E’ DAVVERO COMPLETA LA LISTA DELLA SPESA?

Un difensore centrale (Giovannini), un terzino destro (Carbone), un portiere di riserva (Facchin), un regista (Pederzoli), una mezz’ala sinistra (Lewandowski), un esterno offensivo (Filippini) e un attaccante (Croce). Questa la lista dei giocatori fin qui acquistati dal direttore sportivo del Padova, Mauro Meluso, che è contemporaneamente riuscito a trattenere il "talento" Bovo, Baù, Rabito e Gentile nonché le giovani speranze Petrassi e Bianchi. Bisogna ammettere che il ds ci sa fare: i punti nevralgici, su cui intervenire con rinforzi, erano proprio il centrocampo (mancava appunto il regista, un uomo che dettasse i tempi) e la difesa, laddove l’infortunio di Zeoli e le non sempre perfette condizioni di Donadoni sono costate carissime sul finir dell’anno scorso alla squadra, che ha incassato qualche gol evitabile di troppo (vedi la famigerata partita interna contro la Pro Sesto).
Per qualche tifoso non è però ancora arrivato il momento di dire "tutto è bene quel che finisce bene", anzi "tutto è bene quel che comincia bene".
Molti degli "aficionados" che incontro o con cui parlo, ad esempio, reclamano un altro acquisto in difesa: e non si riferiscono tanto al rimpiazzo del terzino sinistro Di Venanzio (che, Meluso lo ha già detto, arriverà), quanto ad un altro centrale. "Se penso al secondo gol che abbiamo preso con la Pro Sesto mi vengono ancora i brividi", mi ha detto Giorgio qualche giorno fa, "bisogna rafforzare ancora di più la difesa perchè pigliamo troppe reti stupide".
C’è poi chi invoca come necessario l’ingaggio di un altro bomber: Varricchio e il suo bottino personale di 18 reti non si toccano, ma ce ne vuole un altro che abbia la stessa capacità di vedere lo specchio della porta. Il suo sostituto naturale c’è ed è il neo acquisto Croce, ma legittimamente i tifosi temono per la variabile della giovane età: potrebbe infatti esplodere, segnare a raffica e trovare così la sua definitiva consacrazione, come incappare in una stagione di passaggio e allora ci vorrebbe che l’alternativa all’"airone" fosse uno che offra maggiori garanzie.
Secondo voi, la lista della spesa di Meluso è completa così com’è oppure, da qui al 31 agosto, c’è effettivamente qualche nome da aggiungere?

 

 

GRAZIE LELLO

 

Mi dava del "lei" Aurelio Scagnellato, anche se a me diceva sempre di dargli del "tu" perchè "potrebbe essere mia figlia". Credo di non essere mai riuscita a dargli del tu, ma il lei dato a Lello non era di quelli che allontanavano. Anzi: dargli del lei per me era un piacere, un segno di rispetto nei confronti di un uomo d’altri tempi, di grande spessore umano e morale quale lui era.


Aveva una stretta di mano energica Lello, uno sguardo vero, sincero, di quelli che vanno dritti al cuore e ti spogliano: non era possibile, di fronte a quegli occhi, improvvisarsi diversi da quelli che si era. Era nato il 26 di ottobre: lo ricordo bene perchè lo chiamavo sempre per fargli gli auguri e lui mi rispondeva: "ci sentiamo tra tre giorni" e puntualmente, poi, Il giorno 29, a sua volta mi telefonava per augurare a me buon compleanno. "Anche lei è Scorpione – mi diceva sempre – il nostro carattere non è facile, ma è tosto, tutto d’un pezzo e questo, mi creda, è anche un pregio". Ogni volta che mi faceva anche in una minuscola parte simile a lui, mi riempivo di orgoglio: sì, da giovane calciatore, Lello non dev’essere certo stato "farina da fare ostie", come si dice in gergo, me lo hanno sempre descritto come un difensore di quelli che dire roccioso è dire poco, di quelli che l’avversario non doveva passare, costasse quel che costasse. Ma era proprio questo livore (seppur abilmente mascherato dalla serenità di cui lo aveva dotato l’esperienza di vita) e la sua coerenza di ferro che apprezzavo tantissimo dietro quei suoi occhiali e che mi mancheranno più di ogni altra cosa.


Mi ha raccontato di tutto, Lello: di quando, ad esempio, a San Siro fece un fallaccio su Altafini e venne ammonito dall’arbitro che però poi non ammonì uno del Milan che aveva fatto a Lello lo stesso tipo di fallo e si giustificò dicendo: "Scagne, scusa, ma bisogna pure che andiamo fuori da questo stadio con le nostre gambe…", spiegando a Scagnellato che non aveva mostrato il giallo al milanista per paura che i tifosi lo aspettassero fuori. Mi ha spiegato con che spirito il paron Nereo Rocco li allenava. Mi ha puntualizzato che il tecnico triestino, a dispetto di quel che riporta la storia, non era affatto un catenacciaro. Mi ha poi reso partecipe in molte occasioni della gioia che provava nel fare il nonno con i suoi adorati nipoti.

Mi ha infine regalato, e questo è stato in assoluto il gesto che più mi ha reso felice, alcuni libri di calcio dagli anni Trenta agli anni Settanta che teneva tra i suoi cimeli più preziosi. “Voglio che li abbia lei – mi ha sussurrato vicino all’orecchio quando ha aperto il bagagliaio della sua Punto e mi ha invitato a prendere quel che aveva portato per me – perchè mi piace il modo in cui lavora e so che saprà farne buon uso”.


Grazie Lello, il vero professionista, della vita, era lei. Custodirò gelosamente il suo regalo e tutto il patrimonio umano che mi ha lasciato sarà il magico ingrediente in più che impregnerà quelle pagine di storia calcistica ogni volta che le sfoglierò.

Mancherà a me come a tutta la Padova biancoscudata. Che la adorava perchè era un grande campione, come non ne nasceranno purtroppo più.

GUAI A SBAGLIARE IL REGISTA

Il Padova ha ufficializzato oggi l’ingaggio del secondo portiere. E’ Davide Facchin, classe 1987, arrivato dal Milan in prestito con diritto di riscatto della comproprietà.

Con la rivoluzione che il presidente Mario Macalli ha operato nella serie C cambiandole anche il nome, è normale che, per molti dei nuovi acquisti, il direttore sportivo Mauro Meluso (e i suoi colleghi insieme a lui) abbia optato per l’ingaggio di giovani promettenti. Diciamo di più: lo avrebbe fatto comunque perchè anche la proprietà gli ha lanciato chiaro e tondo questo messaggio quando gli ha rinnovato la fiducia ed è giusto, aggiungiamo noi, che sia così perchè l’esperienza di questi ultimi anni (ci) ha insegnato che i giocatori strapagati perchè hanno un curriculum da serie A e B alla fin fine in serie C non sempre fanno la differenza.

Resta però da coprire ancora un tassello importante: quello del regista. Un ruolo di fondamentale importanza per gli equilibri di una squadra, specialmente nel 4-3-3 che ha in mente mister Carlo Sabatini. Ecco perchè per questo giocatore il Padova non dovrà andare a cuor leggero: che sia vecchio o giovane, d’esperienza o neofita (magari trovassimo anche noi uno Iori come ha fatto il Cittadella due anni fa…) dovrà essere uno che fa la differenza. Mentalmente, caratterialmente e tecnicamente. Non si scappa. Meluso dovrà dimostrare, a mio avviso, ancora una volta, di saperci veder giusto.

Concludo augurando a tutti i frequentatori del blog una buona permanenza a Padova: io domani parto per le ferie (sto via per una settimana, poi sarò a casa altri sette giorni!): rientrerò al lavoro il 21 luglio. Un abbraccio a tutti e…. FORZA PADOVA!  

 

BENTORNATO “PEJO”!

 

Tardiva (ma sicura!) voglio esprimere tutta la gioia che sento per il ritorno in biancoscudato di Emanuele Pellizzaro che vestirà l’anno prossimo i panni del viceallenatore di Carlo Sabatini. Ho sperato a lungo in questi anni che "Pejo" (questo il suo storico soprannome, a dispetto della realtà perchè lui è sempre stato uno dei "meglio") tornasse a casa. O meglio, mi son spesso detta che il Padova, dopo aver aperto le porte dirigenziali a “Checchi” De Franceschi costretto a lasciare il campo per un problema cardiaco, avrebbe dovuto offrire la medesima opportunità anche a uno come Pellizzaro perché ci avrebbe sol che guadagnato.

Il motivo di questo mio desiderio è semplicissimo e, per farvelo capire appieno, salgo per un attimo sulla macchina del tempo. Seguo il Padova, come giornalista, dal 1999. Cioè da quando è precipitato nell’inferno e nello stesso tempo nell’anonimato della C2. Per motivi ovviamente anagrafici, della gloriosa squadra del “paròn” Nereo Rocco che scrisse la pagina padovana in serie A ho purtroppo solo sentito parlare dalla viva voce e dagli aneddoti di Aurelio “Lello” Scagnellato e letto la storia nei libri e negli almanacchi, cercando di respirarla a pieni polmoni ogni volta che mi soffermo, nei corridoi dello stadio Euganeo, a guardare le gigantesche fotografie in bianco e nero (praticamente delle riproduzioni a grandezza naturale) che sono appese sui muri. Quando vedo quei murales, quando incontro il mitico Lello che, con il sorriso dei grandi sulle labbra e un bastone per camminare che mai potrà impedirgli di stare vicino al “suo” Padova, provo dentro un’idea di calcio lontanissima da quella attuale. Mi rappresento cioè in testa un pallone neanche lontano parente di quello che mi ritrovo a vivere, da cronista, attualmente. Un calcio “passione”, “sacrificio”, “genio”, “costanza”, “tenacia”, un po’ come quando penso al calzolaio che da cinquant’anni ha la bottega a pochi metri da casa mia e ogni mattina la apre e aggiusta le scarpe con lo stesso “attaccamento alla maglia” di mezzo secolo fa. Ed è una delle rarissime occasioni in cui rimpiango di non essere nata prima.

Torno allora al 1999. E a Pellizzaro. Ecco Pellizzaro (e non solo lui: come dimenticare il mitico Felice Centofanti, o Renzo Tasso, Andrea Bergamo e Alex Ferronato, tanto per citarne altri?) rappresenta per me la parentesi di questo Padova precipitato nell’anonimato che più si avvicina a quel groviglio di sensazioni che provo ogni volta che Lello mi racconta di quando Rocco urlava a lui e ai suoi compagni con l’inconfondibile cadenza triestina: “No stasì fare i mona!”. Oltre a essere stato protagonista della storica promozione in A del 1994, Pejo è infatti stato anche il perno dell’ultima formazione biancoscudata che ha raggiunto i playoff, nel 2003. L’ultima formazione che mi ha dato l’impressione di avere dei valori davvero cementati, forti, a prova di qualunque terremoto. Quando all’epoca andavo al campo di allenamento, le interviste si trasformavano spesso in chiacchierate costruttive, le critiche in occasione per conoscersi meglio, le litigate in sale di un rapporto che evolveva e faceva crescere entrambe le parti. Non c’era critica o pagella sotto il 6 che potesse rompere quelle solide fondamenta. Mi piace dunque pensare che il ritorno di Emanuele rappresenti la forza (insieme alla “grinta” innata di mister Sabatini) in grado di dare al Padova di adesso una decisa spruzzata del Padova di allora. Perché oltre ad essere gladiatore d’altri tempi, l’ex trottolino di fascia destra è pure padovano di nascita (è nato a Cadoneghe il 26 luglio del 1970): conosce quindi alla perfezione lo stato d’animo ferito della piazza perché è il suo stato d’animo.

Che errore fu, a giugno del 2003, smantellare quasi per intero quella squadra e disperdere i suoi valori più importanti. Meno male che, almeno stavolta, la società ha dimostrato di saper imparare dai suoi errori ed è andata a recuperare uno dei TESORI più preziosi che si era lasciata sfuggire.

BENTORNATO PEJO!

MELUSO… FELICE DI STUPIRVI

E chi se l’aspettava l’ennesimo en plein?

Eravamo tutti preoccupati, perché “di sicuro non si riuscirà a trattenere sia Baù che Rabito”, “perché il Messina rivuole indietro Gentile” e “Che dire poi della grave perdita di Bovo?” e invece il direttore sportivo, Mauro Meluso, ha piazzato, nella vicenda delle comproprietà, l’ennesima serie di colpi ad effetto, dimostrando di possedere indiscusse doti di stratega.
Questi i risultati ottenuti: Baù, Rabito e Gentile sono rimasti in biancoscudato, così come Totò Di Nardo e, udite udite, anche Andrea Bovo che già tutti davano al Palermo. Alle buste il Padova, per il gioiellino di centrocampo, ha messo una cifra più importante del club rosanero, riscattandolo così interamente. Attenzione però: l’affare Bovo è oro perché ha permesso alla società di portare a casa l’intero cartellino di un fuoriclasse, ma difficilmente il ragazzo resterà qui. Dal luogo di vacanza in cui si trova, Bovo, cui abbiamo dato noi la notizia dell’apertura delle buste spiazzandolo un po’, ha infatti già fatto capire che intende assecondare le richieste che gli sono pervenute da realtà di categoria superiore. “Vorrei tentare il salto di qualità, mi sembra il momento giusto – ha commentato al telefono poche ore fa – Parlerò col mio procuratore e con il direttore perché mi piacerebbe esaudire questo mio desiderio…”. Un sostituto per il centrocampo bisognerà dunque trovarlo.
Nell’insieme, però, è andato tutto come era nelle previsioni di Meluso e soci: trattenendo Baù, Rabito, Gentile e Di Nardo, che si aggiungono ai riconfermati Cano, Cotroneo, Faìsca, Crovari, Di Venanzio, Mazzocco e Varricchio, è stata conservata l’ossatura della squadra dell’anno scorso, senza operare alcuna rivoluzione, cosa che invece era successa nelle precedenti estati.

Secondo me è questo l’elemento più importante e confortante che è emerso da questa prima tornata di calciomercato.

 

 

COME SCIOGLIERE IL NODO ROBERTO MUZZI?

Roberto Muzzi compirà 37 anni il prossimo 21 settembre. Aveva praticamente già deciso di appendere le scarpe al chiodo, dopo una carriera da attaccante più che onorata, quando il Padova (proprio nella persona del presidente Marcello Cestaro) è andato a bussare alla sua porta e lo ha convinto a continuare, sposando con un contratto biennale la causa biancoscudata.

Quel che è successo dopo è ben noto: per un po’ il giocatore si è accontentato di subentrare a partita in corso, visto che gli mancava la preparazione atletica. Poi ha iniziato a giocare titolare e per un periodo (dalla sfida casalinga con il Lecco al derby in casa con l’Hellas Verona, più o meno) è riuscito perfettamente a rivestire il ruolo per il quale era stato chiamato qui: fare la differenza, segnando pure 3 gol.

La favola è durata però poco: le sue condizioni fisiche, causa un ginocchio infiammato, sono peggiorate, è andato a farsi benedire il rapporto con l’allora allenatore Ezio Rossi e il Padova, da qualunque parte stessero le ragioni e i torti nella burrasca sorta tra l’attaccante e il tecnico piemontese, ne ha pagato in maniera amarissima le conseguenze, rimanendo indietro di un punto sulla quota playoff a causa di un filotto di risultati negativi. 

Ora la società è ad un bivio: il giocatore ha un altro anno di contratto (e che contratto…), con l’allenatore Carlo Sabatini ha ritrovato l’entusiasmo e ha detto, in questi giorni, di volerci riprovare, per portare a termine il progetto (la serie B) per il quale era venuto all’ombra del Santo.

Ma, secondo voi, se rimane è un bene o no per il Padova?    

 

NEL SEGNO DELLA CONTINUITA’ E DEI GIOVANI

 

Era nell’aria praticamente dal giorno in cui si è concluso il campionato 2007-2008 che sarebbe finita esattamente come è finita, cioè con Mauro Meluso e Carlo Sabatini riconfermati nei ruoli di direttore sportivo e allenatore del Padova. Personalmente ritengo la scelta del doppio rinnovo del mandato di fiducia assolutamente azzeccata: Meluso ha ampiamente dimostrato di saper scegliere buoni giocatori (a parte qualche errore, di cui ha prontamente fatto ammenda) e Sabatini, nel momento più difficile, ha saputo tirare fuori con una professionalità e un’umanità davvero straordinarie da ogni singolo giocatore la forza di reagire, sfiorando quei playoff che sembravano irrimediabilmente perduti. Entrambi meritavano di poter portare avanti quello che avevano cominciato.

Alla cena della società biancoscudata all’Antico Brolo di corso Milano è emersa però un’altra importante linea guida: cioè l’intenzione di puntare, per il prossimo campionato, su giocatori giovani, di categoria, con tanta fame e voglia di emergere. Il primo dei rinforzi che andranno a completare un organico già di grande valore (se resteranno tutti i vari Varricchio, Cotroneo, Faisca, Rabito, Baù, Mazzocco, Di Nardo e Gentile l’ossatura è più che valida!) è peraltro già stato individuato ed è quel Gianluca Giovannini, difensore centrale classe 1983, che l’anno scorso ha militato con ottimo profitto nel Foligno. Il secondo potrebbe essere una mezz’ala nata nel 1989 che Meluso sta inseguendo da giorni e con la quale  vorrebbe concludere a breve la trattativa. 

Queste prime mosse di mercato indicano insomma una tendenza a ringiovanire o, come ha puntualizzato Meluso, "a ottimizzare le risorse" che condivido in pieno: l’anno scorso il Padova ha speso tantissimo per arrivare sesto, la Cremonese ha speso altrettanto per poi lasciarsi portar via la serie B da una società (il Cittadella) che ha speso un terzo ma lo ha fatto con maggiore oculatezza. Ecco: se c’è una cosa che l’esempio di Cittadella ci deve insegnare è che per fare strada in questa categoria è sui valori della programmazione, del gruppo e delle doti umane oltre che tecniche che si deve puntare. Sembra che finalmente anche al Padova se lo siano messo bene in testa!

SABATINI O MANDORLINI?

 

 

Concluso con un più che prevedibile nulla di fatto il tira e molla tra Cestaro e Bertani, ecco che iniziano a squillare le trombe di Radio Mercato anche a Padova.

La prima voce di corridoio riguarda l’allenatore: pensavo non ci fossero dubbi sulla riconferma dell’ottimo Carlo Sabatini, visto il gran lavoro che ha fatto nelle ultime sette giornate e la capacità e intelligenza con cui ha saputo gestire il rapporto con un ambiente ormai deluso e giustamente "incattivito" da risultati che non arrivano. E invece che ti pubblica oggi la Gazzetta dello Sport: che forse sulla strada di ritorno per Padova c’è nientemeno che Andrea Mandorlini, che l’estate scorsa, riconfermato dalla società biancoscudata, ha preferito le sirene della serie A.

Personalmente non ho nulla contro Mandorlini: ha fatto benissimo qui e se fosse rimasto forse ci saremmo risparmiati tutti un altro anno di delusioni. Però io, son sincera, sono per una riconferma ad occhi chiusi del "grintoso perugino" Sabatini.

Voi che ne dite? 

COME VOLEVASI DIMOSTRARE

E’ finita come si poteva benissimo preventivare anche un mese e mezzo fa, ovvero prima che questa trattativa tra il presidente Marcello Cestaro e l’immobiliarista Mauro Bertani cominciasse. E’ saltato tutto. Non ci sarà alcuna cessione della maggioranza da parte del patron vicentino e presumibilmente rimarrà tutto come è stato negli ultimi cinque anni con Cestaro socio di maggioranza e presidente appunto. Se qualcosa cambierà sarà per l’ingresso di soci di minoranza o di nuovi sponsor che non modificheranno in maniera significativa l’assetto attuale della società.

 

Ora che questo fondamentale aspetto è chiarito definitivamente e Cestaro rimarrà al timone, occorre INIZIARE A PROGRAMMARE LA PROSSIMA STAGIONE. Non si può più rimandare, di tempo se ne è già perso troppo.

Quattro-cinque ritocchi (e il ds Meluso ha dimostrato di aver fiuto in questo senso), Carlo Sabatini in panchina e ossatura della squadra riconfermata: queste devono essere le prossime mosse. Altrimenti si rischia di buttare via un’altra stagione per non averla saputa costruire dalla radice, come negli ultimi anni. O no?

UN SILENZIO… ASSORDANTE

Onestamente sono molto perplessa.

Sembrava che la vicenda Cestaro-Bertani dovesse decidersi entro breve, in un modo o nell’altro, e invece in questi giorni c’è un silenzio di tomba che regna attorno al Padova e non si muove una foglia che sia una. Nessuno dice niente. Le bocche di tutti sono cucite. Sinceramente non so più cosa pensare e credo che, nella mia stessa situazione, si trovino praticamente tutti i tifosi del Padova, che attendono notizie, nel bene e nel male, per capire che ne sarà della loro squadra del cuore nel prossimo campionato e, in genere, in futuro.

Spero vivamente che la calma piatta di queste ore sia solo la facciata esterna di una trattativa che procede e che procede in direzione di un rafforzamento societario, con o senza Bertani. Giovedì ci sarà un altro incontro tra il pretendente azionista di maggioranza e il patron vicentino, chissà forse sarà la volta buona che qualcosa si deciderà.

Anche perchè si sta perdendo tanto tempo prezioso in chiave campionato… Possibile che ogni anno ci si ritrovi sempre all’ultimo a fare tutto, non imparando mai dall’esperienza degli anni precedenti?