CESTARO NERO DI RABBIA, DI COSTANZO RISCHIA?

La sensazione ha iniziato a pervaderci già ieri sera, poco dopo il fischio finale dell’arbitro Nasca di Bari a Salerno.

Eravamo in studio a commentare l’ennesima prova incolore del Padova e la domanda ci è sorta spontanea: e se Nello Di Costanzo rischiasse? Francamente ieri sera mi è sembrato che la risposta giusta al dubbio fosse "no". Perchè martedì c’è subito un’altra partita, col Lecce, e perchè non so se a questo punto un altro esonero sarebbe la giusta medicina. 

Però oggi mi segnalano un Marcello Cestaro incazzato nero. Furente. Come prima della trasferta di Gallipoli. O forse anche di più.

Di errori, in buona fede (tengo sempre a precisarlo!), ne ha commessi tanti e, come ho sottolineato anche qualche blog fa, sono stati pesanti. Ma resta pur sempre il patron di questo Padova. Potrebbe dunque anche decidere di cambiare ancora, conoscendolo. Non so se richiamando Carlo Sabatini o scegliendo una terza persona.

Resta pur sempre una sensazione, la mia, che forse non avrà seguito. Ma il dubbio è legittimo dopo quello che abbiamo visto ieri sera.

O no?

   

CON UN ALTO E UN BASSO NON SI VA DA NESSUNA PARTE

Se penso che con un minimo di continuità in più non solo saremmo già salvi da un pezzo ma potremmo perfino essere timidamente a ridosso della zona playoff mi viene un travaso di bile. Questo è il problema del Padova: oggi fa, domani disfa. Oggi lotta come un leone e ti fa di nuovo innamorare pazzamente di lui, domani va a Salerno a giocarsi la partita della vita senza nemmeno la decima parte della convinzione messa in campo contro avversari molto più pericolosi e difficili. 

Insomma, è un Padova versione "Penelope". E con un alto e un basso non si va da nessuna parte. Mancano sempre meno partite: occasioni come quella di oggi non si possono francamente gettare così alle ortiche. Sbagliando il terzo calcio di rigore della stagione. Lasciando che una squadra già retrocessa, con soli 16 punti in classifica, ti metta perfino sotto nel secondo tempo.

Sapete cosa mi fa ancora più rabbia? Che martedì sera contro il Lecce faremo la partita della vita e la vinceremo anche. Soffrendo, lottando, sudando e gettando il cuore oltre l’ostacolo. Ma a che serve se poi non si riuscirà a fare lo stesso nella sfida successiva ad Empoli? Possibile che una squadra coi numeri e i mezzi del Padova non riesca ad essere sempre se stessa?

 

 

VI VOGLIAMO COSI’

Ebbene sì lo confesso: quando Iunco ha buttato dentro lo 0-2, ho pensato male. Molto male. Non c’era un pensiero positivo che riuscisse ad impadronirsi di me e mi pesava perfino il "dazio" pagato dalla parrucchiera, comprensivo di tre ore passate con le stagnole in testa e la tinta a base di ammoniaca che bruciava da morire!

Mentre raccoglievo tutte le forze che mi rimanevano per proseguire nella telecronaca, continuavo a ripetermi: "Adesso reagiremo come al solito, sparacchiando in avanti i palloni inutilmente, facendo così il gioco del Cittadella che si metterà lì ad aspettarci, non riuscendo a servire neanche un assist decente ai nostri attaccanti che usciranno stremati senza aver combinato un beato niente". 

E invece, il Padova non finisce mai di stupire. Nel bel mezzo di un tunnel forse ancora più nero di tante altre volte, ha ritrovato se stesso. E ha fatto esattamente come faceva all’inizio del campionato. Quando rimontare anche due gol di scarto non era un’impresa poi così titanica (vi ricordate Grosseto e Empoli?). I giocatori hanno preso coraggio, hanno evitato di perdere la lucidità e hanno confezionato una rimonta eccezionale. Con l’aiuto dell’arbitro, per carità, che sul contatto Magallanes-Trevisan ha ravvisato forse con un pizzico di bontà di troppo gli estremi per il calcio di rigore, ma da che mondo e mondo la fortuna aiuta gli audaci. E il Padova stasera è stato audace. Al punto che il Cittadella, per un attimo, dopo il 2-2, ha temuto potesse anche arrivare il 3-2 della beffa.    

Lo spirito sfoderato nel secondo tempo è quello giusto. Questo punto ne vale tre dal punto di vista del morale. Ora testa bassa e pedalare, in vista della trasferta di Salerno di venerdì prossimo. Che DEVE concludersi in gloria e vittoria, costi quel che costi.

Buona Pasqua a tutti. E…… vi vogliamo così!  

 

MERITIAMO DI PIU’

Sono circa le 21,30 quando, entrata in un pub di Trieste per mangiare qualcosa prima di tornare a casa massiccia e incazzata, incontro un gruppo di tifosi del Padova ancora più massicci e incazzati di me. “Oggi noi siamo stati grandi – mi dice l’unica ragazza del gruppo – ma per noi intendo i tifosi. Abbiamo cantato tutto il tempo incitando la squadra senza mai smettere. Ho un amico triestino che, dalla curva opposta, mi mandava i messaggi scrivendomi quanto eravamo bravi. Ma ci meritiamo tutto questo?”.

Fin troppo scontata e ovvia la mia risposta: no, no e poi no. Chi ama il Padova e lo segue anche in trasferta senza risparmiarsi non meritava certo oggi di assistere all’ennesima sconfitta figlia di errori madornali in difesa che si potevano evitare mettendoci solo un pizzico di attenzione in più. E’ ora di finirla con certi black out. Non si può ogni volta essere così masochisti da rovinare tutto sul più bello che un risultato positivo era decisamente alla portata. Dopo che Patrascu ha risposto al gol di Cottafava il Padova aveva in mano un pareggio più che positivo. E invece poi se lo è lasciato scappare da pollo. 

Dico di più: penso sia anche arrivata l’ora di finirla con gli "esperimenti nucleari". Questa squadra gli esterni di ruolo non li ha. Inutile sacrificare Bovo in quel modo a destra e far fare al povero Patrascu il giro del campo, mettendolo, oltre che regista, prima terzino sinistro e poi esterno alto. Se giochiamo con il 4-4-2, avremo comunque sempre in campo quattro centrali dietro e quattro centrali in mezzo. Vogliamo ricominciare a sfruttare le vere caratteristiche di ogni singolo giocatore? Vogliamo perlomeno provare a cacciare dentro Giacomo Bonaventura fin dal primo minuto per una volta? Mancano 10 partite alla fine e, arrivati a questo punto, in questa posizione della classifica, bisogna vincere almeno quelle in casa per sperare nella salvezza.

Io finchè la matematica è con noi non alzerò bandiera bianca e resterò a bordo della barca. Ma bisogna davvero darsi una regolata a 360 gradi. Anche perchè venerdì c’è il derby col Cittadella. E mancheranno Italiano, Renzetti e Cuffa, squalificato. Tre assenze pesanti, di fronte alle quali però il gruppo deve ritrovare coesione e identità. Questa nave non deve affondare.


 

IL PADOVA HA RIACCESO LA LUCE

A Mantova si era spenta la luce. E il Padova, all’improvviso, si era ritrovato disperso in una "selva oscura che la diritta via era smarrita".

Stasera, contro il Grosseto, quella luce spenta si è trasformata in buio pesto al 15′ del primo tempo, quando Italiano è uscito in lacrime dal campo a causa di una ricaduta all’infortunio alla coscia sinistra che solo Dio sa quanto lo terrà fuori. Per tutto il primo tempo il Padova ha vagato senza meta, disorientato. Dando l’impressione di poter capitolare da un momento all’altro. 

Nel periodo di maggiore difficoltà ci ha pensato Cano a salvare la propria porta con due miracoli. Poi però, all’intervallo, è stato tutto il Padova a trovare la forza di riaccendere la luce. Resa fulgida e brillante non tanto dalle qualità individuali dei giocatori quanto, ancora una volta, dalla forza del gruppo e, soprattutto, dalla voglia di soffrire, di arrivare prima sul pallone e di nasconderlo all’avversario in ogni modo. Anche stremati dalla fatica e incapaci di muovere pure il muscolo più banale a causa della stanchezza.

No, non sono eroi questi giocatori, ma la luce che ho visto stasera negli occhi di Vantaggiato, Di Nardo, Cuffa, Morosini, Cano e perfino Bonaventura, fino a ieri "oggetto semisconosciuto" dall’ambiente padovano, mi hanno fatto capire che perlomeno hanno voglia di lottare fino all’ultimo per salvarsi. Vedere uscire Petrassi in barella, Italiano portato "a cavalluccio" da un compagno e Renzetti coi crampi mi ha convinto della possibilità di crederci fino alla fine.  

E questo mi basta per essere felice e guardare fiduciosa al derby di sabato a Trieste.  

 

UN BRUTTISSIMO PASSO INDIETRO, MA NON DIAMOLI GIA’ PER RETROCESSI

In uno degli ultimi commenti del mio precedente post qualcuno lo ha sottolineato. "Ci mancava poco che anche la Martina, durante la sua telecronaca, dicesse che siamo da serie C". E perchè lo dica lei vuol dire proprio che i biancoscudati hanno giocato male…

Sì, lo ammetto. Sono delusa. Molto delusa. Non tanto per il risultato finale. Quanto per la prestazione, che rappresenta non uno ma dieci passi indietro rispetto alle ultime settimane. Come sabato scorso ho elogiato la forza del gruppo, dicendo che, a dispetto dei singoli, aveva fatto la differenza la grande unità d’intenti della squadra, oggi getto la croce addosso allo stesso (intero) gruppo perchè ha interpretato la gara facendosi di nuovo tagliare il fiato e le gambe dalla paura. Facendosi annebbiare la mente da fantasmi che pensavamo ormai svaniti. Il Mantova ha segnato all’8′ del primo tempo: c’erano 82 minuti più il recupero per segnare un gol senza prenderne un altro e invece, a mano a mano che le lancette dell’orologio proseguivano la loro inesorabile marcia fino al novantesimo, la manovra del Padova si faceva sempre più leziosa e inconcludente. E i giocatori sbagliavano con sempre maggiore frequenza anche i passaggi più facili.

Secondo me, oggi pure l’allenatore ci ha messo una pezza nella confusione totale che si è venuta a creare, passando in corsa prima dal 4-4-2 al 4-3-3 (con Di Nardo prima centrale a fare la boa e poi più arretrato per rivestire il ruolo di rifinitore più che di punta) e poi dal 4-3-3 al 3-5-2. 

Purtroppo, ragazzi, la verità è una sola: si può anche dirgli che in mezzo al campo passa più tempo a dare indicazioni ai compagni che a correre e che è delicato come non mai, ma Vincenzo Italiano è il punto di riferimento di questa squadra. Senza di lui, è ormai un dato di fatto, nel Padova si spegne di brutto la luce. Quindi, la salvezza passerà assolutamente attraverso le sue prestazioni. Che la piazza lo voglia o no.  

Ciò premesso però, che siamo da serie C non l’ho detto. Ci è mancato poco ma non l’ho detto. Perchè penso che, nonostante tutto, l’altra sera io e Gianluchino Di Marzio al Tg Biancoscudato non ci siamo dovuti "sforzare" di trovare qualche lato positivo alla campagna acquisti del Padova. I lati positivi ci sono e bisogna da qui alla fine sfruttarli per arrivare alla meta della salvezza. Meta che, nonostante lo stop di oggi, penso sia assolutamente ancora raggiungibile.

Cominciamo da Daniele Vantaggiato: gioca bene ed è al 50 per cento. Non ci vorrà molto davvero per vederlo più presente, e di conseguenza ancora più concreto, in zona gol. Totò Di Nardo, tanto per fare un altro esempio, si è sbloccato: in modo assolutamente fortunoso, ma almeno ha segnato il suo settimo gol stagionale, togliendosi di dosso la maledizione dei "6 e non più 6". Il suo rientro è importante: se il suo stato d’animo tornerà ad essere quello di inizio stagione, la sua carica di entusiasmo e impegno non potrà che giovare alla causa. Italiano martedì col Grosseto, dovrebbe esserci. Sempre coi toscani, rientrerà anche Morosini.

Il Padova deve cavalcare l’onda del fatto che già martedì si rigioca. E "sovrascrivere" immediatamente con una vittoria la bruciante sconfitta odierna. Solo così si potrà riprendere il giusto cammino. E non dare già per retrocessa la squadra a dodici partite dalla fine del campionato.  

LA FORZA DEL GRUPPO

Continuano a ripetere che davano tutto anche quando le cose andavano male, anzi malissimo. E si usciva dal campo con sconfitte assurde sul groppone, scivolando sempre più in basso in classifica. Probabilmente è vero. Nel senso che ciascun giocatore del Padova era davvero convinto di dare il massimo e di impegnarsi a fondo, a dispetto del risultato finale negativo della partita.

Mancava qualcosa di fondamentale però: la forza del gruppo. Quella che ho rivisto sabato scorso e oggi prima, durante e dopo i novanta minuti di partita e che, esattamente come l’anno scorso all’indomani della sconfitta interna contro il Ravenna in campionato, sta ricominciando a fare la differenza. In positivo. 

Sabato scorso, a fine partita, tutti fanno a gara per fare i complimenti a Cano per la parata decisiva su Della Penna che ha evitato il 2-2 del Gallipoli. Tra i primi che si complimentano con il portierone c’è proprio il suo rivale numero uno, Federico Agliardi. E Cano lo stringe forte a sè per ringraziarlo, dandogli una pacca sulla schiena col guantone. 

Faisca oggi, prima del fischio d’inizio, abbraccia i compagni e urla: "E’ nostra, deve essere nostra". Ha il fuoco negli occhi mentre pronuncia quelle parole. 

Sempre oggi, quando Soncin segna il 2-0, vanno ad esultare verso di lui Vantaggiato, Rabito, Renzetti e Cuffa. L’abbraccio tra tutti loro dura lunghi, interminabili, secondi. E’ caloroso e autentico, tanto quanto quello che in difesa si fanno tra di loro Faisca, Cesar e Cano senza allontanarsi dall’area. Perchè non la si deve lasciare sguarnita nemmeno pochi secondi. 

Ecco, questo è lo spirito giusto per conquistare la salvezza.

Mutuando una straordinaria canzone di Giorgio Gaber, ciascun biancoscudato ha capito che poteva tornare ad essere "vivo e felice" solo se accanto a lui lo erano anche tutti gli altri compagni di squadra. Sì, anche quelli che magari caratterialmente fa fatica a sopportare. Ognuno, in questo momento, "è più di sè stesso". Ed è disposto a superare i propri limiti, le proprie debolezze e i propri difetti perchè sa che anche tutti gli altri faranno lo stesso. Per una causa comune. La permanenza in una categoria che Padova si merita.    

E’ SOLO L’INIZIO DELLA RIMONTA

 

Dopo quasi tre mesi il Padova è finalmente riuscito a fare uno squillo di tromba e a dire: "Ragazzi, non sono morto. Sono qui vivo e vegeto che lotto insieme a voi". 

E’ tantissima la gioia che provo dentro per questa vittoria, conquistata contro una diretta concorrente alla salvezza, soprattutto perchè ancora una volta c’è stato da soffrire e i biancoscudati sono tornati a dimostrare di saperlo fare, tutti insieme, compatti. Quel lungo abbraccio collettivo nel finale di gara tra i giocatori la dice lunga su quanto ciascuno di loro abbia davvero messo in campo quel qualcosa in più per conquistare tre punti più che preziosi.

Detto questo però, calma e gesso. Tante volte io per prima mi sono lasciata coinvolgere dall’entusiasmo e ho pensato troppo bene del Padova perchè ne sono profondamente e visceralmente innamorata come ogni singolo tifoso. Dopo la vittoria col Cesena all’Euganeo, l’11 dicembre scorso, sembrava che la miniserie di sconfitte consecutive fosse definitivamente alle spalle e invece non è stato così. Di passi falsi, neanche novanta giorni, ne sono arrivati ben 10. Mica noccioline.

Ecco perchè stavolta dico, e lo sottolineo mille volte, che questa vittoria è solo il primo passo della rinascita. Il viaggio verso la salvezza forse si è un po’ tranquillizzato, ma non è certo meno tortuoso di quanto lo fosse ieri. La strada è ancora lunga e difficile. Bisogna che di vittorie così ne arrivino altre. 

E la prima della serie deve arrivare proprio sabato prossimo all’Euganeo contro il Crotone.   

LA RISPOSTA DI BARBARA CARRON

"Non capisco perchè qualcuno si debba sentire offeso se dico che, senza Cestaro, il Padova sarebbe in Eccellenza. E’ nè più nè meno che la verità. Non occorre guardare tanto lontano per avere esempi concreti in tal senso: basta guardare che fine hanno fatto Venezia e Treviso, così come Pisa e Avellino. In molte occasioni abbiamo chiesto aiuto e sono stati davvero in pochi a darci una mano con il calcio Padova. Cestaro ci ha invece messo tanto impegno e, soprattutto, tanto denaro. Questo gli deve essere riconosciuto sempre, aldilà dei momenti positivi e negativi".

"Non voglio con questo dire che i tifosi non hanno diritto di essere arrabbiati, ci mancherebbe. Accetto tranquillamente la contestazione che hanno fatto sabato perchè capisco che, dopo tante sconfitte, ci sia molta rabbia. In queste ore ho però contemporaneamente ricevuto tanti attestati di stima e incoraggiamenti da tantissimi altri tifosi che credono ancora in questa squadra. Ecco mi rivolgo a tutti, chiedendo appunto che continuino a starci vicino. Li ho sempre ringraziati esplicitamente i tifosi per tutto quello che hanno fatto per noi e continuerò a farlo".  

"Io credo molto nel gruppo, garantisco che lo spogliatoio è unitissimo e che tutti i ragazzi remano dalla stessa parte. Credo inoltre moltissimo nelle capacità dei miei direttori (Sottovia e De Franceschi, ndr), che, sono sicura, contribuiranno alla grande a portare fuori la squadra dalla crisi".

Questo, riassumendo per grandi linee, mi ha detto la vicepresidente del Padova, Barbara Carron, al telefono a proposito del duro botta e risposta che ha avuto su Facebook con un tifoso, che ha scatenato anche tra voi frequentatori del blog diverse reazioni. Ve lo riporto qui nel tentativo di fare chiarezza ed evitare che vi siano fraintendimenti in ciò che Barbara intendeva dire nel post incriminato. Fermo restando che, poi, ognuno, rimane libero di pensarla come vuole.

Credo sia importante, in un momento in cui è facile che gli animi si surriscaldino, capire ciò per cui vale la pena prendersela e ciò per cui invece non ha assolutamente senso farlo.    

E SE ALLA FINE L’ESAME DI COSCIENZA DOVESSE FARSELO PROPRIO LUI?

Eccomi qui, ragazzi. Chiedo scusa per il ritardo, ma, come ben sapete, quello che stiamo vivendo, da tifosi e addetti ai lavori del calcio Padova, è l’ennesimo lunedì di passione, convulso e difficile.

Marcello Cestaro è andato a Bresseo. Lo ha fatto oggi ben capendo che, se avesse aspettato mercoledì come aveva annunciato ai nostri microfoni sabato pomeriggio dopo la sconfitta col Torino, la sua visita ai giocatori si sarebbe trasformata in una boutade senza troppi effetti pratici. Non ha voluto fermarsi con i giornalisti a parlare ma, prima di salire in macchina, di fronte a chi gli chiedeva cosa avesse detto a Italiano e soci, ha urlato: "Cosa volete che abbia detto? Che se sabato non vinciamo a Gallipoli porto i libri contabili della società in tribunale e così la facciamo finita". 

Parole fortissime, figlie di una delusione che si è fatta evidentemente di settimana in settimana più difficile da gestire.

Non condivido chi in questo momento attacca Cestaro accusandolo delle uniche cose di cui non può essere accusato, ovvero di fregarsene del Padova, di aver investito tutto sommato briciole rispetto a quello che ha guadagnato, di voler solo pensare ai suoi (sporchi) affari. Non è vero. Se così fosse avrebbe mollato il timone della società che non è mai adesso.

Ciò premesso, però, è ora che il paron si metta davanti allo specchio e si faccia lui per primo un esame di coscienza. Profondo e a 360 gradi. Perchè se non gli si possono contestare impegno e passione, è altrettanto innegabile che, nella condotta che ha tenuto in questi anni, in molti casi è stato lui stesso la causa del suo male.

PUNTO PRIMO: riavvolgiamo per un attimo il nastro a quest’estate. Cestaro ha scelto di affidarsi ad un gruppo di collaboratori tutti con poca esperienza nei rispettivi ruoli. Sottovia, prima che a Padova, il direttore generale non lo ha mai fatto. Ivone De Franceschi fino all’altro ieri era compagno di squadra dei ragazzi ed è al primo anno da direttore sportivo e Sabatini in B non ha mai allenato. Questo mix ha funzionato fino a che lo ha trascinato in avanti l’entusiasmo della promozione. All’affiorare dei primi problemi, le difficoltà gestionali si sono fatte sentire e acuite nel tempo. Anche perchè Cestaro è il primo ad averne pochissima di esperienza in un mondo che fino a qualche anno fa gli era interamente sconosciuto.

PUNTO SECONDO: una volta che ti sei scelto questi collaboratori, devi comunque fidarti di loro e farli lavorare. Lasciando ad ognuno le sue competenze. Il presidente per un po’ lo ha fatto. A gennaio invece, di colpo, quando è stata ora di scegliere il nuovo allenatore, di fronte ai tentennamenti di Arrigoni, ha sorpassato a destra Sottovia e De Franceschi e ha puntato lui, a sorpresa, su Nello Di Costanzo. Sconfessando così l’operato dei suoi. Aldilà del fatto che, come ho già sottolineato nel post precedente, Di Costanzo pratica il 4-4-2, l’azione di Cestaro ha di fatto delegittimato la figura dei due direttori. Con che autorevolezza ora questi due entrano in spogliatoio e strigliano la squadra nei momenti difficili? Come fanno a farsi ascoltare? Sotto questo profilo il numero uno era proprio il direttore sportivo cacciato a gennaio dello scorso anno, Mauro Meluso: aveva un pessimo carattere e Cestaro ci ha litigato non so quante volte (ci ho litigato spesso anche io, confesso, ma ho sempre apprezzato la sua trasparenza!), ma proprio per questo aveva polso agli occhi della squadra.  

Sono straconvinta, e non lo dico per piaggeria ve lo assicuro, che il presidente ha sempre sbagliato in buona fede. Credendo davvero di agire per il meglio della squadra. Purtroppo però il mondo del calcio è diverso da quello in cui abitualmente il presidente sguazza con ottimi risultati imprenditoriali. 

Tra l’altro la provocazione del "mollo tutto" l’aveva lanciata anche dopo aver riconfermato Sabatini all’indomani della sconfitta contro la Reggina. Aveva detto esattamente così: "Se a Piacenza non vinciamo, me ne vado io". E’ arrivata una sconfitta e Cestaro è ancora lì. 

Ma allora, signor presidente, perchè invece che minacciare il peggio del peggio senza metterlo in pratica, non prova a mettere un po’ di ordine in questa società che ha la fortuna, grazie a lei, di essere così solida dal punto di vista economico? Sono le cose più semplici che portano lontano. Da che mondo e mondo.