo immaginato.

Per una volta, invece, la realtà ha perfino superato la fantasia. Perché mi auguravo di vedere 6 punti, o magari 4, in classifica ma non certo con una carica d’artiglieria di tal portata! 3-0 con l’Union Pro all’esordio e 4-1 ieri nella prima trasferta a Montebelluna rappresentano un inizio che neanche in Lega Pro quando si partiva sempre col favore dei pronostici e lo squadrone costruito a suon di milioni di euro!

I padovani sono al settimo cielo e ne hanno tutti i motivi. E’ vero che siamo in serie D, due categorie sotto la B che ci ha accompagnato negli ultimi cinque anni e fuori dal professionismo, ma forse i padovani erano stanchi di prime donne viziate che camminavano per il campo e solo a parole dicevano di tenere alla piazza e rivedere gente con gli attributi e la passione correre per conquistare la vittoria basta ora a riempire il cuore. Ed è, alla fin fine, la cosa più bella che ci potesse capitare.

Come ha detto e scritto più di qualche tifoso: “A Padova siamo tifosi veri. Ci basta vedere in campo l’attaccamento alla maglia per innamorarci”. E’ proprio così: ci siamo innamorati del nuovo Padova!

UNA SETTIMANA CHE DEVE DURARE UN CAMPIONATO INTERO

E’ stata davvero una settimana emozionante quella appena vissuta dalla Padova pallonara.

Aldilà dell’esordio con vittoria nella prima partita ufficiale della nuova squadra (sarà anche solo stata una gara di Coppa Italia contro la Castellana, ma si è vinto 2-0 e c’erano 2.000 persone allo stadio Euganeo… non male!), la città che ama il calcio è tornata a respirare l’aria dei tempi gloriosi grazie alla sfida celebrativa tra il Padova della serie A del 1994 e gli ultras organizzata da questi ultimi nel tempio dell’Appiani. In più, la sera dopo, ad “Appiani in festa” la squadra di Parlato ha ricevuto applausi e cori come se il 7 settembre dovesse iniziare di nuovo in serie B e non in D.

Emozioni su emozioni dunque. Ricordi, abbracci, sorrisi, aneddoti che hanno ricolmato i nostri cuori di quell’entusiasmo che è il miglior carburante per accendere il motore del nuovo Padova e accompagnarlo nel suo impervio e difficile cammino in quarta serie. Il problema, come ho avuto modo di sottolineare più volte in questo blog, è che ora come ora siamo tutti carichi come le molle e non vediamo l’ora che arrivi il 7 settembre, ma l’attaccamento vero alla squadra lo dimostreremo più avanti, quando arriveranno le prime battute d’arresto, qualche prestazione magari sottotono per mille motivi, uno 0-0 del cavolo oppure semplicemente una giornata storta in cui l’avversario ti punisce all’unica tua distrazione e va a vincere una partita che tu avresti meritato diecimila volte più di lui.

Sarà lì che saremo davvero bravi se riusciremo a tenere botta con la passione e la voglia di stare vicini alla squadra di adesso.

Con questo augurio vi saluto per due settimane. Domani parto per le ferie che non ho potuto fare fino ad adesso. Tornerò quando nella casella delle partite disputate dal Padova ci sarà il numero 2. Spero che la classifica dica che abbiamo qualche punto e che abbiamo quindi iniziato col piede giusto. Vi lascio in buone mani (quelle dei miei colleghi che vi racconteranno al posto mio le prime due partite: sono mani buone veramente mica come quelle di Penocchio quando a dire che ci lasciava in buone mani era Cestaro! :-D).

Un abbraccio a tutti e a presto!

UN ENTUSIASMO DA COLTIVARE

Ieri ad Asiago ho assistito ad uno spettacolo che mai mi sarei aspettata di trovare. I primi sospetti ho iniziato ad averli quando mi sono ritrovata in coda poco dopo Roana un’ora e mezza prima del fischio d’inizio della partita. Mi son detta: “Possibile che tutta questa gente stia salendo sull’Altopiano a seguire la prima amichevole del Padova?”. Risposta affermativa. Non tutti, ma la maggior parte di quelli che hanno rallentato il mio cammino verso lo stadio “Zotti” erano proprio diretti al campo sportivo. Alla fine, ne abbiamo contati almeno 1.500, tra ultras, tifosi di club e semplici simpatizzanti giunti ad Asiago con famiglia al seguito.

Questa è la Padova che mi piace. Questo è l’entusiasmo che voglio respirare per tutto il campionato. Certo siamo in D (categoria davvero infame rispetto a quello cui ci eravamo abituati negli ultimi cinque anni) ma la risposta data ieri dai tifosi per la primissima uscita dei biancoscudati è di quelle da piazza vera. Che vuole tornare a respirare al più presto il bel calcio, relegando questo campionato in quarta serie a semplice incubo passeggero.

Non sarà facile. Ma proprio per questo non si dovrà mollare, neanche se tra la settima e la decima giornata di campionato dovessero arrivare due pareggi e due sconfitte, di cui una al novantesimo con un rigore inventato dall’arbitro o con un’autorete o con quattro pali all’attivo prima che gli avversari segnino il colpo del ko. I primi a non mollare però dovranno essere i giocatori sul campo: ieri contro la rappresentativa dei sette comuni era una sgambettata, quando si inizierà a fare sul serio l’impegno e la voglia di mettersi in mostra dovranno essere i medesimi. E anche fuori dal campo questi ragazzi dovranno mantenersi umili come si stanno dimostrando da quando hanno messo piede qui. Anche tra qualche mese voglio vedere Ferretti con la pelle d’oca al braccio per i cori degli ultras e Minincleri incredulo davanti alla folla stipata sugli spalti.

Solo così potremo andare lontano.

 

PADOVA DI RESURREZIONE

Ieri sera è rinato il calcio Padova. Negli uffici del notaio Doria, che si trovano all’interno del palazzo di Corso del Popolo in cui ha vissuto tanti anni fa Pollazzi, il presidente del Padova che, a tutt’oggi, è rimasto in carica più a lungo. Che sia un segno del destino? Il tifoso padovano si augura ovviamente di sì.

La speranza di tutti è quella che ieri sera sia iniziata una storia che duri almeno altri 104 anni senza essere violentata e uccisa in maniera barbara come è successo all’Associazione Calcio Padova 1910.

Le prime impressioni del duo Bergamin-Bonetto l’altro giorno a Palazzo Moroni non erano state, in cuor mio, positive. Vederli scappare da un’uscita secondaria dall’ufficio del sindaco per evitare giornalisti e fotografi mi aveva fatto pensare ad un comportamento esageratamente riservato e allo stesso tempo troppo da “fenomeni”. In realtà, almeno in parte, ieri sera i due imprenditori mi hanno convinto che credono fermamente nel progetto che hanno messo su e che sono molto legati al calcio. Mi hanno anche convinto che non faranno il passo più lungo della gamba, che non faranno voli pindarici e sogni giocando con il cuore e la passione dei tifosi. Non è un brutto inizio, mi pare.

Dunque, per favore, capisco la diffidenza, capisco le paure di chi si è scottato e ora ha paura anche dell’acqua fredda. Sono anche le mie. Ma non cominciamo la nuova avventura mettendo i bastoni tra le ruote alla nuova proprietà per motivi futili. Arrabbiamoci se ne vale la pena. Protestiamo per cose importanti. Ma lasciamoli lavorare.

In fin dei conti, un primo, importante, grazie possiamo già dirglielo: se non c’erano loro, mica rinasceva il calcio a Padova…

FALLITI E MAZZIATI

E’ finita. Ci ho creduto fino all’ultimo che il salvataggio avvenisse, ma niente da fare. Il Padova sparisce. Il Padova non c’è più. Se ne vanno in fumo Nereo Rocco, gli anni gloriosi della fossa dei leoni all’Appiani, le promozioni all’ultimo respiro e le salvezze insperate. 104 anni di storia buttati nel cesso.

Onesta e sincera, come sempre: non so cosa dire, se non che mi viene da piangere. Per il fallimento in sé ma anche per come è maturato. Non auguro neanche a un tifoso del Vicenza di vivere la giornata che abbiamo vissuto oggi noi tifosi del Padova, passando dalle quattro alle cinque volte dal “tranquilli, è tutto fatto, Cestaro paga” al “no, non è fatto niente, Cestaro si è tirato indietro” e viceversa. I bonifici erano partiti, poi dalla Unicomm sono stati bloccati. E il risultato è stato che il tutto è suonato una volta di più come la più sonora e clamorosa delle prese per i fondelli.

Si riparte ora. Da cosa? Dalla passione per il Biancoscudo. Dai ricordi che nessuno potrà strapparci dal cuore. Solo tre anni fa stavamo piangendo per una serie A mancata. Oggi, se va bene, ripartiremo dalla serie D. Come cambiano in fretta le cose.

Ma risorgeremo. Eccome se risorgeremo. E vi garantisco che tra non molto tempo questa parentesi sarà solo un brutto ricordo. Il Padova non muore. Il Padova siamo noi.

AD UN PASSO DAL FALLIMENTO

L’altro ieri sono andata a Schio alla ricerca di Marcello Cestaro che doveva partecipare ad un convegno sullo sport e l’impresa.

In moltissimi me l’avevate chiesto: “Martina, chiama Cestaro e chiedigli come stanno le cose, a te darà ascolto, con te parlerà”. E io stessa volevo guardarlo negli occhi e sentire cosa aveva da dire sulla crisi nera del nostro Padova. Per mesi ho provato a contattarlo al telefono senza successo (e non sono certo stata l’unica!). E allora ho pensato che era arrivato il momento di passare all’azione, di presentarmi di persona laddove sapevo che l’avrei trovato. E mi sono appunto recata a Schio.

Le impressioni che ho ricavato sono le seguenti:

1) Mi sento di dire con profonda convinzione che l’uomo sta soffrendo e anche molto per le sorti del Padova. E non solo perché la sua azienda è stata tirata in mezzo nell’inchiesta del pm Roberti e della Guardia di Finanza. Se qualche “pastroccio”, per dirla alla veneta, è stato fatto ai tempi della cessione, non credo sia passato direttamente per le sue mani e la sua volontà. Anche perché stiamo sempre parlando di un uomo che in 10 anni di presidenza ha tirato fuori qualcosa come 80 milioni di euro per il Padova. Mi rifiuto di pensare che, all’ultimo atto, abbia volontariamente deciso di rovinare la società.

2) Dalle parole che ha usato (“I soldi per anticipare la sponsorizzazione non ce li ho”, “La mia azienda ha bisogno di ossigeno”, “La mia azienda non se la passa bene, inutile nasconderlo, negli ultimi due anni son cambiate tante cose”) si capisce chiaramente che la Unicomm non scoppia di salute.

3) Credo sempre meno alla storia che una cordata di imprenditori padovani arriverà a dare una mano a Penocchio o a sostituirlo. Quindi Cestaro, anche se ha detto chiaramente no all’anticipo, rimane oggettivamente l’ultima speranza che la situazione possa risolversi per il meglio.

Alla luce di quanto detto, cosa posso concludere se non che siamo ad un passo dal fallimento?

 

SAREBBE ORA DI INTERROMPERE QUESTO ASSURDO SILENZIO

Credo che la misura sia colma. Che il presidente Diego Penocchio, se davvero non ha alcun problema ad iscrivere il Padova al prossimo campionato di Lega Pro come ha fatto scrivere nel comunicato post deferimento, debba interrompere questo assurdo silenzio e iniziare a dare qualche segno di vita, qualche segnale di buona intenzione.

Di errori ne ha fatti a palate nel campionato appena concluso con la retrocessione, nonostante una costante ostentazione di sicurezze e certezze e quel “ci salveremo al cento per cento” che suona ancora nel cuore e nella testa dei tifosi come la più sonora delle beffe. Perché ostinarsi a chiudersi in sé stesso, perché non provare a farsi capire dalla piazza, attraverso un dialogo in cui si dimostri pronto a scusarsi e disponibile a rivedere le scelte per provare a tirarsi su?

So che una trattativa per la cessione della società ancora in piedi c’è, anche se è coperta da assoluto riserbo. Ma credo che, in ogni caso, sia arrivato il momento di parlare, di agire, di fare qualcosa. Qualunque cosa che faccia capire ai tifosi che non devono disperare, che uno spiraglio in fondo al tunnel c’è, che non dovranno dimenticarsi di aver amato la propria squadra di calcio, che il Padova non sparirà nell’oblio.

Se non lo farà in tempi brevi, credo che la situazione diventerà irrimediabilmente insanabile. E che la sensazione di essere stati presi tutti per i fondelli predominerà su ogni volontà di chiarimento.