PER FAVORE, EVITATE LE LACRIME DI COCCODRILLO

Il Padova è retrocesso in Lega Pro. Ma non stasera, bensì a settembre dello scorso anno. Non era a Siena che eravamo chiamati ad essere diversi da quelli che siamo, era contro Juve Stabia, Reggina e altre dirette concorrenti con cui abbiamo condiviso dall’inizio alla fine del campionato i bassifondi della classifica.

Non mi viene affatto da piangere per questa retrocessione. Perché mia nonna diceva sempre: chi è causa del suo mal pianga se stesso e il Padova, questa retrocessione, se l’è ampiamente meritata. Giocando forse due o al massimo tre partite in maniera decente (su 42 gare a disposizione), soprattutto dal punto di vista umano. Per il resto, solo inguardabili figuracce, da mettersi la maglia davanti alla faccia a fine partita per nascondersi dalla vergogna.

Ecco perché stasera a farmi stare male più di ogni altra cosa sono le lacrime che ho visto scendere sul volto di qualche giocatore. Lacrime di coccodrillo, per come la vedo io. Troppo comodo coprirsi ora il volto con le mani e mostrare la faccia dispiaciuta, quando il tuo procuratore, con ogni probabilità, si è messo a cercarti un’altra sistemazione già qualche settimana fa. Questa è ipocrisia allo stato puro. Non bastano due lacrime per lavarsi la coscienza sporca. La maggior parte dei giocatori sa di non aver dato tutto quello che poteva e doveva, lasciando solo chi invece si è impegnato sempre e si è ritrovato da solo al timone di una barca in piena tempesta non riuscendo a tenere la rotta della salvezza.

Risparmiateci la sceneggiata, almeno quella, visto che non siete stati in grado di conservare e tutelare il patrimonio della serie B.

Chiudo con un invito, caloroso, al presidente Penocchio: non so, dopo il disastro che ha combinato in soli 10 mesi, dopo tutte le fatiche emotive ed economiche di Cestaro, se vuole rimanere alla guida del calcio Padova o se tenterà di vendere. Se decide di rimanere nella stanza dei bottoni, per cortesia, si attorni di persone competenti. E soprattutto di persone che hanno voglia di imparare a conoscere la piazza e ad amare i suoi tifosi. Lui per primo non ci ha capito un granché…

 

LA RABBIA NON FA CHE AUMENTARE

Vedere il Padova vincere col Pescara non ha fatto altro che farmi arrabbiare, se già non lo ero abbastanza con questa squadra.

Se penso che basterebbe avere qualche punticino in più per non dover pendere così tremendamente da Novara e Varese mi vien da fare esattamente come hanno fatto oggi i tifosi allo stadio: incavolarmi come una bestia coi giocatori e fischiarli, per tutte le occasioni buttate al vento con una leggerezza disarmante.

Quel che raddoppia la dose di rabbia è poi constatare che oggi i lor signori son riusciti a vincere contro un avversario tosto e per nulla propenso a regali e favori in un clima bruttissimo, con l’Euganeo mezzo vuoto e i tifosi pronti a contestare ad ogni passaggio. Ma perché non sono riusciti a tirare fuori il carattere e quel poco in più che bastava quando tutto lo stadio li aiutava, cantava loro cori di incitamento per tutti e novanta i minuti, li sosteneva e li amava?

Sfogo finito. Il miracolo non è ancora compiuto.

L’agonia è solo prolungata e, con ogni probabilità, la morte cerebrale è stata rimandata di sette giorni. Anzi otto: perché col Siena si gioca di domenica.

 

P.S.: mi ha invece riempito il cuore il corteo di questa mattina, in cui si è visto che il cuore pallonaro di Padova batte e batte ancora forte. Spero che le promesse dei candidati sindaco non siano parole al vento e che ci possa davvero essere un futuro più roseo per il nostro Biancoscudo.

GAME OVER E STAVOLTA PER DAVVERO

Nel 2009, a poche giornate dalla fine del campionato di C1, perdemmo in casa 3-2 col Ravenna. Il “Mattino di Padova” il giorno dopo titolò, giustamente, GAME OVER. La sconfitta infatti ci aveva allontanato dai playoff di 6 punti, apparentemente impossibili da rimontare in così poco tempo. Poi invece arrivò l’impresa e, settimana dopo settimana, riuscimmo non solo ad agguantarli i playoff ma anche a buttare fuori dagli spareggi per la B lo stesso Ravenna che in campionato ci aveva ridotto in polpette, andando poi a vincere la finalissima a Busto Arsizio il 21 giugno, giornata che resterà per sempre nel cuore di tutti noi tifosi come una delle più belle in assoluto della storia biancoscudata.

Ecco, in un angolo del mio cuore ho sperato che anche quest’anno l’impossibile potesse ad un certo punto tornare possibile in qualche modo. Fino a stasera, serata che ha sancito la nostra retrocessione in Lega Pro dopo appena cinque anni di campionato cadetto. Stavolta è proprio GAME OVER e nessuno potrà cambiare questo destino triste ma giusto, visti i pochi valori espressi sul campo dall’inizio alla fine del campionato.

Onesta e sincera: mi dispiace per qualcuno, per Iori ad esempio, per Cuffa, per Mazzoni, per Nocchi, per chi in generale, una volta chiamato in causa, poco o tanto che sia stato, ha dato il suo contributo. Mi dispiace per Serena, arrivato a barca già mezza affondata e senza salvagenti. Ma per tanti altri non mi dispiace affatto: hanno meritato la retrocessione perché non hanno fatto abbastanza per meritare la salvezza. Tra questi c’è, in primis, la società che ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare, commettendo anche l’errore di perseverare in alcuni errori. “Ci salveremo al cento per cento”, disse una volta Penocchio in trasmissione da me. Altro che presidente, altro che… Guardi qui che disastro ha combinato. Pensi che ci avevamo messo solo 11 anni a tornare in B: lei in pochi mesi ha distrutto tutto. Questo sì che è un record, presidente…

SERIE B ADDIO

E’ finita. Sì, lo so, era finita anche la settimana scorsa e quella prima ancora. Ma il Padova mi ha talmente abituato negli anni alle salvezze last minute che credevo veramente che, prima o poi, qualcosa in più avremmo tirato fuori. Se non dai piedi, almeno dal cuore (orgoglio) e dalle mutande (attributi).

Stasera invece è proprio naufragato tutto. La squadra intera e, con essa, una società che in un solo anno è riuscita nell’impresa (questa sì titanica) di buttare nel cesso tutta la fatica fatta per tornare nel calcio di serie B, sbagliando tutto quello che poteva sbagliare. Nel costruire la squadra, nel gestirla e nel portare avanti i rapporti con la piazza, di fatto mai sbocciati e sempre tesi come corde di violino.

Sì, perché in campo ci sono andati i giocatori e i voti li potete leggere nelle pagelle, anche se in realtà non ce n’è bisogno perché le prestazioni sono sotto gli occhi di tutti, ma fuori dal campo a toppare tutto quel che poteva toppare è stata la società. Penocchio, Valentini senior, Valentini junior e via scendendo.

E ora che si fa? Me lo ha chiesto una tifosa su Facebook pochi minuti fa mandandomi un messaggio in privato. Che si fa… La fede e la passione non retrocedono. Continueremo a seguire il Padova, “anca sua luna”, cantavano una volta gli ultras. L’unica cosa che mi fa paura più del presente è il futuro. E qui cito l’sms che mi ha scritto al telefonino un altro tifoso, un tipo di grande ironia e di pungente arguzia. “Ma dici che ce la faremo a salvarci? L’anno prossimo intendo…”. Già, l’anno prossimo. Riusciremo a rimanere in piedi in Lega Pro o siamo di fronte all’inizio della fine e dunque all’orlo del baratro? Ho il terrore che il domani possa essere peggio dell’oggi, che già è tremendo. E con ogni probabilità questo timore porterà via qualche ora di sonno non solo a me stanotte.

MERITIAMO LA POSIZIONE CHE ABBIAMO

La matematica dice che non siamo ancora morti. E il Palermo oggi, giocando alla morte con il Novara pur sapendo che in A diretto ci andava anche con un pareggio, ha non solo dimostrato che il fair play fa ancora parte di questo calcio brutto e cattivo ma anche fatto indirettamente un favore ai biancoscudati tenendo il Novara a cinque punti. Da recuperare in cinque partite.

Finché non scorreranno i titoli di coda, io continuerò a sperare che, in qualche modo, per intervento divino o semplicemente per culo, il Padova ce la possa fare.

Facendo un’analisi lucida però non posso che allargare una volta di più le braccia e dire che la posizione in classifica che abbiamo è esattamente quella che ci meritiamo. Non siamo mai riusciti a vincere due partite di fila. Abbiamo toppato tutti gli scontri diretti. Abbiamo abbassato la testa quando era ora di tenerla alta. Abbiamo buttato via nei finali di gara una carretta di punti, quando ormai la vittoria sembrava portata a casa, mancando sistematicamente il salto di qualità.

Il Cittadella, fino a un mese fa messo come noi, è riuscito non solo a dire che con un filotto di vittorie si poteva riprendere in corsa il treno salvezza ma anche a dare concretezza a questo proposito, coi risultati sul campo, coi gol, con la sofferenza. Quella che il Padova ha invece fatto provare solo ai suoi tifosi.

I granata, lo dico da sportiva, stanno veramente facendo il miracolo e probabilmente si salveranno diretti, senza passare per i playout.

E noi? Dove ci siamo persi?

UNA DOVEROSA PRECISAZIONE

Lunedì scorso, a “Biancoscudati channel”, ho avuto come ospite del calcio Padova l’amministratore delegato Andrea Valentini. Che sarebbe venuto lui l’ho saputo solo pochi minuti prima dell’inizio della diretta. In mattinata, infatti, mi era stato detto che toccava al centrocampista Federico Moretti. Vista la situazione delicatissima della squadra invece, intorno alle 20.30, Valentini ha rotto gli indugi e ha deciso di presentarsi in prima persona, evitando la passerella in tv a un giocatore peraltro tra quelli più criticati al termine della sfida persa rovinosamente contro il Bari sabato scorso.

La trasmissione è iniziata intorno alle 21.15 e subito il clima è diventato incandescente, proprio perché il Padova è terzultimo e il rischio della retrocessione è concretissimo. Al primo intervallo pubblicitario, il mio regista ha acceso l’interfono tra la regia e lo studio e mi ha comunicato che aveva suonato il campanello uno dei portavoce della Tribuna Fattori, Andrea Castagnoli. Chiedeva di entrare e di partecipare al dibattito per avere un confronto con l’amministratore delegato del Padova. A trasmissione già iniziata e con lo studio già pieno in ogni sua postazione (avevo nove tifosi del club Intrepidi di Brugine più l’ex attaccante Filippo Maniero, oltre ovviamente al mio opinionista fisso Stefano Edel) non me la sono sentita di farlo entrare. Mi sembrava di mancare di rispetto alle persone che avevo invitato per partecipare alla trasmissione. Tutti i presenti in studio hanno chiaramente sentito che Andrea Castagnoli si era presentato ed era lì, davanti al portone di Telenuovo, perché il citofono con cui comunichiamo fa sentire la voce del regista in tutto lo studio.

Sono ovviamente dispiaciuta per quel che è successo: so che Andrea, in rappresentanza della Fattori, teneva moltissimo a confrontarsi con Valentini, ma una cosa del genere andava organizzata in un certo modo, a mio avviso, non improvvisata a diretta già cominciata. Dopo aver insistito un po’, Andrea si è allontanato da Telenuovo e se n’è andato.

Spero si possano creare in altra occasione le circostanze giuste per questo confronto. Intanto spero che domani a Crotone il Padova tenga vive le ultime speranze di salvezza che stiamo raschiando dal fondo del barile per non arrenderci alla retrocessione…

A QUESTO PUNTO MEGLIO RASSEGNARSI

Da giornalista continuerò a credere che il Padova si possa salvare finché non arriverà la matematica a sventolarmi in faccia la retrocessione in Lega Pro. Mi agiterò, farò la telecronaca, gioirò o mi deprimerò come ho sempre fatto da quando seguo questa squadra.

Da tifosa però oggi ho deciso che procedere nella tortura non ha più alcun senso. Meglio mettersi il cuore in pace e prepararsi al peggio. Certo, negli ultimi anni, il Padova ci ha abituato a straordinarie rimonte in extremis e tutto può succedere. Ma la realtà attuale dice che non riusciamo a fare due vittorie di fila. Che non siamo capaci di mettere in campo lo stesso spirito combattivo per più di due o tre volte. Come si può sperare di vincere tutte e sei le partite che mancano alla fine se oggi, all’appuntamento cruciale con il Bari, ce ne siamo stati bellamente a casa?

Meglio iniziare già da ora a pensare che l’anno prossimo le nostre abitudini del fine settimana dovranno essere stravolte. Che il Padova lo si seguirà la domenica e quindi sarà il sabato il giorno giusto per mettere dentro altre cose della propria vita. Che tristezza. Basterebbe così poco per salvarsi, possibile che non si riesca a fare quel poco?

Faccio fatica ad aggiungere altro.

CON LE NOSTRE FORZE

Con le nostre forze ce la possiamo fare. Non c’è decisione arbitrale dubbia o ingiusta che tenga. Il Padova, vincendo a Brescia di rimonta dopo aver subìto un calcio di rigore a 55 secondi dal fischio d’inizio, ha dimostrato che le qualità tecniche e mentali per salvarsi le ha tutte.

Qualche tempo fa una partita cominciata con un pugno in faccia così potente sarebbe finita con un tanto a poco per l’avversario. Ieri sera invece i biancoscudati hanno sfoderato rabbia, orgoglio e tanta voglia di regalarsi un finale di stagione come Dio comanda.

Novara e Cittadella hanno a loro volta vinto, dunque la posizione in classifica non è cambiata. Ieri sera ho provato rammarico per il mancato sorpasso sui granata e il mancato avvicinamento al Novara, oggi invece, a mente fredda, penso che sia stato meglio così. Non possiamo permetterci nemmeno per un giorno di rilassarci mentalmente. Bisogna rimanere sul pezzo fino alla fine.

Sotto col Bari. Altra sfida da vincere. Senza se e senza ma.

ARBITRI CONTRO MA GUAI A SENTIRSI PERSEGUITATI

E’ vero. Quest’anno con gli arbitri non ci è andata un granché bene. Sono tantissimi gli episodi dubbi che ci sono capitati, un po’ meno ma comunque numerosi gli episodi in cui invece è sotto gli occhi di tutti che il Padova è stato penalizzato. Per quanto riguarda la giornata odierna annovero tra gli episodi dubbi il rigore dato per il contatto tra Melchiorri e Lucioni (rigore generoso, siamo d’accordo, ma un minimo di contatto c’è e Melchiorri è un po’ scomposto nel suo intervento) mentre inserisco tra quelli oggettivamente penalizzanti il fallo di mano di Di Michele in occasione del 2-2 di Adejo, di cui onestamente non mi sono accorta in diretta perché si vede solo al terzo replay (c’è Iori davanti all’attaccante reggino che lo copre nelle altre due inquadrature). Dirò di più: nella stessa azione c’è anche una trattenuta su Osuji nel cuore dell’area che doveva spingere il direttore di gara, Pinzani di Empoli, a fermare il gioco e assegnare una punizione per la difesa biancoscudata ben prima che il pallone arrivasse al limite dell’area ad Adejo.

Detto questo, però, ho apprezzato moltissimo le parole pronunciate da Michele Serena a fine gara in sala stampa. L’allenatore del Padova ha detto la sua sugli episodi che hanno condannato il Padova al pareggio casalingo in una partita che bisognava invece vincere a tutti i costi, ha sottolineato che per lui il rigore era più che generoso e che Di Michele stesso gli ha ammesso in faccia, a fine partita, di aver toccato la palla col braccio, ma ha poi, guardando dritto in telecamera, rimarcato che il Padova non deve sentirsi perseguitato. Da nessuno. Men che meno dagli arbitri.

Come a dire sì, in effetti gli errori arbitrali ci stanno penalizzando, ma commetteremmo a nostra volta un errore madornale se ci sentissimo vittime, se ci piangessimo addosso, se pensassimo al complotto contro di noi, ad una persecuzione. Mancano otto partite alla fine. Quelle davanti non vanno velocissime. I playout ora come ora sono raggiungibili. Se continuiamo a giocare come in queste ultime gare, in cui finalmente si sono rivisti qualche bella combinazione d’attacco, qualche gol importante e qualche pregevole giocata di prima, si può fare.

Con la forza interiore e la consapevolezza nei mezzi che avevamo anche prima ma che ora abbiamo finalmente riscoperto e sfoderato la salvezza è a portata di mano. Soffrendo certo, fino all’ultimo minuto dell’ultima partita, ma è raggiungibile. Non aggrappiamoci alle cause esterne e facciamo girare nel verso giusto quel che dipende da noi e dalla nostra volontà.

I SEGNALI

E’ tanto l’amaro in bocca per un pareggio che poteva essere una vittoria. E’ inutile negarlo: al 90′, quando Ebagua ha cacciato dentro il 2-2, l’entusiasmo fin lì cullato dall’illusione di riuscire a portare a casa, per la prima volta dall’inizio del campionato, la seconda vittoria di fila si è sgonfiato di brutto. E’ normale che sia così: i tre punti avrebbero permesso al Padova di riaprire il discorso playout e non al Cittadella (che ha vinto col Siena sorpassando i biancoscudati in classifica) e lo scontro diretto di domenica prossima con la Reggina all’Euganeo avrebbe avuto tutt’altro sapore.

Purtroppo non è andata così. Ed è confermato una volta di più che dovremo soffrire fino all’ultimo secondo per tentare di agguantare la salvezza.

Detto questo però è inutile, arrivati a questo punto, buttare via il bambino con l’acqua sporca. In fin dei conti, alla vigilia, avremmo firmato per un pari al “Picco”. Visto che un punto lo si è portato a casa, penso sia il caso di rimanerci un po’ male per come è maturato il risultato, ma certo non di disperarsi. Proprio alla luce di quello scontro diretto di domenica in casa. Proprio alla luce del fatto che l’attacco ha ricominciato a girare. Che abbiamo cominciato a segnare. Che non abbiamo paura di scendere in campo con 4 punte in trasferta a La Spezia.

Sono tutti segnali che la fiammella della speranza è ancora accesa e può, anzi deve, restare accesa fino alla fine.

Mi permetto un’unica considerazione tecnica, alla luce delle ultime due sfide. Col Lanciano all’Euganeo stavi pareggiando e, ad inizio ripresa, hai buttato dentro una punta in più. Hai così fatto capire all’avversario che non avevi paura a mettere il muso in avanti e hai vinto 5-1. Oggi il Padova stava vincendo 2-0 ma, una volta preso il primo gol spezzino con Giannetti, Serena ha tolto Pasquato (una punta) e ha inserito un centrocampista. Anche in questo caso ha lanciato un segnale all’avversario che purtroppo è stato inverso a quello sbattuto sul muso al Lanciano sette giorni fa. A fine gara l’allenatore biancoscudato ha spiegato che i cambi sono stati obbligati per via di problemi fisici di alcuni giocatori e quindi senz’altro non poteva fare altrimenti.

Da qui in avanti però sarà meglio continuare a cercare di mettere paura all’avversario giocando arrembanti piuttosto che dargli l’impressione che faremo un passo indietro per difendere il risultato acquisito fino a quel momento. Anche perché, in difesa, purtroppo, continuiamo a combinare almeno due frittate a partita. Meglio, insomma, non farci troppo affidamento.