LE COSE SEMPLICI

Semplicemente… le cose semplici… Semplice come vincere una partita. Ti alambicchi tanto certe volte con i moduli, le ripartenze, le diagonali… Ed invece basta solo fare le cose semplici. Ecco il Verona che ha battuto il Foggia secondo me è stato il primo Verona di questa stagione che ha giocato calato nella categoria. Questa è la serie C: devi essere bravo a rompere l’equilibrio e poi devi essere ancora più bravo a non farti più prendere. Lo devi fare con sacrificio, buttando il pallone in tribuna (spettacolo? ma chissene…) giocando fino all’ultimo secondo. Bellavista ci ha spiegato ieri la grande differenza tra Pellegrini e Sarri: "Abbiamo semplificato i concetti. Meno schemi e più libertà. Non abbiamo guardato nemmeno le videocassette dell’avversario". Semplice, no?

PASTORELLO: “MAI PIU’ IN SERIE B”

Sta per arrivare la primavera e puntuale come il ritorno delle rondini e le promesse del sindaco di turno di sgombrare le ex cartiere, nel Verona si rinnova un rito molto apprezzato dai tifosi gialloblù: il gioco della cordata. E’ un gioco appassionante, molto più del Monopoli e della Tombola, destinato ad occupare le cronache dei giornali e delle televisioni, almeno fino a giugno, quando si parlerà invece della nuova retrocessione dell’Hellas e della necessità di ripartire con una nuova proprietà. Ma vediamo chi sono i concorrenti di questa nuova edizione primaverile del Gioco della cordata.

LA CORDATA BRESCIANO-BERGAMASCA. E’ composta da alcuni muratori bergamaschi e bresciani. L’ostacolo maggiore è rappresentato dalle barriere linguistiche. E’ già dura infatti che due bergamaschi riescano a capirsi tra di loro, figurarsi un bresciano e un bergamasco. Sarà proprio perchè non hanno capito un cazzo che certi giornalisti  hanno parlato per mesi di Percassi e Berlusconi, scambiando la polenta Taragna (piatto tipico dei bergamaschi)  per la Carfagna (Mara). Questa cordata viaggia sempre con una fotocopiatrice nel baule della macchina, pare per fare esileranti scherzi ad un vecchietto che abita nella zona del Lago di Garda convinto di ricevere dentro due valigie cinque milioni di euro. Interrogato sulla vicenda Giambattista Pastorello ha risposto: “Lo faccio solo per amicizia”.
 
LA CORDATA NOSTALGICA. “Meglio un giorno da leoni che cento da pecore”. Ha detto così l’avvocato Bussinello parlando di Pastorello. In pochi hanno capito il nesso, che invece c’era (eccome se c’era…). Questa cordata si caratterizza per pochi ma chiari concetti. 1) Taci, il nemico ti ascolta. 2) Quando c’era lui i treni arrivavano in orario. 3) I compratori ci sono, così come c’erano navi, cannoni e carrarmati per andare in guerra. Interrogato sulla vicenda Giambattista Pastorello ha precisato: “Manca solo la firma”.
 
LA CORDATA VERONESE. Fanno parte di questa cordata El longo di Colognola ai Colli, El Mato di Roverchiara, Bepi Tiraca di Montecchia. Artigiani facoltosi, vera razza padana. C’è chi lavora i tondini di ferro direttamente con le nocche delle mani, chi come Zampanò piega il ferro direttamente nelle piazze. E’ gente seria e appassionata del Verona. A largo respiro il loro progetto: i tifosi andranno in trasferta solo a bordo di comode ruspe e prima delle partite i giocatori al grido di “A lavorare, andate a lavorare” faranno un doppio turno nei loro capannoni. Tra i più entusiasti di questa soluzione un’autentica bandiera del Verona: capitan Comazzi. Laconico invece Pastorello: “Sarebbe da folli smembrare questa squadra”.
 
LA CORDATA PASTORELLO-PREZIOSI. Amena cordata che ricorda i recenti fasti dell’Hellas: ma si dai, come si fa a non voler bene a quella vecchia volpe del Giambattista? A Verona nei posti che contano gli vogliono tutti bene. Lo stimano, perchè tutto sommato aveva tolto dai coglioni una rottura di palle come l’Hellas che nessuno voleva dopo i Mazzi e poco importa se un po’ ci guadagnava. In fondo era bravo, che male c’è? Il calcio è il suo mestiere… Massì, lo sappiamo tutti che i soldi gliel’aveva dati il Tanzi e che poi qualche pastrocchio l’hanno fatto per salvare capra e cavoli. La capra l’hanno salvata di s

ZILIANI, QUATTRO IN PAGELLA

Caro Paolo Ziliani,

adesso basta. Adesso basta perchè ci siamo veramente stufati. Lo so è facile, molto facile, sparare sul Verona. Si spara e si resta impuniti. Ultimi in classifica in C1, società allo sbando, soldi falsi, debiti… Però non si fa così. Il suo riferimento nelle pagelle su Papa Waigo è stato scorretto proprio dal punto di vista professionale, oltre che assolutamente gratuito. Come si fa a dire che Waigo è stato fischiato a Verona? Come si fa a non ricordare che Waigo è cresciuto tra i giovani del Verona, che andava a scuola al centro diocesano Monsignor Carraro, che i tifosi del Verona gli avevano pure regalato una maglietta con la scritta Station Waigon? Come si fa ad essere così superficiali? Waigo è stato fischiato solo quando è tornato a Verona con la maglia del Cesena (così come Salvetti). E non perchè Verona è razzista. Erano due ex che non si erano lasciati bene con la città e con i tifosi (Salvetti non mi pare sia un nero…). E poi, visto che l’ultima squadra di Waigo è stata il Genoa, perchè non ha fatto riferimento ai rossoblù, ai genoani che hanno storto la bocca quando Waigo arrivò da loro, al fatto che è stato liquidato a gennaio come se fosse un brocco? Facile, troppo facile sparare sul Verona e su Verona e non sulla Juve quando tutto lo stadio urla “morte morte” con un giocatore del Torino a terra? Troppo facile, caro Ziliani. Anche Cossu, fino ad un mese fa veniva fischiato al Bentegodi. Perchè faceva schifo. E adesso fa la differenza a Cagliari. Ma anche Cossu non è nero (come Salvetti…) e quindi non fa notizia. Mi pare che questo sia il vero razzismo. Rilevare un fatto solo per il colore della pelle. Stavolta il quattro in pagella se lo merita lei. E la prossima volta si ricordi di chiedere scusa. Perchè qui ci siamo offesi. E siamo veramente stufi di questa situazione…ascolta la pagella di Ziliani

ROMANZO CRIMINALE (SE NON FOSSE TUTTA UNA FARSA)

Dunque dove eravamo rimasti? Ah sì…. C’era Percassi che però non voleva comparire e restare nell’ombra… E quell’altro… Come si chiamava? Ah, giusto Berlusconi che siccome aveva preso tanti voti a Verona aveva deciso di investire, ma stando nell’ombra naturalmente. E sicuramente la cordata arrivava dalla Franciacorta, terra di vino (vi dice niente?) ma anche di soldi. Un colosso, naturalmente. Dietro, la longa manu della Fininvest. E Forza Italia che voleva diventare Forza Verona. Su un progetto di Galan, naturalmente. E sicuramente Galli era arrivato, ma non da solo. Forse c’era Gardaland a cui interessavano i terreni di Arvedi. O no? No no no. Scusate: ho io la dritta giusta: è sicuramente una cordata del Nord (tanto a Nord…). Ma forse dietro c’è la Spectre, o i russi, maledizione sìììì, giusto, i russi, quelli che già erano spuntati (chissà come) quando la trattativa era curata dall’avvocato Lambertini e Verona era piena di gente in colbacco che beveva vodka e suonava la balalaika. Ultimora, colpo di scena. Via Sarri, dentro Pellegrini, i ma dato un sacco de euro falsi. Ma perchè con la valigetta e non con un sacchetto? E quanti alberi hanno tagliato per fare cinque milioni di euro falsi? Andrebbero arrestati solo per questo crimine ecologico. Ma chi? I baruconi che volea el Verona. Dice un vecchio adagio: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Io personalmente gli affari con i delinquenti e i barruconi non li faccio. E non inizio nemmeno una trattativa.

Ps: scusate la confusione. Il romanziere che mi ha passato questa storia doveva aver bevuto un po’ troppo… Ma si sa “in vino veritas…”

 

L’HELLAS NON E’ MORTO, L’HELLAS E’ VIVO

Non è vero che l’Hellas è morto. L’Hellas è vivo. Primo perchè la sua gente non l’ha abbandonato. Secondo perchè anche se questa parabola gestionale ha toccato il fondo, ripartire si può. Ripensavo alle parole di Tricella: è necessario riportare dentro al Verona la gente che ama veramente il Verona. Solo così è possibile superare le crisi, dare continuità, ricostruire dalle fondamenta. Così, mi chiedevo chi potessero essere i personaggi in grado di risollevare il Verona (a patto naturalmente che si compia un autentico e definitivo cambio di proprietà). Perchè, anche qui, non è mica semplice: l’equazione grande-campione-del-passato=grande dirigente del futuro non è sempre così naturale. Anzi. Ogni persona deve andare al posto giusto, dove possa esprimere le sue qualità. Ora provo, anche alla luce della mia conoscenza diretta con molti di questi personaggi a tracciare un mio organigramma ideale e ipotetico. E vi invito a fare altrettanto con le vostre idee.

Dunque: il primo nodo è quello del presidente. Nodo affatto facile. Il presidente a mio avviso deve farlo il padrone della società. Senza se e senza ma. E’ lui il punto di riferimento, lui che deve saper parlare (il giusto), lui che deve prendersi responsabilità.
 
Accanto a lui come vice-presidente, chiamatelo pure di rappresentanza, io vedrei benissimo uno come Nico Penzo. Intelligente, dinamico, bravo nel dialogo, con una grande personalità. Nico non è uno yes-man, con lui per come lo conosco, valgono i patti chiari e l’amicizia lunga. Per patti chiari, intendo, l’area di competenza e i compiti.
Come direttore generale, ci sono pochi dubbi: io metterei un “monumento” come Ciccio Mascetti. Onesto, intelligente, anche furbo per certi versi. Ciccio è l’ideale sia come ds operativo, ma anche come uomo società a 360 gradi.
 
E arriviamo al direttore sportivo: in stretto collegamento con Mascetti, deve essere (finalmente) uno che sa scovare i giocatori e portarli di conseguenza a Verona. Qui mi divido: da una parte metto Totò De Vitis, attualmente uomo di fiducia di Pantaleo Corvino (il nuovo “ras” del mercato ds della Fiorentina), bandiera gialloblù, anche lui serio e competente. Dall’altra Mauro Gibellini. “Gibo” è uno dei pochi che ha delle “idee” vere nel mondo del calcio. E’ informatissimo sui campionati minori (cioè quelli in cui naviga adesso il Verona), sa riconoscere un giocatore da una bufala. E anche lui ha l’Hellas nel sangue.
Anche per l’allenatore, pochi dubbi: per me Massimo Ficcadenti resta il “gladiatore”, uno che respira Hellas, persino troppo in certi frangenti (se proprio devo fargli una critica…).
Arriviamo al settore giovanile. La figura ideale secondo me, sarebbe quella di Claudio Calvetti. Un altro che mangia pane e Hellas, che conosce vita morte e miracoli di tutti i giocatori, che sa riconoscere le bufale dai campioncini, e, dote non trascurabile, è un altro che sa ragionare con la propria testa, perchè dotato di una straordinaria intelligenza. Al suo fianco, come responsabile tecnico degli allenatori metterei un profondo conoscitore di calcio come Gigi Purgato.

SENZA PIETA’

Avevamo invocato un po’ di pietà. Hanno dimostrato di non averne neanche un po’. Assieme alla pietà, credo manchi l’orgoglio, la dignità, la condizione fisica, le idee chiare dell’allenatore, la società. E così si va in C2. E senza passare dal via, come a Monopoli.

PER FAVORE PIETA’

Manca poco alla gara di Terni. E vorrei umilmente chiedere pietà a lor signori. Vorrei chiedere Pietà al signor Sarri, sperando di vedere finalmente un modulo semplice, un 4-4-2 che non imbrogli le cose in campo e che dia un minimo di logica al gioco del Verona.

E la stessa preghiera è per non vedere in campo William Da Silva, ma non per niente, proprio perchè mi pare un atto di compassione. E poi solo gente motivata, basta personaggi capaci solo di chiedere scusa dopo l’ennesima figuraccia.

E vorrei chiedere Pietà al signor Morante che non è possibile che un anno fa segnasse e oggi non ha ancora fatto un gol che sia uno.
Vorrei chiedere Pietà anche a Rafael, che magari non è mica colpa sua se siamo ultimi, ma che nelle ultime partite ogni tiro (anche parabile) mi sembra un gol.
 
Vorrei chiedere Pietà a quelli che si fanno espellere e beccano due giornate di squalifica.
 
E poi chiedo Pietà a Giovanni Galli, perchè dire che Da Silva è una scommessa è come puntare due milioni di euro sulla Minardi in pista con la Ferrari. Ti può andare dritta solo se gli altri restano senza benzina. A Galli chiedo Pietà anche quando parla del Milan, dell’Inter e della Juve a Controcampo. Non mi sembra il caso finchè siamo ultimi in C1.
 
Chiedo Pietà anche ad Arvedi che non s’inventi di snocciolare l’ultima verità sulla cessione mancata ad un grande gruppo che poi abbiamo scoperto avevano gli assegni scoperti.
 
Pietà per tutti i tifosi dell’Hellas che non ne possono più a sentir parlare di una fusione che risolverebbe le cose a lor signori ma che esporrebbe la città a una figura di merda (scusate ma quando ci vuole ci vuole…) che non basterebbe il Lago di Garda a contenerla tutta. Poichè incapaci di risollevare l’Hellas, per fare lo stadio ci vuole la fusione: pietà.
 
Infine chiediamo Pietà a Pastorello. Basta venire a Verona, basta occuparsi dell’Hellas, basta aleggiare la sua presenza in ogni trattativa. Di danni ne ha fatti, tanti, tantissimi, troppi. Pietà, per favore, pietà….

DOTTOR ARAMINI, ADESSO TOCCA A LEI

Ci ho pensato su bene. Sarebbe facile (e banale) parlare della prestazione (l’ennesima) indecente (o peggio) della squadra scaligera. Sarebbe banale prendersela con Sarri (l’uomo giusto nel posto sbagliato) con Galli, con la squadra. I giudizi di questo momento sono evidenti. Il problema resta. E si chiama Verona. Una società che boccheggia, è evidente, che trasmette insicurezza, che non riesce a dare prospettiva. Dunque, se si vuole veramente cercare di dare un senso a questa crisi, bisogna parlare del nodo cruciale: la società. 

Chi può risolvere dunque il nodo? Forse il sindaco Tosi, che parla da tifoso ancor prima che da reggente di Palazzo Barbieri? Diciamoci la verità: pur intraprendente, pur volenteroso, Tosi non può fare nulla. Ed il perchè è semplicissimo: Tosi si scontra con la realtà che parla di un Verona come di un bene pubblico per quanto riguarda l’attenzione e l’interesse dei tifosi, ma come di una società privata per il diritto civile. E come Tosi non può mettere becco nella vicenda di qualsiasi altra azienda veronese, pur in crisi, così è per il Verona. Tosi, al massimo può “spingere”, può “collegare”, può “indirizzare”. Ma non potrà mai intervenire.

Forse solo su un aspetto, il sindaco ha un potere. Esigere il pagamento dell’affitto dello stadio. Ma anche questo è un argomento a doppio taglio, se ci pensate. Insomma, il raggio di azione del primo cittadino non può andare oltre il suo ruolo istituzionale, ruolo che per quanto riguarda il Verona Hellas, il sindaco ha anche varcato, spinto dalla passione. Resta però un altro soggetto, estremamente importante in questa vicenda. Ed è l’istituto di credito che in pratica agisce come da “socio” di Arvedi: l’Unicredit. Il colosso bancario, ormai uscito dal territorio veronese, ha in mano questo straordinario strumento “glocal” che è appunto la squadra di calcio cittadina. Un’opportunità fantastica per tenere il radicamento nel veronese (se mai questo discorso interessi ancora).

Un’opportunità sprecata, però. Unicredit ha agito in questi anni, attraverso l’opera del dottor Mario Aramini in due modi divergenti. Ha cioè trattato il Verona come un “bene” diverso da qualsiasi altra azienda privata fino ad un certo punto, poi da un certo momento in poi (diciamo fino alla cessione ad Arvedi) ha trattato la vicenda solo con freddo calcolo bancario, cercando di coprirsi le spalle (firme bancarie) e non regalando alla città una reale prospettiva (industriale?) per far decollare il progetto Verona. Unicredit (Aramini) sapeva benissimo di aver sbagliato qualcosa nel dare a Pastorello affidamenti eccessivi. E che quel comportamento (forse gravato dalle famose firme di Tanzi, poi venute meno…) aveva posto il Verona fuori dalle normali condizioni per essere acquisito. Quando si presentò la cordata Trevisan, la banca non volle cedere al “ricatto” del mercato. Cioè a rinunciare al rientro di una parte degli affidamenti, improvvidamente concessi a Pastorello, per riportare il Verona dentro un contesto di reale valore.

Così tra una grande prospettiva industriale (il gruppo Trevisan, con soldi, uomini e idee chiare) e la “pazza-idea” Arvedi (che offriva invece la completa garanzia bancaria ma che non aveva nè know-how, nè uomini) la banca, con grande miopia, ha scelto questa seconda strada. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Certo,

SENZA PAROLE

Sono senza parole. Veramente… Neanche la sera della retrocessione, neanche a Piacenza avevo questo stato d’animo… E voi?

LA GARA DELLA VITA

Per la mia generazione Legnano è sempre stata una marca di biciclette. Scavando nella storia si vedrà che è stata anche una partita di calcio. Ma non è questa la cosa importante. Il Verona è sprofondato in serie C e sta giocando con avversari che mai avrebbe pensato di affrontare. E se sprofondasse in C2, sarebbe anche peggio. La gara con il Legnano, però, è destinata ad entrare nella storia.

Se il Verona fallisse l’appello sarebbe dura tirare avanti per le prossime dieci partite che rischiano di diventare solo un lungo calvario verso la fine (in tutti i sensi…). Vincendo, il Verona di Sarri restituirebbe un po’ di luce al proprio cammino, nella speranza che quella benedetta scintilla che da anni aspettiamo finalmente dia modo al fuoco di propagarsi. Ci sono gare in un campionato che agiscono da svolta.

Ci sono momenti, anche banali che segnano la vita di un torneo. Nell’anno di Prandelli, se ricordate, fu una gara nella nebbia con la Fiorentina a cambiare il destino. La doppietta di Morfeo tenne a galla un Verona che altrimenti sarebbe sprofondato. Nell’anno di Malesani fu la gara con il Torino persa per il gol di Franco a marcare la debacle finale. Nel primo anno di Ficcadenti fu probabilmente quel pareggio di Catanzaro a non permettere all’Hellas di andare in serie A. Speriamo che la gara con il Legnano venga ricordata per la gara della rinascita gialloblù, tra qualche anno. E non solo come una marca di biciclette…