E’ così civile, è così europea questa proposta di Franceschini di introdurre anche qui da noi il sussidio unico di disoccupazione che, tra l’altro, avrebbe il pregio di eliminare le vergognose disuguaglianze tra categorie iperprotette (stile ex Alitalia) e precari lasciati allo sbando. Da introdurlo domani a furor di popolo e di schieramenti trasversali. A patto di riuscire a fare prima i conti con un altra misura che non è né civile né europea ma squisitamente italiana: il sussidio perenne di assistenzialismo, che da tempo immemorabile continuamo (senza risultati) ad elargire al Sud. Diventa molto più difficile garantire oggi l’assegno a chi perde il posto di lavoro quando, a prescindere dalla crisi, lo paghi da decenni ai finti occupati; cioè a chi ha un posto di lavoro pubblico, del tutto inutile ed improduttivo, che però assicura uno stipendio inteso come panacea sociale a tempo indeterminato.
Il sussidio perenne di assistenzialismo esiste solo in Italia. La Germania, quando ha dovuto affrontare l’impresa colossale di “rianimare” il suo cadavere dell’Est ex comunista, ha previsto finanziamenti pubblici colossali, ma finalizzati al raggiungimento di obiettivi precisi e con scadenze temporali non procastinabili. Noi, cinquant’anni dopo l’unitile Cassa del Mezzogiorno, permettiamo a Tremonti (senza mandarlo in esilio perpetuo) di proporre la nuova versione della voraggine chiamata Banca del Mezzogiorno. L’ultimo scandalo denunciato dal quotidiano La Stampa è quello dei “bidelli a metro quadro”: uno per classe assunti in provincia di Caserta, rispetto alla media nazionale di uno ogni tre classi, dieci volte più bidelli a Palermo rispetto a Trento. Ed è solo l’ultimo esempio di un elenco interminabile. Continamo ad assumere bidelli, spazzini, comunali, medici, postini, magistrati, insegnanti, tutori dell’ordine, etc., etc., non perchè servono al Paese ma perchè sono meridionali. Con l’unico risultato che il Sud, intossicato dall’assistenzialismo, ha perso ogni stimolo a creare un’economia che gli consenta di reggersi sulle proprie gambe. Contrariamente a quanto avvenuto nelle Marche, in Toscana, in Emilia, in Veneto…in tutto il Centro-Nord.
Chi è rimasto fermo al 1917 (anche Obama?) è convinto che basti togliere ai ricchi, tassarli in maniera adeguata, per risolvere tutti i problemi: per uscire dalla crisi e, nel caso italiano, per trovare le risorse che finanzino sia il nuovo sussidio unico di disoccupazione che il vecchio sussidio perenne di assistenzialismo. Ignora un dettaglio: che la Rivoluzione d’Ottobre tolse tutto ai ricchi, anzi li eliminò anche fisicamente. Ma con l’unico risultato di produrre (in Urss e in Cina) le più spaventose carestie della storia contemporanea; decine di milioni di persone morte di fame grazie allo Stato che programmava piani quinquennali e “grandi balzi in avanti”.
Chi ragiona e accetta la realtà si rende conto che, oggi più di ieri, le risorse a disposizione sono limitate. Non bastano a coprire tutte le esigenze. Non basta nemmeno reperirne di ulteriori mettendo mano al sistema pensionistico. Bisogna comunque scegliere: o il merito, di chi ha lavorato sul serio e oggi perde il posto, o il sussidio perenne d’assistenzialismo; cioè la droga da iniettare ancora a chi non ha mai lavorato.