GAME OVER, INSERT COIN…

Per tutta la settimana i giocatori e l’allenatore del Padova hanno ripetuto, quasi a pappagallo: ‘Contro il Cittadella è una partita fondamentale ma non è decisiva per le sorti del campionato”. A risentire queste parole, a posteriori, abbiamo in mano una risposta all’odierna debacle biancoscudata: si sforzavano tutti di non “caricarlo” troppo questo derby e invece il risultato è stato che il Padova è sceso in campo talmente carico e pieno di pensieri che questa terribile connubio, dopo il secondo gol infilato in porta dal Citta, ha portato la squadra a girare come una trottola impazzita senza più il controllo di sé, fino a cascare rovinosamente per terra di fronte ad un Cittadella che ha invece interpretato il match esattamente come andava interpretato.

Già, la partita spensierata. Doveva essere così anche questa. E invece si è rimediata l’ennesima figura barbina del campionato. Figura che, peraltro, trattandosi di un derby, rimarrà nella storia scritta a caratteri cubitali.

Certo mancano ancora un po’ di partite e martedì sera si va a giocare in casa di una Juve Stabia che è ormai più di là che di qua (sarò pessimista, ma proprio per questo motivo, a me la Juve Stabia fa più paura di tutte le altre che incontreremo!), ma la sensazione, oggi più che mai, è che ci si debba preparare al game over. Chissà se quando comparirà la scritta “insert coin” qualcuno di questi ragazzi si deciderà a dare qualcosa in più per la causa… prima che sia persa definitivamente!

LA PARTITA SPENSIERATA

Ora lo posso dire. La frase pronunciata ieri in intervista da Michele Serena, quella per cui si augurava per i suoi giocatori a Varese “una partita spensierata”, mi è rimbombata dentro per tutto il giorno e anche un po’ ieri sera prima di prendere sonno. All’inizio ho temuto che, avendo speso tante parole forti in queste settimane per cercare di spronare la squadra a superare le proprie debolezze e paure, non avesse trovato altra cosa da dire se non questa e che dunque fosse una frase come un’altra, giusto perché, davanti a microfoni e taccuini, qualcosa doveva pur dire per mantenere accesa nella piazza la fiammella della speranza. Poi mi son detta che forse era proprio il suo modo per tenere sotto traccia la tensione e la pressione, per tenere basso il profilo, per non caricare eccessivamente una partita difficilissima.

Oggi, dopo aver visto per la prima volta il Padova vincere di larga misura e senza subire gol, penso che Serena, ieri mattina dopo la rifinitura, credesse fermamente nella strada che ha indicato alla squadra, che sia stato davvero bravo a usare quelle parole e a toccare quei particolari tasti. E soprattutto ritengo azzeccata la scelta di schierare l’undici che poteva dargli più garanzie in questo senso, anche se ciò ha significato escludere dai titolari due come Pasquato e Rocchi, che in questo momento non riescono, per vari motivi, a rendere secondo le loro reali potenzialità.

Mai visto un Padova così tranquillo all’inizio e spensierato poi, quando si sono materializzati i gol e dunque la partita si è messa in discesa. Per la prima volta quest’anno ho visto un gruppo capace giocare a calcio divertendosi, facendo poche e semplici cose e aiutandosi molto. Questo è il percorso che può portare alla salvezza. L’unico. E finalmente, dopo tanti sentieri tortuosi e impervi, pare che l’abbiamo imboccato. Speriamo di non perderlo più di vista.

L’AGONIA CONTINUA

Dovrebbe essere un piacere per un tifoso sapere che la sua squadra del cuore non è ancora condannata matematicamente alla retrocessione e che dunque si può giocare ancora delle carte per conservare la categoria.

Nel caso del Padova invece il pari col Carpi ha tutto il sapore di un’agonia che si prolunga. Di una morte, calcistica, che sta arrivando un po’ alla volta ma sta arrivando e non ci saranno scappatoie. Avesse vinto al “Braglia” oggi i tre punti avrebbero avuto l’effetto di una straordinaria boccata d’ossigeno. Di quelle che ti fanno rialzare dal letto della rianimazione, anche se magari solo per qualche minuto. L’1-1 dà l’idea di un referto che, invece, dà il paziente per “leggermente migliorato ma sempre grave e assolutamente sotto osservazione”. Dunque sempre steso con gli occhi chiusi e un po’ di di fili e monitor attaccati.

Non ci resta che sperare che il fatto che il Padova non sia ancora definitivamente retrocesso, nonostante tutte le brutte prestazioni, sia un segnale. Un segnale che dobbiamo continuare a sperare. Che prima o poi ingraneremo la marcia giusta e riprenderemo il sentiero perduto.

Sono solo pie illusioni, ma queste ci son rimaste. E a queste ci dobbiamo aggrappare.

 

CI E’ RIMASTA SOLTANTO LA MATEMATICA

E’ finita? Io purtroppo credo di sì, anche se in cuor mio, in un angolino, custodisco ancora la speranza di un miracolo.

Una squadra che vuole salvarsi non gioca solo pochi minuti da squadra vera regalando un tempo intero ad un avversario e tirando i remi in barca subito dopo aver compiuto l’impresa di recuperare due gol di svantaggio. Una squadra che lotta con tutte le sue forze per la salvezza, dopo aver recuperato due gol in due minuti, la vince 4-2 quella partita. E riaccende così il proprio entusiasmo e la propria autostima, spegnendo definitivamente le paure.

Purtroppo oggi il Padova ha vissuto solo delle due fiammate dei gol. Troppo poco per risalire veramente la china.

Però la matematica è ancora lì. E’ rimasta da sola a remare dalla nostra parte. Chissà se alla fine avrà ragione lei o il nostro povero cuore scudato deluso…

ARRIVEDERCI, SENZA GRAZIE

Arrivederci Padova. E’ stato bello credere di potersi salvare. E’ stato bello credere nella scossa che poteva dare l’arrivo di Michele Serena. E’ stato bello pensare che una stagione iniziata tra mille errori potesse finire con qualche scelta azzeccata. E’ stato bello gioire per le pochissime vittorie che sono arrivate.

E’ stato orrendo invece vedere la situazione involversi così. Mai come stasera in campo sono andati 11 individui che si sono mossi ognuno per i cavoli suoi. Non c’è gruppo. Non c’è squadra. Non c’è condizione fisica. Non c’è determinazione. Non c’è nulla di quel che serve per scendere in campo e fare una partita perlomeno dignitosa.

Arrivederci Padova. Arrivederci sì, perché un tifoso vero non dice mai “addio” alla sua squadra del cuore. Dopo l’arrivederci però non c’è il “grazie”. Perché di dire “grazie” a chi in questo momento scende in campo senza carattere, voglia e almeno un pizzico di senso del dovere non è proprio il caso.

Altre parole non mi sento di aggiungere. Se hanno voglia di fare qualcosa il tempo forse c’è ancora per evitare il naufragio. Ma non così. Per favore, non possono volere così male alla città.

NAVIGARE A VISTA

Questi siamo. E con questi (tanti) difetti e questi (pochi) pregi dovremo arrivare in fondo a questo campionato cercando di evitare di precipitare nel baratro della retrocessione che purtroppo ci è molto vicino.

Le occasioni per strappare almeno un punto all’Empoli ci sono state oggi ma siamo evidentemente bloccati ad una paura inconscia che non ci fa spingere fino in fondo sull’acceleratore quando è ora di farlo. Sono tante le partite in cui, ci avessimo creduto solo un po’ di più e fossimo stati solo un pizzico più lucidi, avremmo senz’altro potuto portare a casa un punto. O forse tre. Ma stare qui ancora una volta a rigirare gli stessi discorsi rischia di trasformarsi in un boomerang che fa male all’autostima e allo stato d’animo già provato che abbiamo.

E allora, una volta di più, ha ragione Michele Serena. Non c’è altra alternativa che guardare avanti, alla prossima gara, navigando a vista senza farsi troppe “seghe” mentali. Alla fine tireremo una riga e sotto scriveremo la somma che abbiamo ottenuto lungo il cammino. Guardare la classifica, vivere di rimpianti per quello che poteva essere e non è stato e star lì a sottolineare i difetti di questa squadra non serve a niente.

Ne riparleremo a fine anno. E intanto aggrappiamoci all’unico vero pregio che è rimasto a questi giocatori, ovvero l’impegno. Da solo non basta ma, se mancasse, sarebbe davvero finita oggi.

FINALMENTE LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL

Non abbiamo fatto ancora niente. La classifica resta deficitaria, la strada da percorrere lunga e tortuosa.

Ma se oggi non fosse arrivata una vittoria contro il Novara, il Padova poteva con ogni probabilità ritenere conclusa l’esperienza in serie B con largo anticipo sulla fine del campionato. Essere riusciti a battere una diretta concorrente, scollandoci finalmente dai maledetti 18 punti, è un passo avanti non di poco conto. Anche perché, successo a parte, la squadra ha mostrato ulteriori segnali di risveglio sul piano del gioco e soprattutto di avere una gran voglia di tirarsi fuori da queste sabbie mobili, seguendo i consigli e la via indicata dal suo nuovo condottiero, Michele Serena.

Il pubblico ha poi fatto il resto, rispondendo presente all’iniziativa del biglietto d’ingresso ad 1 euro.

Gli ingredienti perché questo finale di stagione non si trasformi in una Caporetto ci sono. Ora sta al Padova continuare a crederci. E a far credere ai suoi tifosi che la salvezza è davvero possibile.

SEGNALI DI RISVEGLIO

Il Padova ha perso. E fin qui niente di nuovo.

Aldilà della sconfitta, su un calcio di rigore che ci poteva pure stare ma che l’arbitro è stato molto fiscale a dare contro il Padova, c’è però di buono che i biancoscudati hanno finalmente ridato la parvenza di una squadra. Nelle ultime uscite ognuno andava per conto suo, nessuno si sacrificava per l’altro, non si tirava in porta, in difesa succedevano cose turche. Oggi invece, a parte i primi dieci minuti di partita in cui il Palermo poteva tranquillamente portarsi in vantaggio, Cuffa e compagni hanno tenuto testa alla capolista. E pure bene, visto che se Osuji indovinava quel destro a tu per tu con Sorrentino, ci si poteva pure portare in vantaggio!

Se Pasquato riesce a rientrare appieno nel suo naturale ruolo di trequartista e ad essere un po’ più continuo nella prestazione, Rocchi comincia a segnare e a centrocampo si recupera a pieno servizio Iori credo che non potrà che andare meglio. L’unica cosa che si deve fare adesso è VINCERE contro il Novara sabato prossimo per poter dare seguito al cammino di risalita. E’ lo scontro salvezza più importante di tutto il campionato. Non si può perderlo. Per nessuna ragione al mondo. E con la cura Serena possiamo farcela.

PER FAVORE PIETA’

A distanza di qualche ora dall’ultimo scempio consumato allo stadio Euganeo, sto ridendo in modo nervoso e isterico. E mi sto dando della cretina non una ma cento volte.

E sapete perché? Perché, per un attimo, quando l’arbitro ha dato il secondo rigore al Padova, mi sono illusa di avere di nuovo di fronte una squadra con un pizzico di carattere e orgoglio, un gruppo di giocatori con la voglia di mettere almeno il naso fuori dal tunnel nero della crisi. Dopo il rigore dato al Carpi ho visto una reazione, ho visto Di Matteo andarsi a riprendere il penalty che gli era stato fischiato contro solo pochi minuti prima, ho visto Musacci tirare con precisione ed esultare con foga e gli altri andargli incontro. Come fanno le squadre vere insomma.

E invece… E’ bastato sbagliare il secondo tiro dal dischetto (cosa che peraltro può succedere e non per questo si dà dell’incapace a chi l’ha sbagliato) per passare, in una frazione di secondo, dallo stato solido allo stato… LIQUIDO. Basta. Chiuso. Stop. Il Padova è scomparso. Si è confuso con la pioggia delle pozzanghere del campo e si è fatto massacrare dal Carpi che ha fatto il bello e il cattivo tempo.

Questa totale e incondizionata resa è stata una delle cose più brutte che ho visto nell’ultimo decennio, calcisticamente parlando. E sì che ne abbiamo passate tante. Anche quando credevamo di stare peggio (con Cestaro) e invece stavamo decisamente meglio.

Non riesco a dire niente se non “PER FAVORE PIETA'”.

Per quanto riguarda l’allenatore, non cambio idea rispetto al mio post precedente. Non avrà tutte le colpe ma non ha più in mano questa squadra. Ribadisco: a mali estremi, estremi rimedi.

Perché qui, ragazzi, siamo con un piede in Lega Pro. E guai a non prendere provvedimenti per evitare che in Lega Pro ci cada anche l’altro. Con tutta la fatica fatta per abbandonare quell’inferno.

A MALI ESTREMI, ESTREMI RIMEDI

Non ho mai tollerato l’insana abitudine del calcio di far pagare agli allenatori colpe non loro.

Dopo aver visto il Padova di questa sera a Trapani, però, mi son convinta che, colpe o non colpe, a mali estremi (e la squadra mandata in campo stasera è un male estremo!) ci vogliono estremi rimedi.

La società ha provato in qualche modo a blindare l’allenatore, a far capire alla squadra che deve seguirlo, che episodi come quello della delegazione di giocatori andata dal presidente a chiedere di allontanare Mutti non devono più succedere. Ha provato ad instaurare il silenzio stampa, come se, peraltro, il problema fosse quello che i giocatori dicono in intervista e non invece, come succede, quello che trapela sotto banco dallo spogliatoio di Bresseo con una disarmante facilità! Penocchio e Valentini hanno tentato di risolvere i problemi con una sorta di rivoluzione sul mercato (stasera i nuovissimi acquisti Improta, Moretti e Almici sono stati tutti e tre titolari) ma la mossa non ha sortito l’effetto sperato. Anche tenere fuori i cosiddetti “dissidenti” (su tutti il capitano, Cuffa) non ha prodotto risultati positivi.

Niente da fare, tutto inutile. Abbiamo iniziato il girone di ritorno peggio di come abbiamo terminato quello d’andata, da non credere che fosse possibile!

La classifica dice però che non siamo ancora il Grosseto dell’anno scorso, retrocesso in Lega Pro già a Natale. Nonostante la situazione disastrosa e le vittorie ormai illustri sconosciute, abbiamo ancora due formazioni sotto di noi (Juve Stabia e Reggina) e quelle sopra di noi non sono troppo lontane.

Proprio perché non siamo assolutamente ancora spacciati, la società non può lasciare nulla di intentato e deve, a mio avviso, provare anche l’ultima carta che le resta, giusta o sbagliata che sia. Si è visto chiaramente stasera che questa squadra l’allenatore non lo segue più ed è finito il tempo di aggrapparsi alle questioni di principio. A mio avviso, bisogna cambiare. E farlo anche in fretta. Perché così non abbiamo nè capo nè coda e non andiamo da nessuna parte.

Poi se la società decide di prendersi altro tempo e la squadra sabato contro il Carpi all’Euganeo mi fa capire che mi sono sbagliata io e che vuole proseguire il suo cammino verso la salvezza con Mutti sono pronta a rimangiarmi le mie parole e a chiedere scusa per averle anche solo pensate. Mi deve però dare un segnale bello forte. E non solo a me: anche e anzi soprattutto ai tifosi. In particolare a quei 50 eroi che si sono avventurati fino a Trapani per assistere, sotto una pioggia battente e un vento gelido, ad uno spettacolo a dir poco indecoroso.