IL CAMPO HA PARLATO

Il campo ha parlato. E questa volta è stato inequivocabile.

Per due mesi ci siamo illusi (io per prima, alzo la mano un’altra volta riconoscendo le mie responsabilità) che dentro il tunnel il Padova si fosse cacciato un po’ per caso, non riuscendo poi a venirne fuori per fattori che si continuavano ad accavallare ma senza mai sembrare così irrisolvibili. Alla sconfitta di Lecce abbiamo pensato che si trattasse di sfortuna e non ci abbiamo dato peso, contro l’Empoli abbiamo assistito alla grande rimonta dallo 0-2 al 2-2 per poi perdere 3-2 ma chi se ne frega, la squadra era viva. Col Vicenza non ne parliamo: abbiamo trovato il capro espiatorio nell’arbitro Saccani e nemmeno ci siamo fermati a soffermarci sulle voragini che sempre più profonde si aprivano sotto le gambe dei giocatori. Da lì in poi è stata tutta una caduta libera, ad eccezione del venerdì sera contro il Cesena. Ricordo di aver intitolato un blog "non creiamoci alibi, abbiamo dei problemi" all’indomani della battuta d’arresto coi vicentini. Certo, però, che non credevo fossero questi problemi. Credevo che non sarebbe stato così difficile riaccendere l’entusiasmo e la grande voglia delle prime giornate.  

Invece non è stato così. E la debacle non ha avuto niente di casuale. Semplicemente i biancoscudati hanno mostrato il loro vero volto e i loro limiti. Scusate se insisto, caratteriali soprattutto. Non posso pensare che Jidayi sia quello che ho visto oggi. Non posso credere che Di Nardo non veda più la porta nemmeno con il binocolo. Certo, magari qualche giocatore sta mostrando qualche limite anche tecnico. Ma, in generale, è nella testa che non funziona più qualcosa: i giocatori si abbattono facilmente, non sono più motivati e allora rimediano una figura barbina dietro l’altra. La riprova di quello che dico sta nella prestazione di Federico Agliardi: nel primo tempo ha fatto due parate consecutive che neanche il Dino Zoff ai mondiali del 1982, che neanche Gianluigi Buffon dei tempi migliori! Poi però, sul cross di Zammuto, nemmeno toccato da Moscardelli, si è fatto infilare come neanche il portierino che giocava in Seconda categoria nella squadra che seguivo nel 1990 agli albori della mia carriera sarebbe riuscito a fare! 

Qualcosa si è rotto: i giocatori si sono montati la testa troppo presto forse o semplicemente non hanno le palle per portarsi fuori dal tunnel di una crisi sempre più nera. Sicuramente l’inesperienza di Sabatini ha fatto la sua parte, come pure la poca autorevolezza della società e degli altrettanto neofiti De Franceschi e Sottovia.

Fatto sta che a questo punto è inevitabile il cambio di allenatore. 

Difendendo i giocatori anche nella sua ultima conferenza stampa, Carlo Sabatini ha dimostrato ancora una volta due cose: 1) di essere un signore; 2) di averle provate proprio tutte per raddrizzare la situazione, evidentemente  con dei limiti che non è riuscito a superare. Cosa che, invece, non si può dire della squadra.

Ora mi auguro solo che il suo successore, pare Daniele Arrigoni, sappia prendere il toro per le corna e "attaccare al muro" chi di dovere per ottenere una reazione. Un sergente di ferro che faccia loro sputare sudore e sofferenza. Che faccia loro rimpiangere di non aver fatto quel poco che bastava in più per salvare Sabatini. Che tanto ha voluto loro bene.

MERCATO CHIUSO, ORA DEVE PARLARE IL CAMPO

Quattro. E’ il numero dei rinforzi che il Padova ha portato a casa in questo travagliato mese di gennaio.

La squadra aveva bisogno di un bomber e per quel ruolo De Franceschi e Sottovia hanno scelto DANIELE VANTAGGIATO

La squadra aveva bisogno anche di uno che lì davanti facesse sponda, tenesse alto il baricentro del gioco e pigliasse botte per creare spazio ai compagni di reparto e lo ha individuato in MIRCO GASPARETTO. Liberandosi poi di Edgar Cani, restituito al Palermo e finito a segnare due gol nella sua prima partita col Piacenza.

Si è poi evidenziata la necessità (sottolineata dallo stesso De Franceschi) di aumentare la qualità delle giocate a centrocampo, per favorire il più possibile il gioco degli attaccanti. E qui l’uomo giusto sarebbe stato Adrian Ricchiuti che però, sul più bello che il Padova si è deciso ad acquistarlo, è stato tolto dal mercato dal Catania che ha scelto di puntare su di lui, convinto dalle prestazioni molto positive dell’italoargentino nelle ultime gare di serie A. Al suo posto sono arrivati PIERMARIO MOROSINI dall’Udinese (via Reggina) e GIACOMO BONAVENTURA, un giovane di cui tutti parlano un gran bene.

In molti, infine, hanno ribadito che il Padova aveva bisogno di un rinforzo in difesa. Lo stesso Cestaro, nell’ultima intervista rilasciata proprio a Telenuovo, ha detto che sarebbe con ogni probabilità arrivato. Invece niente. Di difensori nuovi nemmeno l’ombra.

Ciò premesso, in attesa di vedere all’opera i nuovi arrivi (mi piace sempre toccare con mano prima di sparare sentenze e poi magari rimangiarmele), sicuramente alcune considerazioni si possono fare. 

1) Analizzando il mercato nel suo complesso, è evidente che una buona fetta di credibilità Ivone De Franceschi se la giocherà proprio con Vantaggiato e Morosini. Se davvero il primo ricoprirà il Padova di gol e il secondo garantirà a centrocampo quella qualità nelle giocate che ultimamente è mancata allora bisognerà andare a stringergli la mano e complimentarsi con lui. Se invece ci si renderà conto, strada facendo, che il Padova aveva bisogno di un trequartista e non di un centrocampista centrale e mancherà come non mai l’apporto che alla causa avrebbe potuto dare proprio l’affare sfumato, ovvero Ricchiuti, De Franceschi passerà dei brutti cinque minuti. E ne passerà pure dieci di minuti brutti se Bruno del Modena (tanto per fare un esempio) sarà finito in doppia cifra a fine anno e Vantaggiato sarà rimasto parecchi giri indietro. Solo il campo, però, potrà dare risposte in merito a questi interrogativi. E già la sfida di Piacenza sarà illuminante in tal senso. Insomma, non occorrerà attendere poi molto.

2) Capitolo difesa. Serviva o no un altro difensore? Secondo Gastone Zanon, indimenticato panzer di Nereo Rocco, sì. L’ho sentito una volta qualche giorno fa, in occasione di un evento legato al centenario, dire a Sottovia: "Pensate a coprirvi dietro, è lì che avete bisogno". Se lo dice uno con la sua esperienza c’è da credere che abbia ragione. Ma anche su questo tasto attenderei di vedere come Cesar e Faisca risponderanno sul campo alle sollecitazioni che sono arrivate loro dai tifosi e dalla piazza in questi giorni. Magari non saranno due fenomeni ma io continuo a pensare che non siano nemmeno dei brocchi incapaci, come molti tifosi li stanno dipingendo in quest’ultimo periodo. Anche qui non serve attendere molto per delle risposte concrete. 

Volevo chiudere con una semplice considerazione personale: il momento è delicato e sicuramente De Franceschi e Sottovia, come ho avuto occasione di sottolineare qualche post fa, stanno pagando cara l’inesperienza. E’ ovvio che, se in questa finestra di mercato hanno fatto scelte oculate, si prenderanno applausi, in caso contrario invece verranno aspramente contestati. Penso però che fare i disfattisti adesso, a priori, sia comunque sbagliato. Un esempio su tutti: quando oggi ho letto che il Padova aveva ingaggiato Morosini ho preso qualche informazione e non mi pare che il suo curriculum sia così disastroso. Eppure subito son partiti i commenti negativi, della serie: "E’ un bidone, è una scelta al ribasso". Insomma, aspettiamo di vederlo giocare prima di condannarlo alla categoria degli scarsi. Se poi si dimostrerà tale, non vi preoccupate che non mancherò di sottolinearlo e pure con la dovuta "cattiveria".  

Questo, sia chiaro, è il mio pensiero, ma ognuno rimane libero di pensarla come vuole, ci mancherebbe! Anzi: proprio per dire la vostra vi aspetto scatenati più che mai, oltre che qui sul blog, anche sul sondaggio che ho appena inserito in home page a proposito del mercato.   

IL CORAGGIO DELLE PERSONE PERBENE

Carlo Sabatini rimane sulla panchina del Padova. Ed è giusto così.

Perchè il presidente Marcello Cestaro, persona perbene che proprio per questo motivo per certi aspetti non c’entra niente col mondo del calcio, ha capito che non si poteva lasciare a casa una persona che ha lavorato bene e che è perbene come lui solo per "dare una scossa". Il presidente è uno che va a fondo nelle cose: quando ha capito che le colpe di questa situazione difficile non stavano su Sabatini, non gli è dunque risultato difficile confermargli la fiducia.    

La notizia stamattina mi ha riempito il cuore di gioia, ma non l’ha riempito solo a me: ieri, in attesa di avere riscontri sulle fitte riunioni dei vertici societari, si è scatenato un intenso tam tam tra i tifosi che, qui sul blog di tgpadova.it ma anche su facebook e sul muro del calcio Padova, hanno preso le assidue difese del mister. Anche chi scriveva che il cambio in panchina era inevitabile perchè otto sconfitte sono tante lo diceva con malinconia, lo diceva continuando comunque a sostenere Sabatini. Addirittura è nato su Facebook un gruppo di tifosi che volevano Carlo Sabatini alla festa del Centenario in ogni caso, anche da mister esonerato. Perchè la promozione in B dopo 11 anni non si dimentica.

Insomma, non c’è tifoso che, allo stato attuale delle cose, riesca ad immaginarsi un Padova senza Carlo Sabatini. Credo che Cestaro abbia tenuto conto anche di questo nella sua decisione. Penso che in nessuna piazza, di fronte alla possibilità di esonero dell’allenatore, i tifosi si siano mobilitati in questo modo per salvare la panchina al mister.

Ora però bisogna reagire. Bisogna che la squadra si liberi delle sue paure e torni semplicemente a fare quello che fino a dieci giornate fa le riusciva benissimo: giocare un bel calcio facendo cose semplici, senza spettri o fantasmi che ne condizionino il rendimento. 

Qualcuno della società oggi a Bresseo deve entrare in spogliatoio e dirglielo. Cercando sì in questo caso di dare la scossa che finora è mancata.  

P.S.: non prendetemi per un’inguaribile romantica che non vuol vedere tutta la realtà! E’ evidente che Cestaro lo ha contattato Andrea Mandorlini per capire se poteva essere l’uomo giusto al momento giusto. Apprezzo però il fatto che, di fronte alle complicazioni dell’operazione, il presidente abbia preferito fare un passo indietro e tenersi stretto un allenatore amato dall’intera piazza piuttosto che fare l’ennesimo salto nel buio prendendo un altro tecnico senza la garanzia del risultato.  

SABATINI PAGA ANCORA UNA VOLTA PER TUTTI

Giuro che non me l’aspettavo. Ero convinta che oggi arrivasse una vittoria, magari sofferta, ma proprio per questo ancora più bella. Più bella perchè lottando fino al novantacinquesimo, insieme ai tre punti, la squadra avrebbe restituito al pubblico anche l’idea di un gruppo umanamente forte, formato da giocatori che sanno sacrificarsi, che sanno guardarsi negli occhi e venire fuori tutti insieme dal buio pesto.

E invece mi ritrovo qui, con un nodo in gola che metà basterebbe, a scrivere quello che mai avrei voluto scrivere. Cioè che Carlo Sabatini, novantanove su cento, da martedì non sarà più l’allenatore del Padova. Cestaro si incontrerà con i soci e i dirigenti lunedì per prendere una decisione in merito, ma non ci vuole un genio a capire come con ogni probabilità andrà a finire la faccenda.

Non so chi potrebbe arrivare, c’è chi dice Arrigoni, chi sostiene Camolese, chi opta per Cagni, chi vorrebbe Reja. Una cosa è certa: una volta che Sabatini, per il secondo anno di fila, avrà pagato per colpe non solo sue, la squadra non avrà più la benchè minima scusa. "Noi siamo con l’allenatore. Non è colpa sua, lui ci mette l’anima è una persona straordinaria", ha detto Trevisan ai nostri microfoni a fine partita. Ah sì? E allora, cari ragazzi, dovevate dimostrarglielo sul campo che gli volevate così bene. Non mettere in atto l’ennesima prestazione da film dell’orrore. 

Sì, sono arrabbiata con la squadra. Tanto, di più, sono furiosa. Le sono state riconosciute tutte le attenuanti di questo mondo. Alle prime sconfitte che si accumulavano, si è parlato di momento no. Dopo il derby col Vicenza perso 2-1 in casa, tutti a dare contro all’arbitro Saccani. Ad Ascoli si è detto che è stata sfortuna. A Sassuolo due episodi. I giocatori sono sempre stati portati in palmo di mano. Le critiche sono state soft. Mancava l’attaccante perchè Varricchio era fuori rosa? Pronti, ecco Vantaggiato e Gasparetto. E a cosa ha portato tutto questo? Che invece che reagire i biancoscudati si sono involuti, si sono convinti che il brutto momento se ne sarebbe andato così come è venuto.   

La verità è che i fumi della gioia per la promozione sono stati il traino della prima parte della stagione ma si sono trasformati poi, alle prime avvisaglie di difficoltà, in un terribile freno a mano. Sono stati uno stimolo importante quando è stata ora di rimontare i due gol di svantaggio a Grosseto o contro l’Empoli all’Euganeo. Sono diventati un macigno insopportabile oggi quando è stata ora di recuperare un solo gol ad una Reggina tutt’altro che irresistibile. Ci ha portato così in alto la scia lasciata dalla festa per la promozione che, una volta caduti per terra, il male è stato terribile. E siccome per tornare lì in alto ci voleva un’altra dura scarpinata, come quella che l’anno scorso ci ha portato ai playoff prima e in B poi, ci siamo spaventati e non ce l’abbiamo più fatta. Perchè la caduta è stata rapida e gli scalini da percorrere con fatica per tornare lassù sono sembrati all’improvviso tantissimi. Troppi.

Questa è la verità. Bisogna smetterla di festeggiare. Di pensare a quel che si è fatto. Ormai è acqua che non macina più. Bisogna salvarsi, altrochè.  

Quanto a Sabatini: sicuramente l’inesperienza lo ha fatto andare un po’ in confusione e magari oggi Cuffa sarebbe andato meglio di Jidayi. Ma credo abbia davvero fatto tutto il possibile per salvare la barca. Al contrario dei suoi ragazzi che, mi perdonino la franchezza, quando è stata ora di fare una corsa un po’ più veloce o di scattare d’anticipo per evitare che l’avversario si schierasse e chiudesse ogni spazio, non hanno dato fondo a tutte le energie disponibili. Non c’è 4-3-1-2, 3-5-2 o 5-5-5 che tenga: il problema non sta nel modulo, sta nella testa e, di conseguenza, nelle gambe di chi entra in campo.

Ora stiamo a vedere che succede. L’ultima parola per le decisioni ufficiali spetta al presidente Cestaro. Lunedì sera scopriremo che ne sarà del Padova. 

 

P.S.: a me dispiace molto che Subkomandante e AntoPD pensino che a me dello stadio non frega nulla. Mi frega e anche molto. Solo che in questo momento la squadra va male (e non è da ieri… sono due mesi!) ed è lì che sono concentrati gli sforzi del presidente Marcello Cestaro e le attenzioni di tutti i mass media (non solo di Telenuovo). Siccome il sindaco se c’è una cosa che ha detto chiara e tonda durante la diretta che abbiamo organizzato qui è che lui è disposto a mettere mano allo stadio se e solo se i soldi ce li mette il privato, penso che della cosa si debba riparlare quando il presidente Cestaro avrà "orecchi" per ascoltarla. Per quanto riguarda la festa del Centenario, trovo assurdo anche io che non sia stata fatta all’Appiani, ma mi hanno spiegato in società che ha solamente 99 posti di capienza autorizzata e che se si fosse fatta lì sarebbe dunque stata una festa "per pochi intimi". Dopo la partita di oggi, aggiungo peraltro un pensiero, così, a caldo: onestamente con la squadra messa così, la festa la si può fare all’Appiani, all’Euganeo o a Dueville in ufficio da Cestaro. Non sarà mai una festa come l’avevamo sognata.  

VA BENE IL BRODINO MA ORA BISOGNA GUARIRE

Il Padova è stato ammalato. E pure di brutto. Sette sconfitte quasi di fila sono state la peggior influenza che poteva contaminare la squadra di Carlo Sabatini. Una squadra che ad inizio stagione non stava solo bene, ma scoppiava letteralmente di salute, esplodeva di salute, al punto che se anche qualche volta usciva senza mettersi la sciarpa c’aveva degli anticorpi pazzeschi pronti ad entrare in azione per non farle buscare nemmeno un raffreddore.

Giudico il pari di oggi a Modena come il brodino che si dà agli ammalati: una cosa cioè che di per sè non fa guarire ma aiuta l’ammalato a prendere la strada verso la guarigione. A trovare la forza di alzarsi dal letto per riprendersi.

Ecco il Padova si è rialzato dal letto. E ha mosso il primo passo verso il ritorno alla luce. Ora però ci vuole l’unico antibiotico con i controfiocchi… la vittoria contro la Reggina sabato prossimo. Punto e stop.

Mancherà Vincenzo Italiano, squalificato, e questa è una perdita pesante. Ma la squadra ha ora i fratelli Gasparetto in più nel motore (Daniele mi ha davvero impressionato, Mirco ha fatto cose semplici ma utili) e da lunedì avrà pure Daniele Vantaggiato, oggi in tribuna al Braglia ancora con la bocca cucita per il silenzio stampa imposto dal Torino ma desideroso di abbracciare Padova e il Padova al più presto. 

Avanti, ragazzi!   

DUBBI E PERPLESSITA’ CHE TUTTI SPERIAMO DI VEDER SMENTITI

Tanto aspettavamo Daniele Vantaggiato che è arrivato Mirco Gasparetto.

Onesta e sincera. Quando ho sentito il suo nome il primo pensiero (cattivo) che ho fatto è stato: "No, Casper no…". "Casper" è il soprannome che all’attaccante di Asolo, scuola Milan, era stato affibbiato a Padova nella sua prima venuta in biancoscudato, tra il 1999 e il 2001, nel glorioso (si fa per dire ovviamente!) campionato di C2. La motivazione è molto semplice: davanti alla porta spesso era come il fantasmino del cartone animato, quando era ora di far gol "spariva".

Il secondo pensiero è invece stato buono perchè il 1999 è stato il mio primo anno da giornalista del Padova e lo ricordo come fosse ieri. E Mirco, nonostante non sia mai nato un rapporto particolarmente stretto tra me e lui, mi è sempre rimasto impresso come un ragazzo buono, perbene e sensibile. Ricordo il legame speciale che aveva con la fidanzata di allora e che una volta mi disse, toccandomi il cuore: "Ho imparato molto da lei, standole vicino in un momento particolarmente delicato della sua vita". Insomma, la classica persona "coccola", che all’interno di uno spogliatoio già collaudato come quello biancoscudato troverà senz’altro la sua collocazione senza turbare la serenità e gli equilibri del gruppo. 

Non è l’indiscussa umanità del ragazzo però a far nascere in queste ore dubbi e perplessità nel mio stato d’animo e in quello dei tifosi: sono infatti passati dieci anni dall’ultima volta che lo abbiamo visto all’opera, di strada Gasparetto ne ha fatta molta, basta leggere il curriculum: Pisa, Chievo, Genoa, Empoli. Di gol però ne ha segnati pochetti: 4 l’anno scorso a Pisa, 6 al Genoa, 2 all’Empoli, divisi in due campionati. L’unico numero che spicca è il 20 della stagione 2002-2003 a Prato, in cui si contese il titolo di cannoniere della C1 con il nostro Ciro Ginestra fino all’ultimo (alla fine vinse il napoletano con 21 reti): ma ahimè è passato tanto tempo!

Ovviamente la speranza è quella che Mirco ritrovi proprio lo smalto di allora anche se i numeri più recenti non sono dalla sua parte (anche perchè non credo sarà bello per lui domani, nel suo primo giorno a Padova dopo tanti anni, avvertire prima ancora di mettersi al lavoro la diffidenza e la delusione della piazza), ma visto che il Padova cercava un bomber di razza in grado di restituire concretezza e produttività ad un reparto in grande difficoltà, va detto che il suo ingaggio non sembra sia quel che serviva in questo momento alla squadra di Carlo Sabatini.

Va detto, certo, perchè il momento del Padova è delicatissimo e non ci si può più permettere di sbagliare. Nè in campo nè sul fronte dell’attuale campagna acquisti detta appunto "di riparazione" per rimediare alle sbavature commesse la scorsa estate. 

Credo che però contemporaneamente noi tutti si abbia l’obbligo di non creare un’accoglienza disfattista a Gasparetto e di dargli così la possibilità almeno di partire con il piede giusto. Tranquillo. Sereno. Solo così potrà dimostrarci che ci siamo sbagliati a nutrire questi dubbi. Se invece si sentirà addosso il peso di un giudizio a priori saranno dolori per lui e per il Padova.  

E poi di attaccante ne arriverà sicuramente un altro oltre a lui.    

 

INESPERIENZA, ROSA INCOMPLETA E TROPPO ENTUSIASMO

 

 

 

  

Ci ho pensato su se non tutta la notte quasi. Con buona pace del moroso che, povera stella, aveva tutt’altro tipo di programmi dopo il mio ritorno da Brescia!

Cosa sta succedendo al Padova? Be’, le tre cose che ho messo nel titolo sono quelle che mi hanno martellato la testa più delle altre. Ora provo a sviscerarle.

1) INESPERIENZA: erano 11 anni che il Padova non faceva la serie B. Cestaro, uno dei migliori presidenti che qualunque tifoso di calcio possa desiderare, ci ha messo un mucchio di tempo per capire come funzionavano le cose in C1. Figuriamoci, ma non è una colpa la sua, se poteva capire al volo la B, categoria ben più impegnativa. Per affrontare al meglio il campionato si è affidato a Gianluca Sottovia, Ivone De Franceschi e Carlo Sabatini. Tre persone che conoscono profondamente la realtà padovana e capiscono assolutamente di calcio, ma che mancano di esperienza nella cadetteria. Finchè le cose hanno funzionato la squadra ne ha tratto i migliori frutti, rendendosi protagonista di un brillante avvio di stagione. Ai primi scricchiolii però (su tutti il caso Varricchio, ma anche i normali attriti che fanno parte di qualunque ambiente lavorativo) forse la loro inesperienza si è fatta sentire e qualcosa si è rotto. Non voglio con questo gettare loro la croce addosso perchè tutti e tre ci stanno mettendo la faccia oltre che il massimo impegno per questo Padova. E strada facendo (si spera senza dover ricorrere a soluzioni drastiche) faranno senz’altro tesoro dell’esperienza (calcisticamente) terribile che stanno vivendo. Ma la realtà oggettiva, secondo me, è anche questa.

2) ROSA INCOMPLETA: il prorompente inizio di stagione ci ha buttato un po’ di fumo negli occhi. A tutti quanti. Nelle prime giornate il grande avvio di Totò Di Nardo, i tiri da fuori di Italiano e le poche ma buone reti di Cani e Soncin ci hanno illuso che potessimo davvero arrivare a gennaio senza la quarta punta. Senza il peso decisivo di un attaccante stile Max Varricchio. Uno di quelli che, lì davanti, le sportellate le prende ma le rende anche. I lanci millimetrici e la visione di gioco di Italiano, le qualità di Rabito e quelle di Patrascu ci hanno inoltre fatto pensare che il modo di giocare e il modulo adottato, il 4-3-1-2, fossero infallibili. Invece gli avversari hanno capito ormai come ci muoviamo e Carlo Sabatini si ritrova senza gli uomini che servono per cambiare la disposizione in campo. Passare al 4-4-2 o al 4-3-3? La vedo dura senza esterni di ruolo. Si è inoltre materializzata un’emergenza difesa nelle ultime giornate, reparto che fino alla quattordicesima giornata era il secondo migliore di tutto il campionato. Sono dell’idea che i veri Faisca e Cesar non sono quelli visti ieri a Brescia, ma allo stesso tempo mi sono convinta che ci vuole un rinforzo anche in mezzo alla retroguardia. Anche qui l’assenza per infortunio di Gasparetto, che doveva fungere da valida alternativa, si è fatta sentire.

3) TROPPO ENTUSIASMO: giusto perchè non mi sto divertendo a massacrare gli altri senza fare un pizzico di sana autocritica, ecco il terzo elemento. Il troppo entusiasmo. I tifosi hanno tutto il diritto di sognare e di farlo in grande. Forse noi addetti ai lavori dovevamo attendere ancora un po’ prima di farci prendere la mano e parlare di possibili playoff. Anche se comunque resto dell’idea che nessuno (a parte forse il Lecce) ci ha veramente messo sotto. Men che meno le squadre che ci hanno battuto nelle ultime settimane.

Nel fare ammenda per la parte che mi riguarda, concludo però dicendo che comunque, arrivati a questo punto, non serve a nulla fare del disfattismo, così come cambiare allenatore. Leggendo i vostri commenti, vedo che sono in pochi a chiedere la testa di Sabatini. Ritengo che la strada più saggia sia quella di continuare a lasciarlo lavorare fornendogli i rinforzi di cui ha bisogno. E imparando un po’ tutti dai nostri errori!

Questi ragazzi, per quello che hanno saputo regalare alla città, la meritano un’altra possibilità.

 

 

 

 

GIOCARE COME CHI LOTTA PER NON RETROCEDERE

"A questo punto dobbiamo scendere in campo con la mentalità di chi lotta per non retrocedere. La classifica si è fatta preoccupante, la situazione pure. Non possiamo non prenderne atto".

Onesto e sincero, Carlo Sabatini analizza la realtà biancoscudata del momento con la lucidità di un killer. Sembra impossibile che, solo un mese e mezzo fa, si parlasse di traguardi ben più ambiziosi. Sembra altrettanto impossibile che la sfida col Lecce, datata metà novembre, in cui ci si giocava la possibilità addirittura di agguantare il primo posto, sia avvenuta solo poche giornate fa. Eppure, arrivati a questo punto, devo arrendermi anche io: il Padova, questo Padova, non è da playoff e, peggio ancora, non è nemmeno da metà classifica tranquilla. Per quanto io resti convinta che nessuna delle squadre che ci ha battuto finora ci ha messo veramente sotto dal punto di vista del gioco (Sassuolo, Ascoli e AlbinoLeffe soprattutto) devo alzare bandiera bianca di fronte al fatto che evidentemente non basta il bel gioco per andare lontano.

Non basta perchè se davanti non segni e dietro ogni tanto ti distrai l’avversario ti punisce. Non basta perchè se in attacco ti ritrovi senza Varricchio, con Soncin che  va a corrente alternata, con Cani che è troppo giovane per mettersi sulle spalle le mostrine del titolare fisso e Di Nardo giustamente dopo un po’ si spompa e non ce la fa più a sobbarcarsi tutto il peso non ce la puoi fare. Non basta perchè dopo un po’ chi ti gioca contro ti prende le contromisure e se tu non hai gli uomini per metterlo in pratica un modulo diverso da quello che ti è più congeniale allora non puoi fare miracoli. 

L’unico lato positivo della faccenda è che ho visto sì rabbia negli occhi del presidente Cestaro ma anche la giusta dose di serenità che serve per non commettere dannosi colpi di testa. I problemi ci sono, ma si possono affrontare e risolvere senza stravolgere e buttare al vento quel che di buono si è fatto fino a questo punto del cammino. Certo, occorre un brusco cambio di rotta. E soprattutto ci vogliono i punti. A cominciare da Brescia sabato.      

PANETTONE AMARO, MA SPERIAMO NELLO ZUCCHERO A VELO

Ho atteso qualche ora in più rispetto al solito per aggiornare il blog. Non è stato un caso. Volevo infatti vedere i risultati delle altre partite della diciannovesima giornata prima di esprimere un giudizio complessivo su questa parte finale di 2009.

Alcuni risultati mi hanno particolarmente colpito e sono Vicenza-Torino 1-0, AlbinoLeffe-Empoli 2-0 e Gallipoli-Reggina 2-1. La Reggina e il Torino hanno cambiato allenatore (Novellino ha lasciato il posto a Iaconi a Reggio Calabria e Beretta ha sostituito Colantuono sulla panchina granata) eppure non c’è stata alcuna scossa e le due formazioni, a detta di tutti quest’estate tra quelle che dovevano ammazzarlo ‘sto campionato, annaspano tuttora in una posizione in classifica che non rispecchia per nulla i loro valori. Questa situazione di estremo equilibrio in classifica, con squadre ad esempio come l’Ancona e il Sassuolo in posizioni assai diverse da quelle in cui ce le avevano messe tutti prima dell’inizio della stagione, mi fa dire che i 25 punti portati a casa dal Padova sono un bottino buono, sul quale è assolutamente ingeneroso sputare sopra come qualcuno ha già iniziato a fare.

Ciò premesso, è evidente che la squadra biancoscudata sta attraversando un momento problematico. Non è possibile che la retroguardia, che fino al giorno prima della sfida di Lecce era la seconda migliore difesa in assoluto e la prima miglior difesa tra le sacre mura dell’Euganeo, si sia all’improvviso imbrocchita in questo modo. E non è nemmeno possibile che lì davanti all’improvviso l’attacco abbia esaurito la vena realizzativa. Il momento che gli uomini di Carlo Sabatini stanno vivendo è, secondo me, frutto di tante concause che provo a riassumere qui:

1) E’ finita l’intensa carica data dall’entusiasmo della promozione e della straordinaria cavalcata delle ultime sei giornate del torneo 2008-2009. E’ durata tantissimo, è stata la molla che a Grosseto e contro l’Empoli in casa ha fatto recuperare al Padova 2 gol di svantaggio, che ha permesso ai biancoscudati di uscire con un punto da Reggio Calabria e Frosinone. Ora bisogna saperla sostituire con altre motivazioni di uguale importanza.

2) Il bel gioco, che finora è stata l’arma vincente di questo gruppo, è diventato prevedibile. Gli allenatori avversari hanno capito che Italiano va imbavagliato e hanno imparato a mettergli costantemente un uomo in marcatura fissa. Il che rappresenta un sacrificio per la loro squadra che però in qualche modo viene compensato da quel che il regista, in queste condizioni, non riesce più a dare al Padova. Pure Di Nardo è sempre un osservato speciale: i difensori non si risparmiano quando è ora di intervenire su di lui e Totò è evidentemente un po’ appannato anche per questo.

3) Un pizzico di banale appannamento. Stanchezza. Può succedere no? Meglio ora che, come è avvenuto per undici anni in serie C, in primavera.

4) La discesa della lancetta dell’autostima. Questa è stata determinata dalle quattro sconfitte di fila, maturate in contesti differenti sì e in qualche caso pure immeritate, ma comunque quattro e tutte insieme. Difficili da digerire e purtroppo ottime per alimentare le prime paure e i primi fantasmi.

Non ci metto la sfortuna perchè non è un fattore allenabile: se la Cini alza la bandierina annullando a Totò un gol regolare, Sabatini a Bresseo durante la settimana non può fare proprio niente per impedire che succeda! Su tutto il resto invece l’allenatore può e sono sicura che farà quel che deve fare, lavorando tatticamente e psicologicamente come lui è bravissimo a fare.

E con lo spiraglio del mercato di gennaio che gli garantirà (Cestaro lo ha già assicurato!) l’arrivo di quei giocatori le cui caratteristiche faranno sì che si possa cambiare il modo di stare in campo. Magari allargandosi di più sulle fasce. O semplicemente contando su un attaccante di peso che lì nel mezzo non si tira indietro quando è ora di rispondere alle sportellate che i difensori gli riservano!

Dunque il panettone che ci accingiamo a mangiare è un po’ amaro, viste le cinque sconfitte nelle ultime sei gare. Ma la speranza è che il mercato di gennaio, l’assiduo lavoro del mister e la buona volontà dei ragazzi (sappiamo tutti che ne hanno tanta e che non molleranno mai!) fungano da zucchero a velo che addolcisce e fa tornare su tutti i nostri visi il sorriso.

Buon Natale a tutti.

       

UNA VITTORIA PER E CON I TIFOSI

Ieri sera in campo non sono scesi solo gli undici giocatori del Padova.

Insieme a loro hanno battagliato, e pure alla grande, anche i 6.000 padovani accorsi sugli spalti per rivedere finalmente il loro ragazzi del cuore vincere. Si è creata allo stadio un’atmosfera così suggestiva, una simbiosi così forte tra squadra e tifosi che mi piace pensare che quel pallone di Soncin, infilato oltre la linea di porta con così tanta voglia e rabbia, sia in realtà stato spinto dentro anche dal "fiato" di tutti i supporters, che hanno remato in quella direzione insieme alla squadra.

Sì, la vittoria di ieri sera è stata PER i tifosi che finalmente possono tornare a sorridere e passeranno senz’altro un buon Natale, ma è stata ottenuta CON i tifosi che, dopo essere andati in settimana a dare la carica ai ragazzi al centro sportivo Euganeo di Bresseo per far capire loro che le quattro sconfitte di fila non avevano intaccato minimamente la stima e la fiducia che i giocatori hanno dimostrato di meritare, hanno ieri sera cantato dal primo all’ultimo, capendo che la squadra era un po’ contratta proprio perchè non voleva deluderli ma allo stesso tempo aveva il fuoco negli occhi perchè uscire dal tunnel era troppo importante.

Il Padova ancora una volta ce l’ha fatta a tirarsi fuori dal momento difficile e lo ha fatto sfoderando quelle doti umane che rendono questa squadra così amata. E chi aveva con così tanta solerzia chiesto la testa di Sabatini si guardi le interviste di ieri sera nella sala stampa dell’Euganeo, con l’abbraccio tra Cestaro e il mister. Mai così uniti. Questa coppia, statene certi porterà i colori biancoscudati ancora molto lontano, Alla faccia dei gatti neri e dei gufi che ieri sera sugli spalti dell’Euganeo aspettavano che ci scappasse l’esonero.