LA COLONNINA DI MERCURIO DEL TIFO SALE ALL’IMPAZZATA

"Dopo cinque anni di vacche magre, arriveranno altrettanti anni di vacche grasse. Faremo un campionato scoppiettante". Parole e musica di Claudio Sinigaglia, vicesindaco di Padova, nonchè assessore con delega allo sport. Non è l’unico il numero due della giunta Zanonato a pensare che, quello che sta per iniziare, sarà l’anno buono per i biancoscudati, dopo tanto tribolare. Sinigaglia è in buona compagnia: insieme a lui, sono dell’idea che il Padova vincerà di gran carriera questo campionato anche la maggior parte dei giornalisti e addetti ai lavori padovani (tra cui anche il nostro Andrea Moretto, estimatore numero uno, come ben sapete, dell’airone Varricchio!) e un nutrito gruppo di ex allenatori, tra cui l’artefice della promozione in A, oggi osservatore della Juventus, Mauro Sandreani, nonchè Renzo Ulivieri da San Miniato che si è complimentato in queste ore con la società per la scelta di non stravolgere l’organico, decisione che "porterà a raccogliere finalmente i frutti di quel che si è seminato senza dover ricominciare un’altra volta da capo", ha precisato il tecnico toscano. In molti altri ritengono che aver rinnovato la fiducia al gruppo dello scorso anno pagherà proprio come è stato per Cittadella e Sassuolo l’anno scorso (una serie di ex biancoscudati la pensa così: tra questi Angelo Montrone, Damiano Longhi, Ciro Ginestra, il tanto odiato ex presidente Cesarino Viganò e il tanto amato numero uno dell’ultima serie A Sergio Giordani e l’ex allenatore Gianfranco Bellotto). C’è di più: la maggior parte di coloro che sognano, a maggio, la tanto sospirata promozione in serie B, indicano nella riconferma di Carlo Sabatini in panchina la scelta più giusta che Cestaro potesse compiere per dare continuità al lavoro fin qui svolto. Molti gli attestati di stima nei confronti del tecnico perugino, considerato bravo tatticamente e contemporaneamente profondo conoscitore dell’ambiente padovano, "ormai maturo al punto giusto per fare lui stesso il salto di qualità e farlo fare alla squadra". Lo stima per Sabatini viene espressa non solo da chi lo conosce bene perchè ci ha lavorato insieme (gli stessi Giordani e Sandreani, ad esempio, e, insieme a loro, il nostro ex collega a Telenuovo, oggi giornalista di Sky, Gianluca Di Marzio), ma anche da chi semplicemente ha visto all’opera il Padova nelle tre partite di Coppa vinte contro Pontedera, Piacenza e Chievo Verona e gli è piaciuto un sacco (tra questi anche il giornalista Germano Mosconi, presente sabato scorso al Bentegodi, che ha definito il Padova "la Juventus della serie C"). In un momento così positivo, la gioia è talmente contagiosa che perfino chi il Padova non l’ha mai visto giocare ma comunque ce l’ha nel cuore per questioni di nascita (vedi l’ex miss Italia Eleonora Pedron e l’inviato di "Striscia la Notizia" Moreno Morello) ci credono (eccome se ci credono!) e rivolgono alla squadra un sentito "in bocca al lupo". 

Gli unici a tirare, comprensibilmente, il freno a mano sono i tifosi, che più che crederci ci sperano, ma evitano di lasciarsi ancora troppo andare per non rimanere per l’ennesima volta scottati da una delusione finale che stavolta sarebbe davvero insuperabile.

A questo punto la mia domanda è: ma secondo voi è meglio essere prudenti e aspettare almeno le prime giornate prima di sbilanciarsi in un pronostico così "rosa", oppure si può pensare positivo fin da ora, visto il precampionato davvero esaltante?

E soprattutto: è o non è l’anno buono per il Padova per tornare in serie B, visti i felici presupposti ammirati finora?  

IL GOL DI VARRICCHIO AL TG5: CHE EMOZIONE!

Edizione delle 13 del Tg5, pagina sportiva.

Sono seduta a tavola con il mio ragazzo: mentre pranziamo, parliamo dell’impresa del Padova di ieri sera al Bentegodi (c’era anche lui), della straordinaria prestazione di tutta la squadra, del carattere, del bel gioco, della stupenda puntualità sotto porta di Varricchio quand’ecco che parte il servizio dedicato alla Coppa Italia. Il giornalista dice: "sono tre le formazioni di serie A che escono al primo turno, sconfitte da realtà di categoria inferiore". Interrompiamo il discorso e fissiamo il tubo catodico che, dopo aver mostrato l’impresa del Ravenna in quel di Palermo, ci fa vedere il 2-1 di Varricchio al Bentegodi, su assist d’oro del prossimo prodotto del settore giovanile biancoscudato che farà parlare tanto di sè in futuro, Baccolo. 

Il giornalista, nel suo commento, afferma: "Il Chievo si deve arrendere 2-1 all’ambizioso Padova…". Mamma mia, ragazzi, mi si stringe il cuore: il Padova di nuovo sui tg nazionali, meritatamente, dopo non so nemmeno io quanto tempo! 

Sarà anche solo l’inizio, le partite che contano devono ancora arrivare e, come giustamente ha sottolineato Rabito a fine gara, riserveranno al Padova squadre che si chiudono e fanno dell’agonismo la loro arma. Sì, torniamo pure con i piedi per terra e prepariamoci ad affrontare il Legnano: possiamo però farlo con la consapevolezza di avere tutte le armi stavolta, di poter contare su un gruppo forte e molto molto molto motivato. 

Sono convinta che da domani chi ancora non si è abbonato correrà a farlo! 

 

P.S.: ho scoperto, dopo aver postato questo intervento, che con i cinque gol realizzati tra la sfida col Pontedera e quella di ieri sera al Bentegodi, Varricchio è pure il capocannoniere della Tim Cup. A maggior ragione, onore al merito! 

 

 

 

INIZIO SOLO APPARENTEMENTE SOFT, POI QUEI DERBY…

 

Sono usciti i calendari. Il mio primo istinto è stato quello di pensare che, tutto sommato, ci è andata bene. Iniziamo a Legnano, dove sicuramente avremo voglia di dimostrare che siamo tutt’altra cosa rispetto alla squadraccia che l’anno scorso perse 1-0 subito dopo Natale senza lottare, e poi in casa esordiamo contro il Lumezzane che è una neo promossa. 

Poi telefono all’allenatore del Padova, Carlo Sabatini, è giustamente mi riporta alla realtà. "Le neopromosse puntano molto su un buon inizio e sul conseguente effetto sorpresa – mi dice – Di solito fanno una preparazione più leggera e sicuramente avranno più brillantezza sulle gambe". "Comunque – conclude – Fa poca differenza il prima o il dopo: tanto bisogna incontrarle tutte", dispiacendosi per non avere la possibilità di incontrare la famigerata Pro Sesto, che l’anno scorso ci ha scippato i playoff venendo a vincere all’Euganeo, sul finire del campionato. "Mi sarebbe piaciuto magari che avessero bisogno di punti per salvarsi quando ci giocavamo contro – sorride – Eh, sono un po’ vendicativo io….". E ride.   

Poi, se guardiamo dalla terza in avanti, non è così facile: il Novara ha costruito una buona squadra e c’è inoltre quella fila di derby, dal 28 settembre in poi, che comincia con un Verona-Padova che, onestamente, un po’ mi spaventa, visto che anche i "cugini", avendo incassato dai biancoscudati sei "susine" tra partita di andata e partita di ritorno l’anno scorso, avranno voglia di rivalsa. Il Portosummaga sta dimostrando a tutti, in questo precampionato, di non aver voglia di fare la semplice comparsa e il Venezia, si sa, quando gioca col Padova si da sempre particolarmente da fare, anche quando non ha nulla da guadagnarci…

Che mi dite voi di questo calendario? Prevede un inizio facile, così come sembra sulla carta, o nutrite gli stessi dubbi del tecnico biancoscudato?  

CAMPIONATO NUOVO, MACALLI VECCHIO

Finalmente il buon Mario Macalli è tornato all’antico e alla cara vecchia suddivisione NORD – SUD. 

Era dal 2004 che il presidente della Lega Pro si imbarcava ogni estate in suddivisioni tanto variopinte quanto assurde, costringendo le nostre squadre a trasferte improponibili. Quattro anni fa iniziò gli esperimenti dividendo l’Italia in due verticalmente e creando il girone tirrenico e quello adriatico. Poi proseguì con una suddivisione mista nel 2005 e nel 2006 (un anno con le toscane escluse dal girone A e un anno con le stesse reintegrate, un anno con le pugliesi e un anno senza… boh!) e nel 2007 pensò bene di mescolare ancor di più le carte mettendo nel girone A anche Cavese e Paganese, oltre a Ternana e Foligno. 

Ora finalmente (probabilmente costretto dalle squadre da suddividere che si è ritrovato in mano)  ha ripristinato il criterio più semplice e ha messo Padova e Verona nel raggruppamento A con Cesena, Cremonese, Legnano, Lecco (ripescato), Lumezzane, Monza, Novara, Pergocrema, Portosummaga, Pro Patria, Pro Sesto, Ravenna, Reggiana, Sambenedettese, Spal e Venezia. 

La trasferta più lontana per i tifosi biancoscudati sarà, appunto, quella in casa della Samb, allo stadio Riviera delle Palme di San Benedetto del Tronto, nelle Marche. Per il resto le gare fuori casa saranno tutte abbastanza vicine.

Alla luce di questa ripartizione, che elimina dalla corsa alla vetta della classifica e alla serie B concorrenti pericolose quali l’Arezzo, il Foggia, il Crotone, la Cavese e la Ternana, qual è la squadra che più fa paura adesso?

A voi la parola.         

 

SI COMINCIA? NO, SCIOPERO

Alzi la mano chi non aveva già iniziato a segnare i giorni sul calendario, in trepidante attesa del 31 agosto, data di inizio del campionato 2008-2009. Sognando un esordio di quelli indimenticabili, magari all’insegna dei gol dell’airone Varricchio e dei numeri di Rabito e Baù sulle fasce, oppure dell’esplosione di qualche nuovo, che ne so Pederzoli a centrocampo piuttosto che Carbone in difesa. E invece nisba: la Prima e la Seconda divisione (mamma mia, che difficile che è chiamarle così le care vecchie serie C1 e C2…) hanno annunciato uno sciopero nella prima giornata di campionato per protestare contro le rose troppo verdi. Ovvero contro la decisione della Lega Pro di fissare a 18 il tetto massimo di giocatori di età libera, obbligando le società a tesserare, dal diciannovesimo giocatore in su, solo under 21. E’ stato il Consiglio Direttivo dell’Associazione Italiana Calciatori a sancire la domenica a braccia conserte, perchè ritiene che una rivoluzione del genere, che, nel nome della valorizzazione dei settori giovanili, di fatto taglia fuori dai giochi centinaia di giocatori "over 21", andava attuata dopo essersi seduti attorno ad un tavolo con tutte le parti in causa e soprattutto in tempi più lunghi, non così, da un campionato all’altro.

In attesa di consolarsi con le sfide della Tim Cup (si comincia questo sabato all’Euganeo contro il Pontedera, alle 20,30) e soprattutto di sapere la composizione dei due gironi della Prima divisione (non è un po’ tardi? Che aspettano?), che ve ne pare di questo sciopero? Hanno ragione i calciatori oppure è giusto, in questo particolare momento del calcio, chiedere un sacrificio di questa portata per tentare, almeno in terza serie, di dare spazio e far crescere i più giovani?   

LA MALEDIZIONE DEL PADOVA

E’ ufficiale: se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo. E si trova talmente bene a Padova che ha deciso di prendere casa dalle parti di viale Nereo Rocco. Con un contratto d’affitto che si sta purtroppo rivelando sempre di più a tempo indeterminato.

Non voglio nè piangermi addosso nè attaccarmi sugli specchi nè sottrarre ai biancoscudati alcuna delle responsabilità del mancato raggiungimento dei playoff per la B nell’ultimo quinquiennio, ci mancherebbe. Solo che, arrivati appunto al quinto campionato di fila, in cui, a ridosso del "pronti, via", a "pronti, via" da poco passato o nel cuore della stagione, casca sulla testa della squadra una grossa tegola o addirittura più di una comincio davvero a pensare che esista una sorta di "maledizione".

Ecco un veloce riassunto delle puntate precedenti:

CAMPIONATO 2003-2004: arrivato dal Palermo con il "karma" del fuoriclasse che dovrà fare la differenza e in mano un succoso contratto triennale, l’argentino Cristian La Grotteria, su cui l’allenatore Glerean e il ds Vignoni costruiscono tutto il resto della squadra, è costretto a dare forfait a causa di un tendine che sfrega sul malleolo procurandogli dolore. Operato, resterà fuori quattro mesi, riprendendo solo a fine campionato un buono stato di forma.

CAMPIONATO 2004-2005: il precampionato va benissimo, La Grotteria è in condizione ottimale e in Coppa Italia segna anche due gol. Il campionato comincia male (due sconfitte e un pareggio nelle prime tre giornate) ma finalmente, alla quarta, il Padova batte 3-1 il Giulianova (gol di Antonaccio, La Grotteria e Matteini) e prende il volo sconfiggendo poi il Foggia del "principe" Giannini in casa 1-0 (Zecchin), pareggiando fuori con la Vis Pesaro 1-1 (rigore di Cecchini) e dilagando poi 4-2 con il Sora all’Euganeo (doppietta di Matteini e gol di Maniero e Zecchin). Nella trasferta al "Mazza" di Ferrara del 1 novembre però ecco un nuovo grave voltafaccia della dea bendata: il Padova sta vincendo con la Spal (e vincerà 3-1) quando La Grotteria, mentre sta amministrando un pallone, spalle alla porta, all’altezza del centrocampo, viene letteralmente steso da un calcione sulla gamba del difensore (peraltro ex biancoscudato) Mirco Sadotti, che gli frattura tibia e perone insieme. Anche qui sono 4 i mesi di sosta e al suo rientro non c’è più tempo per pensare ai playoff. Nel frattempo, peraltro, si infortuna e sta fuori due mesi anche Cecchini (altro punto di forza di quel Padova). A gennaio arrivano Ivone De Franceschi e Ciro Ginestra, ma non basta.

CAMPIONATO 2005-2006: comincia (con Maurizio Pellegrino in panchina) che di meglio nessuno poteva aspettarsi. La Grotteria gioca come mai lo si era visto giocare, è il vero punto di riferimento e porta anche la fascia di capitano. Il suo consueto infortunio è però solo rimandato di qualche mese: si farà infatti male nella seconda parte della stagione (problema muscolare) e il Padova lo perderà proprio nel momento più importante. In compenso, però, nelle prime partite il Padova perde a lungo il difensore centrale Mariniello (lussazione della spalla) e l’attaccante Nassi (rottura del crociato). Nelle ultime partite peraltro, quando i punti contavano più dell’aria che si respirava, il portiere Cano, in un’uscita di piede, si procura una lesione al legamento della caviglia e rimane fuori fino alla fine, lasciando in porta il baby Tomasig.

CAMPIONATO 2006-2007: anche qui l’infortunio di La Grotteria torna a materializzarsi all’inizio. Anzi proprio in ritiro: alla prima amichevole a Enego, contro la locale rappresentativa di calcio dilettanti, La Grotteria subisce un banalissimo fallo di gioco e cadendo mette male il ginocchio. Sembra solo una botta invece la risonanza evidenzia la lesione del legamento. Out tre mesi anche questo giro. Per di più è costretto a fermarsi a lungo, nella seconda parte del torneo, per un problema alla caviglia anche uno dei perni della difesa, Paolo Cotroneo, che deve a sua volta ricorrere all’intervento chirurgico. 

CAMPIONATO 2007-2008: per la verità, il campionato concluso lo scorso 5 maggio non ha riservato infortuni particolarmente gravi, a parte quello di Muzzi (ginocchio infiammato): sul fronte dell’attaccante romano, ha pesato di più il pessimo rapporto con l’allenatore, poi esonerato, Ezio Rossi. Ce ne sono però stati alcuni che hanno rotto le uova nel paniere al Padova in occasione di partite importanti: vedi la lesione al ginocchio di Bovo all’inizio del girone di ritorno e la pubalgia di Rabito e Baù sul finire della stagione regolare.

CAMPIONATO 2008-2009: Andrea Cano si è fratturato l’altro ieri il quarto metacarpo della mano destra e dovrà star fuori un mese e mezzo. Il Padova tornerà con ogni probabilità sul mercato (anche se per ora ha preso tempo) e forse potrebbe tornare Luca Mondini. 

A questo punto la domanda nasce spontanea: si può ancora parlare di fatalità oppure cominciamo ad organizzare un pullman in direzione di Lourdes?

E’ DAVVERO COMPLETA LA LISTA DELLA SPESA?

Un difensore centrale (Giovannini), un terzino destro (Carbone), un portiere di riserva (Facchin), un regista (Pederzoli), una mezz’ala sinistra (Lewandowski), un esterno offensivo (Filippini) e un attaccante (Croce). Questa la lista dei giocatori fin qui acquistati dal direttore sportivo del Padova, Mauro Meluso, che è contemporaneamente riuscito a trattenere il "talento" Bovo, Baù, Rabito e Gentile nonché le giovani speranze Petrassi e Bianchi. Bisogna ammettere che il ds ci sa fare: i punti nevralgici, su cui intervenire con rinforzi, erano proprio il centrocampo (mancava appunto il regista, un uomo che dettasse i tempi) e la difesa, laddove l’infortunio di Zeoli e le non sempre perfette condizioni di Donadoni sono costate carissime sul finir dell’anno scorso alla squadra, che ha incassato qualche gol evitabile di troppo (vedi la famigerata partita interna contro la Pro Sesto).
Per qualche tifoso non è però ancora arrivato il momento di dire "tutto è bene quel che finisce bene", anzi "tutto è bene quel che comincia bene".
Molti degli "aficionados" che incontro o con cui parlo, ad esempio, reclamano un altro acquisto in difesa: e non si riferiscono tanto al rimpiazzo del terzino sinistro Di Venanzio (che, Meluso lo ha già detto, arriverà), quanto ad un altro centrale. "Se penso al secondo gol che abbiamo preso con la Pro Sesto mi vengono ancora i brividi", mi ha detto Giorgio qualche giorno fa, "bisogna rafforzare ancora di più la difesa perchè pigliamo troppe reti stupide".
C’è poi chi invoca come necessario l’ingaggio di un altro bomber: Varricchio e il suo bottino personale di 18 reti non si toccano, ma ce ne vuole un altro che abbia la stessa capacità di vedere lo specchio della porta. Il suo sostituto naturale c’è ed è il neo acquisto Croce, ma legittimamente i tifosi temono per la variabile della giovane età: potrebbe infatti esplodere, segnare a raffica e trovare così la sua definitiva consacrazione, come incappare in una stagione di passaggio e allora ci vorrebbe che l’alternativa all’"airone" fosse uno che offra maggiori garanzie.
Secondo voi, la lista della spesa di Meluso è completa così com’è oppure, da qui al 31 agosto, c’è effettivamente qualche nome da aggiungere?

 

 

GRAZIE LELLO

 

Mi dava del "lei" Aurelio Scagnellato, anche se a me diceva sempre di dargli del "tu" perchè "potrebbe essere mia figlia". Credo di non essere mai riuscita a dargli del tu, ma il lei dato a Lello non era di quelli che allontanavano. Anzi: dargli del lei per me era un piacere, un segno di rispetto nei confronti di un uomo d’altri tempi, di grande spessore umano e morale quale lui era.


Aveva una stretta di mano energica Lello, uno sguardo vero, sincero, di quelli che vanno dritti al cuore e ti spogliano: non era possibile, di fronte a quegli occhi, improvvisarsi diversi da quelli che si era. Era nato il 26 di ottobre: lo ricordo bene perchè lo chiamavo sempre per fargli gli auguri e lui mi rispondeva: "ci sentiamo tra tre giorni" e puntualmente, poi, Il giorno 29, a sua volta mi telefonava per augurare a me buon compleanno. "Anche lei è Scorpione – mi diceva sempre – il nostro carattere non è facile, ma è tosto, tutto d’un pezzo e questo, mi creda, è anche un pregio". Ogni volta che mi faceva anche in una minuscola parte simile a lui, mi riempivo di orgoglio: sì, da giovane calciatore, Lello non dev’essere certo stato "farina da fare ostie", come si dice in gergo, me lo hanno sempre descritto come un difensore di quelli che dire roccioso è dire poco, di quelli che l’avversario non doveva passare, costasse quel che costasse. Ma era proprio questo livore (seppur abilmente mascherato dalla serenità di cui lo aveva dotato l’esperienza di vita) e la sua coerenza di ferro che apprezzavo tantissimo dietro quei suoi occhiali e che mi mancheranno più di ogni altra cosa.


Mi ha raccontato di tutto, Lello: di quando, ad esempio, a San Siro fece un fallaccio su Altafini e venne ammonito dall’arbitro che però poi non ammonì uno del Milan che aveva fatto a Lello lo stesso tipo di fallo e si giustificò dicendo: "Scagne, scusa, ma bisogna pure che andiamo fuori da questo stadio con le nostre gambe…", spiegando a Scagnellato che non aveva mostrato il giallo al milanista per paura che i tifosi lo aspettassero fuori. Mi ha spiegato con che spirito il paron Nereo Rocco li allenava. Mi ha puntualizzato che il tecnico triestino, a dispetto di quel che riporta la storia, non era affatto un catenacciaro. Mi ha poi reso partecipe in molte occasioni della gioia che provava nel fare il nonno con i suoi adorati nipoti.

Mi ha infine regalato, e questo è stato in assoluto il gesto che più mi ha reso felice, alcuni libri di calcio dagli anni Trenta agli anni Settanta che teneva tra i suoi cimeli più preziosi. “Voglio che li abbia lei – mi ha sussurrato vicino all’orecchio quando ha aperto il bagagliaio della sua Punto e mi ha invitato a prendere quel che aveva portato per me – perchè mi piace il modo in cui lavora e so che saprà farne buon uso”.


Grazie Lello, il vero professionista, della vita, era lei. Custodirò gelosamente il suo regalo e tutto il patrimonio umano che mi ha lasciato sarà il magico ingrediente in più che impregnerà quelle pagine di storia calcistica ogni volta che le sfoglierò.

Mancherà a me come a tutta la Padova biancoscudata. Che la adorava perchè era un grande campione, come non ne nasceranno purtroppo più.

GUAI A SBAGLIARE IL REGISTA

Il Padova ha ufficializzato oggi l’ingaggio del secondo portiere. E’ Davide Facchin, classe 1987, arrivato dal Milan in prestito con diritto di riscatto della comproprietà.

Con la rivoluzione che il presidente Mario Macalli ha operato nella serie C cambiandole anche il nome, è normale che, per molti dei nuovi acquisti, il direttore sportivo Mauro Meluso (e i suoi colleghi insieme a lui) abbia optato per l’ingaggio di giovani promettenti. Diciamo di più: lo avrebbe fatto comunque perchè anche la proprietà gli ha lanciato chiaro e tondo questo messaggio quando gli ha rinnovato la fiducia ed è giusto, aggiungiamo noi, che sia così perchè l’esperienza di questi ultimi anni (ci) ha insegnato che i giocatori strapagati perchè hanno un curriculum da serie A e B alla fin fine in serie C non sempre fanno la differenza.

Resta però da coprire ancora un tassello importante: quello del regista. Un ruolo di fondamentale importanza per gli equilibri di una squadra, specialmente nel 4-3-3 che ha in mente mister Carlo Sabatini. Ecco perchè per questo giocatore il Padova non dovrà andare a cuor leggero: che sia vecchio o giovane, d’esperienza o neofita (magari trovassimo anche noi uno Iori come ha fatto il Cittadella due anni fa…) dovrà essere uno che fa la differenza. Mentalmente, caratterialmente e tecnicamente. Non si scappa. Meluso dovrà dimostrare, a mio avviso, ancora una volta, di saperci veder giusto.

Concludo augurando a tutti i frequentatori del blog una buona permanenza a Padova: io domani parto per le ferie (sto via per una settimana, poi sarò a casa altri sette giorni!): rientrerò al lavoro il 21 luglio. Un abbraccio a tutti e…. FORZA PADOVA!  

 

BENTORNATO “PEJO”!

 

Tardiva (ma sicura!) voglio esprimere tutta la gioia che sento per il ritorno in biancoscudato di Emanuele Pellizzaro che vestirà l’anno prossimo i panni del viceallenatore di Carlo Sabatini. Ho sperato a lungo in questi anni che "Pejo" (questo il suo storico soprannome, a dispetto della realtà perchè lui è sempre stato uno dei "meglio") tornasse a casa. O meglio, mi son spesso detta che il Padova, dopo aver aperto le porte dirigenziali a “Checchi” De Franceschi costretto a lasciare il campo per un problema cardiaco, avrebbe dovuto offrire la medesima opportunità anche a uno come Pellizzaro perché ci avrebbe sol che guadagnato.

Il motivo di questo mio desiderio è semplicissimo e, per farvelo capire appieno, salgo per un attimo sulla macchina del tempo. Seguo il Padova, come giornalista, dal 1999. Cioè da quando è precipitato nell’inferno e nello stesso tempo nell’anonimato della C2. Per motivi ovviamente anagrafici, della gloriosa squadra del “paròn” Nereo Rocco che scrisse la pagina padovana in serie A ho purtroppo solo sentito parlare dalla viva voce e dagli aneddoti di Aurelio “Lello” Scagnellato e letto la storia nei libri e negli almanacchi, cercando di respirarla a pieni polmoni ogni volta che mi soffermo, nei corridoi dello stadio Euganeo, a guardare le gigantesche fotografie in bianco e nero (praticamente delle riproduzioni a grandezza naturale) che sono appese sui muri. Quando vedo quei murales, quando incontro il mitico Lello che, con il sorriso dei grandi sulle labbra e un bastone per camminare che mai potrà impedirgli di stare vicino al “suo” Padova, provo dentro un’idea di calcio lontanissima da quella attuale. Mi rappresento cioè in testa un pallone neanche lontano parente di quello che mi ritrovo a vivere, da cronista, attualmente. Un calcio “passione”, “sacrificio”, “genio”, “costanza”, “tenacia”, un po’ come quando penso al calzolaio che da cinquant’anni ha la bottega a pochi metri da casa mia e ogni mattina la apre e aggiusta le scarpe con lo stesso “attaccamento alla maglia” di mezzo secolo fa. Ed è una delle rarissime occasioni in cui rimpiango di non essere nata prima.

Torno allora al 1999. E a Pellizzaro. Ecco Pellizzaro (e non solo lui: come dimenticare il mitico Felice Centofanti, o Renzo Tasso, Andrea Bergamo e Alex Ferronato, tanto per citarne altri?) rappresenta per me la parentesi di questo Padova precipitato nell’anonimato che più si avvicina a quel groviglio di sensazioni che provo ogni volta che Lello mi racconta di quando Rocco urlava a lui e ai suoi compagni con l’inconfondibile cadenza triestina: “No stasì fare i mona!”. Oltre a essere stato protagonista della storica promozione in A del 1994, Pejo è infatti stato anche il perno dell’ultima formazione biancoscudata che ha raggiunto i playoff, nel 2003. L’ultima formazione che mi ha dato l’impressione di avere dei valori davvero cementati, forti, a prova di qualunque terremoto. Quando all’epoca andavo al campo di allenamento, le interviste si trasformavano spesso in chiacchierate costruttive, le critiche in occasione per conoscersi meglio, le litigate in sale di un rapporto che evolveva e faceva crescere entrambe le parti. Non c’era critica o pagella sotto il 6 che potesse rompere quelle solide fondamenta. Mi piace dunque pensare che il ritorno di Emanuele rappresenti la forza (insieme alla “grinta” innata di mister Sabatini) in grado di dare al Padova di adesso una decisa spruzzata del Padova di allora. Perché oltre ad essere gladiatore d’altri tempi, l’ex trottolino di fascia destra è pure padovano di nascita (è nato a Cadoneghe il 26 luglio del 1970): conosce quindi alla perfezione lo stato d’animo ferito della piazza perché è il suo stato d’animo.

Che errore fu, a giugno del 2003, smantellare quasi per intero quella squadra e disperdere i suoi valori più importanti. Meno male che, almeno stavolta, la società ha dimostrato di saper imparare dai suoi errori ed è andata a recuperare uno dei TESORI più preziosi che si era lasciata sfuggire.

BENTORNATO PEJO!