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RASSEGNATI, MA FELICI

Colgo in una parte dei tifosi una felice rassegnazione. “Pazienza”, la parola più gettonata a commento della sconfitta di oggi. E’ la fetta dei tifosi “moderni”, figli inconsapevoli di questo calcio malato e liquido. Perché, diciamocelo, fossimo ancorati nel mondo antico e meno insano del football che fu, saremmo incazzati con Di Marco – che come un Massa qualsiasi si è bendato gli occhi sulla randellata a Sala in area parmense – ma anche coi nostri, che incuranti dei duemila e passa tifosi al loro seguito hanno cominciato a giocare solo negli ultimi venti minuti. Rilassamento? Forse. Giocatori scarichi mentalmente? Chissà. Una cosa è certa, dopo l’exploit di Livorno non è più il Verona che conosciamo. E attenzione, non è questione di vincere o perdere, ma di atteggiamento. Oggi l’Hellas ha dato l’impressione di poter pareggiare solo nell’ultimo scorcio di partita, prima si è limitato al piccolo trotto e a un’unica fiammata del solito Iturbe.

Esistono illustri (e recenti) precedenti di squadre di piccolo-medio cabotaggio che arrivate a una precoce salvezza, per un motivo o per l’altro, rallentano. Senza andare troppo lontano, il Catania di un anno fa. Alzare l’asticella degli obiettivi, lo riconosco, spesso è un esercizio psicologico non facile. Eppure è un obbligo morale, in particolare nello sport, dove agonismo e competizione sono tutto.

Sia ben chiaro, il calcio – per come è concepito da vent’anni a questa parte – non invoglia troppo a farlo. L’hanno mutato geneticamente, trasformandolo da sport a prodotto, per giunta logorante e iniquo, con un calendario fitto e un gap incolmabile tra i pochi club ricchi e tutti gli altri. Il meccanismo ha partorito figli e figliastri, in un sistema che si auto-perpetua nella sua degenerazione. I milioni della Champions fanno gola, ma spettano a chi è già ricco; le briciole della vecchia e gloriosa coppa Uefa, ora Europa League, agli altri, ma non se le fila nessuno, poiché è più lo scazzo che il guadagno. Il resto, non mi stancherò mai di dirlo, lo fa una serie A a venti squadre con tre sole retrocessioni.

Risultato? Un calcio a compartimenti stagni; le solite 4-5 “lottizzate” a priori che si disputano i posti in Champions, altre 4-5 la salvezza, e le restanti che già in primavera potrebbero pure andare in ferie. E come biasimarle, questo è il calcio di oggi e anche i tifosi si adeguano. Quindi “pazienza”, ci capita di proferire senza troppa emozione, dopo aver perso uno scontro diretto. Rassegnati, ma felici.

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