L’ULTIMA VOLONTA’ DEL CONTE PIERO

 Piero Arvedi è morto.

Il presidente onorario del Verona non è riuscito a riprendersi dopo il drammatico incidente del 21 dicembre. Se n’è andato senza poter vedere l’ultima volta il "suo" Verona.

E’ dura dire qualcosa in questi momenti. Bisognerebbe tracciare un bilancio della vita di una persona e questo, forse solo il padre eterno è in grado di farlo.

Non so se Arvedi sia stato un grande presidente dell’Hellas Verona. I suoi difetti sono stati evidenti per tutti i mesi in cui è stato alla guida della società più amata dai veronesi. Ma altrettanto evidenti sono stati i suoi pregi. E francamente, in questo momento, è solo questo aspetto che voglio ricordare di lui.

Arvedi era tutto quello che sono i veronesi. Mi piace riassumere il senso della sua vita in una parola: "Matto". Una vena di follia che ci pervade, che ci ha portato a toccare vette inarrivibili, ma anche il fondo. Siamo "tuti mati" e Arvedi era il nostro capo. Folle quando si è gettato nell’avventura veronese, folle quando si era "inventato" l’affare dello stadio per il bene del Verona, folle quando si appoggiò a personaggi discutibili, folle quando trattò il Verona con una banda di falsari. La sua follia è tutta nei milioni di euro che ha "perso" salvando il Verona, quando Pastorello aveva ormai affondato la baracca. In pochi a Verona, e molto più facoltosi di Arvedi, possono dire di aver fatto altrettanto.

Oggi che non c’è più mi piace ricordare un paio di cose di lui che dovranno essere una traccia anche per chi guiderà il Verona da oggi in poi. La prima: il Verona deve tornare in serie A. Un tarlo per Arvedi, a dispetto di risultati pessimi. La seconda: mai, mai, mai una fusione con il Chievo. La squadra della città, mi disse poco prima di quel tragico incidente, non si può fondere con una di quartiere. E finchè ci sono io, questo non si farà, aggiunse. Lui adesso è andato via, ma qualcosa le sue parole ci hanno lasciato. Saremo noi, "veronesi tuti mati" come il conte Piero, a far rispettare quest’ultima volontà del "vecio alpin".

Ciao Piero.

L’ORA DEL TIBO

 Scordatevi, almeno per un po’, le gesta del dinamico duo Rantier-Girardi. Non appena il Verona stava assaporando l’idea di aver trovato una coppia in grado di dare nuova linfa e nuovi gol, è arrivata la mazzata del destino. Girardi è azzoppato, starà fuori minimo due settimane e quindi è tutto da rifare.

Insomma, per farla breve: è di nuovo l’ora di Tibo. Ho sentito ieri sera al telefono il giovane bomber. Gli ho detto quello che penso di lui. "Sei fortissimo. Devi solo fartene convinto. E poi vai in campo calmo, senza la voglia di spaccare il mondo. E non essere convinto che ci sia la sfiga che ti perseguita. Quelle cose lì le pensano coloro che non sono campioni dentro. Il campione è uno che ritiene di poter modificare tramite le sue gesta la realtà. Ed è convinto di essere più forte anche della sfiga e del fato. Un campione è uno che quando sbaglia un rigore, pensa dentro di sè, di poter segnare altri tre gol. Altrimenti come avrebbe fatto Inzaghi ad arrivare a quota trecento? Fame, fame, ancora fame".

Tiboni sta bene. E questa è una bella notizia. "Adesso mi alleno regolarmente, la cosa più importante per me" mi ha detto. Tibo è stato tormentato da quel maledetto infortunio muscolare che gli è capitato durante la pausa invernale. E’ un ragazzo sensibile, anche troppo. Secondo me è stato ferito da chi ha detto di lui che è una prima donna. Se lo conosco appena un pochino direi che è la persona più lontana da una prima donna che ci sia.

Non vorrei mettergli troppa pressione, adesso. Ma è chiaro che questo è un momento cruciale del campionato. Suo e del Verona. Adesso siamo tutti aggrappati a lui, alla sua intesa con Rantier, alla sua voglia, incosciente di spaccare il mondo.

Da componenti di un fans club non ufficiale, nato solo per l’istinto e per la simpatia che lo sconosciuto Tiboni suscitava in molti di noi, non vediamo l’ora di festeggiare con lui un altro gol. Forza Tibo, è di nuovo il tuo momento.

COL TEMPO MAURA ANCA LE NESPOLE

Avete presente quel proverbio veronese? "Col tempo maura anca le nespole". Cioè il frutto più acerbo del mondo, più duro a maturare, che sembra che non sia mai pronto ad essere mangiato, anche perchè durante l’autunno il sole non è più quello estivo e si fa più fatica ad avere frutti perfetti sulla pianta. Eppure, basta saper aspettare. Perchè con un po’ di pazienza, col tempo, appunto, anche le nespole maturano. Può essere adattato questo proverbio al giovane Verona di Remondina, pieno di "nespole"? Secondo me sì anche se proprio mentre scrivo mi viene in mente anche un altro proverbio sempre veronese. "Quando l’acqua la toca el cul se impara a noar". Devo tradurre? E visto che siamo in tema concludo. Questa vittoria con la Reggiana mi sembra tanto: "ovo, galina e cul caldo".

CARO REMONDINA…

Caro mister,

oggi mi sento di scriverti due righe perchè siamo alla vigilia di una gara fondamentale per il Verona. Una gara decisiva anche per il tuo futuro.

Vorrei partire da lontano per arrivare ai nostri giorni. Tu sai benissimo che a Verona di allenatori ce ne intendiamo. Ne abbiamo visti tanti alcuni bravi, altri bravissimi, qualcuno incapace. Abbiamo lavorato, tra gli altri,  con Bagnoli, con Fascetti, Liedholm, con Reja, con Prandelli, Perotti, Malesani, Ficcadenti. Con alcuni abbia legato tanto, con altri c’è stato solo un rapporto "professionale" con qualcuno abbiamo anche litigato.

Ognuno di noi ha in testa una sua "classifica" nella quale va a collocare questi tecnici. Bagnoli era eccezionale nel leggere le partite, Malesani un fenomeno nella tattica, Prandelli straordinario nella didattica, Perotti un "mostro" di buon senso, Liedholm un "monumento", Ficcadenti un gladiatore.

Come vedi per ognuno c’è un aggettivo, qualcosa di caratterizzante. Ma se penso a Remondina faccio ancora fatica a mettere a fuoco i tuoi pregi e anche i tuoi difetti. La prima cosa che mi viene in mente è che sei una "brava persona". Uno leale, assolutamente non ruffiano, nè con i giornalisti, nè con la squadra, nè con i tifosi. Così, magari con superficialità, direi anche che non sei troppo "ambizioso". Un bene? Un male? Forse nel calcio un male. Tra gli allenatori di cui sopra ne ho conosciuti un paio che erano veramente ed anche esageratamente ambiziosi. L’ambizione è un "fuoco" che ti brucia dentro, che non ti fa mai stare tranquillo, che ti spinge sempre oltre. Devo però riconoscere che spesso l’ambizione eccessiva è stata anche la tomba di qualcuno.

Anche tatticamente mi è difficile dare un giudizio su di te. Volevi giocare con il 4-3-3 ed è stato un disastro. Sei passato al 4-3-1-2 e non ci hai mai pienamente convinto. Il Verona è andato in ritiro per primo la scorsa estate, oggi dovrebbe essere una squadra che gioca a memoria, invece prendiamo ancora gol incredibili. D’altro canto però ci sono state alcune gare in cui mi ero convinto che tu fossi molto bravo. Penso alla gara con la Spal ma anche a quella di Padova. E dunque mi chiedo: qual è il vero Remondina? Quello che sbaglia i "cambi" , che non legge la partita, un po’ testone o un po’ troppo malleabile? O è quello che con pazienza ha saputo mescolare una squadra tutta nuova, facendo crescere molti ragazzi, costruendo uno spogliatoio solido e sano?

Finisco ricordando che, forse, il miglior Remondina l’ho visto il giorno in cui Arvedi aveva pronto l’esonero, prima della gara di Sesto, ti ricordi? Vidi quel giorno qualcosa di diverso nei tuoi occhi, uno scatto d’orgoglio da cui, probabilmente venne fuori un nuovo Verona. Spero che domenica succeda lo stesso contro la Reggiana. Anche stavolta stai rischiando la panchina, ma è proprio quando il gioco si fa duro che i duri cominciano a giocare.

 

IN GIOCO IL FUTURO

 Chi resterà a Verona di questa squadra? La domanda non è banale e credo se la stia facendo anche Giovanni Martinelli. C’è qualcuno di questo gruppo su cui si può puntare per un campionato ambizioso? Le risposte i giocatori del Verona le stanno dando in questi giorni e in queste partite. Sono in molti nella rosa di Remondina ad essere "in sospeso". Anzi, quasi tutti. 

Se Martinelli dovesse basarsi sulle ultime prestazioni avrebbe già la risposta in tasca: siamo alla vigilia di una nuova grande rivoluzione. C’è poco da salvare nel Verona di Ravenna o in quello che ha perso al Bentegodi contro il Pergocrema.

Per fortuna ci sono state altre prestazioni in precedenza che hanno fatto intendere che su qualcuno si può puntare, ma soprattutto ci sono quelle future che possono far cambiare idea in maniera clamorosa. Fossi in questi ragazzi non butterei via questa straordinaria occasione. Il calcio è profondamente cambiato in questi anni e per molti di loro, se sciuperanno questa occasione enorme, si potrebbe addirittura ipotizzare un clamoroso stop della carriera.

Qual è allora la ricetta migliore? Ancora una volta, una e una sola: vincere, arrivare in alto, sorprendere, stupire tutti. Con personalità (che deve avere uno che gioca nel Verona), senza paura. C’è la Reggiana, ragazzi: giocate per noi, per la maglia, per l’Hellas, ma un pochino giocate anche per voi stessi e per il vostro futuro. Ricordatelo.

TUTTI UNITI PER BATTERE LA REGGIANA

Lo so, lo so. La voglia di mandare tutti a quel paese è forte. Non ditelo a me. Le cifre sono impietose. Nel girone di ritorno il Verona sta facendo pietà, ci sono evidenti lacune tecniche, tattiche e gli errori di Remondina stanno diventando troppi.

Mancano dieci partite da qui alla fine del campionato. Il Verona è a soli due punti dalla zona play-out. Non è ancora con l’acqua alla gola, ma è bene che le sirene d’allarme inizino a suonare per segnalare che il livello si sta pericolosamente alzando.

Vale la pena buttare tutto per aria adesso? Secondo me no e tutto sommato penso che Martinelli non abbia fatto male a prendere la decisione di non cacciare il mister. In certi momenti ci vogliono nervi saldi e serve anche far capire all’ambiente-squadra che l’allenatore non è in discussione. Lì nello spogliatoio, infatti, c’è una sensibilissima "antenna" che capta questi "umori" e da esperienze passate, questa antenna è poi capace di incidere pesantemente sul rendimento in campo. Avere la società dalla propria parte è un bel vantaggio per Remondina (chieda il mister a Massimo Ficcadenti che cosa successe a lui prima della gara con il Mantova…).

Mi pare giusto, dunque, aiutare il mister e la squadra in questi dieci giorni. La gara è importante e credo che il bene comune debba essere superiore anche alle antipatie o simpatie personali.

Spero che Remondina lavori tanto questa settimana. E’ grazie al lavoro che si costruiscono certezze per i giocatori. Un lavoro in profondità, nel particolare che come ho già avuto modo di scrivere, è fondamentale in questo momento.

Per dieci giorni mettiamo da parte polemiche e tensioni. Battiamo la Reggiana e poi ne riparliamo. Anzi, speriamo di no.

SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO

Dunque: un mese fa il Verona era una società sull’orlo del fallimento il cui futuro era appeso ad un filo. In quella situazione la squadra vinse con la Spal. Gli stipendi non arrivavano e solo una  flebile speranza che  Martinelli acquistasse la società teneva su la baracca.

Da quando è entrata la nuova proprietà che ha pagato tutto (e subito) il Verona si è sciolto. Tre sconfitte e una vittoria. I play-out sono ora uno spettro a portata di mano (altroche guardiamo avanti…) mentre la barca fa acqua ovunque.

Se due più due fa quattro, significa che allora era meglio prima. Quindi un consiglio a Giovanni Martinelli. Non paghi più gli stipendi sino a fine stagione.

Avrà i play-off assicurati.

 

IL VERONA NON PUO’ PIU’ ESSERE UN PARCHEGGIO PER GIOVANI IN RAMPA DI LANCIO

Ho sempre rifiutato lo stupido giochetto che in molti hanno imposto negli ultimi anni: pensa con che squadra siamo retrocessi con Malesani… Pensa che squadra aveva in mano Ficcadenti… E il motivo è molto semplice. In quelle squadre c’erano giocatori giovani che hanno fatto scontare al Verona la loro inesperienza.

Un esempio sopra tutti: vi ricordate di Gilardino? Aveva 19 anni quando arrivò a Verona e non era di certo il Gilardino che conosciamo ora. Idem per Mutu e Camoranesi. Buoni giocatori, ma in formazione, gente che face molti errori, errori che il Verona pagò a caro prezzo.

Lo stesso vale per i Dossena, i Pegolo, i Behrami ma anche più semplicemente per Sforzini. Tutti sono stati "costruiti" con pazienza e con grande dispendio di energie da parte dei bravi allenatori che si sono succeduti in questi anni. I quali, poi, vedevano vanificato il loro lavoro quando la dirigenza riazzerava costantemente il loro lavoro, costringendoli ad ogni stagione a ripartire da capo. Soprattutto per questo motivo sono nati i dissidi tra Prandelli, Malesani, Ficcadenti e Pastorello.

L’ho presa larga per arrivare a noi e ai nostri giorni. Oggi a Verona c’è un giocatore che è evidentemente un "puledro" di razza. Si chiama Christian Tiboni il quale può essere paragonato ad uno di quei giocatori di cui abbiamo parlato sopra. Il problema è che Tiboni ha 21 anni. E che oggi è un giocatore in maturazione, un attaccante acerbo, che non ha ancora trovato un equilibrio anche emotivo. E’ un attaccante da costruire, in pratica. Il problema è che i suoi errori, la sua inesperienza, viene scontata dalla squadra, senza che questa crescita abbia poi un fine. Perchè sarà durissima che il Verona possa tenere Tiboni il prossimo anno. E’ per questo che molte squadre assegnano un premio di "valorizzazione" a chi si prende l’impegno di far crescere e maturare i propri giocatori.

Credo che anche l’accordo tra Atalanta e Verona per Tiboni preveda questo tipo di incentivo. E’ il frutto di una politica societaria rispettabile finchè si vuole, ma tesa solo a "gestire" il presente e che non pensa al futuro.

Anche questo dovrà cambiare in casa del Verona da oggi in poi (e mi pare che i tre acquisti definitivi fatti a gennaio vadano in questo senso…). Solo così il Verona potrà mettere le basi per la sua ricostruzione.

UN GRANDE PRESIDENTE

E’ morto a 58 anni Giampaolo Lonardi.

Era una brava persona, ma soprattutto un grande presidente di una società di calcio. Giampaolo l’ho conosciuto almeno 25 anni fa. Ero solo un ragazzino con in testa l’idea di fare il giornalista e qualcuno mi mise in mano un microfono per seguire il calcio dilettanti. La carriera s’inizia anche così. Anzi: s’inizia proprio così. A domeniche alterne mi recavo al "mitico" campo del Lonardi San Floriano, adiacente al "mitico" campo di tamburello dove si erano vinti un paio di scudetti (qualcuno mi correggerà su questo dato, sicuramente errato…). Il Lonardi San Floriano era una squadra aziendale.

All’epoca ce n’erano tre o quattro in provincia di Verona. Il Lonardi, il Pollo Miglioranza a Villafranca, le Officine Bra che "ondivaghe" si spostarono in un paio di paesi.

La Lonardi era una gigantesca fabbrica che costruiva travi d’acciaio nel cuore della Vapolicella. Se non sbaglio anche la stella che sbuca dall’Arena ogni anno a Natale fu costruita lì. Ora la fabbrica ha chiuso, fine d’ un’epoca industriale che ha lasciato il posto alla nostra economia di servizi.

La squadra del Lonardi era una bella squadra. Tanti amici, prima di tutto. Mi ricordo di Eros Talibov, talentuoso regista, del portierone Lonardi che sembrava la fotocopia di Garella, del fratello di Pippo Fiorio che faceva l’attaccante. In tanti passarono da quella squadra che militava allora in Promozione.

Su tutto e su tutti c’era la cortesia, la gentilezza, la simpatia, la bravura di Giampaolo. Il Lonardi era la sua creatura, credo vivesse la giornata pensando solo ed esclusivamente alla sua squadra. Quando si parla della passione per il calcio personalmente associo il mio pensiero proprio a gente come lui.

Gente che non ama la ribalta ma è impegnata in un’oscuro lavoro anche sociale che spesso viene dimenticato.

Giampaolo è stato per anni il "mio" presidente con uno stile che oggi mi piacerebbe ritrovare nel nostro Verona. Cose autentiche, passioni vere.

Ciao Giampaolo

BOCCIATI

Il Verona sbaglia l’ennesimo esame di maturità. Una prova sconcertante quella con il Pergocrema. Non tanto per gli errori, quanto per l’incapacità di reagire alle avversità, l’incapacità di scrollarsi di dosso la propria mediocrità tecnica, compensando con la vigoria fisica, con la grinta, con la determinazione, con la rabbia.

Alla fine cambia poco, ma in realtà cambia tanto. Perchè per l’ennesima volta in questa stagione il Verona deve ripartire da zero, vanificando quanto di buono costruito fino ad oggi, quasi condannato ad essere solo una discreta squadra da mezza classifica.

Non me la sento oggi di parlare di Remondina e di suoi eventuali errori. Mi pare che la sconfitta sia maturata da un altro aspetto.

 Mi pare che le parole di Ceccarelli siano le migliori per spiegare la debacle. "Loro arrivavano sempre prima sul pallone…".

E di questo martedì si dovrà discutere nel chiuso dello spogliatoio perchè va bene sbagliare una diagonale, va bene sbagliare un passaggio, può andare persino bene sbagliare un rigore, ma mai va sbagliato l’atteggiamento. Il Verona è uscito dal match dopo l’erroraccio di Tybon dagli undici metri. E questo è assurdo.

C’era ancora mezz’ora di partita da giocare, c’era la possibilità di prendere i tre punti ed invece l’Hellas non è più stato in campo fino al harahiri sul gol di Le Noci.

Quel che serve adesso alla squadra è un nuovo confronto, un nuovo equilibrio anche nello spogliatoio, per finire alla grande e con onore questo campionato che può volgere dalla parte giusta ma che può sempre cambiare in negativo, prendendo pieghe che qui non vogliamo prendere nemmeno in considerazione. Resto ottimista, comunque. Confidando sulle doti morali di questa squadra che può aver tradito sotto l’aspetto del gioco e del risultato ma mai ha tradito dal punto di vista della serietà e della professionalità.