FORTE CON LE FORTI, DEBOLE CON LE DEBOLI

Dico la verità: così come fa a volte con le formazioni che schiera in campo il sabato, Alessandro Dal Canto mi ha sorpreso.

Nel senso che le cose che ha detto nel dopo partita sono più o meno le stesse che ho pensato io e che hanno pensato sicuramente anche molti tifosi, soprattutto quelli che erano sotto la pioggia a Gubbio a seguire la partita dal vivo. Anzi, dirò di più: nel mio essere incazzatissima per la sconfitta, ero stata perfino più morbida nelle mie considerazioni, pensando che sì, come al solito, eravamo stati deboli con una debole, ma che alla fin fine non era facile trovare spazi contro un Gubbio così chiuso e in un campo così pesante.

Dal Canto, invece, come si dice dalle nostre parti, è andato giù di "brentòn", affermando che questo Padova è presuntuoso e dicendo chiaro e tondo che così non si andrà mai da nessuna parte. Attenuanti: zero, nemmeno il gol regolare annullato a Schiavi e le tante occasioni da rete create nel primo tempo neutralizzate da un Donnarumma in versione extraterrestre.

Dicevo che Dal Canto mi ha sorpreso perché non pensavo mai che avrebbe vuotato il sacco così in conferenza stampa: ero convinta che avrebbe preso a calci una panca in spogliatoio, magari alzando la voce, ma non certo che avrebbe detto quel che ha detto davanti a tutti.  

Credo che quel che ha fatto arrabbiare più di ogni cosa Dal Canto sia stata la sottile (ma mica poi tanto) differenza che passa tra il "creare" una palla gol e il "costruirla", tra una manovra corale e l’acuto di un giocatore di qualità. E’ vero, il Padova spesso ha vissuto di soluzioni portate dalla grande qualità di alcuni elementi della sua rosa e arrivati a questo punto del campionato questo non può più bastare. Specie se non è collegato ad una costante mentalità d’alta classifica.

Dunque l’allenatore ha fatto bene a dire le cose come stanno, mettendo i suoi giocatori nella condizione di reagire e subito. Ha fatto bene, infine, ad usare il plurale includendo se stesso nell’analisi. Dal Canto non ha detto: i giocatori sono presuntuosi, bensì "siamo presuntuosi". Toccherà dunque anche e anzi soprattutto a lui trovare la strada per cavare fuori il meglio dalla testa dei suoi. E fare in modo che questo meglio duri nel tempo. Il mister ne è consapevole. E ce la farà, anche questa volta. 

 

ORGOGLIOSA DEL MIO PADOVA

Scrivo questo post con il cuore diviso a metà tra la gioia per aver visto il mio Padova dominare il Torino primo in classifica e il timore che questa gioia venga spazzata via da un provvedimento che di calcistico non ha nulla.

Il fatto che il Torino si sia rifiutato di giocare domani l’ultimo quarto d’ora di partita dopo che in un primo momento aveva detto sì a questa soluzione è sintomatico del fatto che la società granata sta prendendo tempo per vedere se è possibile presentare un bel ricorso e ottenere, se ce ne sono gli estremi, la vittoria a tavolino.

Facciano pure. Ci saranno le opportune verifiche, come le ha definite in sala stampa il direttore sportivo del Torino, Gianluca Petrachi, e si saprà dunque con certezza se la causa dei continui black out all’Euganeo, che hanno reso necessaria la sospensione della partita al 31′ del secondo tempo, è interna o esterna, ovvero se il Padova è imputabile per responsabilità oggettiva o si tratta di un caso di forza maggiore.

Comunque vada a finire, io ho visto il Padova imporsi sul Torino per almeno 60 minuti, segnando un bellissimo gol con Ruopolo (e Dio solo sa quanto sono felice per lui, visto che tutti spesso lo bistrattiamo per il fatto che vede poco la porta, non accorgendoci del lavoro sporco eccezionale che mette al servizio della squadra) e sfiorando altre due volte la rete con Cacia. Certo poi il Toro ha reagito e Perin ci ha messo la pezza due volte alla grande su Bianchi, dimostrando una volta di più quanto talento ha, ma non sarebbe stato il Torino primo in classifica se non avesse reagito tentando di portare a casa almeno il pari. Questo è, secondo il mio punto di vista, l’oggettivo svolgimento dei fatti di oggi pomeriggio, che sarebbe stato tale e quale anche se non ci fosse stato il black out, checché ne dica Petrachi, che è invece dell’idea che già nel momento del gol di Ruopolo i suoi giocatori non ci vedevano bene a causa del buio.

A me basta questo per essere orgogliosa del mio grande Padova. E mi auguro che l’esito finale di questa bellissima partita dipenda solo ed esclusivamente da come le due squadre, con le rispettive forze fisiche e caratteriali, giocheranno il fatidico ultimo quarto d’ora che manca, non da giudici sentenze e impianti di illuminazione che si rompono.

In tutta onestà credo che sarebbe giusto così.  

  


HO RIVISTO IL SOLE

Ho visto Il Padova sfiorare la serie A l’anno scorso con Alessandro Dal Canto in panchina.

Ho visto Alessandro Dal Canto mettere insieme, in 26 partite da allenatore del Padova tra il torneo passato e la prima parte del presente, 16 vittorie, 8 pareggi e 4 (dico 4!) sconfitte.

Ho visto il capitano, Vincenzo Italiano, dopo aver segnato il rigore del 3-2 contro il Livorno alla penultima giornata della stagione 2010-2011, correre verso l’allenatore, chiedergli di mettersi in ginocchio, mettersi in ginocchio a sua volta e abbracciarlo forte con tutti i compagni a fare il mucchio sopra di loro. 

Ho visto il presidente Marcello Cestaro e il direttore sportivo Rino Foschi ripartire in questo campionato proprio da quel condottiero tanto apprezzato e rispettato dai suoi giocatori, costruendogli una rosa competitiva con cui provare a dar seguito al sogno interrotto bruscamente nella finale playoff persa a Novara.

Ho visto il Padova ripartire col botto lo scorso 25 agosto, ma avere poi qualche battuta d’arresto qua e là (vedi AlbinoLeffe, Varese e Crotone) e nelle ultime tre giornate un periodo di appannamento, che gli ha fatto racimolare solo due punti in tre partite.

Poteva un primo piccolo momento di difficoltà cancellare con un’unica spazzata tutto quello che avevamo visto fino ad oggi? No, naturalmente. Ecco che quindi a Modena, contro la vicecapolista, i biancoscudati hanno dimostrato, con una prova maiuscola, mastodontica, eccezionale e intensa quant’altre mai, che l’incantesimo non è finito. Che la forza del gruppo è intatta, la stima dello stesso gruppo verso l’allenatore non è minimamente stata messa in discussione e l’immensa mole di lavoro svolta fin qui viaggia tuttora a gonfie vele.     

 

 

 

La morale della storia è che, non so voi, ma io oggi col Sassuolo ho rivisto il sole. Un sole lucente e intenso più che mai, che ha fatto capolino tra le prime, ma evidentemente piccole, nuvole grigie che si stavano addensando sul cielo biancoscudato. La prossima volta, prima di chiedere la testa di un allenatore che ha dimostrato di sapersi mettere in discussione e saper adattare il proprio credo calcistico alle esigenze della partita e alle caratteristiche dell’avversario, forse è meglio lasciargli almeno il tempo di capire come e dove intervenire per far crescere la sua creatura.

  

 

NOVEMBER RAIN

"Se riuscissimo a vincere contro il Grosseto, sarebbe una vittoria pesante. L’importante è non perderla, per nessuna ragione. Dunque almeno un pareggio dobbiamo fare di tutto per portarlo a casa". Così parlò Alessandro Dal Canto alla vigilia della sfida che oggi i biancoscudati hanno purtroppo perso 1-0.

Certo mancano ancora tante partite al termine, l’anno scorso i playoff sono arrivati grazie alla cavalcata finale della durata di sole 13 giornate, altre squadre blasonate in questo momento non stanno brillando per i più svariati motivi, ma ha ragione chi oggi dice che il Padova ha perso l’identità e la sicurezza che mostrava orgoglioso nelle prime giornate. Quando andava a Genova e rimontava due volte un gol di svantaggio, andava a Verona e faceva lo stesso, andava ad Empoli e, dopo essere andata sotto, ne faceva addirittura 4, giocava in casa e imponeva il proprio gioco e la legge del gol con concretezza e forza. Qualche segnale per cui preoccuparsi c’è e Dal Canto, per quanto in sala stampa abbia giustamente difeso la squadra al cento per cento ostentando tranquillità e serenità, lo sa benissimo.

Certo che novembre è proprio un gran brutto mese per il Padova che, da qualche anno a questa parte, va in affanno proprio in questo periodo. La speranza è che stavolta sia solo un momento passeggero e non un tunnel che va a finire come purtroppo è successo nelle ultime stagioni. La voglia e l’impegno ci sono, bisogna recuperare idee chiare, lucidità e convinzione, soprattutto sotto porta. Cercando in ogni modo di fare quel qualcosa in più quando l’avversario di turno si chiude a riccio e non lascia spazi in cui poter agire.

Ora il calendario per fortuna mette di fronte al Padova due ostacoli difficili. Sassuolo fuori casa e Torino all’Euganeo. L’ideale per tornare ad esaltarsi contro avversari di valore. Anche se a Modena col Sassuolo mancheranno gli squalificati Donati e Cuffa e anche Cutolo (ha preso una brutta botta in allenamento), i biancoscudati dovranno essere bravissimi a tirare fuori gli artigli. Come sempre hanno fatto finora nel momento di difficoltà. 

 

LA FORTUNA AIUTA GLI AUDACI, MA CI VUOLE PIU’ CONVINZIONE

"Il punto conquistato a Pescara interrompe la serie negativa fuori casa e ci ridarà un bel po’ di fiducia". "Il Padova ha dimostrato di essere squadra che non molla mai. La serie B è anche questo". Brandelli di verità in una serata che, solo all’ultimo respiro, non ci è andata di traverso come le ultime volte in cui i biancoscudati hanno giocato in trasferta.

Condivido in pieno le due opinioni espresse, durante la diretta "Tuttocalcio" su Telenuovo, rispettivamente dalla giornalista del Gazzettino Nicoletta Cozza e dal giornalista-conduttore Luigi Primon. Sono convinta anche io che, questo pareggio, arrivato con un pizzico di fortuna, risolleverà e non poco l’umore dei giocatori, e che la fortuna, in questo caso, abbia premiato l’audacia di un Padova che, fino all’ultimo secondo, ha provato, seppur in maniera confusa e poco lucida, a salvare la partita. Le attenuanti inoltre ci sono tutte: Franco era alla prima da titolare, Marcolini rientrava dopo 20 giorni di infortunio, Donati e Lazarevic non c’erano, Portin è infortunato.

C’è però dell’altro e riguarda le sicurezze interiori di questo gruppo. Che una volta, nelle difficoltà, si esaltava ed annientava gli avversari e ora invece, nelle stesse difficoltà, non riesce a indovinare due passaggi di fila. E’ encomiabile che fino alla fine non sia venuto meno l’assalto alla porta di Anania stasera ma vedere continui errori negli appoggi più elementari è sintomo di una squadra che ha perso consapevolezza nei propri mezzi. Perché questa paura? Siamo gli stessi che a Genova hanno rimontato due volte il vantaggio sampdoriano, quelli che a Verona, con 15.000 persone che fischiavano, hanno rimesso in piedi, sempre due volte, la partita. Recuperiamo quella serenità e quella spavalderia. Perché con i timori, le titubanze e la mancanza di fiducia nel compagno di squadra più vicino in campo non si va da nessuna parte.   

 

DIFESA DA REGISTRARE ASSOLUTAMENTE

Un passo avanti, a guardarlo bene, è stato fatto. E non solo perché il Padova ha portato a casa il famoso punto che muove la classifica, ma anche perché, un anno fa, di questi tempi, una partita simile l’abbiamo persa. Vi ricordate Padova-Varese, finita 3-2 per i lombardi? Io l’ho vista da casa con 39 di febbre, ma, ahimè, mi è rimasta impressa a fuoco: fino a una manciata di minuti dalla fine, la conducevamo serenamente 2-1 grazie ai gol di Gallozzi e Bovo. E poi cos’è successo? Che i varesini hanno prima pareggiato e poi vinto, infliggendoci una sconfitta che poi ha lasciato una gran bella cicatrice. Stavolta il pari l’abbiamo strappato e, anche se oggi ha il gusto amaro della mancata vittoria (che sarebbe stata più che meritata), più avanti sono sicura che lo apprezzeremo.

I lati positivi della faccenda però terminano qui. Italiano e Cuffa hanno fatto un partitone certo, e Cacia ha confermato la propria caratteristica di bomber infallibile, segnando il suo sesto gol stagionale, ma la difesa davvero ha lasciato parecchio a desiderare, finendo, gioco forza, con l’oscurare tutto il bene che si è fatto. Che è stato tanto.

E’ da una bella registrata lì dietro che deve ripartire la forza di questa squadra. Contro il Livorno era andato tutto benissimo, accortezza e attenzione erano state protagoniste indiscusse: bisogna trovare continuità di rendimento, perché, come ha giustamente sottolineato anche Dal Canto, 17 gol subiti in quattordici partite sono troppi per una squadra che punta alle zone nobili della classifica.     

BELLA REAZIONE, ORA CONTINUITA’

Volevamo una reazione di carattere e c’è stata. Contro il Livorno sono arrivati tre punti che rappresentano la più benefica delle boccate di ossigeno, dopo la giornata nera di Crotone. Certo il gioco si è visto solo a sprazzi e, non me ne voglia Dal Canto, i giocatori un po’ tesi erano di fronte alla prima vera gara verità della stagione, ma fondamentale era dimostrare che la mentalità giusta c’è.

Non aggiungo altro se non che la parolina magica ora deve essere "continuità". Giocare in casa anche sabato contro la Juve Stabia non può che essere un’ulteriore dose di cemento armato per quel carattere che ieri si è rivisto. Senz’altro si fortificherà ancora di più, tornando a imporsi la prossima settimana anche fuori casa. In un campo, quello di Pescara, che sarà un altro banco prova di quelli con i controfiocchi.  

O SI CRESCE DI TESTA O SI RESTA AL PALO

Per essere vincenti, in ogni ambito della vita, bisogna essere forti. Ma forti non solo nelle qualità tecniche, ma anche e anzi soprattutto dentro.

La storia del calcio (e non solo) è piena di talenti che non hanno fatto strada perché non avevano testa e di "scarponi" (o giù di lì) che di strada invece ne hanno fatta molta perché hanno saputo sopperire con intelligenza tattica e mentalità vincente alle poche doti che madre natura aveva dato loro. Una cosa è certa: che anche quando le qualità le hai e non sei uno scarpone, come il Padova di quest’anno, non puoi mai prescindere da una mentalità da vincente se vuoi fare strada. Cioè delle due cose, quella che non può mai mancare, è proprio la componente caratteriale. 

A Crotone il Padova questa mentalità non l’ha dimostrata e ha perso la sua terza trasferta di fila, scivolando al quarto posto. Non è tanto la discesa in classifica che mi preoccupa, siamo alla dodicesima giornata e tutto può ancora succedere (anche ad altre big della B peraltro oggi è andata parecchio male…). E’ la discesa nell’attenzione e nella tensione (quella positiva) che mi lascia un po’ perplessa. Spero che Dal Canto riesca a trovare le parole giuste per risollevare il gruppo perché siamo di fronte al primo forte campanello d’allarme della stagione. A Bergamo con l’AlbinoLeffe la sconfitta era stata immeritata, a Varese è mancata per la prima volta la reazione dopo il gol preso e ci può stare se il tutto è solo un episodio o una serata storta, ma oggi veramente scusanti ce ne sono poche. Martedì c’è il Livorno all’Euganeo, e meno male che si rigioca subito e contro un avversario che stimoli ne darà senz’altro tantissimi!
 

VITTORIA SOFFERTA, CHISSA’ CHE DIA LA SPINTA GIUSTA

Non è stato bello il Padova che oggi è sceso in campo nel secondo tempo. Però il colpo di coda finale, con il gol straordinario di Cacia, ha dimostrato ancora una volta che il carattere c’è e che fino all’ultimo questa gruppo non molla. Mai.

Due sono le cose che mi hanno colpito in positivo in occasione del 2-1:

1) l’assist di Lazarevic, che spero tragga da questa bella palla filtrante tutta la forza per risollevarsi dal momento un po’ no che sta attraversando, recuperando così la spavalderia che quest’estate tanto ce lo ha fatto apprezzare, anche e anzi soprattutto sottoporta.

2) la prontezza con cui Cutolo, sulla stessa traiettoria del lancio di Lazarevic, si è defilato lasciando andare il bomber a segnare. Un segnale che l’intesa lì davanti, che qualche volta ci era sembrato mancasse, sta crescendo di giornata in giornata.

Detto questo, spero con tutto il cuore che questi tre punti, conquistati così, restituiscano morale alla squadra, facendole recuperare convinzione e forza d’animo. A partire dalla trasferta di Crotone di sabato prossimo, altra gara difficile per le condizioni ambientali caldissime in cui i biancoscudati si ritroveranno a giocare.

Concludo con un’opinione sullo sfogo finale di Alessandro Dal Canto, dicendo solo una cosa: quando l’anno scorso, dopo poche partite che era in panchina, sono stata la prima a dire che secondo me andava riconfermato anche per questa stagione, l’ho fatto perché di lui mi aveva colpito la capacità di "ovattare" la squadra dal momento no che stava vivendo, dalla delusione della gente dopo le batoste dell’ultimo periodo della gestione Calori. Mi colpiva la capacità che aveva di rimanere calmo di fronte a qualunque difficoltà, di andare avanti fissando dritto l’obiettivo, salvezza prima, playoff dopo, senza lasciarsi minimamente condizionare da nulla. 

Mi rendo perfettamente conto che in questo momento l’entusiasmo della piazza è a mille. Veniamo da 11 anni di serie C in cui abbiamo dovuto ingoiare rospi e mazzate sul coppino a non finire. Ma, secondo me, Dal Canto ha in mano le carte per gestirlo alla grande e per far sì che i suoi giocatori non pensino di essere dei moderni Maradona. Insomma è perfettamente in grado di evitare che la grandissima voglia di tornare in serie A di tutti faccia danni sulla mente dei suoi ragazzi. Senza perdere la calma e la razionalità che finora sono state le sue migliori compagne di viaggio. Credo sia stata questa la sua arma vincente l’anno scorso. Credo possa esserlo a maggior ragione quest’anno.   

DUE PADOVA IN UNO, RIPARTIAMO DA QUELLO GIUSTO!

Pazzesca. Incredibile. Non riesco a trovare un aggettivo che descriva appieno questa vera e propria "rumba" patita stasera dai biancoscudati all’Ossola di Varese.

Se la gara fosse iniziata e poi finita allo stesso modo, starei senz’altro qui a parlare di serata storta. Di partita sbagliata. Di approccio negativo che ha poi trascinato i padovani alla sconfitta. Invece la cosa più inquietante è che il Padova l’ha iniziata benissimo e per 45′ minuti l’ha pure dominata. Pronti via: colpo di testa di Cacia, Bressan fa il miracolo; sinistro dal limite di Cutolo alto sugli sviluppi di un’azione combinata tra Lazarevic e Cuffa; girata di destro di Cuffa altro miracolo di Bressan; corner dalla destra, doppio tentativo sotto misura di Bovo. Non sono idee o opinioni. Sono fatti. Se al riposo il Padova ci fosse andato in vantaggio di due gol, neanche i tifosi del Varese se ne sarebbero potuti risentire.

E invece è successo l’imponderabile, di più l’inimmaginabile: all’inizio della ripresa, il Varese ha trovato il vantaggio e il Padova, in quella stessa partita in cui fino a cinque minuti prima aveva fatto il diavolo a quattro, anziché reagire come ha sempre fatto in tutte le occasioni in cui è andato sotto (e sono state più d’una) si è progressivamente lasciato andare senza più capirci nulla. Abbiamo insomma visto due Padova in uno, il primo determinato e pericoloso come al solito, il secondo senza nemmeno un briciolo di lucidità e idee chiare.

Nel tentativo di raddrizzarla Dal Canto ha rinunciato ad un centrocampista per mettere un attaccante in più, ma forse lo ha fatto che mancavano ancora tanti minuti alla fine e gli equilibri sono saltati troppo presto. Marcolini per la prima volta non è partito nell’undici titolare e forse per la prima volta abbiamo capito quanto è importante la sua presenza, anche se poi è stato gettato nella mischia (ma quando però i centrocampisti erano rimasti solo in due!). Cutolo era in serata no, Lazarevic purtroppo lo è da un po’, Perin, dopo aver fatto tre-quattro parate strepitose, è incespicato e ha trasformato un’azione del Varese innocua in un calcio di rigore che si doveva evitare. Sto buttando giù un po’ di possibili risposte ai perché di questa sconfitta.

Di sicuro c’è che si tratta della prima vera sconfitta della gestione Dal Canto, perché a Bergamo con l’AlbinoLeffe si era perso solo di un gol su un rigore che non c’era e si meritava assolutamente almeno il pari. Un perché a ciò che è successo dunque occorre trovarlo presto e senza che ci siano altre conseguenze. Io sono certa che l’allenatore lo troverà e porrà rimedio ad una situazione che, comunque, lo ricordo ai più pessimisti, ci vede sempre secondi in classifica.

Tempo per tirare su la testa ce n’è e le sconfitte servono per imparare. Guardiamo dunque con fiducia al derby di sabato prossimo col Vicenza all’Euganeo: forse arriva proprio al momento giusto e ci caricherà dello spirito ideale per reagire immediatamente.

I gatti neri però mi facciano il favore di non cominciare con le solite litanie, della serie "E’ già finito il mito di Dal Canto" e, peggio ancora, "Dal Canto non arriverà al panettone". Oltre ad essere cavolate in questo momento, frasi come queste non fanno bene. Per niente.