LA PAURA HA FATTO NOVANTA

Parto da una semplice considerazione: se l’arbitro Saccani ha visto un fallo da rigore (e ribadisco: ci poteva stare) nella trattenuta di Faisca su Bjelanovic allora su Soncin oggi, spinto da dietro da Minelli al momento di calciare davanti alla porta, ce n’erano due. E lo stesso Minelli doveva essere assolutamente espulso così come è successo al portoghese sabato scorso. Si tratta dell’ennesima dimostrazione che gli episodi in questo periodo girano davvero storti e la dea bendata ha deciso per un po’ di mostrare ai colori padovani il pollice verso, per un motivo che non è evidentemente dato sapere.

Detto questo, però, di mestiere faccio (o perlomeno tento di fare) la giornalista: devo quindi tirare una tenda sul mio cuore e isolare la parte della tifosa per evitare che prenda il sopravvento sull’analisi oggettiva dell’odierna prestazione. Fatta questa operazione di "separazione", mi accorgo che sì il Padova è stato sfortunato anche oggi, che il pareggio si poteva tranquillamente portare a casa e che anzi sarebbe stato il risultato più giusto, ma non posso non notare che, per la prima volta dopo tantissimo tempo, ho visto una squadra con la paura negli occhi.

Paura di non farcela, paura di perdere di nuovo, paura di giocare all’arrembaggio perchè magari poi prendi un gol, parti con l’handicap e ti tocca rincorrere dall’inizio alla fine. 

La paura, secondo me, ha fatto novanta e ha funzionato come il più terribile dei freni a mano sul rendimento di tutti i giocatori che, contratti e duri come dei baccalà, hanno sbagliato a tratti anche i passaggi più elementari. Capisco la stanchezza, so che più di qualcuno non è in perfette condizioni e sta stringendo i denti, è poi evidente che in attacco ci vorrebbe il Varricchio che è venuto a mancare per motivi extracalcistici, ma della paura, questa squadra, deve assolutamente liberarsi, subito. Non c’è niente di cui aver paura: il momento è duro, i risultati non stanno arrivando, ma non c’è nessuna scure pronta a scattare sulla testa di qualcuno e la classifica non è disperata.

Avanti col Cesena (con cui peraltro si ha un conticino in sospeso dal match di ritorno dello scorso campionato!) con la stessa sfrontatezza e la stessa forza interiore che ha portato alla conquista della serie B. A sei giornate dalla fine della stagione 2008-2009 la situazione era più che disperata e il Padova ne è uscito a testa altissima, non sbagliando più nulla.

Dopo aver portato a termine quell’impresa, non possono essere quattro sconfitte di fila a far paura. E soprattutto nessuna impresa può essere più difficile di quella che questi ragazzi hanno già fatto.

NON CREIAMOCI ALIBI, ABBIAMO DEI PROBLEMI

Non è colpa dell’arbitro Saccani se oggi il Padova ha perso il derby contro il Vicenza, portando a casa la terza sconfitta di fila.

Certo il direttore di gara è stato fin troppo fiscale nei confronti del Padova e troppo poco col Vicenza, prendendo decisioni diverse su falli del medesimo genere, ma guardiamoci in faccia e diciamoci la verità.

1) Faisca ha trattenuto per la maglia Bjelanovic, in modo lieve ma lo ha trattenuto: il rigore c’era e pure l’espulsione è giusta a termini di regolamento perchè si trattava di una chiara occasione da gol. Cioè se Faisca non avesse fatto perdere l’equilibrio al croato, quest’ultimo avrebbe senz’altro segnato perchè era solo davanti alla porta.

2) Rivedendo al rallentatore le immagini, pare pure che Di Cesare non sia in fuorigioco quando colpisce per la prima volta di testa la palla nell’azione che poi ha portato al 2-1 dello stesso Bjelanovic. Qui un pizzico di dubbio resta, ma non esiste al mondo che la difesa del Padova resti ferma immobile, sperando che venga segnalato l’offside. Finchè l’arbitro non fischia bisogna fermare in tutti i modi l’avversario. La retroguardia biancoscudata è invece rimasta a guardare Bjelanovic mentre insaccava il 2-1. E questo non va bene.

3) Cesar non è un giocatore alle prime armi. Anzi, ha una buonissima esperienza. Sapeva di essere già ammonito. Perchè tentare un dribbling di troppo e poi franare rovinosamente sull’avversario che gli ha portato via la palla? Delle quattro espulsioni rimediate nelle ultime tre partite, due sono proprio state del brasiliano. Cosa gli sta succedendo?

L’elenco potrebbe continuare. Contenendo anche episodi che potevano girare la partita in favore del Padova ma sono stati ignorati dall’arbitro Saccani (tipo un rigore non fischiato su Cuffa all’inizio e la semplice ammonizione su Ferri quando ha fatto fallo da dietro su Di Nardo lontano dalla palla a metà ripresa, prima dell’espulsione di Cesar: se ne fosse uscito anzitempo anche il difensore vicentino, magari in dieci contro dieci la partita poteva vivere un altro epilogo), ma credo che i tre punti di cui sopra bastino e avanzino per constatare che il Padova ha dei problemi. In difesa. Sì, quella difesa che era la seconda miglior difesa del campionato fino a tre settimane fa, sta vacillando. Commette troppe ingenuità e le paga tutte a caro prezzo.

Semplice momento no, nervosismi individuali, problema tattico o cosa? A Sabatini l’ardua sentenza. Perchè tre sconfitte consecutive iniziano ad essere un po’ troppe…

 

 

 

PARTITA STREGATA FIN DAL… PREPARTITA

Il Padova ha provato in tutti i modi a vincere contro l’Empoli. Anche in quel sciagurato primo tempo chiusosi 2-0 per i toscani. Strada facendo, si è capito che oggi la palla proprio non voleva entrare, nonostante il grande sforzo profuso, nonostante la grande (finalmente!) prestazione di Soncin, la crescita graduale di Cani, le prodezze di Rabito, l’ingresso in campo di Italiano e Di Nardo in corso d’opera e un rigore grande come una casa bellamente ignorato dal signor Calvarese di Teramo.

In realtà bastava quel che era successo pochi istanti prima del fischio d’inizio di Padova-Empoli per capire che ci saremmo trovati di fronte un pomeriggio stregato. Vi racconto l’aneddoto che ha cambiato il volto della gara prima ancora che questa fosse giocata. 

Sono le 15,13 quando la gentilissima hostess dello stadio passa davanti alla mia postazione e mi porge le formazioni. Passano tre minuti e la stessa ragazza, tutta trafelata, corre di nuovo verso la tribuna stampa dicendo che all’ultimo Musacci, giocatore dell’Empoli, si è sentito male e che al suo posto in formazione c’è Pasquato. "In panchina al posto di Pasquato c’è De Giorgio, che dalla tribuna è stato richiamato all’ultimo a sostituire il compagno messo in campo al posto di Musacci". 

Chi è stato determinante, oltre a Eder (davvero bel giocatore), nel risultato finale di vittoria per l’Empoli? Pasquato, autore del 2-0, e proprio De Giorgio che ha dato il la all’azione del 2-3. Sì proprio quel De Giorgio che fino a due minuti prima del fischio d’inizio l’allenatore Campilongo aveva destinato alla tribuna!

Era scritto che oggi il Padova dovesse perdere, anche se indubbiamente ci ha messo del suo.

Meglio voltare pagina e metterci una bella pietra sopra. Anche se contro il Vicenza sabato prossimo la vedo veramente dura…

NUNTIO VOBIS GAUDIUM MAGNUM…

… Habemus la trasmissione sullo stadio!

Per la gioia di Subkomandante e di tutti i tifosi che in questo blog hanno animato molte discussioni sulla bruttura dello stadio Euganeo e sulla necessità di approfittare del nuovo testo di legge sugli stadi di proprietà firmato Rocco Crimi, domani sera, 20 novembre, a partire dalle 21 e fino alle 23, nella consueta diretta di Telenuovo "Il sindaco e la città" si parlerà di questo argomento.

Insieme appunto al primo cittadino Flavio Zanonato, gli ospiti in studio saranno l’assessore allo sport Claudio Sinigaglia, la vicepresidente del calcio Padova Barbara Carron, il direttore marketing biancoscudato Gianni Potti, il direttore de "Il Mattino di Padova" Omar Monestier e il caposervizio della redazione sportiva del quotidiano Leandro Barsotti.

Vi scrivo qui tutte le indicazioni per intervenire in diretta oppure scrivere mail ed sms con tutte le vostre osservazioni e domande. Vi aspetto numerosi, un abbraccio a tutti!

049.8647965 per intervenire in diretta

348.4316678 per inviare un sms

zanonato@telenuovo.it per inviare una mail 

NIENTE PROFUMO DI A PER STAVOLTA

La scorsa settimana, come sapete, ho avuto il piacere di scrivere l’articolo di Padova-Salernitana per la "Gazzetta dello Sport". Il giorno dopo, ovviamente, sono corsa in edicola a comprarne una copia per conservarla e, esattamente come è successo a molti di voi, il titolo scelto per il mio pezzo dai redattori del quotidiano sportivo per eccellenza, ovvero "Padova, una vittoria che profuma di A", mi ha molto colpito. Molti tifosi temevano che cotanto ottimismo portasse sfortuna e magari stasera a maggior ragione lo pensano, visto che i biancoscudati sono caduti a Lecce. A me invece quel titolo è rimasto impresso proprio perchè ho capito che ormai non siamo solo più noi padovani, tifosi e addetti ai lavori, a pensare che questa squadra sia forte e abbia le carte in regola per non accontentarsi della tranquilla salvezza. Lo pensano anche alla Gazzetta dello Sport, lo pensano anche le avversarie, soprattutto quelle che la scorsa estate sono state costruite con l’ambizione del salto di categoria. Insomma, lo pensano tutti, anche chi non ha questi colori nel cuore.

Il vero banco di prova di questa "sensazione" passava però proprio per il Via del Mare di Lecce: fosse arrivato il risultato positivo, che ad un certo punto era assolutamente alla portata del Padova, non ci sarebbe stato più alcun dubbio sui reali obiettivi del gruppo di Sabatini. Invece si è incappati, e pure rovinosamente, in una sconfitta. Il che non è in sè una cosa grave, visto che si tratta appena della seconda stagionale ed è immeritata esattamente come quella rimediata a suo tempo a Crotone.  E’ il come è maturata che spinge a riflettere su quanti passi avanti il Padova deve ancora fare per diventare una grande. 

Può capitare di perdere immeritatamente e succederà in chissà quante partite ancora, in tutti i campionati del mondo, che in pochi secondi un episodio ti faccia cambiare la direzione del pollice, da alzato a "verso". E’ che il Padova deve imparare a chiudere le partite quando ne ha l’opportunità. Stasera ne ha avuta l’opportunità. Anzi ne ha avute ben due, in un momento in cui il Lecce non ci stava a capire più nulla. Non si può lasciare all’avversario (specie quando si chiama Lecce) la possibilità di riprendersi dal pugno sul muso ricevuto e di rientrare in partita. Ecco, su questo bisogna lavorare, fermo restando, ripeto, che comunque la prestazione dei padovani in casa della prima in classifica è stata nel complesso buona e che siamo ben lungi dal drammatizzare.      

UNA BELLA VITTORIA SCACCIA NUVOLE

Ci voleva. Come l’acqua calda e il limone, la vittoria ottenuta contro la Salernitana ha stroncato un mal di stomaco che rischiava di bloccare il Padova. 

Inutile nasconderlo: il caso Varricchio, che il giocatore abbia torto o ragione ad essersi comportato come si è comportato, qualche scompenso l’ha creato, così come ha provocato reazioni discordanti tra i tifosi che di certo non si aspettavano un epilogo del genere dopo aver eletto l’Airone a eroe della promozione in serie B.

La squadra è stata bravissima a reagire sul campo, compatta e volitiva come sempre. L’applauso più grande va a Totò Di Nardo, il migliore lì davanti, ma un battimani sonoro va tributato anche a Roger Rabito, che ha perso i polmoni a forza di tentare di trovare spazio ora a destra e ora a sinistra, ad Andrea Bovo per il suo primo gol in B e ad Andrea Soncin che, al momento giusto, ha mostrato la malizia del mestiere nel procurarsi un rigore e la freddezza del killer nel trasformarlo.

La vittoria assume ancora più significato e importanza perchè ottenuta senza Vincenzo italiano, assente per la prima volta dall’inizio del campionato. Senza il suo faro a centrocampo il Padova rischiava di trovarsi spaesato, di vedere la luce spegnersi invece, dopo un inizio preoccupante, i biancoscudati hanno trovato le giuste contromisure. A Lecce però Vincenzo dovrebbe esserci: in casa della corazzata salentina, il suo recupero sarà fondamentale. Anzi, probabilmente, Sabatini gli ha risparmiato la sfida odierna proprio perchè lo vuole al massimo nelle prossime giornate, in cui il calendario prevede esami di maturità non da poco.  

 

VARRICCHIO, LA SOCIETA’ E LE “BALLE”

Prima che si crei un caso "silenzio di Martina Moscato" o "Martina Moscato sa ma non parla" intervengo con un altro post sull’argomento Varricchio.

Battute a parte (grazie davvero per aver commentato numerosi, l’argomento era evidentemente molto solleticante!), volevo precisare che, se non ho aggiunto nulla rispetto al post in cui parlavo del "caso Varricchio, seconda e ultima parte" è perchè davvero non ne so di più.

I fatti di cui sono a conoscenza sono quelli di dominio pubblico: ovvero che la società sostiene che il 31 agosto ha ricevuto un’offerta per Varricchio da parte della Reggiana e l’ha valutata e il giocatore (che sostiene invece che la società racconta un sacco di "balle" e lì si ferma) si è infuriato. Al punto da salire sul palco nel giorno della presentazione ufficiale della squadra in piazza della Frutta con il muso lungo fino a terra. Con la faccia insomma di chi si è sentito quasi scaricato dal club con cui ha conquistato la serie B sul campo al termine di una meravigliosa quanto difficile e sofferta cavalcata. 

I dirigenti biancoscudati sostengono inoltre che l’assenza dell’attaccante all’inaugurazione della mostra del Centenario del 27 ottobre, episodio che ha scatenato il putiferio e provocato l’esclusione dalla rosa dello stesso giocatore da parte del presidente Cestaro in persona, non era giustificata, Varricchio invece, a me al telefono, ha detto che il motivo della sua non presenza al centro culturale Altinate San Gaetano è legata ad un motivo "assolutamente valido e personalissimo".  

Tutto quello che si dice in più sulla vicenda sono solo considerazioni personali, come tali non oggettive e dunque controvertibili. Anche io ho la mia opinione e non ho problemi a dirla, ma appunto è un’opinione, non qualcosa che so e che non voglio dire o una verità incontestabile. Sono giorni che ci penso e, secondo me, manca un tassello a questa vicenda. C’è qualcosa che non si sa ed è probabilmente il vero motivo per cui Varricchio, a torto o a ragione, si è arrabbiato.

Perchè non posso pensare che un giocatore di 33 anni, con così tanta ambizione e voglia di giocare e con tutta la propensione che ha lui a mettersi al centro dell’attenzione e ad essere sempre il numero uno, si sia buttato in questo modo la zappa sui piedi. Aveva l’opportunità di giocare di nuovo in B, di essere protagonista in B. Perchè gettarla al vento così, visto che per lui, per motivi anagrafici, questi sono gli ultimi colpi di carriera? Ho notato che c’è più di qualcuno tra voi che ha i miei stessi dubbi, che comunque non si capacita di questo epilogo.

Però magari mi sbaglio. Ripeto, sono solo sensazioni. Come le vostre.    

 

L’ITALIANO

"Lasciatemi cantare, con la chitarra in mano, lasciatemi cantare una canzone piano piano, lasciatemi cantare, perchè ne sono fiero, sono un italiano, un italiano vero".

Penso che Toto Cutugno dovrebbe fare una tappa a Padova e stringere la mano al nostro Vincenzo Italiano. Sì, perchè se all’improvviso, nel capoluogo patavino, c’è stato un ritorno di fiamma per quella sua canzone datata anni Ottanta e tra i calciofili non si canta altro che il suo ritornello, il merito è proprio del regista biancoscudato. Sono sicura che la curva non ci metterà molto a trovare le parole per intonare un coro a Vince’ che segua proprio le note di quel motivo tanto conosciuto allora come oggi.

E’ davvero straordinario il destro di questo giocatore. Non smette mai di stupire. Quando ho visto l’1-0 contro il Mantova pensavo di aver assistito al massimo, al perfetto mix di potenza, precisione ed eleganza. Certo, quel gol è stato incredibile, ma ieri sera, dopo che già a Grosseto Italiano aveva fatto il bis, mi sono emozionata ancora di più: perchè contro il Mantova Vincenzo ha avuto qualche secondo e qualche metro a disposizione per coordinarsi, alzare la testa e prendere la mira. Ieri al Tombolato no: sul precisissimo assist di Rabito, non poteva fare altro che tirare al volo perchè altrimenti i difensori del Cittadella gli avrebbero preso tempo e traiettoria. E quel tiro di prima intenzione gli è riuscito perfetto tanto quanto quello contro il Mantova. Giù il cappello!

Purtroppo non sono solo liete le note del dopo derby: non si può non sottolineare che in attacco, quando Totò Di Nardo (reduce dall’influenza e da un avvio di campionato comunque molto intenso) è stanco, il Padova si appanna; che Soncin mostra solo a sprazzi quelle che sono le sue grandissime qualità; che Cani, ieri comunque assente per l’influenza, non era stato preso per caricarsi subito sulle spalle tutta ‘sta responsabilità: avrebbe dovuto essere il vice Varricchio, invece si ritrova a doverne fare in toto le veci. Cosa non semplice. 

A questo punto, la risoluzione del caso Varricchio è più che mai urgente e non solo per fare chiarezza sulla situazione. Occorre sapere con certezza se questa squadra potrà o no contare sul suo fiuto per il gol, la sua esperienza e la sua generosità lì davanti una volta che si sarà ripreso del tutto dall’infortunio al ginocchio. Continuo ad augurarmi che ciò sia possibile, ma, in caso contrario, occorre fin da ora cercare la giusta alternativa.     

IL CASO VARRICCHIO, SECONDA (E ULTIMA) PARTE

 

Il dato di fatto, e dunque il punto di partenza di questo mio post, è che ieri sera Massimiliano Varricchio, all’inaugurazione della mostra del centenario, non c’era. Me ne sono accorta subito nel salone interrato del centro culturale Altinate San Gaetano che l’Airone mancava e, come me, anche gli altri giornalisti e i tifosi presenti che già poco dopo il taglio del nastro sono venuti a chiedermi numerosi il perchè della sua assenza. 

Prima di trarre qualunque conclusione, ho fatto l’unica cosa che c’era da fare per capirne di più: gli ho telefonato, per sentire la sua versione dei fatti. Max non aveva molta voglia di parlare e mi ha ribadito di essere in silenzio stampa con tutti per scelta fatta ancora quest’estate: al suo presente e al suo futuro, con o senza la maglia del Padova addosso, non ha voluto nemmeno accennare. L’unica cosa che mi ha detto è stata: "Credimi, Martina, che, se non sono venuto stasera, ho un motivo più che serio e valido". Della serie: non è stato un dispetto, non è stata una presa di posizione a priori, se non sono venuto è perchè proprio non potevo. 

Clic, telefonata finita.

Verità assolute questo colloquio non me ne ha offerte. Però, affidandomi alle mie sensazioni e alla conoscenza della persona che ho maturato in questi due anni e mezzo, mi sento di dire che credo a Max quando dice che, se ha disertato, il motivo non è una semplice scaramuccia. E questo perchè credo che uno col carattere come il suo, che non te le manda certo a dire, non si sarebbe fatto problemi a dirmi che si trattava di una ripicca se ciò fosse stato vero. Cioè, se veramente Varricchio non fosse andato alla mostra del centenario per fare un dispetto, penso che l’avrebbe ammesso, senza problemi. Perchè se lui pensa una cosa e la fa, non ha problemi a rendere ragione del proprio operato.

Ciò premesso, è però innegabile che qualcosa si è rotto dentro di lui. Che non è più il Varricchio di sempre. Che la quasi cessione di quest’estate negli ultimi giorni di calciomercato gli ha lasciato un segno molto profondo e una ferita che non si rimarginerà mai. Penso quindi che, anche se riprenderà senz’altro ad allenarsi una volta che il medico gli darà il via libera (e da quel che ho capito non vede l’ora, dovrebbero mancare al massimo 15 giorni!) e, quando giocherà, darà il massimo per fare la differenza e far vincere il Padova, non senta più questa società come il suo posto ideale. 

Mi sa proprio che a gennaio non sarà più dei nostri. E mi dispiace vedere uno dei protagonisti della promozione in B, uno che nonostante un paio di infortuni non da poco è riuscito a fare 28 gol in due anni, andarsene via così.

Ma tant’è… Mi sa che non ritornerà sui suoi passi, duro e puro com’è.   

  

 

   

NESSUN DRAMMA

Contro la Triestina le polveri del Padova si sono effettivamente un po’ bagnate.

Complici l’assenza di Di Nardo e quella di Renzetti, negli ultimi sedici metri il Padova non è riuscito a sfoderare quella brillantezza e quella fluidità di manovra che erano state le assolute protagoniste del match contro il Mantova di due settimane fa.

Ma tant’è, diceva il grandissimo Gildo Fattori, non è il caso di drammatizzare. Intanto non si è perso e siamo ancora lì, a ridosso delle prime posizioni. Non è cosa da poco per una squadra che, lo sottolineo, è comunque una matricola, per quanto terribile! E poi la formazione titolare delle ultime settimane aveva trovato proprio giocando insieme con continuità certi automatismi: è normale che, sostituendo più di una pedina, qualcosa si inceppi. E’ normalissimo che alcuni giocatori, che hanno giocato meno di altri, non possano garantire lo stesso apporto.

Niente di allarmante dunque. Avanti con il derby a Cittadella!