DOTTOR JECKYLL E MISTER TUDOR

Qual è quello vero? Quello che ha rivitalizzato il Verona, che gli ha dato idee, gioco, gol, che ha vinto gare con lo spogliatoio contagiato dal Covid, che ha battuto la Juventus, pareggiato a Napoli, fermato la Super Fiorentina di Italiano o quello che sbaglia formazione a Venezia, che fa i cambi in ritardo, che fa giocare Ilic a dispetto dei santi e dell’evidenza, che tiene Tameze, semplicemente il migliore del Verona in panchina e che cicca la gara più semplice con l’ultima in classifica? Qual è il vero Tudor, Jeckyll o il mister andato in panchina con la Salernitana?

Non è un giudizio definitivo e sicuramente il credito dell’allenatore croato che ha preso il posto dello sfortunato e perdente Di Francesco è enormemente più grande rispetto ai suoi (pochi) demeriti. Ma qualche critica va pur mossa dopo una tale scoppola, contro una Salernitana che così conciata avrebbe fatto fatica a salvarsi anche in serie B.

Certo la serata, il contesto, l’assurda decisione di giocare comunque in mezzo alle incertezze della pandemia e l’arbitro Dionisi sono fattori da tenere presente. Ma non possono in ogni caso rappresentare un alibi per giustificare la sconfitta del Bentegodi. Un Verona impacciato, lento e confuso ha perso contro una squadra che era arrivata a Verona con il solo obiettivo di contenere il passivo. Tudor ci ha messo del suo. Quel centrocampo con il baby Ilic e il vecchio Veloso continua a lasciarci terribilmente perplessi. Non abbiamo visto “dominio” del Verona, ma solo sterile possesso palla e buchi enormi ogni volta, per fortuna raramente, in cui la Salernitana ripartiva. Ora, lungi da noi ritenere Tameze un fenomeno, ma di certo è il migliore tra i centrocampisti dell’Hellas. Con lui in campo è più che evidente che abbiamo visto le migliori edizioni del Verona. E con lui vicino sia Veloso, sia l’acerbo Ilic ne beneficiano. Il tentativo di continuare a far giocare il serbo in coppia con Veloso è controproducente anche per lui e sta provocando una pericolosa svalutazione di un talento che va compreso e messo a fuoco.

Anche la gestione di Barak è abbastanza strana. Per quello che abbiamo visto con la Salernitana e nello spezzone di La Spezia, Barak resta uno di quelli che fanno la differenza. Non lo abbiamo visto né con il freno a mano tirato né condizionato dal problema alla schiena. Magari non avrà i novanta minuti, magari bisogna centellinarlo, ma sicuramente andava messo prima se non dall’inizio contro la Salernitana.

Poi ci sono i cambi. Personalmente ritengo che debbano essere sempre fatti con una logica e con tempismo. Esce un trequartista e ne entra un altro, esce un centrocampista e ne entra un altro. Questa idea del poli-giocatore non mi ha mai entusiasmato. Grosso che s’intestardiva con questa cavolate, metteva Dawidowicz a fare il play-maker e Faraoni a centrocampo. E abbiamo detto tutto. Tudor spesso cade in questo difetto che lo avvicina più a Pirlo, Grosso, Montella che a uno come Juric.

Insomma oggi mi chiedo chi sia veramente Tudor: quel meraviglioso allenatore che ha strabiliato per tante gare in questo torneo giocando un calcio cristallino vicino a quello di Juric e Gasperini o quello che ogni tanto si perde e perde gare come quella con la Salernitana?

PER UN D’AMICO IN PIÚ

Con Tony D’Amico ci sono state scintille in passato. Non lo reputavo pronto a essere il ds del Verona, erede di Fusco, inadatto al ruolo. Tony s’incazzò con me e con Telenuovo in una conferenza stampa diventata famosa. Pensava fossimo noi a far andar male le cose, se Grosso non ne imbroccava una. Semplicemente facevamo notare quello che era evidente a tutti. Grosso non c’entrava niente col Verona. Ci siamo trovati una volta in un’aula del tribunale per cercare di trovare un’intesa. Non avevo mai parlato con lui, non c’era modo di intenderci, ma quel giorno abbiamo allacciato un minimo di rapporto. Forse lui si accorse che non ero così stronzo come gli raccontavano le anime nere della sede e io mi accorsi che non era così scarso come pensavo. Anzi. Vidi una persona di carattere, risoluta, pronta a lottare per le sue idee e per il Verona.

Poi c’è stato un altro incontro: stavolta più disteso, ma in cui ci siamo detti in faccia tutto. Io quello che pensavo di lui e lui quello che pensavo di me. Da quel giorno con D’Amico non ho più avuto problemi. Come sempre faccio ho cercato di essere libero nel mio giudizio. Ne ho apprezzato la capacità di stare a fianco di Juric. Credo che Tony sia cresciuto moltissimo accanto all’allenatore croato, che lo ha fatto migliorare nella gestione e nella visione del calcio. Ma credo anche che Juric ne abbia assai beneficiato. Tanto da rimpiangerlo oggi.

Dopo l’addio traumatico di Juric c’era il rischio che il castello cadesse. E invece, proprio in quel momento, Tony D’Amico è uscito fuori dimostrando di essere oggi la trave portante del Verona. Ha sbagliato con Di Francesco, ma ha avuto intelligenza, capacità e, permettetemi, le palle, di cambiare assumendosi tutta la responsabilità. Lo ha fatto perché credeva veramente nel suo lavoro e nella squadra che aveva costruito. “E’ forte” mi disse quando esonerò Di Francesco, vincendo a fatica la mia diffidenza. Aveva ragione lui.   Se allenata in  un certo modo questa squadra è forte e Tony sapeva che con Tudor le cose sarebbero tornate al loro posto. Questo Verona è figlio suo, non c’è dubbio, ed è merito suo se l’addio di Juric non ha provocato ribaltoni. Cedendo Zaccagni e prendendo Caprari, penso abbia costruito il suo capolavoro. Non l’unico, peraltro. Oggi è l’uomo più importante del Verona, Setti che lo ha scelto e lo ha difeso, giustamente se lo può coccolare.

CALCIO MODERNO: SIAMO STATI SCONFITTI IN NOME DEL DENARO E DELLA MIOPIA DEI DIRIGENTI

Un giorno scopro che si sono venduti anche le conferenze stampa pre partita. Sì, avete capito bene cari lettori. Quelle interviste del pre-gara in cui sono ammesse “massimo due domande” le gestisce Infront. A Verona e in altri posti. In pratica si sono venduti un prodotto fatto con le domande dei giornalisti. Non so quanti colleghi lo sappiano e se ne sono informati l’Ordine e le associazioni di categoria. Ma è così. E’ una delle tante sconfitte di cui ormai mi sono abituato. Viviamo un tempo in cui scriviamo ogni settimana di una cosa che non vediamo e che non conosciamo. E’ giusto che anche voi lo sappiate.

Le formazioni pre gara sono una cialtronata, una specie di oroscopo senza neanche sapere come sono messi gli astri. Non vediamo gli allenamenti, non siamo informati sugli infortunati, i convocati arrivano a poche ore dalla partita. Scopriamo poco prima dell’inizio della gara se ci sono sorprese, novità. Con la mia redazione stiamo pensando di togliere questo toto-formazione perché francamente ci pare di prendervi in giro. Non è un problema del Verona è un trend generale che dura da tempo e che la pandemia ha solo peggiorato, dando almeno la giustificazione agli assurdi allenamenti a porte chiuse. I giornali si sono piegati a questo assurdo andazzo nel nome della pigrizia, del quieto vivere, del basso profilo.

Il problema non siamo noi giornalisti. Siete voi tifosi. Ormai relegati solo alla voce clienti, senza più un minimo di rapporto con la squadra, legati solo ai social dove abbondano cuoricini e frasi di circostanza, spesso banali citazioni da film tipo il Gladiatore. Oppure offese da ultras da tastiera, schermaglie tra bambinetti infoiati.

Le società sembrano ormai imprese editoriali con fotografi, giornalisti, media manager e paccottiglia del genere. Producono un’informazione aziendale, priva di massa critica, di obiettività. Che il pubblico ormai percepisce, tanto da snobbare le interviste plastificate e pilotate, le non domande, le frasi fatte avvertendo anche inconsapevolmente, il baco della disinformazione. Una banale domanda onesta in una conferenza stampa ormai fa lo stesso boato dell’esplosione avvenuta a Beirut.

Abbiamo perso, siamo stati sconfitti, su questo non c’è dubbio, perché nessuno ha più voglia di lottare. Ma anche loro, questi miopi dirigenti del calcio italiano, senza una strategia a lungo termine, senza visione, stanno perdendo. Non si tratta di tornare agli anni ’80 (quando al Bentegodi esaurito voleva dire avere 50 mila spettatori) ma avere un’idea di dove si vuole andare.

Il calcio italiano sta perdendo appeal, sta perdendo interesse, sta perdendo pubblico. E loro suonano l’orchestrina, felici di aver ceduto i diritti ad una piattaforma che prende in giro i propri clienti con servizi scadenti e complicazioni indecenti. Chiedono soldi allo stato per girarli a esosi procuratori che ormai comandano le società spesso da paradisi off-shore dove non pagano le tasse. Non si accorgono che l’iceberg si avvicina e li farà affondare.

UNA SQUADRA CHE RENDE ORGOGLIOSI

Si chiude il 2021, il Verona è stata una delle cose migliori che ci sia capitata. Da tre anni, ormai, questa squadra è un orgoglio. Lontanissimi i tempi in cui transitavano da queste parti giocatori mediocri che non onoravano la maglia. La bravura della società, che ha imboccato la strada giusta ingaggiando contro il comune sentire Ivan Juric, ha continuato a regalarci soddisfazioni anche quando l’allenatore croato se n’è andato. Un passaggio delicatissimo che non è stato indolore e che è transitato dall’errore di aver scelto Di Francesco, un bravo allenatore e un ragazzo d’oro, arrivato a Verona nel momento sbagliato.

Tony D’Amico, ormai lontano parente di quello che sceglieva Grosso, ha preso il coraggio a quattro mani, rendendosi conto dello sbaglio con grande anticipo e con la forza dell’umiltà si è addossato la pesante responsabilità di quella mossa. Poi è arrivato Tudor, un gigante burbero che ha in quattro e quattr’otto rimesso le cose apposto, Seguendo le preziosi indicazioni del ds, il nuovo allenatore ha raccolto risultati entusiasmanti che hanno infiammato i tifosi. Ad un certo momento il Verona sembrava potesse diventare una grande rivelazione del campionato, ma il calcio e il campionato di serie A, sono una livella e gli ultimi risultati hanno riportato tutti sulla terra.

L’obiettivo primario è raggiungere una salvezza tranquilla che possa regalare finalmente una stabilità in serie A. Non finiremo mai di ricordare quanto questa stabilità sia importante per il Verona. Non è un caso che una salvezza al terzo anno di fila non accada dagli anni di Bagnoli ed è questa salvezza che metterà, senza più ombra di dubbio, Maurizio Setti tra i migliori presidenti della storia del Verona.

Lo andiamo dicendo da tempo e lo dice uno che non ha mai lesinato critiche a Setti. Il presidente ha scontato scelte discutibili nel management che lo avevano fatto precipitare in un baratro. Abbiamo vissuto un paio di anni veramente brutti, i peggiori come disaffezione dell’era post scudetto. Ma una cosa Setti ha dimostrato in questa sua presidenza. Sa imparare dagli errori e si sa correggere. Con indiscutibile fiuto imprenditoriale, ha cacciato tutti gli incapaci, ha tenuto quelli bravi, ne ha chiamati altri di livello finalmente superiore. Tra queste sue ottime scelte ci sono in primis proprio Tony D’Amico, poi   Simona Gioè, la donna dei conti, Pantaleo Longo, esperto in Palazzi e regolamenti e il capo della comunicazione Andrea Anselmi.

Non è comunque finita e la salvezza va conquistata. Non la darei per scontata anche se molto probabile. La serie A, ce lo dimostra la nostra storia, può anche contenere delle brutte sorprese. Incappare in un filotto di gare negative e di sconfitte può accadere, bisogna sempre tenere le antenne diritte. Il ritorno sarà molto più duro dell’andata, si raccoglieranno fisiologicamente meno punti e pensare di avercela fatta può tramutarsi una trappola.

Il Verona va rafforzato e migliorato. Ci sono giocatori che non servono, altri che sono delle inutili suppellettili, altri che vanno valorizzati in maniera diversa. Non sarà solo un mercato su cui ricamare, ma un un mercato in cui sarà necessario fare due, tre mosse di sostanza per mettere in sicurezza la nave.

Il resto lo farà un gruppo meraviglioso che continua a regalarci soddisfazioni, anche quando perde, perché sempre dà in campo tutto.

Infine voglio augurare a tutti voi che continuate ormai da decenni ad animare questo blog e queste pagine con la vostra presenza, Buon Natale. Gialloblù, ovviamente.

GRAZIE IVAN: ADESSO ABBIAMO CAPITO CHE SEI UN UOMO VERO (E UN GRANDE ALLENATORE)

Ce l’abbiamo fatta. Dopo mesi di bordate, di incomprensioni, di litigi, di tensioni, Juric ci ha spiegato tutto. Ci ha spiazzato. Ha detto quello che forse sapevamo già ma che nessuno avrebbe mai ammesso con quella sincerità. Juric ha detto: è stata colpa mia. Ho esagerato. Mi sono comportato da stronzo. Quello che non ha detto, ma era ampiamente sotto inteso, era: mi sono pentito di essere andato via.

Juric sbaglia, è umano, così umano che poi ammette gli sbagli. Ha un caratteraccio terribile, ma è un romantico, un passionale, un uomo vero. Pensavamo fosse il solito mercenario passato di qua, lo abbiamo chiamato “traditore” perché ci siamo sentiti traditi e perché gli abbiamo voluto bene sinceramente. Ci ha lasciati troppo presto, prima di scrivere la storia del Verona. Una pagina che avrebbe potuto essere la più bella dopo Bagnoli. E non l’abbiamo perdonato quando se n’è andato in quel modo. Non capivamo. Io e tanti di voi. Sono felice di aver ritrovato il Generale che mi aveva affascinato, che mi aveva fatto tornare l’amore per il Verona, con cui era un piacere parlare di calcio nelle conferenze stampa, mai banale, mai scontato, sempre pronto a dare una risposta anche scomoda. Diverso dagli altri, così come lo avevo battezzato all’inizio.

E’ successa una cosa incredibile nello studio di Alè Verona ieri. Quando Juric diceva quelle cose, quando ammetteva di aver sbagliato con Setti e quando ha dolcemente detto “mi avete tanto”, ci siamo ritrovati tutti in un silenzio commosso. Le parole ci hanno toccato, siamo tornati bambini, quelli che credono alle favole e credono nei loro eroi. E’ stato bello, come riabbracciare un vecchio amico con cui avevi litigato e per un po’ non ti sei sentito. Ora le strade sono diverse, ma quel testone irascibile e spigoloso sarà sempre nel nostro cuore. Anche di chi non lo vorrà mai ammettere.

UNA SOLA DOMANDA PER JURIC: MA ALLORA PERCHE’ SE N’E’ ANDATO?

Verona è l’eden, il paradiso terrestre, il Nirvana. Noi in 20 mila suglia spalti, nella fredda Torino sono sei settemila. Setti? Un presidente “illuminato” di più, eccezionale. E D’Amico? Un fratello. Le dichiarazioni di Juric alla vigilia della gara con il Verona contengono una verità diversa, dunque, rispetto a quella che lo stesso tecnico ci ha raccontato per tanti mesi. O forse, è stata solamente un’altra “genialata” dell’intelligentissimo allenatore croato. Esaltare Verona, per sferzare Torino, Cairo, Vagnati, i granata. Altrimenti, la domanda sorge spontanea. Scusi mister, ma perchè allora se n’è andato? Provate voi a dare una risposta.

JURIC, CARISSIMO NEMICO… POTEVA FARE LA STORIA E’ DIVENTATO UN “TRADITORE”

Tony D’Amico sa perfettamente qual è la verità: Juric è stato l’uomo più importante del Verona negli ultimi anni. Proprio lui che aveva scelto Fabio Grosso come allenatore, non ha dubbi. E, forse proprio per quell’esperienza negativa, per lui l’arrivo di Juric ha sancito il cambio di passo, il salto di qualità, il triplo carpiato del Verona. Ruvido fino all’esagerazione Juric ha tracciato un solco profondo nella società di Setti.

Incontentabile, sempre in fermento, esagerato nel tenere tutti sulla corda, Juric ha “costretto” ogni angolo della sede ad alzare il livello, a marciare veloce, a migliorare. Logorante, senza dubbio. Ma decisivo nella crescita dell’Hellas. D’Amico ha grandi meriti in questa crescita.

E’ stato il cuscinetto perfetto tra l’irruenza dell’allenatore, le sue richieste e le esigenze della proprietà. Mica facile. Trovare un punto d’equilibrio in un contesto del genere deve aver fatto venire il mal di testa al malcapitato Tony che però ha lavorato sia per l’allenatore sia per la società.

Quando si parla di Juric bisogna scindere nettamente due piani: quello sportivo e quello comunicativo. Nel primo piano l’allenatore croato è un fuoriclasse. Nella valutazione dei giocatori, nell’imprimere una svolta dal punto di vista dell’intensità, nel creare un gruppo sano, nell’applicazione di metodologie rigorose che spostano avanti le lancette degli orologi. E poi c’è Juric che comunica. Senza filtri, direttamente, fantastico nel mondo plastificato del calcio moderno, ma purtroppo con effetti collaterali pesanti. Perchè poi un conto sono le parole e l’altro i fatti. Juric poteva essere anche compreso nei suoi sfoghi se questi fossero stati finalizzati ad essere un pungolo per Setti e per la società. Ma tutto è crollato quando se n’è andato frettolosamente, due giorni dopo la fine del campionato, senza una riflessione, come se avesse già deciso da tempo. Ed è quello che è accaduto, perché ora che emergono altri particolari del clamoroso divorzio, si sa che Juric ha parlato con Cairo addirittura  prima di Napoli e, dunque, quegli sfoghi altro non erano che tentativi di rompere con Setti, altrochè pungolo.

Ecco perchè Juric ora è diventato il grande nemico. Quello che stava per nascere tra lui e Verona era un amore enorme che l’allenatore ha buttato via senza romanticismo, senza sentimento e anche senza riconoscenza. Ci siamo sentiti “usati” e alla fine, lui che era in apparenza così diverso ha adoperato gli stessi metodi di tanti mercenari passati qui prima di lui. Difficile perdonarlo.

BATTERE IL VERONA E’ UN’IMPRESA: PAROLA DI GASPERINI

Le parole di Gasperini, maestro di calcio che parla di calcio restituiscono la dimensione del Verona. Chi riesce a battere la squadra veronese deve fare un’impresa. Così ha sinceramente giudicato la gara l’allenatore bergamasco. Ed è vero. Detto che il risultato più giusto era il pareggio, resta il fatto che il Verona ha fatto un altro primo tempo da cineteca, mettendo alle corde il blasonato avversario, cedendo in parte nella ripresa, sicuramente con episodi contrari che hanno rovinato la partita.

L’Atalanta alla fine si è difesa con le unghie e con i denti, come se fosse lei il piccolo Verona, temendo anche di essere raggiunta. La vittoria serve a Gasperini per continuare il sogno scudetto ma non toglie nulla al Verona che continua la sua marcia verso la salvezza nonostante la battuta d’arresto. Sappiamo benissimo pregi e difetti del Verona.

La rosa è forte ma va limata a gennaio. Ci sono ruoli da migliorare, altri da rafforzare e su alcuni giocatori va fatta un’analisi profonda. Mancano giocatori sulle fasce, la difesa è in emergenza, mentre Lasagna e Cancellieri vanno restituiti alla causa. Magnani ha svolto il suo egregio lavoro, rendendo ancora più strane e incomprensibili le scelte precedenti di Tudor, c’è da capire che giocatore è Hongla, grande delusione della prima parte della stagione.

Dare un giudizio definitivo sul camerunese al primo anno di serie A è eccessivo, ma teniamo presente che se ne andrà a giocare proprio in Camerum la coppa d’Africa dal 9 gennaio. D’Amico ha dimostrato in questo campionato la sua completa maturazione come ds prendendosi responsabilità e facendo scelte precise. Il suo lavoro è agevolato dai binari costruiti in precedenza, ma non si può assolutamente abbassare la guardia perchè il girone di ritorno sarà molto più duro e difficile dell’andata.

SONO MATTI QUESTI VERONESI

Ditemi voi come si fa a cercare la verità di una partita orribile, brutta, quasi oscena in cui il Venezia stava vincendo comodamente per 3-0 e poi esultare come delle bestie per un 4-3 da leggenda. Io credo che nel dna di ogni veronese ci sia questa dose di pazzia che arriva dai nostri nonni, dicono sia colpa della pellagra, causata da una dieta ricca di polenta e povera di vitamine, e che chiunque mette piede qui ne venga irrimediabilmente toccato.

C’è una dose di follia che lega Zigoni, Elkjaer, Simeone mentre Pazzini portava le stimmate addirittura nel nome, storpiato in “Pazzo”. Siamo matti da legare perché solo dei matti possono pensare di vincere una partita fuori casa, dopo che gli avversari sono andati addirittura sul 3-0.

Il meraviglioso “dio del pallone” che segue un po’ la nostra vita di amabili burloni ha probabilmente riservato per noi questo incredibile destino. La  mediocrità non ci appartiene, capaci di cadute senza rete e di imprese leggendarie.

O ci salviamo dalla C2 all’ultima giornata o vinciamo uno scudetto, o rimontiamo da 3-0 oppure non si vince fuori casa. Quella di oggi a Venezia resterà per sempre nella storia, un po’ come Italia-Germania o Udinese-Verona dell’84-’85.

Bisognerebbe trattare in questo blog anche di quello che non è andato, della formazione sbagliata schierata da Tudor, di una difesa improponibile, di Dawidowicz che è un generoso guerriero messo fuori ruolo, di un Magnani da libro Cuore. Ma vi dico la verità. Non me la sento. Sinceramente me ne importa anche poco dopo le emozioni che abbiamo vissuto. Del resto: se non son matti non li vogliamo… E Tudor deve essere un pazzo scatenato.

QUANDO UN PAREGGIO E’ UN PUNTO D’ORO

Nessun rimpianto. Non stavolta. Il punto con il Cagliari è un punto d’oro. Altre volte, altre gare, magari ci sarebbe stato qualcosa da dire e da recriminare (Salernitana, Genoa, Milan). Non stasera, non in questo momento. Prendiamolo ‘sto punticino e mettiamolo nella nostra classifica che ci porta esattamente a metà dei quaranta punti che ci serviranno per stare tranquilli. E’ vero, si poteva vincere.

Il Cholito ha perso un po’ di smalto tornando sul pianeta terra, Faraoni e Lazovic stanno rifiatando, Caprari ha diradato le scorribande. Eppure abbiamo avuto cinque occasioni nitide e Radunovic è stato il migliore in campo. Ma, gare così, si possono anche perdere. Ne abbiamo viste a decine. Giochi bene, non segni e alla fine basta un angolo per mandarti all’inferno. Insomma, arrivando dopo la sconfitta con la Sampdoria, non va poi malissimo aver irrobustito la nostra classifica. Si dirà: questo era il ciclo di partite che doveva svelare la forza del Verona. Ed è esattamente ciò che sta succedendo. Il Verona è una squadra costruita per una salvezza tranquilla, che si può prendere bellissime soddisfazioni ma che è comunque destinata a soffrire e che non potrà ambire all’Europa.

A guardare la formazione del Cagliari di stasera c’è da restare scioccati dalla loro classifica. Per questo dobbiamo godere ancora di più per i miracoli che si stanno facendo ormai da tre anni a Verona. In quanto miracoli, appunto, cose eccezionali, fuori dalla realtà. E’ bene tenerlo bene a mente quando emerge delusione dopo un risultato come quello di stasera.