L’HELLAS NON E’ MORTO, L’HELLAS E’ VIVO

Non è vero che l’Hellas è morto. L’Hellas è vivo. Primo perchè la sua gente non l’ha abbandonato. Secondo perchè anche se questa parabola gestionale ha toccato il fondo, ripartire si può. Ripensavo alle parole di Tricella: è necessario riportare dentro al Verona la gente che ama veramente il Verona. Solo così è possibile superare le crisi, dare continuità, ricostruire dalle fondamenta. Così, mi chiedevo chi potessero essere i personaggi in grado di risollevare il Verona (a patto naturalmente che si compia un autentico e definitivo cambio di proprietà). Perchè, anche qui, non è mica semplice: l’equazione grande-campione-del-passato=grande dirigente del futuro non è sempre così naturale. Anzi. Ogni persona deve andare al posto giusto, dove possa esprimere le sue qualità. Ora provo, anche alla luce della mia conoscenza diretta con molti di questi personaggi a tracciare un mio organigramma ideale e ipotetico. E vi invito a fare altrettanto con le vostre idee.

Dunque: il primo nodo è quello del presidente. Nodo affatto facile. Il presidente a mio avviso deve farlo il padrone della società. Senza se e senza ma. E’ lui il punto di riferimento, lui che deve saper parlare (il giusto), lui che deve prendersi responsabilità.
 
Accanto a lui come vice-presidente, chiamatelo pure di rappresentanza, io vedrei benissimo uno come Nico Penzo. Intelligente, dinamico, bravo nel dialogo, con una grande personalità. Nico non è uno yes-man, con lui per come lo conosco, valgono i patti chiari e l’amicizia lunga. Per patti chiari, intendo, l’area di competenza e i compiti.
Come direttore generale, ci sono pochi dubbi: io metterei un “monumento” come Ciccio Mascetti. Onesto, intelligente, anche furbo per certi versi. Ciccio è l’ideale sia come ds operativo, ma anche come uomo società a 360 gradi.
 
E arriviamo al direttore sportivo: in stretto collegamento con Mascetti, deve essere (finalmente) uno che sa scovare i giocatori e portarli di conseguenza a Verona. Qui mi divido: da una parte metto Totò De Vitis, attualmente uomo di fiducia di Pantaleo Corvino (il nuovo “ras” del mercato ds della Fiorentina), bandiera gialloblù, anche lui serio e competente. Dall’altra Mauro Gibellini. “Gibo” è uno dei pochi che ha delle “idee” vere nel mondo del calcio. E’ informatissimo sui campionati minori (cioè quelli in cui naviga adesso il Verona), sa riconoscere un giocatore da una bufala. E anche lui ha l’Hellas nel sangue.
Anche per l’allenatore, pochi dubbi: per me Massimo Ficcadenti resta il “gladiatore”, uno che respira Hellas, persino troppo in certi frangenti (se proprio devo fargli una critica…).
Arriviamo al settore giovanile. La figura ideale secondo me, sarebbe quella di Claudio Calvetti. Un altro che mangia pane e Hellas, che conosce vita morte e miracoli di tutti i giocatori, che sa riconoscere le bufale dai campioncini, e, dote non trascurabile, è un altro che sa ragionare con la propria testa, perchè dotato di una straordinaria intelligenza. Al suo fianco, come responsabile tecnico degli allenatori metterei un profondo conoscitore di calcio come Gigi Purgato.

SENZA PIETA’

Avevamo invocato un po’ di pietà. Hanno dimostrato di non averne neanche un po’. Assieme alla pietà, credo manchi l’orgoglio, la dignità, la condizione fisica, le idee chiare dell’allenatore, la società. E così si va in C2. E senza passare dal via, come a Monopoli.

PER FAVORE PIETA’

Manca poco alla gara di Terni. E vorrei umilmente chiedere pietà a lor signori. Vorrei chiedere Pietà al signor Sarri, sperando di vedere finalmente un modulo semplice, un 4-4-2 che non imbrogli le cose in campo e che dia un minimo di logica al gioco del Verona.

E la stessa preghiera è per non vedere in campo William Da Silva, ma non per niente, proprio perchè mi pare un atto di compassione. E poi solo gente motivata, basta personaggi capaci solo di chiedere scusa dopo l’ennesima figuraccia.

E vorrei chiedere Pietà al signor Morante che non è possibile che un anno fa segnasse e oggi non ha ancora fatto un gol che sia uno.
Vorrei chiedere Pietà anche a Rafael, che magari non è mica colpa sua se siamo ultimi, ma che nelle ultime partite ogni tiro (anche parabile) mi sembra un gol.
 
Vorrei chiedere Pietà a quelli che si fanno espellere e beccano due giornate di squalifica.
 
E poi chiedo Pietà a Giovanni Galli, perchè dire che Da Silva è una scommessa è come puntare due milioni di euro sulla Minardi in pista con la Ferrari. Ti può andare dritta solo se gli altri restano senza benzina. A Galli chiedo Pietà anche quando parla del Milan, dell’Inter e della Juve a Controcampo. Non mi sembra il caso finchè siamo ultimi in C1.
 
Chiedo Pietà anche ad Arvedi che non s’inventi di snocciolare l’ultima verità sulla cessione mancata ad un grande gruppo che poi abbiamo scoperto avevano gli assegni scoperti.
 
Pietà per tutti i tifosi dell’Hellas che non ne possono più a sentir parlare di una fusione che risolverebbe le cose a lor signori ma che esporrebbe la città a una figura di merda (scusate ma quando ci vuole ci vuole…) che non basterebbe il Lago di Garda a contenerla tutta. Poichè incapaci di risollevare l’Hellas, per fare lo stadio ci vuole la fusione: pietà.
 
Infine chiediamo Pietà a Pastorello. Basta venire a Verona, basta occuparsi dell’Hellas, basta aleggiare la sua presenza in ogni trattativa. Di danni ne ha fatti, tanti, tantissimi, troppi. Pietà, per favore, pietà….

DOTTOR ARAMINI, ADESSO TOCCA A LEI

Ci ho pensato su bene. Sarebbe facile (e banale) parlare della prestazione (l’ennesima) indecente (o peggio) della squadra scaligera. Sarebbe banale prendersela con Sarri (l’uomo giusto nel posto sbagliato) con Galli, con la squadra. I giudizi di questo momento sono evidenti. Il problema resta. E si chiama Verona. Una società che boccheggia, è evidente, che trasmette insicurezza, che non riesce a dare prospettiva. Dunque, se si vuole veramente cercare di dare un senso a questa crisi, bisogna parlare del nodo cruciale: la società. 

Chi può risolvere dunque il nodo? Forse il sindaco Tosi, che parla da tifoso ancor prima che da reggente di Palazzo Barbieri? Diciamoci la verità: pur intraprendente, pur volenteroso, Tosi non può fare nulla. Ed il perchè è semplicissimo: Tosi si scontra con la realtà che parla di un Verona come di un bene pubblico per quanto riguarda l’attenzione e l’interesse dei tifosi, ma come di una società privata per il diritto civile. E come Tosi non può mettere becco nella vicenda di qualsiasi altra azienda veronese, pur in crisi, così è per il Verona. Tosi, al massimo può “spingere”, può “collegare”, può “indirizzare”. Ma non potrà mai intervenire.

Forse solo su un aspetto, il sindaco ha un potere. Esigere il pagamento dell’affitto dello stadio. Ma anche questo è un argomento a doppio taglio, se ci pensate. Insomma, il raggio di azione del primo cittadino non può andare oltre il suo ruolo istituzionale, ruolo che per quanto riguarda il Verona Hellas, il sindaco ha anche varcato, spinto dalla passione. Resta però un altro soggetto, estremamente importante in questa vicenda. Ed è l’istituto di credito che in pratica agisce come da “socio” di Arvedi: l’Unicredit. Il colosso bancario, ormai uscito dal territorio veronese, ha in mano questo straordinario strumento “glocal” che è appunto la squadra di calcio cittadina. Un’opportunità fantastica per tenere il radicamento nel veronese (se mai questo discorso interessi ancora).

Un’opportunità sprecata, però. Unicredit ha agito in questi anni, attraverso l’opera del dottor Mario Aramini in due modi divergenti. Ha cioè trattato il Verona come un “bene” diverso da qualsiasi altra azienda privata fino ad un certo punto, poi da un certo momento in poi (diciamo fino alla cessione ad Arvedi) ha trattato la vicenda solo con freddo calcolo bancario, cercando di coprirsi le spalle (firme bancarie) e non regalando alla città una reale prospettiva (industriale?) per far decollare il progetto Verona. Unicredit (Aramini) sapeva benissimo di aver sbagliato qualcosa nel dare a Pastorello affidamenti eccessivi. E che quel comportamento (forse gravato dalle famose firme di Tanzi, poi venute meno…) aveva posto il Verona fuori dalle normali condizioni per essere acquisito. Quando si presentò la cordata Trevisan, la banca non volle cedere al “ricatto” del mercato. Cioè a rinunciare al rientro di una parte degli affidamenti, improvvidamente concessi a Pastorello, per riportare il Verona dentro un contesto di reale valore.

Così tra una grande prospettiva industriale (il gruppo Trevisan, con soldi, uomini e idee chiare) e la “pazza-idea” Arvedi (che offriva invece la completa garanzia bancaria ma che non aveva nè know-how, nè uomini) la banca, con grande miopia, ha scelto questa seconda strada. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Certo,

SENZA PAROLE

Sono senza parole. Veramente… Neanche la sera della retrocessione, neanche a Piacenza avevo questo stato d’animo… E voi?

LA GARA DELLA VITA

Per la mia generazione Legnano è sempre stata una marca di biciclette. Scavando nella storia si vedrà che è stata anche una partita di calcio. Ma non è questa la cosa importante. Il Verona è sprofondato in serie C e sta giocando con avversari che mai avrebbe pensato di affrontare. E se sprofondasse in C2, sarebbe anche peggio. La gara con il Legnano, però, è destinata ad entrare nella storia.

Se il Verona fallisse l’appello sarebbe dura tirare avanti per le prossime dieci partite che rischiano di diventare solo un lungo calvario verso la fine (in tutti i sensi…). Vincendo, il Verona di Sarri restituirebbe un po’ di luce al proprio cammino, nella speranza che quella benedetta scintilla che da anni aspettiamo finalmente dia modo al fuoco di propagarsi. Ci sono gare in un campionato che agiscono da svolta.

Ci sono momenti, anche banali che segnano la vita di un torneo. Nell’anno di Prandelli, se ricordate, fu una gara nella nebbia con la Fiorentina a cambiare il destino. La doppietta di Morfeo tenne a galla un Verona che altrimenti sarebbe sprofondato. Nell’anno di Malesani fu la gara con il Torino persa per il gol di Franco a marcare la debacle finale. Nel primo anno di Ficcadenti fu probabilmente quel pareggio di Catanzaro a non permettere all’Hellas di andare in serie A. Speriamo che la gara con il Legnano venga ricordata per la gara della rinascita gialloblù, tra qualche anno. E non solo come una marca di biciclette…

UN GALLI NEL POLLAIO

Sul fatto che è una brava persona non ci sono dubbi. Vi ho raccontato della sua amarezza la sera che ha chiuso il mercato con un nulla di fatto. Anche lui però ha fatto errori che potevano essere evitati. Innanzitutto, quando non era ancora direttore generale del Verona poteva evitare di parlare di un grande progetto di rilancio dell’Hellas, alimentando la sensazione che ormai l’era Arvedi fosse finita.

A me personalmente Giovannone Galli mi disse (il martedì) che il venerdì avrebbe stappato lo spumante per festeggiare (finalmente) l’ingresso di nuovi soci. Tranne poi chiudere frettolosamente l’argomento quando gli viene riproposto: Arvedi è l’unico proprietario, dice. Sarà vero, però è legittima anche la domanda e il dubbio, se permettete. Altro errore che vediamo diventare sempre più macroscopico: non aver perseguito con fermezza l’acquisto dell’attaccante. Perché c’è poco da fare: tutto ruota attorno a questo affare mancato, come del resto era successo l’anno scorso. Colpa mia, ha detto ieri Galli, che da una parte evidenzia un coraggio e un’onestà intellettuale che gli va riconosciuta, dall’altro non gratifica in nessun modo i tifosi gialloblù, vessati ormai da anni di promesse non mantenute.

E’ commovente, infine, l’appello di Galli: tutti sulla stessa barca e remiamo assieme. Si vede che Galli non ha vissuto la storia di questi ultimi anni. Il tifoso veronese è ben conscio di essere su questa barca (anche perchè essendo tifoso non può scendere dalla barca…) ed è proprio perchè è su questa barca che è abituato ad essere “tradito” e “abbandonato”. Insomma oggi tutti si chiedono che fine farebbe il Verona in C2 (tocchiamo ferro e non solo quello…), se Galli, Sarri e Cipollini sarebbero pronti a rimanere, se Arvedi, se…

E’ questa condizione di precariato che anima la piazza, che la rende irrequieta, che la rende pessimista. Galli e Sarri hanno sprecato (finora) sul campo l’occasione che avevano. Riportare un po’ d’entusiasmo. Ma il calciomercato (prima) e le sconfitte (poi) ci hanno fatto ripiombare nel tunnel della depressione. Comunque stia tranquillo Giovannone: siamo sulla stessa barca e remiamo tutti assieme. L’importante è che lui non tradisca questa piazza come hanno fatto altri. Eviti però di raccontare, se le cose, non saranno andate bene, che la “colpa” non è sua, che la situazione era disperata e che c’era poco da fare. Quello, dal momento in cui è venuto a Verona e ha accettato questa proprietà e questo compito, avrebbe solo il sapore dello scaricabarile…

LA FEDE CE L’ABBIAMO, E’ IL RESTO CHE MANCA

Forse mi ero illuso. Ho combattuto con la mia parte razionale, per nascondere la verità. Il Verona è un malato terminale ed ormai non c’è più nulla da fare. Credevo, pensavo, mi illudevo: Sarri, nove acquisti, Galli. Invece il disegno perverso di qualche mercante che ahinoi ha guidato l’Hellas in questi ultimi anni, si è probabilmente realizzato. Il Verona è laggiù, in fondo al baratro, sempre più giù, sempre più in fondo al baratro.

E nulla e nessuno sembra in grado di risvegliarlo da questo coma. Ci vorrebbe, forse la miglior equipe di ER, ma credo che anche loro, a questo punto, potrebbero fare qualcosa. Il trend negativo continua, gli errori anche, le illusioni pure. Come chiamare altrimenti quella marea gialloblù che anche domenica ha investito Venezia? Illusione pura, dettata da un amore senza confini, che più la mandi giù più viene su, come nella pubblicità del caffè.

Ma l’Hellas, questo Hellas, è solo fonte di amarezza. Gli errori si sono assommati ad errori, le gestioni alle gestioni, ed oggi solo un miracolo potrebbe far arrivare alla salvezza. Troppo pessimista? Non credo, forse solo realista. William Da Silva farebbe arrendere anche nostro Signore, che pure aveva detto a Lazzaro: alzati e cammina. E se insisitiamo su di lui è perchè non è arrivato nessuno in grado di fare meglio. Ci voleva un mezzo risultato, anche un po’ di c… per dirla alla Sarri, ma niente s’è visto di tutto questo. Ed ora resta solo lo sconforto per un campionato nato male, proseguito peggio e che sta chiudendosi in modo drammatico.

Chiunque arriva a Verona pare sia fagocitato dalla mediocrità, mentre appena uno se ne va pare rivitalizzato. Ma come, mi chiedevo oggi mentre conducevo Tuttocalcio: "Cossu titolare a Cagliari?". Si Cossu, quell’essere che pareva un’ectoplasma in riva all’Adige se n’è andato a Cagliari e gioca titolare in A. E gli altri? Tutti titolari, tutti con bei voti. Allora forse siamo noi, forse l’aria del Baldo non è più quella di un tempo, forse è una maledizione. Forse più semplicemente paghiamo errori e malafede e incapacità gestionale. Almeno che serva a questo tutto il calvario che stiamo patendo. A fare piazza pulita e a ripartire da zero. Almeno che non arrivi ‘sto miracolo. La fede ce l’abbiamo è il resto che manca…

ELOGIO DI DUE COLLEGHI

Cresciuti a pane, Fioravanti e Puliero. Valentino Fioravanti (papà di Luca) è stato (è) un grande cronista. Era all’Arena quando io iniziavo a fare questo mestiere. E per me, che allora scrivevo sul Gazzettino, avere anche una mezza notizia in più era come toccare il cielo con un dito.Valentino ci aveva affascinato durante a nostra adolescenza con la sua prosa "breriana", i suoi insuperabili soprannomi, le sue cronache sempre puntuali. Quando cominciai a fare questo mestiere, solo per il fatto di potermi confrontare con lui significava per me tantissimo. Ma batterlo per quanto riguarda il Verona era impossibile. Davvero. Valentino sapeva tutto, aveva mille informatori, conosceva ogni mattone del Bentegodi.Era come se vivesse dentro lo spogliatoio e dentro la società 24 ore al giorno.Ed infatti era così. Perchè Valentino applicava alla perfezione, quello che, purtroppo, oggi tanti giovani colleghi hanno dimenticato (tranne eccezioni, naturalmente). Valentino Fioravanti, non lavorava per telefono, era lì al campo. Sempre. Arrivava con la sua Golf cabrio, seguiva tutto l’allenamento, poi aspettava che i giocatori uscissero, scherzava con loro, strappava battute. Vi racconto questo piccolo aneddoto per farvi capire meglio. Un giorno (era il tempo di Caniggia e Troglio), in mezzo alla nebbia, ebbi la fortuna di incontrare Chiampan che usciva dalla Curva Maratona (gli spogliatoi erano stati spostati lì, mi pare per i lavori di Italia ’90).Eravamo soli io e Chiampan. In mezzo alla nebbia. E Chiampan mi fece una dichiarazione di una certa importanza. Felice come una Pasqua tornai in redazione, convinto che finalmente il giorno dopo avrei tirato un "buco" a Fioravanti.

Alla mattina mi alzai prestissimo per leggere l’Arena e vedere se Valentino aveva quello che io avevo scritto. Sapete come andò? Nella cronaca di quella giornata Valentino scrisse testuale: "Ieri Chiampan, parlando con un cronista, ha anche detto…". E c’era riportato esattamente quello che Chiampan mi disse il giorno prima. Ma come diavolo aveva fatto? Ripeto: eravamo io e Chiampan, da soli, in mezzo alla nebbia…Boh. Qualche anno dopo parlando con Claudio Calvetti, il braccio destro di Landri in quel Verona, ho saputo che Valentino andava persino a sentire se le auto parcheggiate sotto la sede avevano il motore caldo per capire se qualcuno si era mosso oppure no…

La prosa di Fioravanti mi ha accompagnato come le radiocronache di Roberto Puliero. Diciamoci la verità: lo scudetto avebbe avuto un sapore diverso senza Puliero. Anche lui meriterebbe di essere dentro la squadra dello scudetto, come dodicesimo. Puliero ha inventato uno stile, un modo di raccontare, ma Puliero ha soprattutto un altro merito: è la persona intellettualmente più indipendente che esiste al mondo.

Anche oggi che è stato "imbrigliato" dentro questo assurdo system della "radiocronaca ufficiale", Puliero ha mantenuto un’obiettività senza paragoni. Con lui non ne ho mai parlato. Ma non deve essere semplice essere sospettato di essere il "radiocronista ufficiale" della società. Infatti Roberto ha subito allontanato questo sospetto affrontando i temi alla sua maniera. Dimostrando coraggio e intelligenza. Spero che per questo atteggiamento nessuno mai si sogni di mettere in discussione Puliero. Scusate il paragone: sarebbe come mettere in discussione il papa durante l’Angelus in Vaticano.

LA PUNTA DAL DRIBBLING UBRIACANTE

 Patente ritirata, tasso alcolemico fuori norma, addirittura un ricorso al giudice di pace di Treviso per farsi ridare la licenza di guida sospesa. William Da Silva è di nuovo nel mirino di critica e tifosi. Ieri nelle interviste sembrava un giocatore pronto a dare tutto per il Verona, oggi esce questa notizia della patente ritirata per una notte “brava” a Treviso lo scorso novembre. Lo scandalo è servito. Un bomber (che bomber non è) che non fa vita morigerata e che continua a tradire. Ma mi rifiuto di iscrivermi al partito dei moralisti. Primo perchè sinceramente non m’interessa che cosa fa alla sera “bomber Da Silva”. Secondo perchè proprio a Verona abbiamo mitizzato personaggi come Zigoni ed Elkjaer che facevano della trasgressione e di un certo modo di vivere la vita il loro biglietto da visita. Il problema allora è un altro. Da Silva fa schifo in campo perchè va a farsi gli spritz a Treviso o farebbe schifo comunque? E se Da Silva oggi avesse segnato dieci gol, saremmo qui a scandalizzarci per una patente ritirata? Zigoni sfasciava Porsche a iosa, metteva in fila le conquiste femminili, sparava con la pistola ai lampioni di Veronello, si metteva la pelliccia quando andava in panchina e qualche volta segnava. Era (è) un mito. Il povero Da Silva, invece passerà alla storia solo per il suo dribbling “ubriacante”. Almeno che… da oggi in poi non s’inventi qualcosa (tipo fare tanti gol) che consegni al Verona la salvezza. A quel punto, lo spritz glielo pagheremo volentieri noi. O no, butei?