IL PADOVA HA RIACCESO LA LUCE

A Mantova si era spenta la luce. E il Padova, all’improvviso, si era ritrovato disperso in una "selva oscura che la diritta via era smarrita".

Stasera, contro il Grosseto, quella luce spenta si è trasformata in buio pesto al 15′ del primo tempo, quando Italiano è uscito in lacrime dal campo a causa di una ricaduta all’infortunio alla coscia sinistra che solo Dio sa quanto lo terrà fuori. Per tutto il primo tempo il Padova ha vagato senza meta, disorientato. Dando l’impressione di poter capitolare da un momento all’altro. 

Nel periodo di maggiore difficoltà ci ha pensato Cano a salvare la propria porta con due miracoli. Poi però, all’intervallo, è stato tutto il Padova a trovare la forza di riaccendere la luce. Resa fulgida e brillante non tanto dalle qualità individuali dei giocatori quanto, ancora una volta, dalla forza del gruppo e, soprattutto, dalla voglia di soffrire, di arrivare prima sul pallone e di nasconderlo all’avversario in ogni modo. Anche stremati dalla fatica e incapaci di muovere pure il muscolo più banale a causa della stanchezza.

No, non sono eroi questi giocatori, ma la luce che ho visto stasera negli occhi di Vantaggiato, Di Nardo, Cuffa, Morosini, Cano e perfino Bonaventura, fino a ieri "oggetto semisconosciuto" dall’ambiente padovano, mi hanno fatto capire che perlomeno hanno voglia di lottare fino all’ultimo per salvarsi. Vedere uscire Petrassi in barella, Italiano portato "a cavalluccio" da un compagno e Renzetti coi crampi mi ha convinto della possibilità di crederci fino alla fine.  

E questo mi basta per essere felice e guardare fiduciosa al derby di sabato a Trieste.  

 

UN BRUTTISSIMO PASSO INDIETRO, MA NON DIAMOLI GIA’ PER RETROCESSI

In uno degli ultimi commenti del mio precedente post qualcuno lo ha sottolineato. "Ci mancava poco che anche la Martina, durante la sua telecronaca, dicesse che siamo da serie C". E perchè lo dica lei vuol dire proprio che i biancoscudati hanno giocato male…

Sì, lo ammetto. Sono delusa. Molto delusa. Non tanto per il risultato finale. Quanto per la prestazione, che rappresenta non uno ma dieci passi indietro rispetto alle ultime settimane. Come sabato scorso ho elogiato la forza del gruppo, dicendo che, a dispetto dei singoli, aveva fatto la differenza la grande unità d’intenti della squadra, oggi getto la croce addosso allo stesso (intero) gruppo perchè ha interpretato la gara facendosi di nuovo tagliare il fiato e le gambe dalla paura. Facendosi annebbiare la mente da fantasmi che pensavamo ormai svaniti. Il Mantova ha segnato all’8′ del primo tempo: c’erano 82 minuti più il recupero per segnare un gol senza prenderne un altro e invece, a mano a mano che le lancette dell’orologio proseguivano la loro inesorabile marcia fino al novantesimo, la manovra del Padova si faceva sempre più leziosa e inconcludente. E i giocatori sbagliavano con sempre maggiore frequenza anche i passaggi più facili.

Secondo me, oggi pure l’allenatore ci ha messo una pezza nella confusione totale che si è venuta a creare, passando in corsa prima dal 4-4-2 al 4-3-3 (con Di Nardo prima centrale a fare la boa e poi più arretrato per rivestire il ruolo di rifinitore più che di punta) e poi dal 4-3-3 al 3-5-2. 

Purtroppo, ragazzi, la verità è una sola: si può anche dirgli che in mezzo al campo passa più tempo a dare indicazioni ai compagni che a correre e che è delicato come non mai, ma Vincenzo Italiano è il punto di riferimento di questa squadra. Senza di lui, è ormai un dato di fatto, nel Padova si spegne di brutto la luce. Quindi, la salvezza passerà assolutamente attraverso le sue prestazioni. Che la piazza lo voglia o no.  

Ciò premesso però, che siamo da serie C non l’ho detto. Ci è mancato poco ma non l’ho detto. Perchè penso che, nonostante tutto, l’altra sera io e Gianluchino Di Marzio al Tg Biancoscudato non ci siamo dovuti "sforzare" di trovare qualche lato positivo alla campagna acquisti del Padova. I lati positivi ci sono e bisogna da qui alla fine sfruttarli per arrivare alla meta della salvezza. Meta che, nonostante lo stop di oggi, penso sia assolutamente ancora raggiungibile.

Cominciamo da Daniele Vantaggiato: gioca bene ed è al 50 per cento. Non ci vorrà molto davvero per vederlo più presente, e di conseguenza ancora più concreto, in zona gol. Totò Di Nardo, tanto per fare un altro esempio, si è sbloccato: in modo assolutamente fortunoso, ma almeno ha segnato il suo settimo gol stagionale, togliendosi di dosso la maledizione dei "6 e non più 6". Il suo rientro è importante: se il suo stato d’animo tornerà ad essere quello di inizio stagione, la sua carica di entusiasmo e impegno non potrà che giovare alla causa. Italiano martedì col Grosseto, dovrebbe esserci. Sempre coi toscani, rientrerà anche Morosini.

Il Padova deve cavalcare l’onda del fatto che già martedì si rigioca. E "sovrascrivere" immediatamente con una vittoria la bruciante sconfitta odierna. Solo così si potrà riprendere il giusto cammino. E non dare già per retrocessa la squadra a dodici partite dalla fine del campionato.  

LA FORZA DEL GRUPPO

Continuano a ripetere che davano tutto anche quando le cose andavano male, anzi malissimo. E si usciva dal campo con sconfitte assurde sul groppone, scivolando sempre più in basso in classifica. Probabilmente è vero. Nel senso che ciascun giocatore del Padova era davvero convinto di dare il massimo e di impegnarsi a fondo, a dispetto del risultato finale negativo della partita.

Mancava qualcosa di fondamentale però: la forza del gruppo. Quella che ho rivisto sabato scorso e oggi prima, durante e dopo i novanta minuti di partita e che, esattamente come l’anno scorso all’indomani della sconfitta interna contro il Ravenna in campionato, sta ricominciando a fare la differenza. In positivo. 

Sabato scorso, a fine partita, tutti fanno a gara per fare i complimenti a Cano per la parata decisiva su Della Penna che ha evitato il 2-2 del Gallipoli. Tra i primi che si complimentano con il portierone c’è proprio il suo rivale numero uno, Federico Agliardi. E Cano lo stringe forte a sè per ringraziarlo, dandogli una pacca sulla schiena col guantone. 

Faisca oggi, prima del fischio d’inizio, abbraccia i compagni e urla: "E’ nostra, deve essere nostra". Ha il fuoco negli occhi mentre pronuncia quelle parole. 

Sempre oggi, quando Soncin segna il 2-0, vanno ad esultare verso di lui Vantaggiato, Rabito, Renzetti e Cuffa. L’abbraccio tra tutti loro dura lunghi, interminabili, secondi. E’ caloroso e autentico, tanto quanto quello che in difesa si fanno tra di loro Faisca, Cesar e Cano senza allontanarsi dall’area. Perchè non la si deve lasciare sguarnita nemmeno pochi secondi. 

Ecco, questo è lo spirito giusto per conquistare la salvezza.

Mutuando una straordinaria canzone di Giorgio Gaber, ciascun biancoscudato ha capito che poteva tornare ad essere "vivo e felice" solo se accanto a lui lo erano anche tutti gli altri compagni di squadra. Sì, anche quelli che magari caratterialmente fa fatica a sopportare. Ognuno, in questo momento, "è più di sè stesso". Ed è disposto a superare i propri limiti, le proprie debolezze e i propri difetti perchè sa che anche tutti gli altri faranno lo stesso. Per una causa comune. La permanenza in una categoria che Padova si merita.    

E’ SOLO L’INIZIO DELLA RIMONTA

 

Dopo quasi tre mesi il Padova è finalmente riuscito a fare uno squillo di tromba e a dire: "Ragazzi, non sono morto. Sono qui vivo e vegeto che lotto insieme a voi". 

E’ tantissima la gioia che provo dentro per questa vittoria, conquistata contro una diretta concorrente alla salvezza, soprattutto perchè ancora una volta c’è stato da soffrire e i biancoscudati sono tornati a dimostrare di saperlo fare, tutti insieme, compatti. Quel lungo abbraccio collettivo nel finale di gara tra i giocatori la dice lunga su quanto ciascuno di loro abbia davvero messo in campo quel qualcosa in più per conquistare tre punti più che preziosi.

Detto questo però, calma e gesso. Tante volte io per prima mi sono lasciata coinvolgere dall’entusiasmo e ho pensato troppo bene del Padova perchè ne sono profondamente e visceralmente innamorata come ogni singolo tifoso. Dopo la vittoria col Cesena all’Euganeo, l’11 dicembre scorso, sembrava che la miniserie di sconfitte consecutive fosse definitivamente alle spalle e invece non è stato così. Di passi falsi, neanche novanta giorni, ne sono arrivati ben 10. Mica noccioline.

Ecco perchè stavolta dico, e lo sottolineo mille volte, che questa vittoria è solo il primo passo della rinascita. Il viaggio verso la salvezza forse si è un po’ tranquillizzato, ma non è certo meno tortuoso di quanto lo fosse ieri. La strada è ancora lunga e difficile. Bisogna che di vittorie così ne arrivino altre. 

E la prima della serie deve arrivare proprio sabato prossimo all’Euganeo contro il Crotone.   

LA RISPOSTA DI BARBARA CARRON

"Non capisco perchè qualcuno si debba sentire offeso se dico che, senza Cestaro, il Padova sarebbe in Eccellenza. E’ nè più nè meno che la verità. Non occorre guardare tanto lontano per avere esempi concreti in tal senso: basta guardare che fine hanno fatto Venezia e Treviso, così come Pisa e Avellino. In molte occasioni abbiamo chiesto aiuto e sono stati davvero in pochi a darci una mano con il calcio Padova. Cestaro ci ha invece messo tanto impegno e, soprattutto, tanto denaro. Questo gli deve essere riconosciuto sempre, aldilà dei momenti positivi e negativi".

"Non voglio con questo dire che i tifosi non hanno diritto di essere arrabbiati, ci mancherebbe. Accetto tranquillamente la contestazione che hanno fatto sabato perchè capisco che, dopo tante sconfitte, ci sia molta rabbia. In queste ore ho però contemporaneamente ricevuto tanti attestati di stima e incoraggiamenti da tantissimi altri tifosi che credono ancora in questa squadra. Ecco mi rivolgo a tutti, chiedendo appunto che continuino a starci vicino. Li ho sempre ringraziati esplicitamente i tifosi per tutto quello che hanno fatto per noi e continuerò a farlo".  

"Io credo molto nel gruppo, garantisco che lo spogliatoio è unitissimo e che tutti i ragazzi remano dalla stessa parte. Credo inoltre moltissimo nelle capacità dei miei direttori (Sottovia e De Franceschi, ndr), che, sono sicura, contribuiranno alla grande a portare fuori la squadra dalla crisi".

Questo, riassumendo per grandi linee, mi ha detto la vicepresidente del Padova, Barbara Carron, al telefono a proposito del duro botta e risposta che ha avuto su Facebook con un tifoso, che ha scatenato anche tra voi frequentatori del blog diverse reazioni. Ve lo riporto qui nel tentativo di fare chiarezza ed evitare che vi siano fraintendimenti in ciò che Barbara intendeva dire nel post incriminato. Fermo restando che, poi, ognuno, rimane libero di pensarla come vuole.

Credo sia importante, in un momento in cui è facile che gli animi si surriscaldino, capire ciò per cui vale la pena prendersela e ciò per cui invece non ha assolutamente senso farlo.    

E SE ALLA FINE L’ESAME DI COSCIENZA DOVESSE FARSELO PROPRIO LUI?

Eccomi qui, ragazzi. Chiedo scusa per il ritardo, ma, come ben sapete, quello che stiamo vivendo, da tifosi e addetti ai lavori del calcio Padova, è l’ennesimo lunedì di passione, convulso e difficile.

Marcello Cestaro è andato a Bresseo. Lo ha fatto oggi ben capendo che, se avesse aspettato mercoledì come aveva annunciato ai nostri microfoni sabato pomeriggio dopo la sconfitta col Torino, la sua visita ai giocatori si sarebbe trasformata in una boutade senza troppi effetti pratici. Non ha voluto fermarsi con i giornalisti a parlare ma, prima di salire in macchina, di fronte a chi gli chiedeva cosa avesse detto a Italiano e soci, ha urlato: "Cosa volete che abbia detto? Che se sabato non vinciamo a Gallipoli porto i libri contabili della società in tribunale e così la facciamo finita". 

Parole fortissime, figlie di una delusione che si è fatta evidentemente di settimana in settimana più difficile da gestire.

Non condivido chi in questo momento attacca Cestaro accusandolo delle uniche cose di cui non può essere accusato, ovvero di fregarsene del Padova, di aver investito tutto sommato briciole rispetto a quello che ha guadagnato, di voler solo pensare ai suoi (sporchi) affari. Non è vero. Se così fosse avrebbe mollato il timone della società che non è mai adesso.

Ciò premesso, però, è ora che il paron si metta davanti allo specchio e si faccia lui per primo un esame di coscienza. Profondo e a 360 gradi. Perchè se non gli si possono contestare impegno e passione, è altrettanto innegabile che, nella condotta che ha tenuto in questi anni, in molti casi è stato lui stesso la causa del suo male.

PUNTO PRIMO: riavvolgiamo per un attimo il nastro a quest’estate. Cestaro ha scelto di affidarsi ad un gruppo di collaboratori tutti con poca esperienza nei rispettivi ruoli. Sottovia, prima che a Padova, il direttore generale non lo ha mai fatto. Ivone De Franceschi fino all’altro ieri era compagno di squadra dei ragazzi ed è al primo anno da direttore sportivo e Sabatini in B non ha mai allenato. Questo mix ha funzionato fino a che lo ha trascinato in avanti l’entusiasmo della promozione. All’affiorare dei primi problemi, le difficoltà gestionali si sono fatte sentire e acuite nel tempo. Anche perchè Cestaro è il primo ad averne pochissima di esperienza in un mondo che fino a qualche anno fa gli era interamente sconosciuto.

PUNTO SECONDO: una volta che ti sei scelto questi collaboratori, devi comunque fidarti di loro e farli lavorare. Lasciando ad ognuno le sue competenze. Il presidente per un po’ lo ha fatto. A gennaio invece, di colpo, quando è stata ora di scegliere il nuovo allenatore, di fronte ai tentennamenti di Arrigoni, ha sorpassato a destra Sottovia e De Franceschi e ha puntato lui, a sorpresa, su Nello Di Costanzo. Sconfessando così l’operato dei suoi. Aldilà del fatto che, come ho già sottolineato nel post precedente, Di Costanzo pratica il 4-4-2, l’azione di Cestaro ha di fatto delegittimato la figura dei due direttori. Con che autorevolezza ora questi due entrano in spogliatoio e strigliano la squadra nei momenti difficili? Come fanno a farsi ascoltare? Sotto questo profilo il numero uno era proprio il direttore sportivo cacciato a gennaio dello scorso anno, Mauro Meluso: aveva un pessimo carattere e Cestaro ci ha litigato non so quante volte (ci ho litigato spesso anche io, confesso, ma ho sempre apprezzato la sua trasparenza!), ma proprio per questo aveva polso agli occhi della squadra.  

Sono straconvinta, e non lo dico per piaggeria ve lo assicuro, che il presidente ha sempre sbagliato in buona fede. Credendo davvero di agire per il meglio della squadra. Purtroppo però il mondo del calcio è diverso da quello in cui abitualmente il presidente sguazza con ottimi risultati imprenditoriali. 

Tra l’altro la provocazione del "mollo tutto" l’aveva lanciata anche dopo aver riconfermato Sabatini all’indomani della sconfitta contro la Reggina. Aveva detto esattamente così: "Se a Piacenza non vinciamo, me ne vado io". E’ arrivata una sconfitta e Cestaro è ancora lì. 

Ma allora, signor presidente, perchè invece che minacciare il peggio del peggio senza metterlo in pratica, non prova a mettere un po’ di ordine in questa società che ha la fortuna, grazie a lei, di essere così solida dal punto di vista economico? Sono le cose più semplici che portano lontano. Da che mondo e mondo.

   

NON CI SONO PIU’ PAROLE

I rigori li sbaglia solo chi li tira. Ma se ti presenti con le gambe molli e una paura fottuta di non farcela, finendo col tirare la palla centralmente addosso al portiere avversario che manco si era mosso (proprio perchè ti aveva letto negli occhi l’incertezza) allora vuol dire che con la testa non ci stai più. Antonio Di Nardo con la testa non ci sta più, ecco perchè non riesce più a mettere a disposizione della squadra appieno le sue grandi qualità tecniche e caratteriali. 

Un errore della difesa nell’arco di una partita ci può stare. Ma se da non so quante gare a questa parte riesci costantemente a prendere gol in quell’unica disattenzione, vuol dire che qualcosa non va. 

Il difetto di Carlo Sabatini è l’inesperienza. Ha pagato con l’esonero questa sua assenza di pedigree: il presidente, dopo avergli dato fin troppe giornate per raddrizzare la situazione, ha ritenuto che non fosse in grado di gestire una contingenza che si era fatta molto complessa. Ma se, dopo tre giornate che è arrivato il suo successore, siamo punto e a capo allora vuol dire che non era Sabatini il problema.

Per lo stesso motivo non è del tutto colpa di Di Costanzo. Dico " non del tutto" perchè comunque un errore il tecnico romano lo sta facendo a mio avviso ed è quello di incaponirsi a giocare con il 4-4-2 quando è evidente che Bovo non è un esterno e che non riusciamo proprio ad allargare il raggio d’azione. Forse sarebbe meglio tornare al 4-3-1-2 cambiando semplicemente gli attori che lo interpretano. Bonaventura sulla trequarti dentro dal primo minuto e non a gara in corso con un gol da recuperare pare brutto?

A tutte queste problematiche è chiamato ancora una volta a dare risposte il presidente, Marcello Cestaro. Di errori ne ha commessi un bel po’, ma ce l’ha sempre messa tutta per rimediare e almeno questo gli va riconosciuto. Staremo a vedere nelle prossime ore che significato hanno e quali sono "i provvedimenti forti" che ha annunciato oggi in sala stampa dopo aver incontrato i tifosi che contestavano.

Dopo di che, concludo dicendo una cosa che ho detto anche in diretta: certe cose o le hai o non le hai. Il carattere o ce l’hai o non te lo vendono un tanto al chilo. Non c’è Sabatini o Di Costanzo che tengano. Se gli attributi li hai, e mi riferisco ai giocatori che scendono in campo e rimediano queste figuracce, in questo momento li tiri fuori e dai il meglio per condurre fuori te stesso e i compagni dal tunnel. 

O questa squadra tira fuori le palle o la salvezza diventerà un lumicino che con il passare delle giornate si farà sempre più lontano e fioco all’orizzonte.    

 

 

 

 

LACRIME E SANGUE

Un giorno, mentre attraversavo un momento particolarmente delicato della mia vita e non vedevo la fine del tunnel nonostante mi ci impegnassi davvero con tutta me stessa, venne in mio aiuto un amico che, asciugandomi le lacrime che non avevo più voglia di versare, mi disse: "Martina, siamo fatti di carne, lacrime e sangue. E chiunque voglia anche solo evitare uno di questi tre elementi nella vita, non ha capito nulla".

E’ stato un modo molto raffinato, il suo, per farmi capire che evidentemente in quel momento dovevo stare male per vivere un’evoluzione che mi avrebbe poi portato a stare bene. Che se decidevo di prendere una scorciatoia e di "evitare" anche solo una delle cose che mi scoppiavano dentro e mi dilaniavano non sarei mai maturata. Aveva ragione in pieno. 

Non esiste traguardo importante raggiunto senza sofferenza. Ecco perchè, trasportando questo insegnamento sul piano calcistico, oggi mi sento di dire che da qui al prossimo 30 maggio ci sarà da soffrire e anche parecchio. Il Padova è penultimo in classifica, a pochi metri dal baratro ma ad altrettanta poca distanza da una zona più tranquilla. Ci può mettere un attimo a sprofondare, ma può bastare anche solo una vittoria a rilanciarlo.

Questa, volente o nolente, è la barca in cui ci troviamo. Se decidiamo di rimanerci sopra dobbiamo aggrapparci al primo tempo di Ancona, alla rediviva compattezza, alla prestazione di Renzetti come ala sinistra, al gol (anzi ai gol) ritrovati, per quanto uno dei due sia stato un gentile regalo del portiere avversario. Dobbiamo aggrapparci alla mano di Nello Di Costanzo che comincia a vedersi e a produrre qualche effetto. Certo, non siamo ciechi: gli attaccanti non segnano dal’11 dicembre e abbiamo buttato via tre punti d’oro a causa di un quarto d’ora di follia. Ma questi siamo e con questa squadra si deve arrivare alla fine della stagione, prima di tirare il bilancio definitivo: meglio allora aggrapparsi pure alla speranza che, anche sotto questo profilo, Di Costanzo riesca in qualche modo a lavorare. 

Se decidiamo invece di scendere dalla barca e di metterci fin da ora il cuore in pace, che tanto l’anno prossimo torneremo ad iscriverci in Lega Pro o, peggio ancora, falliremo perchè Cestaro svenderà la società come fa con i saldi nei suoi supermercati, allora eviteremo certo di soffrire. Ma il nostro cuore rimarrà orfano di una grande passione, quella che solo questa squadra, per quanto sgangherata e spesso e volentieri da prendere a calci, riesce a trasmetterci.  

Prendere o lasciare. Tenersi questa "fidanzata" che ci fa morire ma ci sa anche far rinascere oppure lasciarla per vivere una vita più tranquilla. Rimanere sulla barca con il mare in tempesta oppure scendere in un porto sicuro. Senza sofferenza sì, ma anche senza il fuoco dell’ardore e della passione, senza gli alti e i bassi che solo un grande amore può regalare.

Io ho deciso di rimanere a bordo. Voi che fate?

SEGNALI

Cano in campo al posto di Agliardi. A testimonianza del fatto che, d’ora in avanti, non vale più alcun diritto acquisito. Tutti, portiere compreso, si giocheranno la maglia da titolare di settimana in settimana. A seconda di come si sono mossi e di quello che hanno dimostrato, tecnicamente e umanamente, durante gli allenamenti.  

Daniele Gasparetto e Giacomo Bonaventura in tribuna. Morosini in panchina. Anche sotto questo profilo Nello Di Costanzo ha dimostrato di non guardare in faccia a nessuno e di voler far giocare chi gli sembra possa garantire la migliore prestazione in quella precisa partita sotto tutti i punti di vista. Il fatto che mandi in tribuna un giocatore che è fresco di convocazione in nazionale under 21 la dice lunga in questo senso.

La fascia di capitano a Vincenzo Italiano. Di questo giocatore si sta dicendo in questo momento di tutto e di più. C’è chi sostiene che è un bidone, chi dice che non ha palle, chi pensa addirittura che in questo momento stia tirando indietro la gamba, chi dice che magari è semplicemente stanco e annebbiato. Io dico altrettanto semplicemente che questa squadra è costruita intorno a lui e quindi dal miglior Vincenzo Italiano bisogna ripartire se si vuole agguantare la salvezza. C’è poco da fare. Penso dunque che Nello Di Costanzo, dandogli la fascia, gli abbia fatto capire che lo stima e che vuole che sia lui a traghettare la squadra fuori dalla crisi. Vincenzo lo ha capito perfettamente e sono sicura che, ora che è guarito completamente dall’infortunio al piede, lo farà. 

Non si sono presi gol stupidi. E in un paio di occasioni, quando Troianiello è ripartito sulla destra, la buccia di banana il Padova di questi tempi avrebbe pure potuto pestarla. Non l’ha fatto, anche questo rispetto al recente passato è un passo avanti.  

Questi sono i segnali che ho visto nella prima partita del Padova targato Nello Di Costanzo. Da questi il Padova deve ripartire per fare ulteriori passi avanti, smettendola di affidarsi ai lanci lunghi e ai cross dalla trequarti che non servono a niente. E tornando a buttarla dentro quando ne ha l’occasione.

Certo, lavoro ce n’è ancora da fare e pure tanto. Ma partiamo dai segnali diversi che questa sfida ci ha offerto e non dai soliti difetti, per una volta.  

 

BASTA SPARARE, TORNIAMO A SPERARE

Nello Di Costanzo è il nuovo allenatore del Padova.

Il suo nome è spuntato all’improvviso e all’ultimo momento, quando ormai tutti eravamo orientati verso l’eterno indeciso Daniele Arrigoni o l’esperto di calcio rumeno Cristiano Bergodi. Un po’ ci ha spiazzato perchè tutto potevamo aspettarci fuorchè che al posto di Carlo Sabatini arrivasse uno che di esperienza in B ne ha poca più di lui.

A differenza di Attilio Tesser, di cui mi colpì immediatamente l’atteggiamento da professore che, secondo me, in quel momento particolare e con quella squadra particolare non rappresentava un efficace strumento di dialogo con i giocatori (e i fatti poi mi diedero ragione), Nello Di Costanzo mi sembra una persona semplice. Pacata. Diretta. E uno che ha vissuto sulla sua pelle situazioni calcistiche drammatiche, quali fallimenti societari (Messina su tutti) e piazze bollenti nel vero senso della parola (vedi Juve Stabia e Benevento, dove, testuali parole del nuovo mister, "ti contestano anche dopo un pareggio fuori casa"). Tutte situazioni da cui è uscito con la bandiera della vittoria in mano, portando a casa salvezze al fotofinish da sconsigliare ai malati di cuore. 

Non ha fatto grandi discorsi Nello Di Costanzo oggi, nel suo primo giorno di lavoro. Anzi ha pure detto che essere l’alternativa ad Arrigoni non lo ha fatto sentire declassato. "Pure a Venezia sono arrivato dopo allenatori del calibro di Zaccheroni, Prandelli e Novellino e i tifosi mi guardavano con scetticismo – ha aggiunto – Io ho chiesto loro di giudicarmi in base ai risultati che portavo e alla fine mi hanno apprezzato. Chiedo anche qui a Padova la stessa cosa: se vi piaccio, mi apprezzerete, se non mi salvo, me ne andrò via da solo". Parole che mi sono suonate come quelle di una persona che promette ciò che può mantenere, che sa quanto lungo è il passo che la sua gamba può fare, così come quelle che ha annunciato avrebbe poi pronunciato alla squadra: "Dirò ai ragazzi che sono dei giocatori che meritano palcoscenici molto più importanti di quello che stanno vivendo adesso, ma che, siccome ci si ritrova per una serie di cose negative a navigare nei bassifondi della classifica, c’è bisogno di un grande sacrificio da parte di ciascuno di loro. Di un cambio di mentalità. Di un ritorno all’aiuto reciproco in campo". Sembra perfino banale, ma forse è proprio dalla semplicità che bisogna ripartire.

Anche perchè, bisogna dirlo francamente, la società in questi due giorni davvero ne ha combinata una peggio del castellano, annunciando e smentendo più volte Arrigoni e Bergodi per poi sfornare Di Costanzo. Oggi in conferenza stampa sono volate parole pesanti nei confronti di Sottovia e De Franceschi per come queste 48 ore sono state gestite, per come si sono lasciati scappare Arrigoni con l’accordo quasi in mano, per come non sono riusciti a garantire un tecnico di un certo spessore al Padova. Critiche più che legittime, espresse in queste ore anche da voi tifosi, in questo blog e anche in altri siti.  

Ora però è arrivato il momento di ripartire. Di smettere di "sparare" e di ricominciare a "sperare". Che il Padova si tiri fuori dalle peste della zona retrocessione a partire dalla sfida col Frosinone. E che Cestaro, Sottovia e De Franceschi, alla fine, possano dire di aver fatto la scelta giusta a pescare dal mazzo proprio Nello Di Costanzo. 

Forse, se alla fine Arrigoni ha detto no a noi per aspettare la Lazio e forse finirà, come pare, alla Triestina al posto di Mario Somma, c’è un perchè. Non era destino. Forse il destino vuole proprio che sia una persona con meno curriculum e più cuore a risollevare il Padova. Così era Carlo Sabatini che dopo 11 anni è riuscito a riportare il Biancoscudo in B dopo tanti anni tormentati. Forse è così anche Nello Di Costanzo che, magari, in B ci farà rimanere, facendoci tirare un profondo sospiro di sollievo.