PLAYOFF

Playoff. Una parola. L’obiettivo che il Padova ha raggiunto, migliorando di una posizione il proprio piazzamento al termine della stagione regolare rispetto al campionato scorso, e che affronterà da quarta in classifica (battendosi al primo turno contro la nona).

Ora come ora è ai playoff che la squadra e il suo allenatore devono proiettarsi con anima, gambe, testa e cuore. Tutti dobbiamo guardare solo ed esclusivamente avanti e non soffermarci sull’ultimo mese e mezzo, sulle cinque sconfitte e sul pareggio contro l’ultima in classifica. Perché? Perché questa, oggi, 3o aprile 2017, è l’unica scelta sensata.

Le prestazioni non convincono, la squadra è mentalmente stanca e appannata, l’allenatore continua a schierare più o meno gli stessi 13-14 uomini, gli episodi, che una volta ti facevano vincere le partite, ora remano contro (vedi il rigore dato contro il Padova oggi e quello non dato a favore, trasformato erroneamente in punizione dal limite). Su tutte queste argomentazioni, valide, si potrebbe scrivere un trattato di calcio. Ma non è questo il momento.

Adesso bisogna solo sperare che dal 14 maggio cominci un nuovo capitolo della storia biancoscudata. Che quello visto nelle ultime settimane sia solo un Padova che ha inconsciamente tirato i remi in barca e preso fiato una volta che ha capito che il primo posto non era più raggiungibile e allora cambiava poco o niente arrivare terzi, quarti o quinti. Che il rientro di Neto Pereira possa restituire al gruppo un grandissimo punto di riferimento. Che la fortuna (sì anche quella!) ricominci a girarsi da questa parte.

Bisogna anche avere la forza di guardarsi attorno e constatare che il periodo che stanno passando Altinier e compagni è molto simile a quello della corazzata Parma, per esempio, che si è infilato in un tunnel parallelo a quello padovano, maturando 3 sconfitte e un pareggio nelle ultime quattro uscite. Motivo in più per affrontare a sguardo dritto lo specchio e dire: non siamo certo quelli di adesso e possiamo tornare ad essere quelli che un mese e mezzo fa sono arrivati ad essere secondi a -6 dall’invincibile armata lagunare.

Non conosco altre strade per andare a dormire stasera senza rigirarmi tutta la notte. Che playoff siano allora!

CONFUSO E (NON CERTO) FELICE

E’ pazzesco come in due settimane possano cambiare così i destini di una squadra che sembrava viaggiare tranquilla verso i playoff. E’ pazzesco come si possa passare, ripeto in due sole settimane, dalla lotta per un possibile, seppure difficile, primo posto ad una quarta posizione che, a due giornate dalla fine della stagione regolare, non è nemmeno sicura al cento per cento.

E’ il bello, anzi in questo caso il brutto, del calcio. Che vede il Padova in caduta libera sul più bello che si pensava stesse spiccando il volo e altre squadre, tipo Parma e Reggiana, non riuscire nemmeno ad approfittarne fino in fondo.

E’ davvero molto preoccupante la situazione. L’allenatore (che stasera, a precisa domanda: “Salva qualcosa del suo Padova contro l’Ancona?” ha risposto “No niente”) ha senz’altro le sue responsabilità. E’ evidente che lui per primo non è lucido come dovrebbe, ma a me, oltre a quello che (non) ho visto in campo durante la partita, ha fatto star molto male quello che invece ho visto benissimo a fine partita, ovvero Bindi e Dettori che se le dicevano di santa ragione sotto la Tribuna Fattori. Ci può stare un litigio, una discussione, specie quando il nervosismo è a mille perché non riesci a fare quello che vorresti e ti ritrovi davanti un pubblico legittimamente deluso, ma per la prima volta stasera ho avuto la netta sensazione che si sia rotto qualcosa di importante negli equilibri e nei rapporti di questa squadra.

A poche settimane dall’inizio dei playoff che tutti noi vedevamo come una strada assolutamente percorribile fino in fondo, soprattutto grazie alle doti mentali e alla forza di questo gruppo, è un segnale disgregante bruttissimo. “Brevi è parte integrante di questo gruppo. Sta a lui trovare la strada per portarci fuori da questa difficoltà”, le parole usate dal presidente Giuseppe Bergamin con una calma apparente fin troppo perfetta per essere vera.

All’allenatore dunque le redini di questo cavallo smarrito e, a tratti, imbizzarrito. Di questo Padova confuso e non certo felice. Urge un cambio di rotta immediato e deciso. Altrimenti i playoff inizieranno nel primo pomeriggio di domenica 14 maggio e termineranno nelle prime ore della sera dello stesso giorno. Purtroppo.

 

NON E’ PASQUA DI RESURREZIONE…

Non sono di molte parole questa sera. Fatico a trovarle. E soprattutto non vedo la luce in fondo a questo tunnel.

Il motivo del mio (nostro) totale pessimismo è molto semplice e l’ho già scritto nel precedente post, dopo che le sconfitte consecutive erano state tre. Stasera, che sono quattro, ribadisco: sono preoccupata perché vedo il Padova dare tutto quello che può e che riesce, vedo i giocatori spremersi fino all’ultima goccia e proiettarsi in attacco con la generosità che sempre li ha accompagnati in questo campionato ma mi accorgo sempre di più che tutto questo NON BASTA PIU’. Vedessi qualcuno che tira indietro la gamba o che ha un atteggiamento leggero sarei più tranquilla perché potrei criticarlo e scrivere che può e deve dare di più. Invece no. Ho l’impressione che un “di più” non ci sia adesso.

Che fare? In due settimane appena al Padova sono scivolati dalle mani la speranza di arrivare primo, il consolidamento del secondo posto che pareva più che alla portata e pure la terza posizione. Forse per scacciare le nubi che si sono addensate nel cielo biancoscudato è meglio tirare un po’ il freno. Almeno emotivamente. I playoff ormai sono conquistati e a questo punto conta poco prendervi parte da terzi, da quarti o da quinti. Davvero. Meglio pensare a recuperare chi in questo momento è fuori, chi in questo momento è giù fisicamente e chi in questo momento mentalmente non è sereno al cento per cento. Sono in troppi, per un motivo o per un altro, a non essere sul pezzo, mister Brevi compreso. Meglio tornare ad esserlo quando le partite saranno decisive per la corsa alla serie B. Tutti insieme. Riprendere un certo tipo di cammino si può, anche alla luce del fatto che stasera il pareggio si meritava contro una delle formazioni più temibili del girone, che nulla più ha fatto che un tiro in porta su un rigore contestatissimo (che forse nemmeno c’era).

Buona Pasqua a tutti, intanto, anche se purtroppo, per il Padova, sarà tutt’altro che di resurrezione.

RICONQUISTARE COMPATTEZZA E CONSAPEVOLEZZA

Il Padova si è perso. Si è infilato in un tunnel di 3 sconfitte consecutive e la luce all’orizzonte è, al momento, molto fioca.

Sinceramente ho visto i giocatori dare il massimo dal primo all’ultimo, ognuno coi suoi limiti e la condizione del momento che non è per tutti ottimale, e proprio per questo sono preoccupata. Avessi margini per criticare l’atteggiamento sufficiente di qualcuno piuttosto che la giornata storta di qualcun altro sarei più serena perché in cuor mio saprei che sabato a Pordenone potrei vedere in campo qualcosa in più, qualcosa di diverso. E invece no: l’impressione è che le defezioni, su tutte quella di Neto Pereira (e la prossima mancherà anche Dettori squalificato), siano fondamentali in questo momento e che alcuni giocatori, che fin qui hanno tirato come pazzi in questa bellissima rincorsa del girone di ritorno, siano ora a corto di energie fisiche e appannati mentalmente (penso a Emerson che ha accusato un calo importante nelle ultime sfide). La combinazione di questi elementi, unita al fatto che per caratteristiche chi è stato chiamato a subentrare non sempre è riuscito a inserirsi nel contesto tattico della squadra, ha portato, in pochissimi giorni, il Padova dalla speranza di poter in corsa agguantare il primo posto e la promozione diretta in B ad un terzo posto da condividere ora col Pordenone (passando per un secondo posto che ad un certo punto pareva consolidato e invece andrà con ogni probabilità al Parma).

Mancando solo quattro giornate alla fine della stagione regolare non c’è altra strada che quella del lavoro sul campo di allenamento, ripartendo da pochi semplici concetti e da una compattezza di squadra che le sconfitte stanno a poco a poco minando. Se fino a una settimana fa si poteva sperare di tentare il colpo gobbo al Venezia vuol dire che le qualità ci sono. Basta tornare ad essere consapevoli di averle.

E’ dura. Lo ha detto chiaro e tondo Altinier in intervista stasera. Ma i playoff questa squadra li farà e tanto vale allora scrollarsi di dosso un po’ di negatività e tornare a credere che un traguardo importante, nonostante tutto il nero che si può vedere adesso, sia raggiungibile. Lasciamo perdere l’obiettivo a breve termine ovvero la posizione in classifica da cui si partirà. Non facciamocene un assillo. Ora come ora ha senso solo tornare ad avere fiducia in sè stessi. L’unico viatico per ritrovare la vittoria.

LA TESTA PRIMA DI TUTTO

Il Padova è stanco, molto stanco. Talmente stanco che ha la vista annebbiata e le gambe che, a tratti, non seguono più quello che la testa ordina loro di fare. L’ultima parte del campionato è stata molto impegnativa: si è fatto di tutto per macinare vittorie o comunque risultati utili: a mano a mano che arrivavano i punti il Venezia si avvicinava e con lui il desiderio di agguantarlo e superarlo, raggiungendo la B senza passare per la lotteria dei playoff. Ecco perché si è premuto sull’acceleratore di brutto e qualche giocatore si è spremuto oltre ogni gestione delle sue forze.

Risultato: a Salò domenica e col Parma stasera le forze sono venute meno quando è stata ora di rimontare l’iniziale svantaggio. La squadra si è un po’ disunita, si è fatta troppa fatica a trovare anche due passaggi di fila e i ritmi si sono fatti eccessivamente frenetici e disordinati, finendo per fare il gioco dei ducali che sprovveduti non sono.

Queste due sconfitte ridimensionano notevolmente il finale di stagione regolare del Padova che è passato, in 180 minuti, dal sogno del primo posto alla realtà di un secondo posto riconquistato dal Parma. Ora i biancoscudati sono terzi e il Pordenone è l’avversario del sabato di Pasqua, dopo la corazzata Venezia.

Il Padova deve fare solo una cosa: rimettere la testa a posto e ritrovare motivazione e consapevolezza. In questa chiave vedo il gol di Mandorlini dell’ultimo secondo contro il Parma come una possibile molla per affrontare Venezia e Pordenone appunto con più fiducia e meno apprensione. Il secondo posto è ancora raggiungibile e alla portata: basta non fare peggio del peggio e frenare subito questa piccola caduta libera, aggrappandosi alle non poche certezze fin qui conquistate in un campionato che tutto sommato continua, dopo la partenza ad handicap, ad avere il segno più davanti.

TORNIAMO VELOCEMENTE ALLA REALTA’

E’ stato bello. Anzi bellissimo. Cullare per diverse settimane il sogno di soffiare al Venezia il primo posto e la promozione diretta in B, specie dopo che i punti di distacco erano diventati solo 6 con lo scontro diretto in casa, ci ha fatto provare un bella emozione, anche se sotto sotto ognuno di noi sapeva che l’impresa sarebbe stata durissima se non impossibile.

“Finché la matematica non ci dice che dobbiamo arrenderci non ci arrenderemo” sono state le parole pronunciate dai giocatori soprattutto in quest’ultima settimana. Peccato che invece a Salò, nella vera partita spartiacque di questo rush finale, quella che bisognava per forza vincere per non uccidere il sogno in anticipo, il Padova abbia cannato in pieno l’approccio alla gara andando sotto di due reti nel primo tempo e riuscendo solo a riaprirla senza riequilibrarla.

L’allenatore Oscar Brevi ha deciso di lasciar fuori Dettori (diffidato) e De Risio (probabilmente sulla base di un turnover nell’ottica dei due prossimi scontri che vedranno sbarcare all’Euganeo Parma e Venezia) e la scelta, a posteriori, si è rivelata sbagliata. Non tanto per le motivazioni che l’hanno determinata, che possono anche starci, quanto perché l’incontro di oggi ha dimostrato ancora una volta una cosa che molti hanno detto e sottolineato più volte dall’inizio della stagione, ovvero che la squadra biancoscudata, se scende in campo con i suoi 11 titolari può giocarsela davvero con tutti Venezia compreso, ma se invece comincia ad avere qualche seconda scelta in formazione, vacilla e di brutto.

Dispiace dirlo ma è così: Berardocco non è De Risio (e probabilmente non era il giusto sostituto di Filipe nel mercato di gennaio), di Dettori (specie in questo momento di forma smagliante del centrocampista) la squadra non può privarsi, De Cenco non ha le caratteristiche di Neto Pereira. Punto e stop.

Constatato ciò, il Padova ora è davanti ad un’unica scelta: mettere da parte al più presto il sogno di arrivare primo e le scorie che inevitabilmente porterà con sé e tornare altrettanto rapidamente alla realtà. C’è un secondo posto da tenere stretto e salvaguardare in chiave playoff e soprattutto bisogna fare in modo che il Venezia lunedì 10 aprile non arrivi all’Euganeo con la prospettiva di poter chiudere qui la sua marcia trionfale verso la cadetteria. Questo sì sarebbe troppo!

 

UN CHIARO SEGNALE

… di forza, di resistenza, di carattere, di gruppo compatto, di capacità di soffrire nel momento in cui le cose sembra non riescano ad andare bene.

In tanti stasera, alla fine del primo tempo, hanno pensato che portare a casa un pareggio contro un Bassano così in palla sarebbe stato tanta roba. E invece no. Il Padova, alla fine, con De Cenco, ha trovato la via del gol e poi ha saputo difendere con le unghie il suo tesoretto, portandosi a casa una vittoria che vale doppio, triplo, quadruplo.

Eh sì, è proprio un chiaro segnale quello lanciato dai biancoscudati stasera, più di quello esibito nel pomeriggio dal Parma, vincitore con un ampio 4-1 a Gubbio. Il successo degli uomini di Brevi è di quelli pesanti, importanti, significativi. Credo la vittoria più bella di tutto il campionato, per quello che si porta dietro, per il profondo significato a livello di messaggio alla piazza, per il momento in cui è stata confezionata.

Non so se l’aver accorciato il divario dal Venezia a -6 possa davvero far sperare nel miracolo dell’ultimo scorcio di stagione regolare. Non so se aumenti le possibilità di poter all’ultimo agganciare la vetta e la serie B diretta. Ma certo è che ci attende un rush finale importante, di quelli che ogni tifoso sogna di vivere andando allo stadio a vedere la sua squadra del cuore vogliosa di lottare e in grande salute psicofisica.

Straordinari davvero questi ragazzi. Abbiamo avuto stasera una volta in più la certezza che nessuno mollerà niente, da qui all’ultima partita a disposizione di questo torneo iniziato sotto i peggiori auspici ma destinato a terminare regalando emozioni fortissime.

UN PADOVA CHE SA ANDARE OLTRE

OLTRE. La parola chiave di oggi è proprio questa. Il Padova ha vinto a Modena 1-0 e innanzitutto è andato OLTRE il Parma che invece ha perso clamorosamente col Fano (incredibile eh come il calcio sia strano) e si ritrova ora terzo a vantaggio dei biancoscudati secondi a 5 punti dal Venezia in attesa che i lagunari domani sera disputino il posticipo in casa del Bassano.

Il Padova però oggi è andato OLTRE a tante altre cose, anche, se vogliamo, ai propri limiti, che diventano ogni settimana più piccoli e superabili con i tanti punti di forza, soprattutto mentali. La squadra è andata OLTRE l’infortunio di Neto alla fine del primo tempo (e, nel prosieguo del match, si è capito una volta di più quanto si soffra senza il capitano in campo che tiene su palla e fa salire la squadra) e ha saputo andare OLTRE la vivacità del Modena che ha provato in ogni modo a riagguantare il pari e rovinare la festa agli uomini di Brevi. Bindi, con le sue parate strepitose, è andato OLTRE le sue già indubbie qualità. L’allenatore Brevi, con il suo carattere da grande motivatore, ha saputo insegnare a questo gruppo che può e deve guardare sempre OLTRE l’ostacolo del momento perché, lì dietro, si può trovare l’arma giusta per vincere.

Ora io non so se il Padova, che, ricordo ancora una volta, da questa sera è secondo, riuscirà anche a recarsi OLTRE il Venezia capolista. Chi vivrà vedrà, mancano ancora 8 giornate. Ma è solo provando ad andare ancora una volta OLTRE sé stessi che si potrà continuare a cullare il sogno. E allora avanti con questa forza e domenica prossima, contro il Bassano, per favore, riempiamo lo stadio che ‘sti ragazzi se lo meritano davvero!!!

DI PIU’, NIN ZO!

Cito il titolo di una raccolta di barzellette del simpaticissimo comico Martufello per descrivere l’attuale situazione del Padova. Che tutto è fuorché una barzelletta, ma senz’altro non è normale: perlomeno secondo i miei personalissimi criteri di normalità.

La squadra di Oscar Brevi sta facendo un campionato straordinario: è terza in classifica da un po’ di settimane (e sta dunque migliorando alla grande il quinto posto dello scorso campionato, come richiesto dai dirigenti a inizio stagione) e da oggi è a -1 dalla seconda posizione in cui c’è il fortissimissimo Parma. La corsa sul Venezia, primo sempre a +8, rimane difficilissima da compiere ma ancora matematicamente possibile, con uno scontro diretto da giocare in casa. Altinier è a 11 gol. De Cenco, dopo le due reti segnate in Coppa Italia, oggi si è sbloccato anche in campionato. Neto Pereira rimane sempre una granitica garanzia. La difesa regge alla grande, guidata da un Emerson che oggi ha illuminato a giorno l’Euganeo anche quando il sole ha iniziato a scendere. A centrocampo De Risio sta recuperando un po’ alla volta la forma dei tempi migliori, Dettori è incontenibile, Mandorlini una roccia, Favalli e Madonna due pendolini con il serbatoio sempre pieno.

Mi domando e vi domando: cosa deve fare di più il Padova per convincere molti suoi tifosi a non sparargli contro se magari in Coppa non è andato in finale o magari quando arriva semplicemente un pareggio al posto di una vittoria? Quanti risultati positivi deve portare a casa ancora questo gruppo per dimostrare di essere un grande gruppo e per invogliare il pubblico a riempire gli spalti dell’Euganeo ora che la stagione entra nel vivo della fase finale, playoff compresi?

Mi piacerebbe che a questa domanda la gente rispondesse: niente. Più di così il Padova non deve fare. Ci piace così com’è e, al netto di qualche scelta discutibile dell’allenatore e di qualche partita che magari non si conclude come vorremmo, l’amiamo alla follia. E invece no: c’è sempre qualcosa da dire. C’è addirittura chi scomoda la mediocrità dell’intero girone B per dire che i biancoscudati in fin dei conti così bene non stanno facendo. Ma ci rendiamo conto che stiamo parlando del raggruppamento più equilibrato di tutti e che fino a un po’ di tempo fa nel giro di pochissimi punti, dalla prima posizione in giù, c’erano qualcosa come nove squadre?

Io ribadisco: “Di più, nin zo”, cioè “di più non so cosa questa squadra debba fare”. Spero che, andando avanti così, questi ragazzi riescano a convincere anche gli scettici più incalliti. Anche se mi rendo conto che forse sto parlando di un’impresa a tratti più difficile di quella che farebbero in campo se alla fine riuscissero ad arrivare primi.

CERTE COSE CAPITANO SOLO A NOI

Quanta carne al fuoco in questa 28esima giornata del campionato di Lega Pro del Padova. Ma soprattutto quanta rabbia e quanta impotenza di fronte ad un torto subìto che grida vendetta. E che non può che far incazzare chiunque in questo momento abbia veramente a cuore le sorti della società e della squadra, dirigenti in primis.

Il Padova ha pareggiato a Reggio Emilia 1-1, è scivolato a meno 8 dal Venezia e, visto che mancano solo 10 partite al termine della stagione regolare, con ogni probabilità non potrà più nemmeno sognare di raggiungere la vetta della classifica da qui alla fine. Purtroppo, però, non è questa la notizia della giornata.

La vera (brutta) notizia della giornata è che, a distanza di 26 anni dall’altra volta in cui era capitato, al Padova, sul risultato di 1-1, prima è stato concesso un rigore nettissimo per tocco di mano di Contessa in area di rigore e poi lo stesso penalty gli è stato tolto. Motivo? Il direttore di gara, Camplone di Pescara, attorniato da almeno 8 giocatori della Reggiana che protestavano vivacemente, si è consultato con il guardalinee e, dopo aver detto che il rigore c’era indicando il dischetto, ha cambiato la propria decisione. Colpisce la modalità di questa inversione di opinione, innanzitutto perché il rigore c’era, ma anche perché l’arbitro era messo molto meglio del guardalinee, trovandosi a pochi metri dal fallo incriminato (a differenza dell’assistente che era lontano e aveva davanti, tra biancoscudati e reggiani, almeno una decina di giocatori a oscurargli la visuale). Colpisce, dicevo, perché questo episodio mi fa dire che certe cose capitano davvero solo a noi.

La mente mia, e quella dei tifosi più di vecchia data, è immediatamente volata a quel Lucchese-Padova del 1991. Sì, quella maledetta giornata della prima “fatal Lucca”. Anche lì l’arbitro, che era Longhi di Roma, diede un rigore al Padova e poi, consultandosi col guardalinee, lo trasformò in una punizione a favore della formazione toscana. Incredibile. Un quarto di secolo dopo lo stesso destino, in una partita che anche oggi, pur se un po’ meno di allora, era decisiva per le sorti del campionato del Padova.

Sono senza parole. Di gare di pallone ne ho viste migliaia in vita mia in tutte le categorie. Mai ho assistito ad un rigore dato e poi tolto, se non due volte in una sfida con protagonista il Padova. Pazzesco. Se poi ci aggiungiamo che il rigore dato alla Reggiana al 7′ del primo tempo (concesso e fatto tirare!) non c’era perché il tocco di Mandorlini era di spalla-viso e non di braccio, la rabbia cresce. A dismisura.

Sul sito tgpadova.it e sulla nostra pagina facebook del tgbiancoscudato trovate tutti gli episodi incriminati. Anche a voi che leggete, ovviamente, l’ardua sentenza.