Il Verona oggi è una macchina perfetta. Setti ha trovato la quadra dopo tanti errori costruendo un capolavoro. Ha rilanciato Juric e messo sul ponte del comando sportivo Tony D’Amico. Del ds ho già avuto modo di dire che mai come quest’anno ha inciso sulla stagione dell’Hellas. Questo Verona è figlio suo, della sua passione e della sua maturazione come uomo e come dirigente. D’Amico oggi è l’uomo a cui Setti non può rinunciare. Non serve dire che D’Amico ha attirato molte attenzioni per il lavoro fatto a Verona. Un lavoro logorante. Sempre sul filo risicatissimo di budget limitati, con la possibilità di errore vicina allo zero.
Non credo che D’Amico se ne andrà dal Verona se non altro per un debito di riconoscenza nei confronti di Setti che lo ha preso quando era nessuno facendogli pilotare la delicatissima macchina dell’Hellas Verona. Ma sarà necessario consolidare anche questo rapporto lavorativo cercando di offrire al ds margini di manovra più ampi, più investimenti, ancora maggiore autonomia.
È un altro passaggio delicato quello che attende il Verona nei prossimi mesi. Non da sottovalutare perché non si può ricominciare sempre tutto daccapo. È vero che gli imprenditori talvolta tendono volutamente a sottovalutare l’importanza di dipendenti chiave per non consegnare nelle loro mani un potere eccessivo a volte creando artificialmente dualismi che ne limitano il raggio d’azione. Sarebbe folle e controproducente farlo ora in questo meraviglioso Verona. Insomma: non rompete questo giocattolo. Ci stiamo divertendo troppo.
LE CERTEZZE CHE CI PORTIAMO A CASA DA EMPOLI
Vorrei evitare la retorica e far parlare solo i fatti. I fatti dicono che questo Verona si è salvato a febbraio e con tutti i suoi limiti continua a onorare il campionato. Dare per scontato questo dato significa ridimensionare il capolavoro che società, allenatore, giocatori hanno fatto fino ad oggi. L’Europa, ad un certo punto, era un sogno perseguibile. Senza il secondo tempo dell’Olimpico, probabilmente, saremmo ancora qui a sperarci. Ma anche quest’anno come l’anno scorso con Juric e l’anno prima, il Verona è stato commovente. Anche a Empoli. Soprattutto a Empoli.
Mancavano una marea di titolari e francamente era difficile puntare un euro sui gialloblù. Alla fine usciamo a testa altissima, anzi con una valigia piena di rimpianti per il doppio rigore sbagliato dal Cholito, perché vincere era davvero possibile. Abbiamo anche delle certezze in più che. speriamo, siano tali anche per Tudor.
La prima: Cancellieri è un grandissimo talento del calcio italiano e come tale va trattato. Dopo quello che abbiamo visto a Empoli non ci sono più nè se nè ma. Il ragazzo romano deve trovare adeguato spazio in questo Verona e va valorizzato come patrimonio della società. Ovviamente va anche fatto maturare, ma sinceramente ormai abbiamo più di un indizio che ci dice che Cancellieri diventerà un giocatore di straordinaria levatura e che non può essere trattato come tappabuchi.
La seconda: oggi Hongla ci ha dimostrato che quello che dicono a casa sua, in Camerun, è vero. E’ un buon giocatore, forse anche ottimo che ha incontrato troppe difficoltà nell’adattarsi al calcio italiano. Il passato ci ha insegnato che non si deve mai buttare via il bambino con l’acqua sporca e che un giocatore merita sempre una seconda chance. La favola di Nicola Ferrari, che ogni tanto tiriamo in ballo, è un insegnamento che va ricordato ogni volta che si esprime un giudizio troppo severo nei confronti di uno dei nostri giocatori. Vale per Hongla, vale per Montipò, valeva per Nicola Ferrari, diventato poi l’eroe della promozione in serie B.
La terza: il vivaio continua a sfornare materiale eccelso. Coppola, al netto dell’errore sul gol è un ottimo giocatore, Terraciano è entrato con grande personalità, Casale ormai lo consideriamo un veterano. La miniera, insomma, continua ad estrarre oro che poi servirà ad alimentare il futuro della società. E’ un segno di grande continuità che la società ha dato e che trova poi sbocco nella prima squadra che continua a raccogliere risultati eccezionali. E Il bello è che non è ancora finita.
I LIMITI DEL VERONA
Siamo andati oltre ogni limite e il fatto di essere a 41 punti è lì a testimoniarlo. Ma per altre imprese, tipo Europa, non siamo attrezzati. Non è una resa, ma una presa (d’atto). Il Verona è andato oltre ogni più meravigliosa aspettativa, ha compiuto miracoli a ripetizione, è stata una squadra bellissima per tante partite e ci ha tanto divertito. Davanti ha tre satanassi che potrebbero giocare in qualsiasi squadra di buon livello in Europa, ma a livello generale e parlo come organico, la rosa ha evidenti limiti, almeno per poter ambire a raggiungere traguardi di alto livello come appunto un piazzamento europeo. Non appena c’è qualche problema fisico o di organico, il Verona si perde, non tutti purtroppo hanno la stessa qualità, la rosa è risicata.
Gennaio s’è portato via giocatori che potevano essere utili è evidente che la classifica così tonica ha permesso di sfrondare ingaggi onerosi e di limitare gli acquisti. A sinistra c’è un buco perpetuo che s’è voluto tappare con un jolly come Depaoli ma non appena è mancato Lazovic s’è visto cos’è successo. Frabotta è purtroppo un fantasma da inizio anno, Hongla uno di quelli che non ha ancora convinto. Lo stesso Faraoni sembra insostituibile, mentre in difesa è stato lasciato andare Magnani che è stato sostituito con Coppola.
Se guardate alle squadre che dovrebbero ipoteticamente essere le avversarie dell’Hellas in questa corsa europea e andate a spulciare le loro panchine capirete che razza di divario esista. Insomma in quel senso il gap è notevole, serviranno anni e investimenti per colmarlo. Eppure… Eppure nonostante tutto il Verona, non certo il miglior Verona della stagione per le motivazioni qui sopra esposte, all’81’ era ancora in partita, la rete di Faraoni aveva scosso il Napoli, l’inerzia era tutta dalla parte gialloblù.
Allora ci ha pensato con quella chirurgica bravura che conosciamo negli arbitri italiani, da Farina a Massa a Mazzoleni, Doveri a spegnere la spinta dell’Hellas. L’espulsione di Ceccherini, interpretazione didascalica del regolamento, ha privato il Verona di una pedina nel suo miglior momento rovinando l’assalto finale. Decisione non presa su identica situazione ma capitata al Napoli una quindicina di minuti prima. La corsa probabilmente finisce qui, ma altri traguardi sono ancora alla portata dell’Hellas di Tudor. I 54 punti del Verona di Mandorlini, il nono posto, i record ancora da ritoccare. Non è finita insomma. O almeno si spera.
PS. Non è goliardia. Non è ironia. Non è niente. E’ solo merda. E se volete ci dissociamo dalla merda. Ma mi sembra ovvio.
NON SPARATE SU LASAGNA
Lo so, lo so… Quando lo vedi giocare e sbagliare gol come quello di domenica ti viene voglia di prenderlo a calci nel sedere. Domenica volevo abbandonare lo studio quando ha mancato il colpo del ko a Firenze… E se è vero che un giocatore non lo giudichi da un calcio di rigore, è vero che un attaccante lo giudichi soprattutto dai gol che fa. Non c’è dubbio che Kevin Lasagna in questo senso sia un’enorme delusione o se volete un investimento sbagliato. Lo volle Juric che sperava di tramutarlo in altra cosa. Di farlo giocare cioè anche spalle alla porta, un po’ più con la squadra, di evolverlo al di là dello scatto bruciante. Scommessa persa, forse già abbandonata dallo stesso Juric dopo pochi mesi. Lasagna è quel giocatore lì, rapidissimo nel ribaltare il fronte, contropiedista perfetto, un’iraddidio quando parte, un demonio imbrocchito davanti alla porta. Tudor, che ha fatto miracoli là davanti con il trio delle meraviglie, non è riuscito a costruire un capolavoro anche con Lasagna. Però, c’è un però… Lasagna non sarà Luca Toni, né Simeone, ma sicuramente non è nemmeno quel brocco clamoroso che viene descritto. Se andiamo a rivedere con calma e senza l’ansia agonistica del momento la gara con la Fiorentina, vedremo che in realtà Lasagna ha giocato una partita ottima, entrando in tutte le azioni importanti, causando il rigore che ha permesso a Caprari di andare in doppia cifra. Avesse pure segnato, e non c’è dubbio che doveva farlo, sarebbe stato il migliore in campo. C’è una bella differenza, comunque ad avere lui in panchina rispetto ad altre figurine passata da qua in precedenza ed è una testimonianza tangibile anche della progressione che ha fatto il Verona in questi ultimi tre anni. Credo che Lasagna non sia il giocatore giusto per questo Verona e che bisognerà cercarne un altro con caratteristiche diverse che sia veramente il vice Simeone (sempre che Simeone rimanga qui). Ma penso pure che Kevin non sia da buttare nel cestino come carta straccia, svalutandolo per partito preso.
IL VERONA CHE VERRA’
Comunque andrà sarà un successo. In qualsiasi modo finisse questa stagione, il Verona ha raggiunto un risultato storico. Salvarsi per il terzo anno di fila in serie A rappresenta un crocevia della storia della società scaligera, che mai negli ultimi trent’anni è riuscita a stabilizzarsi nella massima serie. Non solo il Verona ce l’ha fatta ma nelle ultime tre stagioni ha divertito moltissimo coniugando al contempo straordinari risultati economici.
Eppure quello che si affaccerà sarà un campionato durissimo, forse ancora di più rispetto a questi ultimi tre. Certo, il Verona partirà in vantaggio. Non certo come la squadra “disperata” data a Juric dopo il ritorno in serie A, ma le insidie e i pericoli non mancheranno.
Come abbiamo scritto la scorsa settimana il rinnovo di Tudor è scontato. Il contratto del tecnico croato prevede un rinnovo automatico alla salvezza matematica, quindi basterà aspettare questa condizione per vedere realizzato il Tudor-bis. La storia ci insegna che i contratti non sempre hanno valore, conta più la volontà delle parti, ma i pare che Tudor e la società vadano d’amore e d’accordo e basterà un ritocco all’ingaggio per farlo restare in gialloblù.
Partendo da questo presupposto, lo schema di Setti non cambierà: monte ingaggi calmierato, cessioni eccellenti, acquisti oculati. Facile prevedere che tre giocatori, almeno, partiranno: Barak, Casale e Tameze. Simeone sarà riscattato, ma resterà se non dovessero arrivare offertone da mal di testa (oltre i 30). Dipenderà molto dalle condizioni e dalle valutazioni con cui saranno ceduti i tre gioielli. Diciamo che è ipotizzabile una cifra vicina ai 40, 45 milioni di euro (25 Barak, 10 Casale, 10 Tameze), soldi che serviranno poi per trovare sostituti all’altezza. Lavoro durissimo che toccherà a Tony D’Amico, abituato a fare le nozze con i fichi secchi. I rischi di un lavoro simile sono dietro l’angolo: ti può riuscire un colpaccio alla Amrabat, puoi sbagliare qualche valutazione come con Hongla. E’ uno dei rischi del Verona che deve sempre spingere le proprie scommesse al massimo per vivere.
La stagione sarà particolarmente complicata per la compressione del calendario causa mondiali in Qatar (dal 21 novembre al 18 dicembre). Il Verona si ritroverà in ritiro ai primi di luglio, sarà in campo prestissimo per la coppa Italia, il campionato inizierà a metà agosto. Difficile che Tudor abbia la squadra al completo prima di settembre. Il Verona sarà insomma un cantiere aperto per tutta l’estate.
Tudor dovrà essere bravissimo a lavorare in queste condizioni e a tenere la squadra motivata. Resteranno con lui i senatori Veloso, Lazovic, Faraoni. Ci saranno Caprari, Montipò, Simeone, forse Gunter e Ceccherini. Resteranno Praszelik e Retsos, tornerà Magnani che forse verrà girato altrove. Partisse Lasagna, arriverà una giovane punta che sia l’alter ego di Simeone. Bisognerà cercare un nuovo Tameze, un nuovo Barak, mentre in difesa verrà lanciato Coppola. Tanto lavoro e molte facce nuove. Molto dipenderà anche da Setti e dalla sua volontà di “alzare” l’asticella. Se il 70 per cento di quei 45 milioni venissero reinvestiti sul mercato non c’è da disperarsi.
ECCO PERCHE’ SETTI FARA’ SEMPRE MEGLIO DI UN VERONESE
La chiave di lettura me l’ha data durante Supermercato Stefano Magrini, imprenditore veronese che per anni ha sorretto il volley a Verona assieme ad altri soci. Magrini ha spiegato in poche parole perché Maurizio Setti farà sempre meglio di un veronese alla guida del Verona: “Setti non è tifoso del Verona. E questa è la chiave. Quello che apparentemente un difetto” ha detto Magrini “è in realtà il suo miglior pregio. Il fatto di non farsi coinvolgere nelle vicende del Verona in maniera pesante gli consente di avere una visione della realtà distaccata e quindi di prendere decisioni che non sono di “pancia” ma sempre aziendali. Inoltre non si lega agli uomini. Non ha debiti di riconoscenza nei confronti di nessuno che lavora con lui, non c’è affetto, ma solo un rapporto di lavoro. Credetemi, io l’ho vissuto nel mio piccolo sulla mia pelle. Il volley mi aveva così assorbito che non vivevo più. Volevo sempre migliorare e sono finito in una spirale che mi impediva di vedere le cose in maniera aziendale. E così ho fatto tanti errori che poi ho pagato caro”.
Qualche settimana fa raccontavo di un Verona “distaccato” dalla città e dai tifosi, se vogliamo una delle cose che mancano a Setti per essere “perfetto”. Magrini però mi ha dato una chiave di lettura diversa. Quella freddezza è figlia di un presidente che non si vuole “scottare” e che fa di tutto per non diventare tifoso per non rischiare di perdere la testa. Mi chiedo se non sia possibile una via di mezzo, cioè un Verona più vicino alla gente e un Setti meno “freddo”. Ma forse è proprio come la storia di Icaro: se ti avvicini troppo al sole (della passione) si scioglie la cera delle ali e tu cadi impietosamente.
AVETE FATTO LA STORIA. ORA POTETE DIVENTARE UNA LEGGENDA
Nella storia questo Verona ci è già entrato. Negli ultimi 30 anni nessun Hellas era mai riuscito a salvarsi per tre anni di fila in serie A e questo traguardo rappresenta una svolta epocale, molto più grande di quanto possa sembrare. Un giorno, dopo il ritorno miracoloso in serie A del Verona di Aglietti, scrissi che Setti si sarebbe meritato l’applauso e l’ammirazione dopo aver consolidato la società in A, senza lucrare sui paracaduti, con una vera crescita. Tre anni dopo è giusto tributare al presidente questo applauso che lui sa non provenire da un ruffiano ma da chi non gli ha mai risparmiato nessuna critica in passato.
Setti è stato bravissimo negli ultimi tre anni, coniugando risultati sportivi e risultati economici. Ha costruito una macchina perfetta dopo aver voluto Juric come allenatore, l’uomo che ha girato il destino dell’Hellas, trovando però terreno fertile in una società in cui ha potuto lavorare benissimo e in profondità.
Al fianco di Juric è cresciuto e maturato Tony D’Amico, un ragazzo intelligente che ha imparato in fretta dai propri errori e che nell’ultimo Verona, il più bello della gestione Setti, ha avuto un ruolo fondamentale. Uscito dal mantello protettivo di Ivan Juric, D’Amico ha assunto i panni del condottiero silenzioso, non mollando mai di un centimetro nello spogliatoio, uomo di riferimento assoluto del presidente. D’Amico ha costruito questo Verona in tre mosse dal mio punto di vista eccezionali. 1) Ha ceduto il gioiello Zaccagni e preso il gioiello Caprari. 2) Ha corretto con senso della realtà e grande senso di responsabilità l’errore di aver scelto Di Francesco, prendendo al suo posto Tudor. 3) Ha preso dal Cagliari un giocatore perfetto per il Verona come Simeone. Questo campionato porta la firma di D’Amico, senza dubbio.
Fatta la storia, ora però il Verona ha l’occasione di diventare una leggenda. E’ il momento di provare a ottenere qualcosa che intere generazioni di tifosi veronesi non hanno mai visto: l’Europa. Mai come oggi, come quest’anno il Verona ha questa incredibile possibilità. Ottenuta la salvezza, con animo spensierato e leggero, consci che comunque vada sarà un successo, questi ragazzi e quell’omone che li guida dalla panchina con finta freddezza e distacco, possono provare ad accendere il nostro sogno più grande. Provateci seriamente, ragazzi: per non avere rimpianti e perché una città intera non aspetta altro.
LA FIERA DELLE OCCASIONI MANCATE
Detto che: 1) la salvezza è ormai sicura. 2) Questa squadra è la più forte mai costruita da Setti. 3) Giocare per il quarto anno consecutivo in serie A è una tappa storica… Detto tutto questo il campionato del Verona rischia di diventare una grande fiera delle occasioni sprecate.
Troppi punti buttati al vento, troppe rimonte subite, troppi gol fotocopia, troppi errori dalla panchina. Roma non è stata l’unica gara finita con un giramento di palle (eoliche), pareggio giunto dopo dominio incontrastato dei gialloblù. Ora ovviamente se guardiamo al bicchiere mezzo pieno, c’è da mettere una firma per un punto all’Olimpico contro la Roma. Ma non dopo una partita così, non dopo una prestazione del genere, non dopo essere andati in vantaggio per 2-0. Così fa male e fa ancora più male pensare ai punti buttati al vento da questa squadra. Vogliamo fare due conti della serva? Lasciamo stare le tre giornate iniziali, in cui comunque qualcosa si è lasciato per strada. Pensiamo ai punti buttati con la Salernitana, al pareggio col Genoa, alla sconfitta con il Milan, a quella con l’Atalanta. Mettete all’attuale classifica 7/8 punti in più e guardate cosa salterebbe fuori.
Certi treni, certi campionati, certi spogliatoi non sono così semplici da creare, non ripassano due volte. Lo dica Tudor al fratello Igor, quello che fa i cambi a metà gara sconvolgendo inutilmente un equilibrio perfetto. Tudor è quello bravissimo che prepara da dio le partite, che non sbaglia una mossa, che ha disegnato un attacco stellare, che tiene in mano lo spogliatoio e il gruppo e che ha addirittura migliorato il lavoro di Juric. Igor è quello che scombina tutto e che si diverte a farci incazzare. Peccato che ogni tanto il primo resta nello spogliatoio e arriva l’altro a rovinare i nostri sogni.
COSA MANCA AL VERONA PER ESSERE MAGNIFICO
Stiamo vivendo anni meravigliosi calcisticamente parlando. Eppure ci manca qualcosa. Terribilmente. A noi che abbiamo vissuto epoche dorate, quando la squadra era dentro la città, quando si potevano toccare con mano i campioni, quando ci facevamo firmare le bandiere e le sciarpe. E’ l’ultimo step, ma il più importante, quello che ancora manca a Setti e forse mancherà per sempre a questa società. Il Verona è una cosa altra, avulsa da noi, non ci appartiene se non alla domenica per poco tempo, troppo poco per farci infiammare l’anima per farlo sentire interamente nostro.
L’Hellas si allena a Peschiera, ormai in un bunker chiuso, fuori dal mondo, fuori da tutto. Allenamenti blindatissimi ora per il Covid, prima per trattenere i segreti di schemi astrusi che alla domenica in campo si rivelavano porcate assolute. La pandemia è un alibi che va bene a tutti, mettiamocela via. Non rivedremo mai più le porte aperte di un allenamento, neanche quando finirà questo tormento.
Le interviste, tranne quelle pre-confezionate per i media che intrattengono rapporti commerciali con la società non esistono più. Esiste una comunicazione social che più volte ho definito fine a se stessa. il Verona si promuove come se fosse un’auto da vendere, come un tortellino, come un vestito. Il tifoso viene tenuto distante, costretto a essere un cliente, un fruitore di un prodotto, costretto persino a digerire in silenzio l’abominio di un’orribile maglietta verde bianca. I giocatori passano da qui e se ne vanno senza lasciare niente. Kalinic, un campione, è andato via dopo uno scarno comunicato alla fine di una partita a mercato chiuso.
Sembra quasi che Setti non voglia portare il Verona dentro la città temendo che faccia la fine di Icaro quando si è avvicinato troppo al sole. Esiste un negozio, a due passi dall’Arena, ma è da tempo immemorabile che non ci va nessuno, sia Tudor o sia Simeone solo a ricordarci che il negozio è ancora aperto.
In sede le facce veronesi le contiamo sulla punta delle dita e nessuno occupa posti di responsabilità. Scrivo ciò proprio stasera dopo un 4-0 in cui fortuna e audacia si sono date una mano, perché sarebbe facilissimo fare come quei lacchè che da tempo credono di essere la voce della società solo perché scodinzolano quando il padrone gli mostra la pallina da riportare e dire sempre che tutto va bene anche quando dal cielo non piove proprio acqua pura. Gli stessi che peraltro affermavano certi qualche settimana fa che Kalinic non se ne sarebbe mai andato da qui.
Ma chi ama il Verona non è chi lascia scie di saliva dove cammina Setti. Ma chi fa notare gli errori e cerca di correggere la visione e la rotta. Che oggi, da questo punto di vista è miope e sbagliata. Il Verona, il nostro bellissimo Hellas, va riportato dentro la città, dentro le nostre mura. Prima che sia troppo tardi.
QUANTI BRUTTI PENSIERI… CON L’UDINESE BISOGNA SCACCIARLI VIA SUBITO
Primo brutto pensiero. A 33 punti non s’è vista la fame, la rabbia, la cattiveria che rendono speciale una squadra normale. Secondo brutto pensiero: gli infortuni di Caprari e Faraoni, comunicati solo all’ultimo secondo. Terzo brutto pensiero: Casale e Barak strombazzati uomini mercato che fanno flop. Quarto brutto pensiero: l’impiego di Lasagna titolare che fa scoppiare il caso Kalinic che lascia la squadra dopo la partita (mai visto sulla faccia della terra).
Ci sta perdere con la Juventus. Non è la prima volta, non sarà l’ultima. E il Verona non è stato disastroso, solo “normale”. Ma la serata ci ha lasciato quel sapore lì, come di qualcosa andato a male. Saranno state le orribili magliette verdi bianche su pantaloncino nero (diciamo basta con forza a questo scempio), sarà stata la nebbiolina o sapere di affrontare la Juve senza i tuoi uomini migliori, ma la sconfitta ha preso il gusto del latte dimenticato in frigo per un mese.
Non sarà che ora, a salvezza quasi acquisita, ci dovremo sorbire un Verona senza obiettivi che vivacchia in attesa di maggio e del prossimo mercato con giocatori che si preservano e altri con la valigia in mano? Dio ce ne scampi per favore. Noi abbiamo fiducia che non sia così perché in realtà c’è ancora tanto in ballo: il piazzamento in classifica che vuole dire soldi in più e più banalmente la valorizzazione dei giocatori migliori (Barak e Casale se giocassero da qui alla fine come ieri sera farebbero la fine di qualche criptovaluta farlocca). Già con l’Udinese capiremo se i cattivi pensieri e il gusto acido che ci ha lasciato questa gara, hanno un senso.