LECCO CROCEVIA DEFINITIVO DEL CAMPIONATO?

 

 

 

Ancora una volta è Lecco a decidere i destini del Padova. Non così definitivamente come è stato nelle ultime due occasioni prima di questo campionato (nel 1999 ai playout i biancoscudati retrocessero, nel 2001 il k.o. casalingo contro i lombardi costò la panchina all’allenatore della promozione dalla C/2 Franco Varrella), ma comunque in buona parte. Sì perchè se il Padova domenica a Lecco non farà esattamente quello che ha fatto domenica scorsa con la Paganese, dando così continuità alla vittoria che l’ha riportato nei playoff, si complicherà ancora una volta la strada verso gli spareggi promozione, mostrandosi di nuovo double face: cioè bello, temibile e cinico tra le mura amiche, timoroso, nervoso e incapace di imporsi in trasferta. Se vuole arrivare ai playoff e giocarsi la serie B, questa seconda faccia il Padova la deve cancellare. Per sempre. Dal suo dna e dalla memoria dei tifosi.

LA BOCCATA D’OSSIGENO CHE CI VOLEVA

 

Non bastava solo vincere al Padova ieri. La truppa di Ezio Rossi doveva farlo con "stile", cioè tornando a sfoderare un bel calcio che facesse dimenticare alla piazza, e pure alla svelta, le ultime inguardabili prestazioni. Be’, niente da dire: la squadra ce l’ha fatta, alla grande, tornando finalmente ad esibire le proprie indiscusse qualità e dando anche un segnale di forza interiore, dato dall’abbraccio di tutti i giocatori (panchina compresa) a "Totò" Di Nardo in occasione del gol del vantaggio. Il presidente Marcello Cestaro a fine gara ha anche abbattuto il muro del silenzio con la stampa, annunciando che al più presto lo faranno anche i giocatori. Tutto è bene quel che finisce bene, sempre che il Padova, da domenica prossima in poi, dia continuità a quanto di buono fatto vedere ieri, dimostrando con i fatti che si è trattato della domenica della svolta, quella vera. Ma resta una macchia indelebile in questa vittoria: la vicenda degli ultras, che pesa ancora come un macigno. Cestaro aveva chiesto alla parte "sana" della curva di prendere le distanze dall’episodio di inaudita violenza. Per risposta ha ricevuto 10 maglie appese al plexiglass in solidarietà agli arrestati. Altro che stigmatizzazione…    

NON HO PAROLE

E pensare che proprio la domenica di Padova-Cremonese, il presidente del Padova Marcello Cestaro aveva preso in mano il microfono della cabina radio, invitando entrambe le tifoserie ad un comportamento corretto, ad un tifo sano, fatto di sfottò solo sportivi e limitati al contesto della partita. Introducendo di fatto il terzo tempo che poi si è sempre fatto a partire da Padova-Cittadella. Quello che è successo nell’autogrill di Soave mi lasciò senza parole anche allora e immaginavo che, quanto più lunghe erano le indagini della Digos, tanto più grande sarebbe stato il botto nel giorno in cui la Polizia si sarebbe andata a prendere i colpevoli di quel gesto barbaro. Così è stato: 10 arresti. Questo non è calcio, è pura follia. E chi ha commesso quell’aggressione non è un tifoso. Nè del Padova nè di chiunquessia. 

PERCHE’ FUORI DA PADOVA I ROSPI DIVENTANO PRINCIPI?

Cristian La Grotteria. Andrea Suriano. Crocefisso Miglietta. Ma anche, passando alla panchina, Renzo Ulivieri ed Ezio Glerean. Tutti nomi (ma quanti altri ce ne sarebbero pescando ancora più indietro nel tempo, vedi i nazionali Lucarelli e Iaquinta) che qui a Padova hanno incassato più fischi che gratificazioni. Eppure fuori da quest’ambiente si sono rigenerati a tal punto da trasformarsi in alcuni casi in autentici fenomeni, in altri semplicemente in giocatori in grado di fare la differenza con le loro qualità (era quello che altrettanto semplicemente gli si chiedeva anche qua, ma chissà perchè c’era sempre un dolorino, un infortunio o la "giornata storta" ad impedirgli di assolvere al loro dovere!). Nelle piazze in cui militano adesso (in qualche caso pure in categoria superiore) i club che se li sono pigliati godono alla grande dei loro servigi navigando in zone alte della classifica. Perchè qui non è riuscito loro di esprimersi secondo le legittime aspettative dei dirigenti biancoscudati che li avevano comprati prima e dei tifosi poi? Che cos’ha Padova che le altre città non hanno? Ha ragione chi dice che l’acqua del centro sportivo Euganeo di Bresseo è contaminata da qualche strano ingrediente oppure c’è una spiegazione meno scherzosa a tutto questo? Oppure, peggio ancora, esiste qualcuno cui dare la colpa?   

COSA SI E’ ROTTO NELLA TESTA DEL PADOVA?

"Non ti sei persa niente a Manfredonia, Martina: ho visto davvero un brutto Padova". Andrea Moretto mi ha accolto con questa frase stamattina quando ho messo piede dentro Telenuovo, raccontandomi per sommi capi la sfida che ha riservato ai tifosi l’ennesima delusione degli ultimi tempi. Al termine della sua disamina, il mio primo pensiero è stato questo: ma perchè ogni anno, di questi tempi, il Padova si accartoccia su sè stesso, gettando alle ortiche tutto quel che di buono ha mostrato nei mesi precedenti? Cos’è che, con impressionante regolarità (anzi: quest’anno pure un po’ prima del solito), a tre quarti di stagione si rompe nella testa dei giocatori? Di chi è la colpa? Dell’ambiente negativo, dei giocatori che non hanno voglia e non mettono più nemmeno la gamba nei contrasti o dell’allenatore che non li sa stimolare a dovere e ha perso completamente le redini dello spogliatoio? Chissà. L’unica certezza, per ora, è che questa situazione è davvero preoccupante: se non si va ai playoff nemmeno quest’anno, ragazzi, con una rosa tra le più forti del girone, è davvero un fallimento con la F maiuscola. Senza più alcuna giustificazione che tenga.     

AHI AHI AHI

Che dolore! Il 2-2 di ieri sera tra Padova e Foligno mi ricorda tanto il 2-2 di inizio 2004, tra Padova e Rimini, sempre all’Euganeo: anche allora il Padova vinceva 2-0, si divorò il 3-0 (vi ricordate il palo di La Grotteria seguito dalla clamorosa traversa di Muslimovic da un metro?) e poi si dovette accontentare di un 2-2. Quel pari segnò l’inizio della fine dell’allora allenatore Ezio Glerean che annaspò qualche altra domenica prima di rassegnare le dimissioni e chiudere mestamente la sua brevissima parentesi biancoscudata. Questo pari ha consegnato ai posteri un altro Ezio (Rossi) terribilmente in confusione. L’ennesimo cambio di modulo, l’innaturale schieramento di Bovo sulla corsia di destra anzichè al centro, lo schieramento di Muzzi in attacco dopo che era stato lo stesso Rossi a sottolineare, nell’ultima sua conferenza stampa, che Di Nardo stava nettamente meglio sotto il profilo della condizione, la poca lucidità nella lettura della partita con cambi tardivi e, almeno per ieri sera, inadeguati a restituire gli equilibri saltati: sono tutti sintomi di un allenatore che non sa più che pesci pigliare. Le deve recuperare innanzitutto lui la serenità di giudizio e la tranquillità: per poi restituirle in dose massiccia anche alla squadra.   

SI RICOMINCIA E NON SI PUO’ PIU’ SBAGLIARE

Il campionato di serie C si è rimesso in moto dopo un turno di riposo e ha già consegnato al Padova (di scena stasera in posticipo contro il Foligno) una certezza: che Cremonese e Sassuolo non hanno alcuna intenzione di perdere colpi e di rallentare la propria marcia e che quindi il primo posto è davvero un traguardo difficile da raggiungere per la truppa di Ezio Rossi. Meglio non farsi strane illusioni e marciare di domenica in domenica verso i playoff: per non rischiare, per il quinto anno di fila, di non stringere nulla per aver voluto troppo.  

UN ALTRO RUSSO AL PADOVA

Un altro Russo al Padova. Dopo Orazio, ecco Nello. Il giocatore con le caratteristiche che aveva richiesto Ezio Rossi: un ariete in grado di fungere da alternativa a Varricchio al centro dell’area. Non c’è che dire: anche questa volta il ds Meluso è stato tardivo ma sicuro! Russo ha segnato un solo gol a Crotone ma il campo l’ha visto col contagocce: chissà che possa sfogare da qui a giugno qui a Padova la sua vena realizzativa e contribuire così al raggiungimento dell’agognato traguardo.  

E’ PROPRIO VERO CHE IL CALENDARIO DEL PADOVA E’ COSI’ FACILE A FEBBRAIO?

Sulla carta, siamo d’accordo, è molto più agevole giocare contro Manfredonia, Paganese e Lecco piuttosto che contro Foggia, Sassuolo e Cremonese. Ma siamo proprio sicuri che per il Padova sarà una passeggiata questo mese di febbraio che lo vedrà ritrovarsi di fronte la penultima e le due terzultime della classe? Se guardiamo come è andata finora, qualche dubbio c’è: i biancoscudati hanno infatti evidenziato le maggiori difficoltà proprio contro le squadre di medio bassa classifica, che la buttano sull’agonismo e privilegiano la distruzione del gioco altrui anziché la costruzione del proprio. Quali ingredienti in più dovrà mettere il Padova per riuscire a superare questi ostacoli e rimettersi in corsa per la vetta?

CENTROCAMPO: E SE LA SOLUZIONE FOSSE IN CASA?

Il Padova è alla ricerca di un centrocampista di quantità: piacciono Papini della Ternana e Monticciolo del Gallipoli, che però, accettassero di sposare la causa biancoscudata, dovrebbero accontentarsi di ritagliarsi un ruolo di secondo piano, perché davanti a loro ci sono in primis Bovo e Crovari, ma anche Gentile, Mazzocco e, se non andrà via e riuscirà a superare i problemi fisici, pure Amenta. Ci chiediamo allora una cosa: visto che il presidente Marcello Cestaro ha già allargato molto in questi anni i cordoni della borsa perché non optare per una soluzione “interna”? Due i giocatori che possono tornare utili alla causa e sono già sotto contratto col Padova: Giuseppe Anaclerio, fuori rosa da fine settembre ma disposto a rientrare in gruppo se entro il 31 gennaio non verrà ceduto con la promessa di mettere la propria professionalità e le proprie qualità, al servizio della squadra, e Maurizio Bedin, in prestito al Martina ma più che disponibile a rientrare a Padova. E’ così impensabile puntare sulla gran voglia di tornare protagonista del primo e sull’attaccamento ai colori biancoscudati del secondo, padovano doc? O c’è il rischio che lo spogliatoio ne risenta?