L’AGONIA CONTINUA

Dovrebbe essere un piacere per un tifoso sapere che la sua squadra del cuore non è ancora condannata matematicamente alla retrocessione e che dunque si può giocare ancora delle carte per conservare la categoria.

Nel caso del Padova invece il pari col Carpi ha tutto il sapore di un’agonia che si prolunga. Di una morte, calcistica, che sta arrivando un po’ alla volta ma sta arrivando e non ci saranno scappatoie. Avesse vinto al “Braglia” oggi i tre punti avrebbero avuto l’effetto di una straordinaria boccata d’ossigeno. Di quelle che ti fanno rialzare dal letto della rianimazione, anche se magari solo per qualche minuto. L’1-1 dà l’idea di un referto che, invece, dà il paziente per “leggermente migliorato ma sempre grave e assolutamente sotto osservazione”. Dunque sempre steso con gli occhi chiusi e un po’ di di fili e monitor attaccati.

Non ci resta che sperare che il fatto che il Padova non sia ancora definitivamente retrocesso, nonostante tutte le brutte prestazioni, sia un segnale. Un segnale che dobbiamo continuare a sperare. Che prima o poi ingraneremo la marcia giusta e riprenderemo il sentiero perduto.

Sono solo pie illusioni, ma queste ci son rimaste. E a queste ci dobbiamo aggrappare.

 

CI E’ RIMASTA SOLTANTO LA MATEMATICA

E’ finita? Io purtroppo credo di sì, anche se in cuor mio, in un angolino, custodisco ancora la speranza di un miracolo.

Una squadra che vuole salvarsi non gioca solo pochi minuti da squadra vera regalando un tempo intero ad un avversario e tirando i remi in barca subito dopo aver compiuto l’impresa di recuperare due gol di svantaggio. Una squadra che lotta con tutte le sue forze per la salvezza, dopo aver recuperato due gol in due minuti, la vince 4-2 quella partita. E riaccende così il proprio entusiasmo e la propria autostima, spegnendo definitivamente le paure.

Purtroppo oggi il Padova ha vissuto solo delle due fiammate dei gol. Troppo poco per risalire veramente la china.

Però la matematica è ancora lì. E’ rimasta da sola a remare dalla nostra parte. Chissà se alla fine avrà ragione lei o il nostro povero cuore scudato deluso…

ARRIVEDERCI, SENZA GRAZIE

Arrivederci Padova. E’ stato bello credere di potersi salvare. E’ stato bello credere nella scossa che poteva dare l’arrivo di Michele Serena. E’ stato bello pensare che una stagione iniziata tra mille errori potesse finire con qualche scelta azzeccata. E’ stato bello gioire per le pochissime vittorie che sono arrivate.

E’ stato orrendo invece vedere la situazione involversi così. Mai come stasera in campo sono andati 11 individui che si sono mossi ognuno per i cavoli suoi. Non c’è gruppo. Non c’è squadra. Non c’è condizione fisica. Non c’è determinazione. Non c’è nulla di quel che serve per scendere in campo e fare una partita perlomeno dignitosa.

Arrivederci Padova. Arrivederci sì, perché un tifoso vero non dice mai “addio” alla sua squadra del cuore. Dopo l’arrivederci però non c’è il “grazie”. Perché di dire “grazie” a chi in questo momento scende in campo senza carattere, voglia e almeno un pizzico di senso del dovere non è proprio il caso.

Altre parole non mi sento di aggiungere. Se hanno voglia di fare qualcosa il tempo forse c’è ancora per evitare il naufragio. Ma non così. Per favore, non possono volere così male alla città.

NAVIGARE A VISTA

Questi siamo. E con questi (tanti) difetti e questi (pochi) pregi dovremo arrivare in fondo a questo campionato cercando di evitare di precipitare nel baratro della retrocessione che purtroppo ci è molto vicino.

Le occasioni per strappare almeno un punto all’Empoli ci sono state oggi ma siamo evidentemente bloccati ad una paura inconscia che non ci fa spingere fino in fondo sull’acceleratore quando è ora di farlo. Sono tante le partite in cui, ci avessimo creduto solo un po’ di più e fossimo stati solo un pizzico più lucidi, avremmo senz’altro potuto portare a casa un punto. O forse tre. Ma stare qui ancora una volta a rigirare gli stessi discorsi rischia di trasformarsi in un boomerang che fa male all’autostima e allo stato d’animo già provato che abbiamo.

E allora, una volta di più, ha ragione Michele Serena. Non c’è altra alternativa che guardare avanti, alla prossima gara, navigando a vista senza farsi troppe “seghe” mentali. Alla fine tireremo una riga e sotto scriveremo la somma che abbiamo ottenuto lungo il cammino. Guardare la classifica, vivere di rimpianti per quello che poteva essere e non è stato e star lì a sottolineare i difetti di questa squadra non serve a niente.

Ne riparleremo a fine anno. E intanto aggrappiamoci all’unico vero pregio che è rimasto a questi giocatori, ovvero l’impegno. Da solo non basta ma, se mancasse, sarebbe davvero finita oggi.

FINALMENTE LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL

Non abbiamo fatto ancora niente. La classifica resta deficitaria, la strada da percorrere lunga e tortuosa.

Ma se oggi non fosse arrivata una vittoria contro il Novara, il Padova poteva con ogni probabilità ritenere conclusa l’esperienza in serie B con largo anticipo sulla fine del campionato. Essere riusciti a battere una diretta concorrente, scollandoci finalmente dai maledetti 18 punti, è un passo avanti non di poco conto. Anche perché, successo a parte, la squadra ha mostrato ulteriori segnali di risveglio sul piano del gioco e soprattutto di avere una gran voglia di tirarsi fuori da queste sabbie mobili, seguendo i consigli e la via indicata dal suo nuovo condottiero, Michele Serena.

Il pubblico ha poi fatto il resto, rispondendo presente all’iniziativa del biglietto d’ingresso ad 1 euro.

Gli ingredienti perché questo finale di stagione non si trasformi in una Caporetto ci sono. Ora sta al Padova continuare a crederci. E a far credere ai suoi tifosi che la salvezza è davvero possibile.

SEGNALI DI RISVEGLIO

Il Padova ha perso. E fin qui niente di nuovo.

Aldilà della sconfitta, su un calcio di rigore che ci poteva pure stare ma che l’arbitro è stato molto fiscale a dare contro il Padova, c’è però di buono che i biancoscudati hanno finalmente ridato la parvenza di una squadra. Nelle ultime uscite ognuno andava per conto suo, nessuno si sacrificava per l’altro, non si tirava in porta, in difesa succedevano cose turche. Oggi invece, a parte i primi dieci minuti di partita in cui il Palermo poteva tranquillamente portarsi in vantaggio, Cuffa e compagni hanno tenuto testa alla capolista. E pure bene, visto che se Osuji indovinava quel destro a tu per tu con Sorrentino, ci si poteva pure portare in vantaggio!

Se Pasquato riesce a rientrare appieno nel suo naturale ruolo di trequartista e ad essere un po’ più continuo nella prestazione, Rocchi comincia a segnare e a centrocampo si recupera a pieno servizio Iori credo che non potrà che andare meglio. L’unica cosa che si deve fare adesso è VINCERE contro il Novara sabato prossimo per poter dare seguito al cammino di risalita. E’ lo scontro salvezza più importante di tutto il campionato. Non si può perderlo. Per nessuna ragione al mondo. E con la cura Serena possiamo farcela.

PER FAVORE PIETA’

A distanza di qualche ora dall’ultimo scempio consumato allo stadio Euganeo, sto ridendo in modo nervoso e isterico. E mi sto dando della cretina non una ma cento volte.

E sapete perché? Perché, per un attimo, quando l’arbitro ha dato il secondo rigore al Padova, mi sono illusa di avere di nuovo di fronte una squadra con un pizzico di carattere e orgoglio, un gruppo di giocatori con la voglia di mettere almeno il naso fuori dal tunnel nero della crisi. Dopo il rigore dato al Carpi ho visto una reazione, ho visto Di Matteo andarsi a riprendere il penalty che gli era stato fischiato contro solo pochi minuti prima, ho visto Musacci tirare con precisione ed esultare con foga e gli altri andargli incontro. Come fanno le squadre vere insomma.

E invece… E’ bastato sbagliare il secondo tiro dal dischetto (cosa che peraltro può succedere e non per questo si dà dell’incapace a chi l’ha sbagliato) per passare, in una frazione di secondo, dallo stato solido allo stato… LIQUIDO. Basta. Chiuso. Stop. Il Padova è scomparso. Si è confuso con la pioggia delle pozzanghere del campo e si è fatto massacrare dal Carpi che ha fatto il bello e il cattivo tempo.

Questa totale e incondizionata resa è stata una delle cose più brutte che ho visto nell’ultimo decennio, calcisticamente parlando. E sì che ne abbiamo passate tante. Anche quando credevamo di stare peggio (con Cestaro) e invece stavamo decisamente meglio.

Non riesco a dire niente se non “PER FAVORE PIETA'”.

Per quanto riguarda l’allenatore, non cambio idea rispetto al mio post precedente. Non avrà tutte le colpe ma non ha più in mano questa squadra. Ribadisco: a mali estremi, estremi rimedi.

Perché qui, ragazzi, siamo con un piede in Lega Pro. E guai a non prendere provvedimenti per evitare che in Lega Pro ci cada anche l’altro. Con tutta la fatica fatta per abbandonare quell’inferno.

A MALI ESTREMI, ESTREMI RIMEDI

Non ho mai tollerato l’insana abitudine del calcio di far pagare agli allenatori colpe non loro.

Dopo aver visto il Padova di questa sera a Trapani, però, mi son convinta che, colpe o non colpe, a mali estremi (e la squadra mandata in campo stasera è un male estremo!) ci vogliono estremi rimedi.

La società ha provato in qualche modo a blindare l’allenatore, a far capire alla squadra che deve seguirlo, che episodi come quello della delegazione di giocatori andata dal presidente a chiedere di allontanare Mutti non devono più succedere. Ha provato ad instaurare il silenzio stampa, come se, peraltro, il problema fosse quello che i giocatori dicono in intervista e non invece, come succede, quello che trapela sotto banco dallo spogliatoio di Bresseo con una disarmante facilità! Penocchio e Valentini hanno tentato di risolvere i problemi con una sorta di rivoluzione sul mercato (stasera i nuovissimi acquisti Improta, Moretti e Almici sono stati tutti e tre titolari) ma la mossa non ha sortito l’effetto sperato. Anche tenere fuori i cosiddetti “dissidenti” (su tutti il capitano, Cuffa) non ha prodotto risultati positivi.

Niente da fare, tutto inutile. Abbiamo iniziato il girone di ritorno peggio di come abbiamo terminato quello d’andata, da non credere che fosse possibile!

La classifica dice però che non siamo ancora il Grosseto dell’anno scorso, retrocesso in Lega Pro già a Natale. Nonostante la situazione disastrosa e le vittorie ormai illustri sconosciute, abbiamo ancora due formazioni sotto di noi (Juve Stabia e Reggina) e quelle sopra di noi non sono troppo lontane.

Proprio perché non siamo assolutamente ancora spacciati, la società non può lasciare nulla di intentato e deve, a mio avviso, provare anche l’ultima carta che le resta, giusta o sbagliata che sia. Si è visto chiaramente stasera che questa squadra l’allenatore non lo segue più ed è finito il tempo di aggrapparsi alle questioni di principio. A mio avviso, bisogna cambiare. E farlo anche in fretta. Perché così non abbiamo nè capo nè coda e non andiamo da nessuna parte.

Poi se la società decide di prendersi altro tempo e la squadra sabato contro il Carpi all’Euganeo mi fa capire che mi sono sbagliata io e che vuole proseguire il suo cammino verso la salvezza con Mutti sono pronta a rimangiarmi le mie parole e a chiedere scusa per averle anche solo pensate. Mi deve però dare un segnale bello forte. E non solo a me: anche e anzi soprattutto ai tifosi. In particolare a quei 50 eroi che si sono avventurati fino a Trapani per assistere, sotto una pioggia battente e un vento gelido, ad uno spettacolo a dir poco indecoroso.

TONI TROPPO ESASPERATI

Capisco la preoccupazione dei tifosi per la situazione difficile del Padova. E’ anche la mia.

Capisco il rammarico dei tifosi per i punti gettati al vento fino a questo momento a causa di prestazioni non all’altezza. E’ anche il mio.

Capisco la rabbia dei tifosi per le, purtroppo tante, scelte avventate e, diciamolo pure, sbagliate di questa nuova proprietà che ha prima sposato un progetto e poi lo ha buttato a mare, ha portato giocatori non all’altezza e ora si trova nella situazione di dover operare una rivoluzione bella e buona. E’ anche la mia.

Le scritte con le minacce di morte però, onestamente, non le capisco e non le condivido. Nella maniera più assoluta.

Che questi nuovi dirigenti del Padova abbiano commesso degli errori, in qualche caso anche gravi, è una pura constatazione. Loro per primi lo hanno ammesso nelle ultime interviste rilasciate anche a noi di Telenuovo. Ricordo un Andrea Valentini alla cena di Natale. “Quando ci siamo insediati erano i primi di luglio. Ci siamo ritrovati con talmente tante cose da fare che senz’altro abbiamo commesso degli errori. Siamo qui per porvi rimedio”, sono state più o meno le parole dell’amministratore delegato. Ora che si è aperta la finestra di mercato di gennaio, finalmente capiremo quanto ha intenzione di spendere la nuova proprietà e come ha intenzione di mettere mano alla rosa dei giocatori.

Loro per primi sanno che sono sotto osservazione e che non possono più permettersi di sbagliare. Le minacce di morte sono francamente eccessive e fuori luogo.

 

LA RIVOLUZIONE DI GENNAIO

Scusate il ritardo nel post ma, per un improrogabile impegno personale, domenica non ho visto Avellino-Padova e ieri, tanto per cambiare, sono stata vittima di un attacco batterico/virulento, credo il quinto-sesto nell’ultimo bimestre (passerà anche questo periodaccio, no?).

Bando alle ciance. Sono sempre stata contraria alle rivoluzioni nel mercato di riparazione. Le squadre si costruiscono a giugno-luglio non a gennaio, in corsa si devono fare pochi e mirati correttivi, un po’ come ha detto anche il direttore sportivo del Padova, Alessio Secco, ospite all’ultima puntata del 2013 di “Biancoscudati channel” lo scorso 23 dicembre.

Purtroppo il Padova di quest’anno fa alla grande eccezione con questo mio, e non solo mio, pensiero. Qui la rivoluzione, purtroppo, ci vuole e dovrà essere una rivoluzione che non dovrà guardare in faccia a nessuno. A centrocampo ci vogliono innesti di qualità, a maggior ragione ora che Iori si è infortunato al ginocchio, in difesa anche. Pure l’attacco che sembrava poter essere risparmiato da questa “super operazione simpatia”, secondo me, necessita di più qualità: Pasquato, Melchiorri e tutto sommato anche Vantaggiato un certo apporto lo garantiscono, i vari Ciano e Feczesin, secondo me, hanno un po’ deluso. E per arrivare alla salvezza occorre che anche le cosiddette “seconde linee” siano all’altezza delle prime quando vengono chiamate in causa.

Mi fermo qui nei consigli per gli acquisti. Chi di dovere farà quello che ritiene giusto e, alla fine, vedremo cosa ne verrà fuori. Un’ultima cosa però mi sento di suggerirla alla proprietà che proprio oggi vive l’uscita di scena ufficiale e definitiva del cavaliere Marcello Cestaro dal consiglio d’amministrazione. Per quanto sarà possibile, meno prestiti e più acquisti. Perché di gente che va e viene e non si affeziona alla maglia la piazza ha le scatole piene. E infine: pensiamo già alla costruzione di una sorta di “zoccolo duro” che possa durare negli anni, non a farci rifilare gente che magari passa di qui solo 6 mesi giusto perché da altre parti non trova spazio.

Il tifoso ha bisogno di ricominciare a riflettersi in questo Padova. Di sentirlo suo. Di conoscere i giocatori e farsi conoscere da loro. Per creare un ambiente vincente e positivo i dirigenti non possono prescindere da queste fondamentali valutazioni.