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L’OSSESSIONE DI ARVEDI (METTI UNA SERA A CENA CON…)

 

Non voglio sottolineare più di tanto le parole di Arvedi che ho pubblicato nell’intervista che ho realizzato a casa sua.

Ognuno tirerà le proprie conclusioni e ognuno avrà la sua opinione. Quello che voglio fare con questo post è darvi un’idea, spiegarvi le mie sensazioni, insomma cercare di illustrarvi un “dietro alle quinte” dell’intervista che forse serve come chiave di lettura della stessa.

Parto intanto da descrivervi l’ambientazione: Villa Arvedi è una casa gigantesca. Saloni enormi, mille camere. Ma Piero Arvedi non vive lì. Sarebbe come vivere nel Sahara. Arvedi abita in una casetta attigua, una piccola stanzetta che fa da sala da pranzo, una cucinetta, due camere da letto al piano superiore. Arvedi guarda la televisione su un piccolo 14′ pollici nascosto dentro ad un mobile vicino al caminetto, al secondo piano (l’ho scoperto ieri sera…) c’è un Lcd più grande proprio ai piedi del letto. A fianco del letto, un computer connesso con l’Adsl (anche questa una scoperta…) con cui il vecchio presidente probabilmente legge pure i post su questo sito e chissà, forse interviene nelle nostre discussioni con qualche nick segreto… (ma questo non gliel’ho chiesto). Sempre sul letto, Arvedi ha documenti di tutti i tipi. Progetti, planimetrie, persino curriculum di giocatori. Ieri sera voleva farmi vedere il curriculum di un centrale bosniaco che forse verrà in prova al Verona (da qui la nostra vista al piano superiore…).

Il conte Piero vive in simbiosi con il suo cellulare. Un Nokia, non di ultima generazione, che come squillo ha il canto di un gallo. Solo, dentro la piccola dependance della sua enorme villa, Arvedi si tiene in contatto con il mondo esterno grazie al suo cellulare. E il mondo esterno di Arvedi è fatto soprattutto (se non esclusivamente) di Hellas Verona. Giusto per farvi capire: ieri sera ha telefonato un paio di volte Previdi, ragguagliando il conte sulla giornata e sui programmi del giorno dopo.

Arvedi tiene sempre il cellulare in viva voce. Per cui mi sono trovato ad ascoltare le due telefonate di Previdi (che ho salutato). Mi è parso (sempre sensazione…) che Previdi sia molto meno mellifluo e ossequioso rispetto ai suoi predecessori, molti dei quali sembravano più dei maggiordomi che dei dipendenti.

A parte un’altra telefonata, Arvedi non ha parlato con nessun altro al cellulare. Se non ci fossi stato io, quelli sarebbero stati gli unici contatti con il mondo “fuor della villa di Cavalcaselle”. Mi pare chiaro, quindi che il mondo di Arvedi, oggi sia soprattutto (se non esclusivamente) quello dell’Hellas. Non è difficile capire dove voglio parare con queste considerazioni. Il Verona oggi è uno scopo di vita (come del resto lo stesso Arvedi racconta nell’intervista) che prescinde qualsiasi considerazione economica e finanziaria. Per essere chiarissimi: a mio avviso ad Arvedi non importa nulla quanto sta perdendo per il Verona e quanto ancora ci perderà. Credo che tutto quello che sta facendo lo appassioni terribilmente e che questo alla fine sia il miglior mezzo per “sentirsi vivo”. Mi pare, quindi difficile, e questa è la mia conclusione che Arvedi possa privarsi adesso del suo Verona. Gli ho chiesto papale papale: “Piero, bando alle ipocrisie: qui devi dirci cosa vuoi farne del Verona, perchè non possiamo essere tuoi prigionieri, accontentarci del piccolo cabotaggio&rdqu

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