E ADESSO COSA SUCCEDE?

La verità unica e inconfutabile è che il Verona ha un fuoriclasse che siede in panchina. E’ solo attraverso il suo straordinario lavoro che il precedente Verona-Benevento appare come l’era del giurassico.

In mezzo sono passati Fusco, Pecchia, Grosso, Aglietti, e anche nani, ballerine e qualche pagliaccio. Juric ha cambiato il Verona c’è poco da fare. Ha cambiato anche Setti che ora non è più il buffone degli adesivi ma è un presidente destinato a fare la storia del Verona. Setti  ha capacità imprenditoriale, ha culo (che come diceva Napoleone è importante in battaglia) e impara in fretta. Ha imparato a far di conto, ma ancora di più a trattare con le persone. Il Verona è la sua gallina dalle uova d’oro, ma nessuno mai si sognerà di fargliene una colpa se manterrà questo livello sportivo. Setti è pure furbo e non guasta. Juric ha sparato a palle incatenate e lui ha mandato giù, ricacciando i rigurgiti di spocchia carpigiana, pensando solo al bene del Verona. Bravo. Dico davvero. Setti stavolta è stato veramente bravo e finalmente pare consigliato anche molto bene dalle persone che ora gli stanno intorno. Speriamo non gli venga mai la fregola di cambiare questo stato di cose.

Ha salvaguardato l’investimento ed ora ne raccoglie giustamente i frutti. Juric, da parte sua, ha capito che continuare a mandare bordate contro il padrone che gli firma ogni mese l’assegno dello stipendio alla lunga stufa ed è controproducente anche per lui e la sua immagine. In mezzo c’è poi quel sant’uomo di Tony D’Amico che deve aver passato delle notti in bianco nel tentativo di far fare pace ai due e riportare la serenità in società. Bravo anche lui.

Il risultato è questo straordinario Verona. Ora che la salvezza è acquisita ci si chiede cosa si farà domani. Si va in Europa? Il fuoriclasse della panchina ha detto che ci proverà. E se lo dice lui c’è da credergli.

NON E’ MAI NORMALE

Siccome si fa presto ad abituarsi al caviale e allo champagne vorrei ricordare che pareggiare con la Juventus è SEMPRE un’impresa. Non è polemica. E’ solo ribadire che il Verona sta facendo qualcosa di eccezionale, lo ha fatto l’anno scorso, lo sta ripetendo quest’anno.

Certo, si poteva vincere, ma si poteva sicuramente anche perdere. E vedere il Verona che dopo il gol del pareggio stritola la Juventus nella propria area, la soffoca, la mette alle corde, è stato comunque un grande spettacolo. Dice Juric che questa squadra è al trenta per cento e che lui ancora non sa quanto possa migliorare.

In effetti se guardiamo al rendimento di molti singoli si capisce che il margine di manovra è notevole. Dipenderà da loro, il salto di qualità. Per esempio da Lasagna che deve imparare a giocare nel coro e non solo a lanciarsi nelle praterie, da Sturaro ancora indietro di condizione per i ritmi richiesti dalle parti di Spalato, da Lovato che ogni tanto stacca la spina, da Vieira che non abbiamo praticamente mai visto, da Benassi che era un titolare fisso nelle nostre formazioni estive e che invece è scomparso, da Kalinic che ancora non ci ha fatto assaggiare nemmeno un pezzetto della sua classe. E anche da Bessa che è tornato con l’umiltà di chi vuole riprendersi un posto sul palco.

Se tutti loro saliranno di livello e verranno migliorati dalle mani miracolose del generale Ivan, ne vedremo delle belle. Intanto godiamoci. Abbiamo messo (tanta) paura anche quest’anno alla Vecchia Signora.

BENVENUTI A POLLOLANDIA

A raccontarlo c’è il rischio che non ti credano. Pareggiare una gara (stra) dominata come ha fatto il Verona a Genova è davvero incredibile. Purtroppo questo è il limite di una squadra immensa che raccoglie sempre troppo poco rispetto a quanto semina. Il problema è proprio lì. Perchè il Verona di Juric con il Genoa non è che se l’è giocata alla pari o che è stata di poco superiore. Ha proprio annientato l’avversario, lo ha schiaffeggiato, lo ha preso a pallate. E parlare di un 2-2 alla fine di questa partita ha il sapore di una sconfitta. Sappiamo che non è così e sappiamo pure che il calcio quello che toglie poi te lo rende. Resta il fatto che il Genoa alla fine festeggiava come se avesse vinto la Champion League e i nostri erano a testa bassa come se fossimo retrocessi all’ultima giornata. Il fatto è che certi gol li devi segnare e certi altri non li dvei prendere. E ancora: non devi specchiarti ma essere cattivo e fare male. E’ un salto di qualità che vale anche per il futuro e per quella crescita che si vede chiaramente essere a portata di mano. Il Verona è una splendida realtà, raccoglie consensi e complimenti ma non basta. Stasera potevamo essere Fantasilandia invece siamo solo Pollolandia.

LA MERITOCRAZIA DI JURIC

C’è un’immagine che ho colto alla fine di Verona-Parma. Juric  parlava con Çetin prima spiegandogli qualcosa sulla partita e poi abbracciandolo teneramente con un mezzo sorriso.

E’ un’immagine che dice moltissimo sul rapporto che il generale Ivan ha con la sua squadra e con i suoi ragazzi. Çetin era un difensore che pareva finito ai margini, uno che pareva fuori dai piani dell’allenatore, in buona sostanza una grande delusione.

Invece, a sorpresa, Juric lo ha messo in campo con il Parma dimostrando di essere così libero da ogni pregiudizio. Non ho mai avuto la sensazione in questi mesi che Juric facesse le sue scelte in base a antipatie o simpatie, come purtroppo ho spesso visto in allenatori del passato. Juric decide solo in base a ciò che vede sul campo e in allenamento.

Come tutte le scelte possiamo discuterle, lo stesso Juric, molto severo nei suoi confronti, a volte ammette di averle sbagliate (si veda ad esempio le dichiarazioni dopo la sconfitta di Udine), ma di certo sono scelte fatte liberamente cercando di far valere il merito soprattutto.

Questo spirito è ciò che ha fatto la differenza in questi 18 mesi di lavoro di Juric. E’ ciò che ha permesso al Verona di raggiungere quota 33 in classifica a metà febbraio di un campionato che aveva tutte le caratteristiche per diventare una durissima via crucis.

La rettitudine morale di Juric è una premessa che va di pari passo con la sua bravura in campo. E’ ciò che ha reso possibile le trasformazioni di giocatori che parevano persi per la causa come Empereur o ancor di più Dawidowicz e che ha permesso straordinarie valorizzazioni sul mercato.

Un lavoro che è appena iniziato e che potrà proseguire con molti altri. I nomi? Facile: Tameze che nessuno conosceva, Barak che nessun ha mai visto a questi livelli, Bessa che è un patrimonio della società da recuperare e rilanciare e ora anche Lasagna che potrebbe diventare devastante alla faccia di chi a Udine lo ha ridicolizzato in questi mesi.

EQUILIBRIO DA RITROVARE

L’equilibrio è uno stato momentaneo. Non sarebbe tale se fosse un’altra cosa. Quando sei in equilibrio ti pare che niente possa interrompere quello stato. Ma in realtà, soprattutto nel calcio, l’equilibrio è sempre un attimo fugace. Basta pochissimo per interromperlo. Una gara persa, persino un gol sbagliato. A volte l’equilibrio si interrompe anche per un evento positivo. Penso all’ultimo mercato del Verona. Tutti noi abbiamo accolto con favore l’arrivo di Lasagna e quello di Sturaro e il ritorno di Bessa. Tre eventi che potevano dare il “boost” al campionato del Verona, alterando in positivo l’equilibrio e facendone trovare un altro a un livello però superiore. Non è successo. Proprio in questo momento così idilliaco, il Verona ha perso due gare. La squadra ha smarrito quell’equilibrio che Juric stesso ha sempre definito sottilissimo. Ma sbaglia chi pensa a un Verona che si sia smarrito. In realtà è un Verona che sta meglio rispetto a due mesi fa e che cercando di costruire qualcosa di più solido. Non è un dramma perdere a Udine, non è un dramma perdere a Roma. Soprattutto quando si hanno 30 punti e puoi permettertelo. Sono convinto che tra un mese, con il lavoro di Juric torneremo a vederne delle belle. Juric, dopo aver cavato il sangue dalla rape e fatto le nozze con i fichi secchi, ora deve cucinare qualcosa con degli ingredienti più ricchi. Anche per lui c’è il bisogno di ritrovare un equilibrio. E vedrete che quello che oggi è stato solo un azzardo, diventerà un buonissimo dessert. Buon equilibrio a tutti!

SEGNALI DI STRAORDINARIA NORMALITA’

Erano anni che non si vedeva un mercato di questo tenore. Abituati alle vacche magre e a vivere l’ultimo giorno di mercato con la stessa apprensione degli alleati quando sbarcarono sulle coste della Normandia, non ci sembrerà vero di poterci rilassare oggi in ufficio. Nessun click compulsivo sui vari siti di mercato, nessun messaggio disperato su whatsapp, nessun scoramento finale.

Una volta tanto il Verona ha acquistato ciò che serviva con anticipo, scegliendo ciò che più era adatto all’allenatore e al suo gioco, persino investendo una cifra considerevole. Tutto così strano che un tifoso del Verona potrebbe vivere anche una crisi d’identità. Invece è solo ciò che tanti altri tifosi vivono da anni, mica la luna nel pozzo, mica follie da imperatori.

In questo cambio di passo epocale, vorrei vederci una straordinaria normalità. Vorrei vederci un Setti che non consideri il Verona come una vacca da mungere ma come un’azienda da far crescere e da cui ottenere giusti guadagni. Vorrei vederci una stabilità, un livello superiore da perseguire con oculatezza ma anche con tenacia. E vorrei vederci anche un segnale di pace per l’uomo che ha reso tutto questo possibile, lo stesso uomo che ha agitato i nostri sonni in questi mesi con la sua ruvida verità e la sua scomoda inquietudine.

Dicevo qualche tempo fa che questo mercato sarebbe stato un bivio nei rapporti tra Setti e il suo allenatore. Stavolta Setti ha mantenuto la sua parola, senza proclami, ma facendo parlare i fatti. E sono sicuro che Juric abbia apprezzato. Roma è solo un piccolo incidente di percorso, ma bene ha fatto Juric ad alzare le sirene degli allarmi. Sarà pure pacificato, ma sicuramente mai tranquillo. E anche stavolta ha ragione lui.

RESTA CON NOI

Caro Ivan, oggi, dopo questa nuova straordinaria impresa, vorrei scriverti direttamente. La prima cosa che voglio fare è ringraziarti. Lo faccio soprattutto come tifoso del Verona, la squadra per cui faccio il tifo fin da bambino. Ti ringrazio perché tu sei riuscito a rifarmi sentire orgoglioso di tifare per questi colori. Orgoglio che mi era stato spazzato via in questi anni in cui sentivo calpestato il nostro sentimento e in cui mi sentivo preso in giro. Tu Ivan hai ricostruito l’Hellas e hai dato linfa ai colori gialloblù nel momento in cui tutto pareva finito.

Attraverso il tuo lavoro la società ha davanti a sé la straordinaria occasione di crescere, di migliorare, di alzare il livello. Credo vada anche riconosciuto che è stata questa società a sceglierti e a portarti qui e così come non abbiamo lesinato critiche al perdurare di Pecchia e alla infausta scelta di Grosso, così ora dobbiamo dare merito a chi ha puntato su di te. Certo, Ivan, so benissimo che manderesti Setti a quel paese ancora più spesso di quanto lo fai. Non ci sta simpatico nemmeno a noi quando pensa di arrivare da New York trattando i veronesi come provinciali. E non ci è mai piaciuto quando ha scelto i peggiori della compagnia, facendosi abbindolare da personaggiucoli da quattro soldi che al massimo possono bazzicare nei bar di paese e non fare i dirigenti del glorioso Hellas Verona. Quel Setti lì è finito nella polvere e tu Ivan gli hai ripulito i vestiti e dato una nuova vita a Verona dove la piazza lo chiamava Buffone. Però ti dico e credimi per favore, che Setti non è nemmeno il peggiore della compagnia.

Anzi: per essere chiari c’è tanto tanto di peggio. Tu stesso arrivi da una piazza gloriosa come Genova e sai benissimo di cosa parlo. Ci sono presidenti impiccioni, che mettono bocca sul mercato, che amano fare e disfare, che vogliono stare al centro della scena, che si impicciano di cose tattiche, che un giorno ti dicono che sei il migliore del mondo e il giorno dopo ti esonerano, che giocano con i tuoi sentimenti e con la tua passione, che hanno spie negli spogliatoi, che hanno figli impiccioni. Ecco: Setti ti farà trovare sempre il frigo vuoto e ti lascia pochi ingredienti per cucinare le tue meravigliose pietanze, però è anche vero che ti ha reso padrone assoluto della gestione sportiva, lasciandoti autonomia e una straordinaria capacità di incidere. Bella forza, mi dirai, sono uno che gli permette di pagarsi oltre tre milioni di stipendio all’anno, vuoi che non mi lasci questa autonomia? Non darlo per scontato.

Non so se il Verona di Setti è l’eden. Ma io credo anche questa piazza sia il migliore dei mondi possibili per Ivan Juric. Tu qui lavori in una città in cui hai creato un legame fortissimo, che ti adora, in cui esiste un feeling profondo e un ambiente ideale, che non credo sia facile da ricreare. Siamo matti, siamo la città delle imprese impossibili, abbiamo vinto uno scudetto e fatto perdere scudetti alle grandi.

Qui lavori in tandem con un ds che ha avuto l’umiltà e l’intelligenza di mettersi al tuo servizio, in cui puoi scegliere persino la cravatta da abbinare alla divisa, con uno staff di persone che Setti ha messo interamente al tuo servizio. Sono uno per tutti e tutti per Ivan e quindi per il Verona.

Ivan, lo so che da stasera ci saranno sirene di mercato, telefonate, ti cercherà il Torino, la Fiorentina, la Roma e forse anche il Napoli di Giuntoli e De Laurentiis rimasti colpiti dal tuo capolavoro. Però Ivan pensaci bene prima di lasciare questo piccolo paradiso che ti hanno lasciato costruire e che tu hai meravigliosamente edificato. Come dicevano ad un altro condottiero prima di te: resta con noi, Ivan Juric. Non te ne pentirai.

NON E’ UNA TRAGEDIA MA UN SEGNALE

Non è successo niente e a ben guardare la sconfitta non è stata nemmeno così meritata. Il Verona non ha giocato bene a Bologna, soprattutto il primo tempo, ma poi nel secondo, avesse segnato non avrebbe rubato nulla. Purtroppo davanti alla porta manca sempre il killer e probabilmente nemmeno il talentuoso Kalinic è il bomber dei nostri sogni.

La sconfitta non cambia di niente i giudizi sulla straordinaria stagione del Verona, ma aiuta a capire che gli allarmi di Juric non sono inutili latrati alla luna ma poggiano sulla realtà che nessuno più di lui conosce alla perfezione.

Il Verona è un meccanismo che si basa su alcuni concetti che non sono ancora così stabili e solidi da lasciare tranquilli. L’eccezionalità della stagione costringe a ragionare con logica emergenziale sempre, soprattutto nell’analisi della rosa a disposizione.

Una rosa da cui Juric in questa stagione ha tirato fuori il sangue ma che talvolta, come a Bologna, denuncia pesanti limiti. E’ bastato l’infortunio di Tameze per costringere il tecnico a cambiare posizioni e giocatori affrontando il tema con la solita creatività. Con Lazovic interno di centrocampo non è andata bene come altre volte, ma non si può certo crocifiggere Juric per averci provato. Altrimenti per coerenza bisognerebbe dire che Tameze falso centravanti contro la Lazio era una bestialità. Invece fu la mossa geniale che ci fece vincere la partita.

Meglio invece pensare di rafforzare il reparto visto che siamo già oltre la metà di gennaio senza che foglia si sia mossa nel settore rinforzi. Con Benassi e Vieira che ormai sono dispersi nel porto delle nebbie dei lungodegenti, mai praticamente a disposizione di Juric, il centrocampo è in grave sofferenza.

Tanto che la società ha bloccato persino la partenza di Danzi per Ascoli per non trovarsi scoperta in quel reparto. Ecco, la sconfitta con il Bologna allora non è una tragedia ma un chiaro segnale. Prendiamo subito qualcuno prima che le cose inizino veramente ad andar male. Prevenire è meglio di curare come diceva quella pubblicità e come sa benissimo il ds D’Amico che questi concetti li ha espressi pubblicamente proprio prima del match con il Bologna.

ECCO PERCHE’ QUESTO MERCATO E’ IL PIU’ IMPORTANTE DI SEMPRE

La vittoria con il Crotone proietta il Verona in una posizione di classifica inimmaginabile. A due giornate dalla fine del girone d’andata all’Hellas mancano 13 punti alla salvezza che giustamente Juric definisce il grande e unico obiettivo di questa stagione. In questa posizione di grande tranquillità e di esaltazione collettiva, il mercato non è più visto come atto primario di sopravvivenza. Diventa invece una splendida occasione per mettere a segno dei colpi ragionati sia in ottica presente sia per il futuro.

Questa tranquillità è il frutto dell’immenso lavoro di Ivan Juric, l’uomo che rappresenta in questo momento il bene più prezioso che il Verona deve salvaguardare. Juric è convinto che si possa iniziare un ciclo ma ha rivelato più volte la sua delusione per quello che ancora la società non ha fatto sotto questo punto di vista, nonostante le gigantesche plusvalenze messe a segno.

Eppure questo Verona non è quello di due anni fa. Tanti tasselli sono andati nel posto giusto, è migliorata l’organizzazione, è migliorato l’organigramma dove sono arrivati professionisti seri e preparati che hanno già portato il livello del Verona molto lontano da quel pressapochismo dilettantesco e presuntuoso di un paio d’anni fa.

Insomma Setti pare veramente aver imboccato la strada giusta dopo aver compiuto il capolavoro, indiscusso e indiscutibile, di aver ingaggiato Juric, l’uomo della svolta. Questo mercato può sancire anche la pace tra i due. A quanto sappiamo vi è stato nei giorni scorsi, prima di Natale, un confronto serio e senza diplomazia su tanti temi. Juric ha ribadito concetti a lui cari, la società gli ha chiesto di non continuare a tirare palle incantenate che davano l’idea di un dissidio in verità meno evidente e meno profondo di quello che si possa pensare.

Da qui è venuto fuori il nuovo corso comunicativo di Juric che non ha il fine di snaturare il mister ma semplicemente di non calcare la mano con polemiche che alla lunga potrebbe diventare disgreganti e pericolose. Indubbiamente però l’appuntamento di gennaio è fondamentale. Il più importante di sempre, non tanto per quello che darà al campo ma per il messaggio generale che conterrà. Potrà essere insomma la dimostrazione che Setti ha veramente voglia di iniziare alzare il livello.

Non sarebbe per nulla sorprendente che se Juric fosse un’altra volta illuso e scontento, alla fine della stagione e a salvezza acquisita, salutasse Setti e il Verona. Juric è tipo capace di stracciare i contratti in nome dei principi e soprattutto non avrebbe difficoltà dopo questo altro capolavoro di trovare una squadra (Torino, Fiorentina ma anche e soprattutto il Napoli lo osservano e hanno iniziato a corteggiarlo). Più delle parole, dunque, avranno valore i fatti.

IL VERONA DEL DOMANI

E’ in questi giorni che si costruirà il Verona del futuro. Che squadra saremo? O meglio: che società saremo? Tutto è nelle mani di Maurizio Setti, imprenditore di Carpi che ha preso il Verona da Giovanni Martinelli, riportandolo in serie A, mancando per il momento, il suo proposito numero uno: mantenerlo stabilmente nella massima serie. Setti ci ha fatto vedere tutto e il contrario di tutto in questi anni. Giocatori meravigliosi e dirigenti capaci, accanto a ciofeche senza confine. Ha goduto di paracaduti milionari che avrebbero cambiato la prospettiva e il giudizio su molti dei suoi predecessori (pensate a Pastorello, costretto a vendere per reale necessità e senza i contributi di oggi) e di diritti tv che impongono al Verona come minimo obiettivo zero sofferenza. Da quando è arrivato Juric e dopo i disastri delle due gestioni precedenti, Setti ha imboccato la strada giusta. La scelta dell’allenatore croato gli va ascritta come grande merito ma non può cancellare le due scelte fallimentari precedenti. Per dimostrare che Juric non è solo una sfacciata botta di culo, Setti deve ora strutturare il Verona come mai è successo prima. Lo deve fare attraverso molteplici vie: la prima che ci permettiamo di suggerire è la costruzione di un centro sportivo di proprietà. Setti deve assolutamente mettere questo punto al primo posto del suo programma. Lui stesso, ormai quasi 10 anni fa, ne parlava come di una priorità assoluta. Fino ad oggi tutto quello che s’è letto e s’è visto è stata pura aria fritta. Il centro sportivo serve per  dare vita ad una vera e propria filosofia di stabilità. Non è un mero fiore all’occhiello. E’ un volano che produrrà plusvalenze, calciatori, e anche un attaccamento vero ai colori. Setti ha vagato per la provincia non concludendo nulla. Poi ha puntato alla meravigliosa struttura del Payanini Center ma finora con scarsi risultati. E quell’idea è rimasta ancora nel mondo dei sogni.

C’è poi l’altra via. Quella più evidente. Cioè la squadra. In questo senso Setti è lontano anni luce da quello che il Verona potrebbe diventare. L’impressione è che si navighi a vista, dove la principale attenzione è sempre e soprattutto fare plusvalenze. Non che sia una prospettiva sbagliata. Diciamo che finita l’era del mecenatismo, semmai questa era sia esistita e abbiamo molti dubbi al proposito, il calcio si è ridotto ad essere un business. Prima di tutto per i presidenti. Setti, per fare un esempio e non una colpa, ci mancherebbe, mai ha potuto pagarsi uno stipendio di tre milioni di euro con Manila Grace.

Lo ha fatto con il Verona, di cui è amministratore. Ma è questo il fine? Fare plusvalenze per fare guadagnare milioni all’amministratore? Oppure il Verona ha ancora una funzione sociale, per dirla in altri termini è ancora l’Hellas Verona un patrimonio della città? Se è così, allora Setti deve qualcosa a Verona, al Verona e ai suoi tifosi. Anche in fatto di crescita. Non può limitarsi a fare il classico giochetto del tanto meglio tanto peggio, ricordandoci i tristi giorni della serie C e il nostro peggior passato. Stiamo parlando di crescita, di investimenti di prospettiva, di futuro. Non di un presidente che si deve svenare e rischiare il fallimento per il Verona.

Ci piacerebbe parlare di questi temi con lui che ormai da due anni si sottrae a veri confronti pubblici, legando la sua comunicazione a sparute comparsate su organi in affari con il Verona e quindi con lo stesso Setti. In un sano dibattito pubblico in cui, insomma, le domande non siano filtrate ma si possa veramente porre questioni sostanziale per capire che strada prenderà il Verona del domani. Siamo condannati al piccolo cabotaggio, a cedere sempre tutti i nostri pezzi migliori, oppure possiamo sognare di diventare come l’Atalanta?