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IL “DISEGNO” SPEZZATO. LA FUSIONE

Spariti nel nulla di un silenzio imbarazzato, nella migliore delle ipotesi. O, nella peggiore, ancora vivi e vegeti, quanto abili nel cambiare posizione nel loro infinito kamasutra ideologico. Politici, giornalisti, banchieri, industriali, addetti ai lavori del calcio veronese. Li ricordate?  Dove sono finiti quelli che per anni ci spiegavano con arrogante sicumera che “Verona non può reggere due squadre ai massimi livelli”? Opinion leader trombettieri di quello che io chiamo il “disegno” spezzato: la fusione. Leggetevi la storia a puntate che su hellas1903.it, un giornalista con la schiena dritta e informato come Matteo Fontana, ha ricostruito sugli ultimi anni del calcio veronese.

Si legge di un Luca Campedelli che alla vigilia di Natale del 2008, al ristorante Cavour di Dossobuono, confidava: “Verona due squadre a certi livelli non le può più sostenere”. Appunto. Era lo stesso periodo in cui Giovanni Martinelli stava acquisendo l’Hellas da Piero Arvedi, pur tra mille peripezie e titubanze dello stesso Conte, il quale sospettava che Martinelli volesse comprare la società per fare la fusione con Campedelli, col quale pare fosse già in accordo (“Mi a Martinelli l’Hellas non ghe lo vendo, vol far la fusion con Campedelli” lo sfogo del Conte).  Lo stesso Flavio Tosi, di cui tutto si può dire ma non che fosse un sostenitore del “disegno”, non era aprioristicamente contro: “Basta che la nuova società si chiami Hellas Verona”. Chi scrive fece una personale inchiesta solo qualche mese prima a Palazzo Barbieri. Gran parte dei consiglieri comunali, qualcuno pure banchiere, a domanda recitavano copiosi il solito ritornello, lasciando la frase maliziosamente in sospeso: “Verona due squadre a certi livelli non le può avere…”. E via coi sorrisini. Gli stessi sorrisini nei bar vicini a via Galvani, a ogni ingenuità del Conte.

La storia (recente) poi ha smentito questi “coristi” interessati. Martinelli, più nolente che volente, ha chiuso la porta al Chievo, portato l’Hellas in serie B, rinsaldato a livello finanziario il club, tornato appetibile e così finito in mano a una nuova proprietà con un chiaro progetto di rilancio: riportare la società ai massimi livelli. Che poi Setti ci riesca o meno è tutto da vedere, ma un fatto è già dimostrato: Verona due squadre competitive se le può permettere.

Con buona pace di chi dal “disegno” fusione aveva tutto da guadagnarci (una squadra sola ergo monopolio degli sponsor e degli appoggi politici-finanziari). Un “disegno” spezzato, fallito e ucciso dalla presunzione di chi ha tanti soldi e potere, ma ignora un piccolo particolare: i tifosi. Già, questi (per lor signori) sconosciuti.  Posso capire.  Chi vive tra palazzi politici, salotti finanziari, bonifici bancari e stadi vuoti difficile possa anche solo pensare che là fuori esista un popolo, un sentimento, l’uomo qualunque che calpesta le strade e siede nei bar. Pensa che al popolo la puoi dar da bere sempre, che tanto non conta nulla. Non riesce a immaginare che il popolo può unirsi in un sentimento e insieme ottenere qualcosa. Se la fusione non si è fatta è merito dei tifosi del Verona, questo è un fatto acclarato. Loro i veri “Davide contro Golia”, questa l’unica vera favola.

 

 

 

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