ARBITRI CONTRO MA GUAI A SENTIRSI PERSEGUITATI

E’ vero. Quest’anno con gli arbitri non ci è andata un granché bene. Sono tantissimi gli episodi dubbi che ci sono capitati, un po’ meno ma comunque numerosi gli episodi in cui invece è sotto gli occhi di tutti che il Padova è stato penalizzato. Per quanto riguarda la giornata odierna annovero tra gli episodi dubbi il rigore dato per il contatto tra Melchiorri e Lucioni (rigore generoso, siamo d’accordo, ma un minimo di contatto c’è e Melchiorri è un po’ scomposto nel suo intervento) mentre inserisco tra quelli oggettivamente penalizzanti il fallo di mano di Di Michele in occasione del 2-2 di Adejo, di cui onestamente non mi sono accorta in diretta perché si vede solo al terzo replay (c’è Iori davanti all’attaccante reggino che lo copre nelle altre due inquadrature). Dirò di più: nella stessa azione c’è anche una trattenuta su Osuji nel cuore dell’area che doveva spingere il direttore di gara, Pinzani di Empoli, a fermare il gioco e assegnare una punizione per la difesa biancoscudata ben prima che il pallone arrivasse al limite dell’area ad Adejo.

Detto questo, però, ho apprezzato moltissimo le parole pronunciate da Michele Serena a fine gara in sala stampa. L’allenatore del Padova ha detto la sua sugli episodi che hanno condannato il Padova al pareggio casalingo in una partita che bisognava invece vincere a tutti i costi, ha sottolineato che per lui il rigore era più che generoso e che Di Michele stesso gli ha ammesso in faccia, a fine partita, di aver toccato la palla col braccio, ma ha poi, guardando dritto in telecamera, rimarcato che il Padova non deve sentirsi perseguitato. Da nessuno. Men che meno dagli arbitri.

Come a dire sì, in effetti gli errori arbitrali ci stanno penalizzando, ma commetteremmo a nostra volta un errore madornale se ci sentissimo vittime, se ci piangessimo addosso, se pensassimo al complotto contro di noi, ad una persecuzione. Mancano otto partite alla fine. Quelle davanti non vanno velocissime. I playout ora come ora sono raggiungibili. Se continuiamo a giocare come in queste ultime gare, in cui finalmente si sono rivisti qualche bella combinazione d’attacco, qualche gol importante e qualche pregevole giocata di prima, si può fare.

Con la forza interiore e la consapevolezza nei mezzi che avevamo anche prima ma che ora abbiamo finalmente riscoperto e sfoderato la salvezza è a portata di mano. Soffrendo certo, fino all’ultimo minuto dell’ultima partita, ma è raggiungibile. Non aggrappiamoci alle cause esterne e facciamo girare nel verso giusto quel che dipende da noi e dalla nostra volontà.

I SEGNALI

E’ tanto l’amaro in bocca per un pareggio che poteva essere una vittoria. E’ inutile negarlo: al 90′, quando Ebagua ha cacciato dentro il 2-2, l’entusiasmo fin lì cullato dall’illusione di riuscire a portare a casa, per la prima volta dall’inizio del campionato, la seconda vittoria di fila si è sgonfiato di brutto. E’ normale che sia così: i tre punti avrebbero permesso al Padova di riaprire il discorso playout e non al Cittadella (che ha vinto col Siena sorpassando i biancoscudati in classifica) e lo scontro diretto di domenica prossima con la Reggina all’Euganeo avrebbe avuto tutt’altro sapore.

Purtroppo non è andata così. Ed è confermato una volta di più che dovremo soffrire fino all’ultimo secondo per tentare di agguantare la salvezza.

Detto questo però è inutile, arrivati a questo punto, buttare via il bambino con l’acqua sporca. In fin dei conti, alla vigilia, avremmo firmato per un pari al “Picco”. Visto che un punto lo si è portato a casa, penso sia il caso di rimanerci un po’ male per come è maturato il risultato, ma certo non di disperarsi. Proprio alla luce di quello scontro diretto di domenica in casa. Proprio alla luce del fatto che l’attacco ha ricominciato a girare. Che abbiamo cominciato a segnare. Che non abbiamo paura di scendere in campo con 4 punte in trasferta a La Spezia.

Sono tutti segnali che la fiammella della speranza è ancora accesa e può, anzi deve, restare accesa fino alla fine.

Mi permetto un’unica considerazione tecnica, alla luce delle ultime due sfide. Col Lanciano all’Euganeo stavi pareggiando e, ad inizio ripresa, hai buttato dentro una punta in più. Hai così fatto capire all’avversario che non avevi paura a mettere il muso in avanti e hai vinto 5-1. Oggi il Padova stava vincendo 2-0 ma, una volta preso il primo gol spezzino con Giannetti, Serena ha tolto Pasquato (una punta) e ha inserito un centrocampista. Anche in questo caso ha lanciato un segnale all’avversario che purtroppo è stato inverso a quello sbattuto sul muso al Lanciano sette giorni fa. A fine gara l’allenatore biancoscudato ha spiegato che i cambi sono stati obbligati per via di problemi fisici di alcuni giocatori e quindi senz’altro non poteva fare altrimenti.

Da qui in avanti però sarà meglio continuare a cercare di mettere paura all’avversario giocando arrembanti piuttosto che dargli l’impressione che faremo un passo indietro per difendere il risultato acquisito fino a quel momento. Anche perché, in difesa, purtroppo, continuiamo a combinare almeno due frittate a partita. Meglio, insomma, non farci troppo affidamento.

CI VOLEVA TANTO?

Sono in tantissimi i tifosi che, in queste ore, non sanno se essere contenti per l’exploit del Padova (finalmente!) contro il Lanciano oppure essere arrabbiati perché fino a questo punto del campionato la squadra non aveva mai corso con lo spirito odierno e mai aggredito l’avversario con la voglia di vincere sfoderata oggi all’Euganeo.

In effetti il dubbio è amletico. E sono più che giustificate entrambe le correnti di pensiero. Perché è giusto anche gioire, visto che quest’anno ben poche volte ci è capitato, ma, d’altro canto, non possiamo nemmeno tapparci gli occhi del tutto e non ricordare le figuracce fin qui rimediate dagli stessi giocatori scesi in campo oggi.

In attesa di risolvere anche dentro di me questo dilemma, guardo la classifica. E sono convinta che se questi ragazzi daranno continuità alla prestazione odierna la salvezza non potrà che arrivare.

Il destino è nelle tue mani, Padova. Per favore, dai continuità alle belle cose mostrate col Lanciano facendo una prestazione altrettanto gagliarda a La Spezia.

Fallo per i tuoi tifosi. Che, arrabbiati o contenti, ti seguono sempre e sperano nel miracolo con tutto il loro cuore.

 

L’AGONIA CONTINUA BIS

Ormai faccio fatica a trovare le parole. Stasera sono riuscita a vedere la Juve Stabia, che in classifica ha 16 punti, dunque 11 meno del Padova, ed è praticamente già spacciata, giocare con più cattiveria dei biancoscudati. E’ pazzesco come di fronte al Padova anche l’ultima della classe sembri, a tratti, il Real Madrid, semplicemente perché azzecca due passaggi di fila e invece il Padova neanche quelli.

La vedo sempre più difficile questa salvezza. Non tanto per la posizione in classifica e i punti di divario dalla zona tranquilla, quanto perché non vedo una reazione continua nella squadra che vive di qualche fiammata e, anche quando si procura qualche azione pericolosa, riesce a sbagliarla con una agghiacciante puntualità che sa tanto di segnale che questa è proprio l’annata sbagliata.

L’agonia prosegue. Il Padova è ancora vivo, ma chissà per quanto ancora.

Spezzo una piccola lancia per Cristian Pasquato. Onesta e sincera, ho condiviso la scelta di Serena di metterlo da parte per qualche partita, visto che non riusciva a rendere come sa fare. Ma siccome ho sempre pensato che il ragazzo soffra veramente per questa situazione e non sia uno di quelli che se ne frega, spero che questo gol possa essere il primo passo verso una risalita, sua e, chissà mai, pure del Padova. Ennesima illusione? Può darsi, ma a questo punto, a un passo dalla rassegnazione totale, tanto vale tenere accesa la piccolissima fiammella che rimane.

P.S.: un consiglio spassionato a Diego Penocchio. Non sarebbe meglio, caro presidente, imparare una volta tanto a pesare le parole mentre le pronuncia anziché poi essere costretto a smentite e puntualizzazioni che ormai sono diventate più frequenti delle stesse interviste che rilascia? Penso che ne trarrebbe lei per primo un gran giovamento.

GAME OVER, INSERT COIN…

Per tutta la settimana i giocatori e l’allenatore del Padova hanno ripetuto, quasi a pappagallo: ‘Contro il Cittadella è una partita fondamentale ma non è decisiva per le sorti del campionato”. A risentire queste parole, a posteriori, abbiamo in mano una risposta all’odierna debacle biancoscudata: si sforzavano tutti di non “caricarlo” troppo questo derby e invece il risultato è stato che il Padova è sceso in campo talmente carico e pieno di pensieri che questa terribile connubio, dopo il secondo gol infilato in porta dal Citta, ha portato la squadra a girare come una trottola impazzita senza più il controllo di sé, fino a cascare rovinosamente per terra di fronte ad un Cittadella che ha invece interpretato il match esattamente come andava interpretato.

Già, la partita spensierata. Doveva essere così anche questa. E invece si è rimediata l’ennesima figura barbina del campionato. Figura che, peraltro, trattandosi di un derby, rimarrà nella storia scritta a caratteri cubitali.

Certo mancano ancora un po’ di partite e martedì sera si va a giocare in casa di una Juve Stabia che è ormai più di là che di qua (sarò pessimista, ma proprio per questo motivo, a me la Juve Stabia fa più paura di tutte le altre che incontreremo!), ma la sensazione, oggi più che mai, è che ci si debba preparare al game over. Chissà se quando comparirà la scritta “insert coin” qualcuno di questi ragazzi si deciderà a dare qualcosa in più per la causa… prima che sia persa definitivamente!

LA PARTITA SPENSIERATA

Ora lo posso dire. La frase pronunciata ieri in intervista da Michele Serena, quella per cui si augurava per i suoi giocatori a Varese “una partita spensierata”, mi è rimbombata dentro per tutto il giorno e anche un po’ ieri sera prima di prendere sonno. All’inizio ho temuto che, avendo speso tante parole forti in queste settimane per cercare di spronare la squadra a superare le proprie debolezze e paure, non avesse trovato altra cosa da dire se non questa e che dunque fosse una frase come un’altra, giusto perché, davanti a microfoni e taccuini, qualcosa doveva pur dire per mantenere accesa nella piazza la fiammella della speranza. Poi mi son detta che forse era proprio il suo modo per tenere sotto traccia la tensione e la pressione, per tenere basso il profilo, per non caricare eccessivamente una partita difficilissima.

Oggi, dopo aver visto per la prima volta il Padova vincere di larga misura e senza subire gol, penso che Serena, ieri mattina dopo la rifinitura, credesse fermamente nella strada che ha indicato alla squadra, che sia stato davvero bravo a usare quelle parole e a toccare quei particolari tasti. E soprattutto ritengo azzeccata la scelta di schierare l’undici che poteva dargli più garanzie in questo senso, anche se ciò ha significato escludere dai titolari due come Pasquato e Rocchi, che in questo momento non riescono, per vari motivi, a rendere secondo le loro reali potenzialità.

Mai visto un Padova così tranquillo all’inizio e spensierato poi, quando si sono materializzati i gol e dunque la partita si è messa in discesa. Per la prima volta quest’anno ho visto un gruppo capace giocare a calcio divertendosi, facendo poche e semplici cose e aiutandosi molto. Questo è il percorso che può portare alla salvezza. L’unico. E finalmente, dopo tanti sentieri tortuosi e impervi, pare che l’abbiamo imboccato. Speriamo di non perderlo più di vista.

L’AGONIA CONTINUA

Dovrebbe essere un piacere per un tifoso sapere che la sua squadra del cuore non è ancora condannata matematicamente alla retrocessione e che dunque si può giocare ancora delle carte per conservare la categoria.

Nel caso del Padova invece il pari col Carpi ha tutto il sapore di un’agonia che si prolunga. Di una morte, calcistica, che sta arrivando un po’ alla volta ma sta arrivando e non ci saranno scappatoie. Avesse vinto al “Braglia” oggi i tre punti avrebbero avuto l’effetto di una straordinaria boccata d’ossigeno. Di quelle che ti fanno rialzare dal letto della rianimazione, anche se magari solo per qualche minuto. L’1-1 dà l’idea di un referto che, invece, dà il paziente per “leggermente migliorato ma sempre grave e assolutamente sotto osservazione”. Dunque sempre steso con gli occhi chiusi e un po’ di di fili e monitor attaccati.

Non ci resta che sperare che il fatto che il Padova non sia ancora definitivamente retrocesso, nonostante tutte le brutte prestazioni, sia un segnale. Un segnale che dobbiamo continuare a sperare. Che prima o poi ingraneremo la marcia giusta e riprenderemo il sentiero perduto.

Sono solo pie illusioni, ma queste ci son rimaste. E a queste ci dobbiamo aggrappare.

 

CI E’ RIMASTA SOLTANTO LA MATEMATICA

E’ finita? Io purtroppo credo di sì, anche se in cuor mio, in un angolino, custodisco ancora la speranza di un miracolo.

Una squadra che vuole salvarsi non gioca solo pochi minuti da squadra vera regalando un tempo intero ad un avversario e tirando i remi in barca subito dopo aver compiuto l’impresa di recuperare due gol di svantaggio. Una squadra che lotta con tutte le sue forze per la salvezza, dopo aver recuperato due gol in due minuti, la vince 4-2 quella partita. E riaccende così il proprio entusiasmo e la propria autostima, spegnendo definitivamente le paure.

Purtroppo oggi il Padova ha vissuto solo delle due fiammate dei gol. Troppo poco per risalire veramente la china.

Però la matematica è ancora lì. E’ rimasta da sola a remare dalla nostra parte. Chissà se alla fine avrà ragione lei o il nostro povero cuore scudato deluso…

ARRIVEDERCI, SENZA GRAZIE

Arrivederci Padova. E’ stato bello credere di potersi salvare. E’ stato bello credere nella scossa che poteva dare l’arrivo di Michele Serena. E’ stato bello pensare che una stagione iniziata tra mille errori potesse finire con qualche scelta azzeccata. E’ stato bello gioire per le pochissime vittorie che sono arrivate.

E’ stato orrendo invece vedere la situazione involversi così. Mai come stasera in campo sono andati 11 individui che si sono mossi ognuno per i cavoli suoi. Non c’è gruppo. Non c’è squadra. Non c’è condizione fisica. Non c’è determinazione. Non c’è nulla di quel che serve per scendere in campo e fare una partita perlomeno dignitosa.

Arrivederci Padova. Arrivederci sì, perché un tifoso vero non dice mai “addio” alla sua squadra del cuore. Dopo l’arrivederci però non c’è il “grazie”. Perché di dire “grazie” a chi in questo momento scende in campo senza carattere, voglia e almeno un pizzico di senso del dovere non è proprio il caso.

Altre parole non mi sento di aggiungere. Se hanno voglia di fare qualcosa il tempo forse c’è ancora per evitare il naufragio. Ma non così. Per favore, non possono volere così male alla città.

NAVIGARE A VISTA

Questi siamo. E con questi (tanti) difetti e questi (pochi) pregi dovremo arrivare in fondo a questo campionato cercando di evitare di precipitare nel baratro della retrocessione che purtroppo ci è molto vicino.

Le occasioni per strappare almeno un punto all’Empoli ci sono state oggi ma siamo evidentemente bloccati ad una paura inconscia che non ci fa spingere fino in fondo sull’acceleratore quando è ora di farlo. Sono tante le partite in cui, ci avessimo creduto solo un po’ di più e fossimo stati solo un pizzico più lucidi, avremmo senz’altro potuto portare a casa un punto. O forse tre. Ma stare qui ancora una volta a rigirare gli stessi discorsi rischia di trasformarsi in un boomerang che fa male all’autostima e allo stato d’animo già provato che abbiamo.

E allora, una volta di più, ha ragione Michele Serena. Non c’è altra alternativa che guardare avanti, alla prossima gara, navigando a vista senza farsi troppe “seghe” mentali. Alla fine tireremo una riga e sotto scriveremo la somma che abbiamo ottenuto lungo il cammino. Guardare la classifica, vivere di rimpianti per quello che poteva essere e non è stato e star lì a sottolineare i difetti di questa squadra non serve a niente.

Ne riparleremo a fine anno. E intanto aggrappiamoci all’unico vero pregio che è rimasto a questi giocatori, ovvero l’impegno. Da solo non basta ma, se mancasse, sarebbe davvero finita oggi.