Semplicemente… le cose semplici… Semplice come vincere una partita. Ti alambicchi tanto certe volte con i moduli, le ripartenze, le diagonali… Ed invece basta solo fare le cose semplici. Ecco il Verona che ha battuto il Foggia secondo me è stato il primo Verona di questa stagione che ha giocato calato nella categoria. Questa è la serie C: devi essere bravo a rompere l’equilibrio e poi devi essere ancora più bravo a non farti più prendere. Lo devi fare con sacrificio, buttando il pallone in tribuna (spettacolo? ma chissene…) giocando fino all’ultimo secondo. Bellavista ci ha spiegato ieri la grande differenza tra Pellegrini e Sarri: "Abbiamo semplificato i concetti. Meno schemi e più libertà. Non abbiamo guardato nemmeno le videocassette dell’avversario". Semplice, no?
PASTORELLO: “MAI PIU’ IN SERIE B”
Sta per arrivare la primavera e puntuale come il ritorno delle rondini e le promesse del sindaco di turno di sgombrare le ex cartiere, nel Verona si rinnova un rito molto apprezzato dai tifosi gialloblù: il gioco della cordata. E’ un gioco appassionante, molto più del Monopoli e della Tombola, destinato ad occupare le cronache dei giornali e delle televisioni, almeno fino a giugno, quando si parlerà invece della nuova retrocessione dell’Hellas e della necessità di ripartire con una nuova proprietà. Ma vediamo chi sono i concorrenti di questa nuova edizione primaverile del Gioco della cordata.
ZILIANI, QUATTRO IN PAGELLA
Caro Paolo Ziliani,
adesso basta. Adesso basta perchè ci siamo veramente stufati. Lo so è facile, molto facile, sparare sul Verona. Si spara e si resta impuniti. Ultimi in classifica in C1, società allo sbando, soldi falsi, debiti… Però non si fa così. Il suo riferimento nelle pagelle su Papa Waigo è stato scorretto proprio dal punto di vista professionale, oltre che assolutamente gratuito. Come si fa a dire che Waigo è stato fischiato a Verona? Come si fa a non ricordare che Waigo è cresciuto tra i giovani del Verona, che andava a scuola al centro diocesano Monsignor Carraro, che i tifosi del Verona gli avevano pure regalato una maglietta con la scritta Station Waigon? Come si fa ad essere così superficiali? Waigo è stato fischiato solo quando è tornato a Verona con la maglia del Cesena (così come Salvetti). E non perchè Verona è razzista. Erano due ex che non si erano lasciati bene con la città e con i tifosi (Salvetti non mi pare sia un nero…). E poi, visto che l’ultima squadra di Waigo è stata il Genoa, perchè non ha fatto riferimento ai rossoblù, ai genoani che hanno storto la bocca quando Waigo arrivò da loro, al fatto che è stato liquidato a gennaio come se fosse un brocco? Facile, troppo facile sparare sul Verona e su Verona e non sulla Juve quando tutto lo stadio urla “morte morte” con un giocatore del Torino a terra? Troppo facile, caro Ziliani. Anche Cossu, fino ad un mese fa veniva fischiato al Bentegodi. Perchè faceva schifo. E adesso fa la differenza a Cagliari. Ma anche Cossu non è nero (come Salvetti…) e quindi non fa notizia. Mi pare che questo sia il vero razzismo. Rilevare un fatto solo per il colore della pelle. Stavolta il quattro in pagella se lo merita lei. E la prossima volta si ricordi di chiedere scusa. Perchè qui ci siamo offesi. E siamo veramente stufi di questa situazione…ascolta la pagella di Ziliani
ROMANZO CRIMINALE (SE NON FOSSE TUTTA UNA FARSA)
Dunque dove eravamo rimasti? Ah sì…. C’era Percassi che però non voleva comparire e restare nell’ombra… E quell’altro… Come si chiamava? Ah, giusto Berlusconi che siccome aveva preso tanti voti a Verona aveva deciso di investire, ma stando nell’ombra naturalmente. E sicuramente la cordata arrivava dalla Franciacorta, terra di vino (vi dice niente?) ma anche di soldi. Un colosso, naturalmente. Dietro, la longa manu della Fininvest. E Forza Italia che voleva diventare Forza Verona. Su un progetto di Galan, naturalmente. E sicuramente Galli era arrivato, ma non da solo. Forse c’era Gardaland a cui interessavano i terreni di Arvedi. O no? No no no. Scusate: ho io la dritta giusta: è sicuramente una cordata del Nord (tanto a Nord…). Ma forse dietro c’è la Spectre, o i russi, maledizione sìììì, giusto, i russi, quelli che già erano spuntati (chissà come) quando la trattativa era curata dall’avvocato Lambertini e Verona era piena di gente in colbacco che beveva vodka e suonava la balalaika. Ultimora, colpo di scena. Via Sarri, dentro Pellegrini, i ma dato un sacco de euro falsi. Ma perchè con la valigetta e non con un sacchetto? E quanti alberi hanno tagliato per fare cinque milioni di euro falsi? Andrebbero arrestati solo per questo crimine ecologico. Ma chi? I baruconi che volea el Verona. Dice un vecchio adagio: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Io personalmente gli affari con i delinquenti e i barruconi non li faccio. E non inizio nemmeno una trattativa.
Ps: scusate la confusione. Il romanziere che mi ha passato questa storia doveva aver bevuto un po’ troppo… Ma si sa “in vino veritas…”
L’HELLAS NON E’ MORTO, L’HELLAS E’ VIVO
Non è vero che l’Hellas è morto. L’Hellas è vivo. Primo perchè la sua gente non l’ha abbandonato. Secondo perchè anche se questa parabola gestionale ha toccato il fondo, ripartire si può. Ripensavo alle parole di Tricella: è necessario riportare dentro al Verona la gente che ama veramente il Verona. Solo così è possibile superare le crisi, dare continuità, ricostruire dalle fondamenta. Così, mi chiedevo chi potessero essere i personaggi in grado di risollevare il Verona (a patto naturalmente che si compia un autentico e definitivo cambio di proprietà). Perchè, anche qui, non è mica semplice: l’equazione grande-campione-del-passato=grande dirigente del futuro non è sempre così naturale. Anzi. Ogni persona deve andare al posto giusto, dove possa esprimere le sue qualità. Ora provo, anche alla luce della mia conoscenza diretta con molti di questi personaggi a tracciare un mio organigramma ideale e ipotetico. E vi invito a fare altrettanto con le vostre idee.
SENZA PIETA’
Avevamo invocato un po’ di pietà. Hanno dimostrato di non averne neanche un po’. Assieme alla pietà, credo manchi l’orgoglio, la dignità, la condizione fisica, le idee chiare dell’allenatore, la società. E così si va in C2. E senza passare dal via, come a Monopoli.
PER FAVORE PIETA’
Manca poco alla gara di Terni. E vorrei umilmente chiedere pietà a lor signori. Vorrei chiedere Pietà al signor Sarri, sperando di vedere finalmente un modulo semplice, un 4-4-2 che non imbrogli le cose in campo e che dia un minimo di logica al gioco del Verona.
E la stessa preghiera è per non vedere in campo William Da Silva, ma non per niente, proprio perchè mi pare un atto di compassione. E poi solo gente motivata, basta personaggi capaci solo di chiedere scusa dopo l’ennesima figuraccia.
DOTTOR ARAMINI, ADESSO TOCCA A LEI
Ci ho pensato su bene. Sarebbe facile (e banale) parlare della prestazione (l’ennesima) indecente (o peggio) della squadra scaligera. Sarebbe banale prendersela con Sarri (l’uomo giusto nel posto sbagliato) con Galli, con la squadra. I giudizi di questo momento sono evidenti. Il problema resta. E si chiama Verona. Una società che boccheggia, è evidente, che trasmette insicurezza, che non riesce a dare prospettiva. Dunque, se si vuole veramente cercare di dare un senso a questa crisi, bisogna parlare del nodo cruciale: la società.
Chi può risolvere dunque il nodo? Forse il sindaco Tosi, che parla da tifoso ancor prima che da reggente di Palazzo Barbieri? Diciamoci la verità: pur intraprendente, pur volenteroso, Tosi non può fare nulla. Ed il perchè è semplicissimo: Tosi si scontra con la realtà che parla di un Verona come di un bene pubblico per quanto riguarda l’attenzione e l’interesse dei tifosi, ma come di una società privata per il diritto civile. E come Tosi non può mettere becco nella vicenda di qualsiasi altra azienda veronese, pur in crisi, così è per il Verona. Tosi, al massimo può “spingere”, può “collegare”, può “indirizzare”. Ma non potrà mai intervenire.
Forse solo su un aspetto, il sindaco ha un potere. Esigere il pagamento dell’affitto dello stadio. Ma anche questo è un argomento a doppio taglio, se ci pensate. Insomma, il raggio di azione del primo cittadino non può andare oltre il suo ruolo istituzionale, ruolo che per quanto riguarda il Verona Hellas, il sindaco ha anche varcato, spinto dalla passione. Resta però un altro soggetto, estremamente importante in questa vicenda. Ed è l’istituto di credito che in pratica agisce come da “socio” di Arvedi: l’Unicredit. Il colosso bancario, ormai uscito dal territorio veronese, ha in mano questo straordinario strumento “glocal” che è appunto la squadra di calcio cittadina. Un’opportunità fantastica per tenere il radicamento nel veronese (se mai questo discorso interessi ancora).
Un’opportunità sprecata, però. Unicredit ha agito in questi anni, attraverso l’opera del dottor Mario Aramini in due modi divergenti. Ha cioè trattato il Verona come un “bene” diverso da qualsiasi altra azienda privata fino ad un certo punto, poi da un certo momento in poi (diciamo fino alla cessione ad Arvedi) ha trattato la vicenda solo con freddo calcolo bancario, cercando di coprirsi le spalle (firme bancarie) e non regalando alla città una reale prospettiva (industriale?) per far decollare il progetto Verona. Unicredit (Aramini) sapeva benissimo di aver sbagliato qualcosa nel dare a Pastorello affidamenti eccessivi. E che quel comportamento (forse gravato dalle famose firme di Tanzi, poi venute meno…) aveva posto il Verona fuori dalle normali condizioni per essere acquisito. Quando si presentò la cordata Trevisan, la banca non volle cedere al “ricatto” del mercato. Cioè a rinunciare al rientro di una parte degli affidamenti, improvvidamente concessi a Pastorello, per riportare il Verona dentro un contesto di reale valore.
Così tra una grande prospettiva industriale (il gruppo Trevisan, con soldi, uomini e idee chiare) e la “pazza-idea” Arvedi (che offriva invece la completa garanzia bancaria ma che non aveva nè know-how, nè uomini) la banca, con grande miopia, ha scelto questa seconda strada. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Certo,
SENZA PAROLE
Sono senza parole. Veramente… Neanche la sera della retrocessione, neanche a Piacenza avevo questo stato d’animo… E voi?
LA GARA DELLA VITA
Per la mia generazione Legnano è sempre stata una marca di biciclette. Scavando nella storia si vedrà che è stata anche una partita di calcio. Ma non è questa la cosa importante. Il Verona è sprofondato in serie C e sta giocando con avversari che mai avrebbe pensato di affrontare. E se sprofondasse in C2, sarebbe anche peggio. La gara con il Legnano, però, è destinata ad entrare nella storia.
Se il Verona fallisse l’appello sarebbe dura tirare avanti per le prossime dieci partite che rischiano di diventare solo un lungo calvario verso la fine (in tutti i sensi…). Vincendo, il Verona di Sarri restituirebbe un po’ di luce al proprio cammino, nella speranza che quella benedetta scintilla che da anni aspettiamo finalmente dia modo al fuoco di propagarsi. Ci sono gare in un campionato che agiscono da svolta.
Ci sono momenti, anche banali che segnano la vita di un torneo. Nell’anno di Prandelli, se ricordate, fu una gara nella nebbia con la Fiorentina a cambiare il destino. La doppietta di Morfeo tenne a galla un Verona che altrimenti sarebbe sprofondato. Nell’anno di Malesani fu la gara con il Torino persa per il gol di Franco a marcare la debacle finale. Nel primo anno di Ficcadenti fu probabilmente quel pareggio di Catanzaro a non permettere all’Hellas di andare in serie A. Speriamo che la gara con il Legnano venga ricordata per la gara della rinascita gialloblù, tra qualche anno. E non solo come una marca di biciclette…