FINI, LE MOSCHEE E SANTA LUCIA

 

Il presidente della Camera Fini ha dichiarato che, a scanso di equivoci, bisogna che nelle moschee gli imam predichino in italiano per sapere cosa dicono. E nelle madrasse, cioè nelle loro scuole di catechismo, anche? Però il problema non è solo di capire cosa dicono, è di saperlo valutare. Non aspettiamoci cioè di sentire una predicazione diretta del terrorismo. Domandiamoci però se la rivendicazione dell’esistenza di un unico vero dio non sia la base teorica da cui discende l’esigenza di eliminare, o convertire con la forza, i falsi credenti colpevoli di venerare un falso dio. (In passato l’intolleranza religiosa cristiana veniva predicato in italiano o in spagnolo, non in arabo né in latino. Il problema erano i contenuti, tanto comprensibili quanto condivisi, non la lingua).

Oggi la differenza abissale, che ci separa dagli islamici fondamentalisti, consiste nel fatto che noi consideriamo il rapporto con la nostra fede e con le fedi altrui alla stregua del rapporto con Santa Lucia, la Befana, San Nicolò e Babbo Natale. Con le feste dei regali cioè siamo molto tolleranti, capiamo che ognuno ha la sua storia e le sue tradizioni: così i veronesi i regali ai propri figli li fanno trovare per Santa Lucia, i padovani per la Befana, i triestini per San Nicolò; e, a tutti gli altri che hanno accettato il mito inventato (pare) dalla Coca Cola, i regali li porta Babbo Natale. Nessuno si sogna di sostenere che Santa Lucia è vera e la Befana falsa, o viceversa.

Giusto o sbagliato che sia oggi noi occidentali siamo altrettanto tolleranti anche con le varie fedi. Riteniamo cioè che il bisogno di religiosità insito in (quasi) tutti gli uomini, a seconda della loro storia e delle loro cultura, trovi espressioni e nomi diversi: Dio e Gesù per i cristiani, Yahvè per gli ebrei, Allah e Maometto per i musulmani, la triade induista Brahma-Shiva-Visnù, e via dicendo. Non ci sogniamo di affermare che il nostro dio è l’unico vero e gli altri tutti falsi. Il relativismo religioso, che tanto dispiace a Benedetto XVI°, è la base per un rapporto non conflittuale tra le varie fedi

Per i musulmani invece Santa Lucia è Santa Lucia, e non c’è Befana che tenga! Il relativismo non sanno dove stia di casa. Per loro Allah è il vero dio e Maometto è il suo profeta. Punto.

Lo stesso percorso di relativizzazione da noi ha investito anche la fede politica: un tempo eravamo convinti che la nostra ideologia fosse l’unica degna, quella che voleva liberare il proletariato dalle catene, riscattare l’uomo; e che l’ideologia avversaria fosse da servi dei padroni. Oggi viene riconosciuto (almeno in parte) a destra e sinistra lo stesso diritto di cittadinanza politica, la stressa buonafede nelle convinzioni dei militanti contrapposti. Restano residui di fondamentalismo. Antonio Di Pietro, ad esempio, è l’ultimo ahiatollah rimasto in parlamento: solo i miei sono i puri, gli onesti, i veri Cristiano…gli altri sono tutti ladri e corrotti…

Tornando agli imam il punto cruciale (e temo di là da venire) non è tanto che predichino in italiano invece che in arabo, ma che smettano di predicare in qualunque lingua la supremazia del Corano sugli altri libri sacri, che smettano di contrapporre i veri ai falsi credenti. In una parola: che la smettano di essere oggi quello che noi eravamo fino a ieri.

 

 

 

PER SANTORO CENSURA O TSO?

 

Benedetto quel “editto bulgaro” che aveva liberato la Rai da uno come Michele Santoro! Vien da dirlo dopo quanto accaduto nell’ultima puntata di Annozero, una puntata schierata spudoratamente dalla parte di Hamas e contro Israele. Sarà scontata la protesta dell’ambasciatore israeliano Meir; si potrà obiettare che Fini, il quale ha definito “indecente” la puntata, è grande amico dello Stato ebraico; ma c’è anche una giornalista di sinistra come Lucia Annunziata, che ha abbandonato per protesta la trasmissione, dichiarando:”Qui si presentano al 99% solo le ragioni dei palestinesi”.

Qui, cioè in Rai. Ed è questo il punto: in Rai, non sul Manifesto che, essendo un mezzo d’informazione di parte, per scelta legittima presenta solo le ragioni dei palestinesi anche al 100%. Mentre la televisione pubblica, proprio perché tale, è tenuta ad avere un minimo di equilibrio. Non può diventare il megafono del conduttore di turno e delle sue idee. Nessuno pretende – sia chiaro – che un conduttore non abbia la sua visione del mondo e le sue convinzioni. E’ comprensibile ed anche accettabile che queste idee traspaiano. Ma altra cosa è costruire l’intera trasmissione – scelta degli ospiti, taglio dei servizi, spazio alle argomentazioni – per dimostrare una tesi preconcetta. Appunto al 99% da una parte, e con il restante 1% riservato alla vittima sacrificale di turno. Non si chiede l’imparzialità assoluta, che non esiste; solo un po’ di decenza, della serie: se senti i giovani palestinesi di Milano, poi dai la parola anche alla comunità israelitica di Roma (magari per metà del tempo e tagliando le affermazioni che non ti piacciono, ma gliela dai).

Esempio perfetto di paranoia, in fine, la replica di Santoro alle critiche:”Censura! Vogliono censurarmi!”… Quindi devo essere completamente libero di dire in Rai qualunque cosa: che Olmert è come Hitler, che i preti sono tutti pedofili, che Berlusconi è un delinquente e Di Pietro un santo. E se qualcuno obietta, se mi invitano ad un maggiore equilibrio, se mi ricordano che devo dare spazio ad una pluralità di voci, mi metto ad urlare come un pazzo:” Censura!, Censura!, Censura!”. Lasciamo stare gli editti bulgari, ma c’è almeno qualcuno disposto a firmare un tso per Michele Santoro?

L’ISLAM E IL DECOLLETE’ DI SCALFARO

 Di fronte alle migliaia di fondamentalisti islamici che in questi giorni occupano le nostre piazze “maschilmente” (avete notato che in mezzo a loro a pregare proni verso la Mecca non vedi una donna che sia una?), è utile pensare ai fondamentalisti cristiani: oggi sono praticamente estinti, ma nel recente passato erano numerosi e combattivi. E anche loro “turbati” dalle presenze femminili. Ricordarli forse serve a capire meglio gli islamici.

A proposito di turbamenti indotti dalle presenze femminili, i vecchi come me non dimenticano quello clamoroso di Oscar Luigi Scalfaro che, negli anni Cinquanta, di fronte al “generoso décolleté” (allora si chiamava così, era indecente parlare di “seno prosperoso”) di una signora che aveva avuto la sventura di cenare nel suo stesso ristorante, non esito a schiaffeggiarla. Allora era intollerabile che una signora si presentasse scollacciata in un locale pubblico. Intollerabile non solo per il futuro presidente della Repubblica, ma per il comune senso del pudore, cioè per il comune sentire cattolico (e anche laico) di quegli anni.

Sul piano personale il turbamento di Scalfaro va capito: ciò che intravvedeva nel décolleté era così contrario alla sua cultura, alla sua educazione, ai suoi sentimenti religiosi da scatenargli una tempesta di emozioni, un maremoto fisico e psichico, che ci fa comprendere la reazione, ossia il tentativo di eliminare – quantomeno dalla vista a suon di schiaffi – la responsabile di tanto turbamento. Uno come Scalfaro poteva vivere relativamente sereno nell’Italia degli anni Cinquanta, dove erano rare le donne che esibivano in pubblico seni prosperosi. Per lui sarebbe stato un tormento costante trasferirsi in una Las Vegas dove donne dal décolleté generoso le incontravi già allora in ogni momento, e per giunta libere di divorziare, di accoppiarsi con chiunque, di schiaffeggiare loro gli uomini. Per Scalfaro Las Vegas sarebbe stata (se mai ci fosse andato) un autentica Sodoma e Gomorra. Non ci sarebbe mai andato spontaneamente. A meno che l’Azione cattolica (per dire di una qualunque autorità religiosa) non ce lo avesse mandato, in terra di missione, col compito di convertire i peccatori. (E le peccatrici in décolleté).

Messo a fuoco il ricordo dei nostri fondamentalisti, arriviamo al dunque: cosa ci vengono a fare decine di migliaia di fondamentalisti islamici (tutti quelli che vediamo pronti a pregare cinque volte al giorno) in questa Sodoma e Gomorra che per loro è il nostro Paese? Dove non solo le donne – che loro nemmeno portano alle manifestazioni di piazza con preghiera – sono completamente libere, nei vestiti e nei costumi? Dove sono liberi perfino i gay? Dove la nostra vita quotidiana è un insulto alla loro cultura e ai dettami della fede in cui credono? Vangono forse a soffrire come soffriva Scalfaro? Vengono in terra di missione convinti che Sodoma e Gomorra saranno distrutte e che tutti noi verremo convertiti alla vera fede? Convertiti spontaneamente o come i nostri missionari convertivano gli indios?

Tanti nostri telespettatori (spesso persone comuni, che ragionano alla Enzo Flego) lanciano l’allarme: dicono che in atto l’invasione, che vogliono colonizzarci, che aveva ragione Oriana Fallaci a parlare di Eurabia. Ogni volta ci sono ospiti che replicano loro sostenendo che non è il caso di essere così allarmisti, che è paranoico parlare di una invasione programmata. Anche a me certi scenari continuano a sembrare apocalittici. Però non so nemmeno darmi una risposta: cosa ci vengono a fare decine di migliaia di Scalfaro islamici in queste Sodoma e Gomorra che per loro sono le nostre città? Che progetti coltivano a medio termine: concedere la scollatura alle proprie donne o mettere il burqa alle nostre?

A COSA MIRA LA PIAZZA ISLAMICA

 Gaza? E chi se ne frega di Gaza! Anche il recente sondaggio di Mannheimer sul Corriere confermava che la maggioranza degli italiani, interpellati sul conflitto tra Israele e i palestinesi, sono “vicini a nessuno”; cioè se ne fregano, appunto. D’improvviso però scopriamo, o ci rendiamo conto, che Gaza ce l’abbiamo in casa. Ossia che sono decine, centinaia di migliaia i mussulmani presenti nel nostro Paese i quali dichiarano (vedi La Stampa di oggi) che “Gaza é il nostro cuore”: E lo dichiarano andando ad occupare, prima il sagrato del Duomo di Milano e di San Petronio a Bologna, poi – come una fiumana – il piazzale della stazione sempre a Milano.

Le manifestazioni mussulmane si moltiplicano nelle nostre città; la “piazza araba” mescola le preghiere verso la Mecca alle bandiere israeliane date alle fiamme, è aperta alle infiltrazioni dell’estremismo nostrano. Ma il dato più inquietante è quello che dichiarano i loro portavoce (vedi sempre La Stampa) “Vogliamo solo la pace. Scrivilo. Solo la pace, hai capito?”. E’ inquietante perchè si capisce che mentono. A Gaza infatti, in quella Gaza che è il loro cuore, tutto c’è fuorché la pace. Ne mai potrà esserci, la pace, ora che il fondamentalismo islamico guida movimenti come Hamas o gli Hezbollah. Una svolta, determinata dal fanatismo religioso, che spiega benissimo Angelo Panebianco sempre oggi sul Corriere: una soluzione, come quella delineata dagli accordi di Oslo, “pace in cambio di territori” era possibile finché Israele aveva come interlocutori i laici dell’Olp di Arafat; mentre oggi per Hamas, e l’intera galassia dell’estremismo islamico mondiale che gli sta dietro, “rinunciare alla distruzione di Israele significherebbe violare un tabù religioso, peccare di blasfemia”.

Ecco perchè nessuna pace è possibile con Israele. Che però non è l’unico nemico di Hamas e dei fondamentalisti islamici. Sempre Panebianco ci ricorda che costoro affermano la propria identità in contrapposizione ad una serie di nemici: “i musulmani moderati, l’Occidente corrotto e materialista, l’entità sionista, gli infedeli a qualunque credo appartengano”.

Anche noi siamo nemici al pari degli ebrei. Se Per loro è blasfema la semplice esistenza di Israele, altrettanto blasfema è la sopravvivenza delle nostre città dove le donne non conoscono restrizioni di sorta e per giunta (se lo vogliono) girano seminude, dove i gay hanno le loro associazioni e nessuno condanna l’omosessualità, dove i figli sono talmente liberi da poter perfino andare ad ingrossare…la manifestazioni islamiche. Chi dichiara di avere “Gaza nel cuore” la pensa come Hamas, che non è precisamente un’associazione pacifista, bensì un gruppo fondamentalista religioso che si propone di purificare il mondo a beneficio dei veri fedeli mondandolo, a suon di missili e attentati terroristi, dalle troppe presenze impure.

Per questo motivo ogni tentativo di integrazione con i fondamentalisti islamici è fallito tanto in Spagna, quanto in Olanda, quanto in Gran Bretagna. Per il semplice motivo che l’Occidente, con la sua civiltà e le sue libertà, per loro è un peccato da estirpare; non certo col quale convivere. Adesso grazie a Gaza (diciamo così) scopriamo che sono decine di migliaia anche in Italia quelli che l’hanno nel cuore, cioè che la pensano così. Occupano le nostre piazze e pregano. Pregano per la salvezza di Gaza, la distruzione di Israele e la morte di tutti gli infedeli. E ai giornalisti intimano: “Vogliamo solo la pace. Scrivilo. Solo la pace, hai capito?”…

PROSTITUTE E FAI-DA-TE DEI SINDACI

 

 

Il fai-da-te dei sindaci, il fiorire di ordinanze dei primi cittadini. Che magari possono lasciare perplessi, come quest’ultima annunciata da Flavio Tosi – multe alle prostitute anche in appartamento – quasi che il sindaco di Verona ambisse ad estirpare la pianta peccaminosa dell’amore mercenario. In realtà lo stesso Tosi ha spiegato al Tg di Telenuovo che lui si limita a tamponare, ossia a cercare di dare una risposta anche a quei cittadini che protestano perchè la prostituzione ce l’hanno in casa, cioè nel condominio, e non solo sotto casa cioè in strada. Io per primo – ha aggiunto sempre Tosi – auspico una nuova legge che regolamenti meglio il settore.

Dal che si desume che i sindaci sono costretti al fai-da-te. Costretti dal fatto che i governi nazionali non riescono a legiferare su tante questioni importanti. Basti ricordare che con la prostituzione siamo fermi alla legge Merlin del 1958 (preistoria di un sesso a pagamento che usciva dalle case chiuse e non conosceva prestatrici d’opera straniere), ed è scomparso nelle nebbie anche il progetto Carfagna di cui si era discusso nei mesi scorsi. Il risultato delle ordinanze dei sindaci è paradossale perchè produce una macchia di leopardo dove, ad esempio, l’esercizio della prostituzione varia da Verona a Vicenza a Padova; mentre dovrebbe essere regolamentato in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. E lo stesso dicasi per altri grandi temi, come sicurezza ed immigrazione, anche questi invece delegati sempre più ai primi cittadini.

Va però capito che è anche questa una delega obbligata, costretta, non tanto dalla mancanza di volontà politica dei governi centrali, quanto dalla mancanza di strumenti adeguati per procedere. Il paradosso è che i governi nemmeno le ordinanze possono fare: nel senso che i decreti legge sono vietati dalla Costituzione, e quindi devono impantanarsi nell’iter eterno e paralizzante del bicameralismo. Dove nessuna legge importante passa se non con l’accordo, tacito o esplicito, dell’opposizione. Prova nei sia che lo stesso Bossi, se vuol veder decollare un simulacro di federalismo, deve avere il benestare preventivo del Pd; altrimenti sa che non se ne farà nulla. Non dico per caso simulacro di federalismo; lo dico perchè fatalmente qualsiasi legge che abbia bisogno di un consenso così ampio per vedere al luce, non potrà essere che una legge annacquata. Più pasticciata, più legge tampone ancora delle ordinanze dei sindaci. Perchè i governi locali hanno poteri che il governo centrale se li sogna.

E quindi si desume anche che quando Berlusconi poneva il presidenzialismo a madre di tutte le riforme costituzionali, coglieva il nocciolo della questione. Se volete deliriamo pure di dittature e regimi; ma se invece guardiamo alla realtà dobbiamo ammettere che oggi qualsiasi governo – di Prodi o di Berlusconi, di Bossi o di Ferrero – è un governo impotente; che non ha gli strumenti per intervenire in maniera efficace e tempestiva sui grandi temi che investono il nostro Paese. Perciò ringraziamo il cielo di avere almeno il fai-da-te dei sindaci.

 

SOBRI, SOLIDALI E…CON LA PELLAGRA

 

 

Benedetto XVI° non ha dubbi e l’ha ripetuto anche in questi giorni: la crisi va affrontata riscoprendo la “sobrietà” e la “solidarietà”; per il Papa l’emergenza deve essere un’opportunità per “rivedere il modello di sviluppo dominante”. Nel suo messaggio di fine anno Napolitano ha espresso concetti analoghi. Sono sempre di più coloro che affidano alla crisi una funzione catartica, purificatrice: pensano che alla fine ci renderà migliori, ci farà riscoprire i “valori”, principi e stili di vita di un tempo. Un tempo anteriore al modello di sviluppo liberale e capitalista che – finalmente secondo loro – è entrato in crisi. Sono argomenti che fanno breccia, specie sul piano emotivo, perchè un po’ tutti noi abbiamo nostalgia di un passato in cui eravamo (o credevamo di essere) più buoni, più generosi, più pieni di sentimenti veri.

Dopo aver evocato le emozioni, dovremmo però anche ragionare; cioè ricordare che quando eravamo sobri e solidali, quando vivevamo in modo spartano e facevamo tanta carità, avevamo anche tanta…pellagra: la miseria, nel nostro Veneto, era la norma; avevamo una mortalità infantile quale oggi si registra in Africa. E dalla pellagra, dalla miseria e dalla mortalità infantile, non siamo usciti con i buoni sentimenti (che pure avevamo) né con le prediche dal pulpito (degli ottimi sacerdoti che pure c’erano, e che io per primo ricordo con affetto) né con la carità cui erano dedite schiere di dame e donne timorate. Dalla pellagra siamo usciti quando – finalmente – è diventato dominante proprio quel modello di sviluppo liberale e capitalista per il quale Papa Ratzinger intona ora il “De profundis”.

Lui posso anche capirlo. Perché i pontefici, da Pio IX con il Sillabo, hanno sempre intuito che il vero nemico del Cristianesimo (e delle religioni in genere) era proprio la modernità, il liberismo, lo sviluppo economico (nemico assai più insidioso dello stesso socialismo). Trovo invece inaccettabile che Napolitano e tanti altri falsi profeti laici vengano a predicarci la sobrietà e gli stili di vita più parchi. Per andare dove? Con quale prospettiva? In una certa fase può capitare di dover ridurre il proprio tenore di vita, ma per necessità momentanea (perchè i soldi non ci sono) non per scelta strategica, non per ricerca di un modello alternativo di depressione economica. Il problema non è spendere meno ma guadagnare di più: cioè avere una società dove si moltiplichino occasioni e opportunità.

Quanto alla solidarietà, nome nuovo dato alla carità, serve di certo a far sentire migliore chi la pratica; ma continua a non risolvere i problemi: non è mai servita a far diminuire il numero dei poveri, non serve oggi a far decollare i Paesi terzi bensì solo a mantenerli in ruoli subalterni. E’ tutta da leggere l’intervista di oggi su Il Giornale a James Shikwati, economista kenyota, il quale sostiene che sono “dannosi gli aiuti umanitari all’Africa” e spiega che “la ingenti somme destinate dall’Occidente al Continente nero generano solo dipendenza passiva e non servono a realizzare società effettivamente libere e sviluppate”. Tesi che noi italiani dovremmo conoscere alla perfezione dal momento che le “ingenti somme” destinate al nostro Mezzogiorno hanno prodotto esattamente gli stessi effetti: aumento della dipendenza passiva e ritardo nella crescita di un Sud libero e sviluppato.

In conclusione: può darsi che per un periodo ci tocchi tirare la cinghia, però puntando a tornare a crescere al più presto; e non come scelta di un modello sobrio e solidale capace di produrre solo il ritorno della pellagra (e del fervore religioso…).

 

VIAGRA, AUGURI E MATITA ROSSA

 Dal lungo ponte di Natale pesco tre notizie che mi sembrano interessanti da commentare. La prima riguarda la nuova arma segreta della Cia in Afganistan: il Viagra. Distribuendo la miracolosa pillola erettile ai capi tribù più anziani gli agenti americani otterrebbero, in cambio, informazioni preziose sulle trame dei talebani. Notizia che renderebbe ottimisti sulle sorti magnifiche e progressive della scienza in grado di sconfiggere, con i suoi ritrovati, i fondamentalismi sia politici che religiosi. In attesa di vedere se il 2009 segnerà il ritorno dei Lumi, non c’è dubbio che, per sconfiggere i terroristi islamici, è preferibile un bombardamento di Viagra ad uno al fosforo.

C’è una punta di fondamentalismo anche nella seconda notizia che arriva dalla Florida. Una centralinista, per sottolineare il suo fervore religioso cristiano, rispondeva al telefono, fin dal primo di Dicembre, con un sonante: “Buon Natale!”. Licenziata in tronco dal suo datore di lavoro perchè si rifiutava di usare il più asettico, e politicamente corretto, “Buone feste” che non avrebbe offeso la sensibilità di atei e credenti in fedi diverse da quella cristiana. Se la centralinista può risultare un tantino fanatica, il datore di lavoro è un cretino a tutto tondo. Credevo che il record della scempiaggine fosse detenuto dai nostri pretini che ficcano minareto e moschea nel presepe in nome di un malinteso ecumenismo (l’ecumene dei cretini, appunto…), scopro invece che va assegnato a questo datore di lavoro americano.

Sempre a proposito di record, terza notizia, pensavo che quello dell’idiozia fosse appannaggio dei nostri pedagogisti, consulenti del ministero della pubblica istruzione, che hanno cancellato i voti e svuotato gli esami per non turbare i nostri studenti, per “non farli sentire giudicati”. (Col risultato di trasformarli in polli d’allevamento, in somari sonnolenti che si risvegliano solo per indossare i panni dei bulli). Niente da fare. Nel ponte di Natale ho appreso che anche questo record ci è stato scippato dagli anglosassoni, dai pedagogisti inglesi, i quali hanno abolito l’uso della matita rossa nella correzione dei compiti perchè il rosso sarebbe un colore (letterale) “troppo aggressivo e disorientante” per gli allievi!…Mi domando se il rosa li turberebbe di meno, o se il verde li riempirebbe di speranza nel loro futuro di uomini… Notizia quest’ultima che è anche una conferma della teoria del pendolo: tanto oscilla da una parte, tanto finisce dalla parte opposta. Nelle scuole e nei college inglesi infatti il sadismo era all’ordine del giorno, con punizioni psicologiche e corporali al limite della sevizie; al punto che ora anche una matita rossa viene scambiata per strumento di tortura.

Dopo di che speriamo nel ritorno dei Lumi, speriamo nella Scienza che inventi altre pillole blù in grado di sconfiggere, oltre alle defaillance della minchia, anche quelle della mente (leggi: cretinismo, idiozia, ansia da politicamente corretto).

 

SIAMO ALL’ EVASIONE TOTALE…DALLA GIUSTIZIA

Anche nella conferenza stampa di fine anno Berlusconi ha ribadito la priorità di riformare la giustizia. Molti pensano che il premier voglia approfittarne per regolare i conti con i magistrati. Ci sta anche questa interpretazione. Non facciamo le mammolette. Ce lo insegnano i francesi: “ a la guerre comme a la guerre”. Tanti magistrati hanno tentato per anni di fargli il culo (senza riuscirci, gli incapaci…); e che lui oggi sia deciso a ricambiarli, mi sembra il minimo. A meno di non voler, appunto, atteggiarci a mammolette.

Da un certo punto di vista questa è “una questione privata” tra il Cavaliere e quelle che lui continua a chiamare le toghe rosse. C’è però una questione pubblica che interessa tutti noi: il cittadino che chiede più moralità nella vita politica come quello che, più semplicemente, vorrebbe andare a sentenza in una qualsiasi causa civile; e andarci prima di morire. Ma per nessuno in Italia c’è più giustizia se non riformiamo la giustizia. Una macchina, quella che dovrebbe amministrare la giustizia, fusa, ingrippata, incapace di svolgere al sua funzione. Per mille motivi. Anche perchè i magistrati fanno politica invece che servire i cittadini; anche perchè cercano la notorietà e la luce dei riflettori (come farebbe ognuno di noi al loro posto); essenzialmente perchè un potere politico allo sbando consente loro tutto ciò. Un potere politico che non mette nelle condizioni di lavorare nemmeno il magistrato più serio e più integro (esattamente come non mette nelle condizioni di insegnare nemmeno il docente più preparato e motivato).

La cosa più vergognosa che ho letto in questi giorni è stata la tesi sostenuta da Vittorio Feltri su Libero: una sorta di appello a Berlusconi a non riformare ora la giustizia per non fermare i magistrati che adesso starebbero facendo un mazzo anche ai “compagni”…Demagogia della più becera, quella di Feltri, utile solo a vellicare l’ansia di rivincita del popolo di destra. In realtà con questa macchina della giustizia nessuno magistrato riesce a fare il mazzo a nessuno. Non ci sono riusciti ieri con democristiani e socialisti, non ci riusciranno oggi con i democratici. Ieri hanno distrutto due partiti, la Dc e il Psi; oggi potrebbero distruggere il Pd. Ma far giustizia, e ottenere la condanna dei corrotti, è tutt’altra cosa. Se oggi siamo arrivati alla Tangentopoli 2 è anche perchè la Tangentopoli 1 già allora aveva evidenziato tutti i limiti di una macchina della giustizia capace di distribuire avvisi di garanzia, carcerazione preventiva, e veline ai suoi lacchè dell’informazione…ma incapace di riuscire a condannare tutti quelli che lo meritavano. In carcere, o a condanne definitive, ne finirono uno su mille. E il rischio dimostratosi così modesto non potè che incoraggiare la classe politica a continuare nel malaffare.

L’attuale macchina della giustizia ha la stessa efficienza zero dell’attuale macchina che dovrebbe combattere l’evasione fiscale. Periodicamente la Guardia di Finanza ci prende in giro raccontandoci che ha individuato evasione per cento milioni di euro! Omette di aggiungere che, ogni volta alla fine del contenzioso, lo Stato quanto va bene di milione ne incasserà cinque e non cento. Identico bilancio finale per una giustizia che fa proclami roboanti, mette sotto inchiesta anche se stessa, intercetta pure le telefonate per ordinare la spesa dal fruttivendolo, e alla fine della giostra partorisce si e no il topolino di una condanna. In Italia siamo ormai prossimi all’evasione totale dalla giustizia

Quindi possiamo discutere nel merito il progetto di riforma della giustizia annunciato da Berlusconi, e magari emendarlo dagli aspetti più sfacciati di regolamento di conti della “questione privata”. Ma chi sostiene che una riforma non serve, chi – come Di Pietro – vuole difendere lo statu quo (compresi i privilegi di casta delle toghe), costui non vuole nemmeno provare a contenere la corruzione politica; gli va bene che il Paese resti senza giustizia. Cosa si dice della Lega? Che ottiene voti cavalcando l’insicurezza dei cittadini, che non vuole risolvere il problema perchè perderebbe la sua ragione d’essere? E che fine farebbero Di Pietro e l’Idv se mai si rimettesse in moto una giustizia degna di questo nome?

TANGENTI DEL PD, CASELLANTI SICILIANI

 

 

Tangenti e casellanti. Partiamo dalle tangenti, cioè dalla bufera di inchieste giudiziarie che si sono abbattute sul Pd. Il parallelo è inevitabile: vuoi vedere che i democratici faranno la stessa fine dei socialisti di Craxi? E che Veltroni andrà sì in Africa (sua antica ambizione) ma…ad Hammamet, come ironizza Filippo Facci sul Giornale? Tante sono le ragioni che spiegano la nuova tangentopoli abbattutasi sul Pd e spesso sono concause che si sommano: è mancato il rinnovo della classe dirigente, si è affievolito l’orgoglio della diversità, è stato fatale l’innesto dei margheritini ex democristiani…Ce n’è da sbizzarrirsi. Guardate anche il sondaggio sull’ Homepage di Telenuovo; tra le ipotesi lì formulate, trovo intrigante quella che ipotizza una mossa dei pm a tutto beneficio dell’ex pm Antonio Di Pietro: è un dato di fatto che la mazzata delle inchieste si abbatte sul Pd nel momento in cui è in atto l’esodo elettorale verso l’Italia dei Valori. E’ una semplice coincidenza o c’è un voluto rapporto di causa effetto? Propendo per la seconda spiegazione. Anche perché oggi più che mai (dopo l’uscita di scena di Violante) è Di Pietro il referente politico dei magistrati e dei loro interessi di casta.

Aggiungiamoci inoltre la pietra dello scandalo del nostro sistema giudiziario. Cioè un’azione penale che in teoria è obbligatoria mentre in pratica è del tutto discrezionale; perché i pm, sommersi dalla valanga di notizie di reato, nell’impossibilità di dare un seguito a tutte, devono fatalmente scegliere. Ma – ed è questo il punto – non scelgono bendati come il bambino che estrae i numeri del Lotto. Scelgono invece con i numeri, cioè con i fascicoli, aperti sulla scrivania; e decidono: questo sì, quest’altro anche , questo no perché sono oberato di lavoro. Insomma scelgono e, finché possono scegliere, rimarrà sempre il sospetto che lo facciano in funzione della risonanza mediatica che garantisce una certa inchiesta; e meglio ancora se si combina con un “favore” ad un ex collega e attuale referente politico.

Dopo di che veniamo ai casellanti, cioè ad una piccola notizia che riporta a fondo pagina Repubblica nel giorno in cui tutti i quotidiani aprono con titoloni sulla nuova tangentopoli abbattutasi sul Pd. Una notizia dal risalto secondario e che invece ci ricorda come esista nel nostro Paese una tangentopoli ben più vasta, sistematica e, per giunta, legalizzata: quella delle assunzioni clientelari nel pubblico impiego. Repubblica (Repubblica, non la Padania) racconta infatti che in Sicilia ci sono 250 chilometri di rete autostradale, con 24 caselli in tutto, e ben 500 casellanti! Due per ogni chilometro di autostrada! Ovviamente sono inutili, non lavorano, sono stati assunti per motivi clientelari o per la malintesa “SanVincenzo sociale”. Ed è solo l’ultimo, piccolo, esempio di un settore pubblico gonfiato a dismisura, che ha più bidelli che carabinieri (e, attenzione: sono troppi anche i carabinieri) che ha tanti finanzieri quanti sarebbero giustificati solo da un’evasione fiscale zero, che ha quasi più insegnati che studenti. Insomma un settore pubblico allargato dove i dipendenti inutili sono almeno un milione. Inutili, ma pagati ogni mese, anno dopo anno, per sempre a carico della fiscalità generale.

Altro che “tesoro” di Craxi, altro che tangenti sul petrolio in Basilicata o per la manutenzione della strade di Napoli. Le cifre della tangentopoli legalizzata, che siamo chiamati a pagare noi contribuenti, sono cifre da capogiro. Esiste, certo, anche l’altra vergogna. Però la prima questione morale italiana è rappresentata dai tanti, dai tantissimi, casellanti inutili.

 

 

MARIASTELLA PULCINELLA (MA E’ COLPA DEL PUPARO)

 


Mariastella Pulcinella. Povera Gelmini costretta a rimangiarsi la sua grande riforma della scuola. Indietro tutta: il maestro unico diventa facoltativo, per le superiori se ne riparla nel 2010 e intanto continua il bailame della mille sperimentazioni, l’università degli sprechi e delle facoltà deserte viene dimenticata. Come ha scritto, affranto, Mario Giordano (il direttore de Il Giornale, certamente non un critico preconcetto anzi un sostenitore del ministro e della riforma abortita): “almeno il grembiulino rimane?” O, per paura e per prudenza, non sarà meglio togliere anche quello?

Dopo di che non facciamo finta di credere che Pulcinella sia la povera Mariastella. Non è lei che decide marcia e retromarcia. Il vero Pulcinella è il Cavaliere che un giorno monta sul Caterpillar e annuncia sfaceli: avanti tutta, avanti anche senza l’opposizione, riformo la giustizia, cambio la Costituzione e nessuno mi fermerà. Il giorno dopo lo stesso Cavaliere da un occhiata ai sondaggi, prende paura, spegne il Caterpillar e diventa un compito anziano signore che porta a spasso il cagnolino dialogando con tutti.

Non si tratta nemmeno di discutere se la riforma Gelmini fosse giusta o sbagliata, fondamentale o superflua. Si tratta di capire che un governo serio deve pensarci prima molto bene, e magari decidere che la scuola va benissimo così com’è. Ma, se annuncia la grande riforma, non può compiere poi una clamorosa retromarcia. Intendiamoci: non che Berlusconi abbia preso paura per le proteste di piazza di professori e studenti; sa bene che quelli comunque non lo votano. Ha preso paura quando i sondaggi gli hanno riportato la contrarietà dei genitori, delle famiglie che in gran parte lo votano. Famiglie preoccupate per i contenuti didattici, per una scuola italiana agli ultimo posti al mondo? No: preoccupate solo di perdere il parco buoi, di vedere cancellato il tempo pieno e non saper dove mettere i figli.

E qui si pone l’altra questione: uno statista deve, nei momenti cruciali, guidare un Paese o deve assecondare sempre le richieste che arrivano dai cittadini? Se vuole guidarlo ha il dovere di spiegare ai genitori che per il bene dei loro figli è fondamentale rifondare la scuola(e risolvere il problema della custodia con le baby sister), se sceglie di assecondare garantisce l’orario continuato al parco buoi scolastico. Ma, se poi i sondaggi dicono che la maggioranza dei cittadini vuole la cocaina libera, cosa fa? Garantisce a tutti tre righe di coca?…

Devo dire che il tanto vituperato Romano Prodi si è dimostrato più statista e più coraggioso di Berlusconi; perchè Prodi, convinto che il risanamento dei conti pubblici fosse fondamentale per il Paese, ha cercato di perseguirlo contro i suoi stessi elettori; ed ha continuato a farlo anche con sondaggi sempre più disastrosi. Mentre il Cavaliere, al primo calo di consensi, avrebbe fatto quanto fatto oggi con la scuola: indietro tutta, e la povera Mariastella lasciata lì come un Pulcinella.