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SE MI MANDI IN TRIBUNA GODO

Ognuno, in fondo, se la vive a suo modo. Ezio Vendrame, scapigliato attaccante degli anni ’70 (in confronto Zigoni, suo amico, era una suora di clausura), la prendeva in maniera singolare. Nel ’76 ai tempi del Napoli, a Cagliari l’allenatore Luis Vinicio lo spedì in tribuna. Ma mica s’incazzò Vendrame, hippie  sul serio e mica per moda. Macché: “Abbordai una modella sugli spalti, un gran pezzo di figa, qualche  timido bacio, me la portai in bagno e me la trombai”. E’ uno degli aneddoti del suo gustosissimo libro, “Se mi mandi in tribuna godo” (Chaos ed.), uscito qualche anno fa.

Andrea Mandorlini, invece, hippie non lo è per niente. E non c’entrano solo le idee politiche, orgogliosamente molto diverse dalla cultura: “Mettete dei fiori nei vostri cannoni”. Spesso squalificato e in tribuna, quest’anno, il nostro allenatore ha vissuto le partite dagli spalti teso e partecipe, com’è giusto che sia. “Un leone in gabbia” ha avuto modo di definirsi lui.  “Libero” in settimana si è divertito a giocare su un paragone irriverente: “Canà Mandorlini: multe ed emozioni”, titolava il quotidiano degli Angelucci riferendosi al record di giornate di squalifica del tecnico (otto), un po’ come il mitico personaggio di Banfi nel film.

Vendrame e Mandorlini, così diversi: sornione e rilassato il primo, teso e inquieto il secondo. Tuttavia un filo che li lega esiste. “Se mi mandi in tribuna godo” e Vendrame abbiamo capito come. Mandorlini invece gode vincendo. Otto partite in tribuna: sei vittorie e due pari. Fosse per la cabala, se non altro, lì ci potrebbe rimanere 🙂

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