Siamo passati dal sacrosanto diritto allo studio al vergognoso diritto al titolo di studio: tutti promossi alla maturità. Anche i tanti che non sanno né grammatica né sintassi, per i quali la matematica è un perfetto sconosciuto.
Quando feci la maturità, mezzo secolo fa, diversi miei compagni furono bocciati. Allora la scuola, la pubblica istruzione, era una cosa seria.
Il tema è cruciale per il Paese: dal crollo della pubblica istruzione deriva il crollo delle competenze in tutte le professioni: medici, avvocati, magistrati, anche giornalisti e via dicendo.
In questo quadro cosa le teniamo a fare le scuole? Primo taglio delle tasse, chiuderle tutte e risparmiare una valanga di miliardi.
O le teniamo a perdere per garantire un posto di lavoro ai tanti insegnanti, mica tutti sia chiaro, andati in cattedra dopo concorsi farlocchi?

