I LIMITI DEL PADOVA

Quante volte, al termine di partite in cui l’arbitro ci aveva messo lo zampino in maniera negativa, mi son sentita dire che non prendevo mai posizione, che non sottolineavo certe ingiustizie. Se non lo facevo, era perché ritenevo che, anche senza quelle ingiustizie, il Padova non ce l’avrebbe fatta e preferivo evitare di trovar fuori alibi inutili e sterili ai fini della crescita della squadra.

Stavolta invece prendo posizione, eccome se la prendo. Senza l’espulsione di Bovo, son convinta che ce l’avremmo fatta a portare a casa un pari più che meritato perché stavamo mettendo sotto la Sampdoria in quel momento e Romero già qualche brivido sulla schiena lo aveva provato.

Ciò premesso, però, il problema non è quello che di giusto stavamo facendo nel momento in cui Bovo è stato espulso, ma quello che non abbiamo fatto prima, complicandoci la vita. Andando sotto di due reti nelle uniche due iniziative messe in atto dai doriani, ai quali, l’aiuto per andare in porta, l’abbiamo servito su un piatto d’argento attraverso una leggerezza di Bovo (quella sì criticabile, altro che l’espulsione!) e un anticipo nettamente sbagliato da Schiavi. Certo avevamo di fronte la Sampdoria, che resta insieme al Torino la squadra più attrezzata del campionato seppur in crisi, ma è evidente che qualche limite c’è, se si vuol puntare ad un traguardo più importante dei playoff (leggi secondo posto).

Senza Cacia e con Succi non pienamente recuperato facciamo fatica. Dietro Schiavi sta evidentemente soffrendo le voci che parlano di un Pesoli sulla strada di Padova. Battiamo dunque meglio che si può (e in questo Foschi è un maestro!) la strada del mercato e ritroviamoci qui i primi di febbraio.

Solo allora capiremo fino in fondo chi siamo e dove possiamo arrivare. E occhio alla Reggina tra due lunedì perché, dopo aver rimesso in pista la Sampdoria, il peggio del peggio potrebbe essere proprio quello di fare la stessa cosa con Bonazzoli e i suoi amici.   

E’ LA SERIE B, BELLEZZA!

La categoria in cui ci ritroviamo a giocare è la serie B. E meno male visto che negli undici anni antecedenti al 2009 ci siamo dovuti ciucciare ogni domenica che Dio mandava in terra la serie C, giocando, e a volte pure perdendo, contro Pizzighettone, Moncalieri, Montichiari, Legnano e compagnia briscola (con tutto il rispetto ovviamente per questi club). La B è questa: capita che il Torino faccia 0-0 in casa contro l’AlbinoLeffe e che perda a Gubbio, così come capita che il Padova, non disputando la sua migliore partita, vinca ad Ascoli. Certo poi c’è il Pescara che viaggia ad una media di più di due gol a partita, ma quella è Zemanlandia, una terra franca in cui vive e imperversa un’idea particolare e senz’altro spettacolare di calcio, ma assolutamente improponibile e riproducibile in altri luoghi se appunto non hai Zeman in panchina.

Insomma: è tutto nella norma. Anzi: tre punti ad Ascoli sono grasso che cola in una classifica che dice che il Padova ha chiuso il girone d’andata a quota 38, mica bruscolini!

Ciò premesso, un po’ di preoccupazione c’è per un Padova che non ha più il gioco spumeggiante di una volta e, a tratti, continua a dare l’impressione di dipendere dagli spunti dei singoli. Ma ci sono partite e partite: quella di oggi, contro un Ascoli chiuso in difesa così come avevano fatto Grosseto e Gubbio, poteva trasformarsi nell’ennesima trappola! Invece i biancoscudati, pur non pungendo mai fino in fondo, hanno avuto il pregio di tenerla in mano senza commettere ingenuità difensive fino al momento in cui Lazarevic, aiutato dalla fortuna e da Peccarisi, l’ha sbloccata. E’ soprattutto portando a casa match come questi che si fa strada e si mantiene la parte alta della classifica.

Spero quindi che questa vittoria sia di rilancio per le motivazioni e lo smalto dei giocatori e abbia, se non eliminato, almeno messo da parte le scorie prodotte dalla vicenda calcioscommesse. Avanti con la Sampdoria!    
 

VOGLIO PROVE NON “SENTITO DIRE”!

Sono laureata in giurisprudenza. E’ quindi normale che, con questo corso di studi alle spalle, io sia innocentista. Lo dice chiaro e tondo il secondo comma dell’art. 27 della Costituzione che, vi assicuro, all’università di Padova mi hanno fatto studiare come l’Ave Maria: "L’imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva". Si chiama "presunzione di innocenza". Anche se ci fossero a carico dei biancoscudati le prove più schiaccianti, aspetterei comunque l’ultimo grado di giudizio prima di essere sicura che le cose stiano come recita la sentenza.

Ciò premesso, a carico di Vincenzo Italiano, Omar Milanetto e Francesco Ruopolo non c’è al momento alcuna prova concreta. Certo, rispetto a qualche giorno fa in cui si parlava di coinvolgimento del Padova senza che ci fosse alcun nome del Padova tra gli indagati, un passo avanti è stato fatto: ci sono le parole della confessione fiume di Gervasoni. Ora gli inquirenti le devono esaminare e vedere se, alle parole dell’ex difensore del Piacenza, corrispondono appunto dei fatti. Certo, non saranno ore tranquille nè per me nè per voi tifosi quelle che ci apprestiamo a vivere. Ma ci andrei piano prima di vedere il Padova già retrocesso in Lega Pro: sbaglio o l’altro ieri è venuto fuori che in un’intercettazione Santoni avrebbe detto che Buffon, Gattuso e Cannavaro sono malati di scommesse? Pareva la fine del mondo, invece, lo stesso Santoni ha ritrattato, dicendo di aver fatto tre nomi a caso al momento del colloquio telefonico.

Scusatemi dunque ma, alla luce di tutto questo, parole come "I fratelli Cossato mi dissero che tra i loro referenti c’era anche Italiano che aveva confidato loro che il Padova aveva comprato la partita con l’AlbinoLeffe del 2009" non sono una prova, bensì il riporto di un sentito dire. Non mi bastano per redigere una sentenza di colpevolezza. E non basteranno nemmeno al giudice, in assenza di riscontri oggettivi.

Quindi, per concludere, è normalissima e più che legittima la preoccupazione che ha invaso il nostro stato d’animo ma proviamo ad aspettare che la giustizia faccia il suo corso prima di fasciarci la testa. Se andiamo a vedere anche solo la prima trance delle indagini, sono diversi i nomi di giocatori tirati in ballo che poi ne sono usciti puliti perchè non c’entravano nulla. 


CI DICANO DI CHE MORTE DOBBIAMO MORIRE

Cristiano Doni ha vuotato il sacco. Dopo 5 giorni di isolamento in carcere ha deciso di collaborare e ha ammesso tutto o quasi. Le scommesse, le combine: era tutto vero. Ce ne sarebbero di cose da dire già solo su questo fatto, ma tanto sarebbe un fiume di parole inutili. Dico solo che mi dispiace tantissimo per i tifosi dell’Atalanta che per anni hanno creduto di avere un capitano che esultava tenendo su il mento perché era una persona straordinaria. E hanno creduto alla sua completa innocenza anche dopo che sono partite le indagini lo scorso maggio, difendendolo fino all’ultimo. Non riesco nemmeno ad immaginare quanto possano essere delusi adesso (ho provato a mettermi nei loro panni, pensando, se una cosa del genere l’avesse fatta un giocatore del Padova, a come avrei reagito e non mi sono certo venuti pensieri comprensivi…).

Ma tant’è il punto che interessa più da vicino noi padovani è un altro: ovvero quel Padova-Atalanta che è ancora nel mirino degli inquirenti perché ritengono che per il pari ci fosse l’accordo delle due società. Doni ieri ha ammesso le combine in Atalanta-Piacenza e Atalanta-Ascoli ma ha detto che di Padova-Atalanta non sapeva nulla, men che meno sapeva che ci fosse in ballo un accordo tra le due società. Queste dichiarazioni, per quanto si tratti solo dell’interrogatorio di garanzia, dovrebbero bastare a tranquillizzare i tifosi del Padova e invece non bastano perché il gip, nonostante non risulti al momento alcun indagato del Padova, nè tra i dirigenti nè tra i giocatori, continua a dire di avere in mano elementi che confermano il quadro probatorio.

Concludo allora con un accorato appello, da tifosa più che da giornalista: dicano chiaro e tondo cosa hanno in mano e ci dicano quindi di che morte dobbiamo morire. A Padova si è infatti venuto a creare un clima di sospetto e ansia a dir poco deleterio. Allora: carte in tavola e fuori gli assi. Se c’è qualcosa, qualunque cosa sia, che venga messa in chiaro perché vivere così davvero ci sta facendo malissimo.

Spero che passiate tutti un buon Natale. Io sono convinta che, sotto l’albero, troveremo l’assoluta estraneità ai fatti del nostro amatissimo Padova!     

PAZZO PADOVA

Chiedo scusa per il ritardo nella pubblicazione del post. Mi sono accorta poco fa che quello che ho scritto ieri sera se n’è andato allegramente in fumo (misteri informatici o manifesta incapacità della sottoscritta? Probabilmente la seconda, anche se a me pareva d’averlo pubblicato…).

Vabbe’, pazienza. Provvedo immediatamente a riscrivere i pensieri che hanno affollato la mia mente dopo il fischio finale della partita pareggiata di fortuna (per non usare un termine più colorito ma che renderebbe un po’ meglio l’idea…) contro la Nocerina.

Destino ha voluto che, mettendomi al computer ieri pomeriggio per aggiornare il sito, mi sia capitato a tiro il file con la canzone dell’Inter che un amico mi ha girato per farmi simpaticamente un dispetto qualche tempo fa. L’ho ascoltata anche se, tengo assolutamente a precisarlo, non sono interista, non lo sono mai stata e mai lo sarò. Il motivetto è carino e anche le parole rendono perfettamente l’idea di come un tifoso vive la sua squadra del cuore: "pazza Inter amala, è una gioia infinita, che dura una vita…". Subito ho associato queste frasi al Padova, capace di sfoderare una prova da squadra vera contro le grandi e a far invece venir meno la propria personalità contro le piccole. Quelle squadre che, in assenza di tanta qualità, fanno dell’identità e della forza caratteriale le loro armi.

Ecco il Padova attualmente è proprio pazzo: schizza da un umore all’altro, ha molteplici identità e non trova continuità. Al tifoso dunque non resta che scegliere tra due strade: quella di amarlo a prescindere, apprezzando i lati positivi (il quarto posto in classifica con 35 punti che non sono proprio pochi…) e cercando di farsi andare giù quelli negativi di cui sopra, oppure quella della critica feroce. Che senz’altro sotto alcuni aspetti ci sta, sotto altri rischia magari di peggiorare una situazione che tutto sommato è assolutamente recuperabile.

Ancora una volta siamo di fronte ad una prova importante per Alessandro Dal Canto che deve assolutamente riuscire a ritrasmettere alla squadra la mentalità che aveva ad inizio anno. Quando non abbassava mai la guardia, non aveva mai paura, se andava sotto recuperava alla grande e non si sentiva mai appagata nè presuntuosa. In questo senso, mi spiace dirlo da tifosa del Padova, il Verona insegna. Avrà meno qualità del Padova ma attraverso l’identità e la forza che ha trasmesso ai giocatori Mandorlini è arrivato oggi al decimo risultato utile consecutivo.

Per quanto riguarda Cacia e la sua pizza in faccia a Pomante seguita da espulsione onestamente ci son rimasta proprio male: avendo il ragazzo manifestato un carattere difficile in tutte le piazze in cui ha militato, faccio fatica a vedere una responsabilità del Padova nel gestirlo. Se davvero l’attaccante vuole andare alla Sampdoria, perché lì ritroverebbe l’allenatore che lo ha lanciato e fatto esplodere, faccia pure. Ma lo dica chiaro e tondo così ci togliamo il pensiero. Se invece, come speriamo tutti, vuol continuare a dare il suo prezioso contributo al Padova, cerchi di capire che è normale, in una rosa così ampia e competitiva, vivere qualche sabato da "sacrificato". Ma è poi altrettanto normale tornare a giocare dal primo minuto e far esplodere lo stadio di gioia quando si va in gol.

Non mi resta che augurare a tutti i frequentatori del blog delle serene feste di Natale. Penso infatti che recuperare serenità in un momento come questo sia la cosa fondamentale. E non sto parlando solo di calcio ovviamente.  

HA RAGIONE CESTARO: FINIAMOLA QUI

Padova-Torino è finita sul campo. E il Padova ha vinto. Meritatamente.

Il Toro, però, ha presentato una riserva scritta e orale davanti all’arbitro Calvarese di Teramo, che verrà valutata nuovamente dal giudice sportivo, mentre l’altro ricorso, respinto perché inammissibile dallo stesso giudice sportivo lunedì, finirà sul tavolo della Corte di Giustizia Federale.

La partita dunque, che sul campo ha vissuto il triplice fischio finale, continuerà a vivere tra le carte bollate. Non commento oltre quest’ostinazione della società granata, ho già avuto modo di dire quel che pensavo nel precedente post.

Mi limito a sottolineare, ancora una volta, pochi ma significativi fatti (fatti, non opinioni): 1) sul campo l’arbitro Calvarese, quando è saltata la luce lo scorso 3 dicembre all’inizio della ripresa, ha detto, testuali parole: "Io ci vedo, voi ci vedete, è tutto a posto?" e di fronte a lui i due capitani, Bovo e Bianchi, hanno detto sì. Il gol di Ruopolo dunque era validissimo, perché il consenso a continuare a giocare lo ha dato anche Bianchi del Torino. 2) il Padova, quando è scattato l’ultimo blackout e si è dovuto smettere di giocare perché nel frattempo era sopraggiunto il buio, stava appunto vincendo 1-0. Non avrebbe avuto alcun interesse a staccare di sua iniziativa la spina dei riflettori.

Mi bastano questi due elementi oggettivi per dire che i tre punti sono stati meritatamente conquistati dal Padova sul campo. E che tutto il resto non ha ragione di esistere. Ha ragione Cestaro: finiamola qui. Ci facciamo più bella figura tutti.         


FORTE CON LE FORTI, DEBOLE CON LE DEBOLI

Dico la verità: così come fa a volte con le formazioni che schiera in campo il sabato, Alessandro Dal Canto mi ha sorpreso.

Nel senso che le cose che ha detto nel dopo partita sono più o meno le stesse che ho pensato io e che hanno pensato sicuramente anche molti tifosi, soprattutto quelli che erano sotto la pioggia a Gubbio a seguire la partita dal vivo. Anzi, dirò di più: nel mio essere incazzatissima per la sconfitta, ero stata perfino più morbida nelle mie considerazioni, pensando che sì, come al solito, eravamo stati deboli con una debole, ma che alla fin fine non era facile trovare spazi contro un Gubbio così chiuso e in un campo così pesante.

Dal Canto, invece, come si dice dalle nostre parti, è andato giù di "brentòn", affermando che questo Padova è presuntuoso e dicendo chiaro e tondo che così non si andrà mai da nessuna parte. Attenuanti: zero, nemmeno il gol regolare annullato a Schiavi e le tante occasioni da rete create nel primo tempo neutralizzate da un Donnarumma in versione extraterrestre.

Dicevo che Dal Canto mi ha sorpreso perché non pensavo mai che avrebbe vuotato il sacco così in conferenza stampa: ero convinta che avrebbe preso a calci una panca in spogliatoio, magari alzando la voce, ma non certo che avrebbe detto quel che ha detto davanti a tutti.  

Credo che quel che ha fatto arrabbiare più di ogni cosa Dal Canto sia stata la sottile (ma mica poi tanto) differenza che passa tra il "creare" una palla gol e il "costruirla", tra una manovra corale e l’acuto di un giocatore di qualità. E’ vero, il Padova spesso ha vissuto di soluzioni portate dalla grande qualità di alcuni elementi della sua rosa e arrivati a questo punto del campionato questo non può più bastare. Specie se non è collegato ad una costante mentalità d’alta classifica.

Dunque l’allenatore ha fatto bene a dire le cose come stanno, mettendo i suoi giocatori nella condizione di reagire e subito. Ha fatto bene, infine, ad usare il plurale includendo se stesso nell’analisi. Dal Canto non ha detto: i giocatori sono presuntuosi, bensì "siamo presuntuosi". Toccherà dunque anche e anzi soprattutto a lui trovare la strada per cavare fuori il meglio dalla testa dei suoi. E fare in modo che questo meglio duri nel tempo. Il mister ne è consapevole. E ce la farà, anche questa volta. 

 

ORGOGLIOSA DEL MIO PADOVA

Scrivo questo post con il cuore diviso a metà tra la gioia per aver visto il mio Padova dominare il Torino primo in classifica e il timore che questa gioia venga spazzata via da un provvedimento che di calcistico non ha nulla.

Il fatto che il Torino si sia rifiutato di giocare domani l’ultimo quarto d’ora di partita dopo che in un primo momento aveva detto sì a questa soluzione è sintomatico del fatto che la società granata sta prendendo tempo per vedere se è possibile presentare un bel ricorso e ottenere, se ce ne sono gli estremi, la vittoria a tavolino.

Facciano pure. Ci saranno le opportune verifiche, come le ha definite in sala stampa il direttore sportivo del Torino, Gianluca Petrachi, e si saprà dunque con certezza se la causa dei continui black out all’Euganeo, che hanno reso necessaria la sospensione della partita al 31′ del secondo tempo, è interna o esterna, ovvero se il Padova è imputabile per responsabilità oggettiva o si tratta di un caso di forza maggiore.

Comunque vada a finire, io ho visto il Padova imporsi sul Torino per almeno 60 minuti, segnando un bellissimo gol con Ruopolo (e Dio solo sa quanto sono felice per lui, visto che tutti spesso lo bistrattiamo per il fatto che vede poco la porta, non accorgendoci del lavoro sporco eccezionale che mette al servizio della squadra) e sfiorando altre due volte la rete con Cacia. Certo poi il Toro ha reagito e Perin ci ha messo la pezza due volte alla grande su Bianchi, dimostrando una volta di più quanto talento ha, ma non sarebbe stato il Torino primo in classifica se non avesse reagito tentando di portare a casa almeno il pari. Questo è, secondo il mio punto di vista, l’oggettivo svolgimento dei fatti di oggi pomeriggio, che sarebbe stato tale e quale anche se non ci fosse stato il black out, checché ne dica Petrachi, che è invece dell’idea che già nel momento del gol di Ruopolo i suoi giocatori non ci vedevano bene a causa del buio.

A me basta questo per essere orgogliosa del mio grande Padova. E mi auguro che l’esito finale di questa bellissima partita dipenda solo ed esclusivamente da come le due squadre, con le rispettive forze fisiche e caratteriali, giocheranno il fatidico ultimo quarto d’ora che manca, non da giudici sentenze e impianti di illuminazione che si rompono.

In tutta onestà credo che sarebbe giusto così.  

  


HO RIVISTO IL SOLE

Ho visto Il Padova sfiorare la serie A l’anno scorso con Alessandro Dal Canto in panchina.

Ho visto Alessandro Dal Canto mettere insieme, in 26 partite da allenatore del Padova tra il torneo passato e la prima parte del presente, 16 vittorie, 8 pareggi e 4 (dico 4!) sconfitte.

Ho visto il capitano, Vincenzo Italiano, dopo aver segnato il rigore del 3-2 contro il Livorno alla penultima giornata della stagione 2010-2011, correre verso l’allenatore, chiedergli di mettersi in ginocchio, mettersi in ginocchio a sua volta e abbracciarlo forte con tutti i compagni a fare il mucchio sopra di loro. 

Ho visto il presidente Marcello Cestaro e il direttore sportivo Rino Foschi ripartire in questo campionato proprio da quel condottiero tanto apprezzato e rispettato dai suoi giocatori, costruendogli una rosa competitiva con cui provare a dar seguito al sogno interrotto bruscamente nella finale playoff persa a Novara.

Ho visto il Padova ripartire col botto lo scorso 25 agosto, ma avere poi qualche battuta d’arresto qua e là (vedi AlbinoLeffe, Varese e Crotone) e nelle ultime tre giornate un periodo di appannamento, che gli ha fatto racimolare solo due punti in tre partite.

Poteva un primo piccolo momento di difficoltà cancellare con un’unica spazzata tutto quello che avevamo visto fino ad oggi? No, naturalmente. Ecco che quindi a Modena, contro la vicecapolista, i biancoscudati hanno dimostrato, con una prova maiuscola, mastodontica, eccezionale e intensa quant’altre mai, che l’incantesimo non è finito. Che la forza del gruppo è intatta, la stima dello stesso gruppo verso l’allenatore non è minimamente stata messa in discussione e l’immensa mole di lavoro svolta fin qui viaggia tuttora a gonfie vele.     

 

 

 

La morale della storia è che, non so voi, ma io oggi col Sassuolo ho rivisto il sole. Un sole lucente e intenso più che mai, che ha fatto capolino tra le prime, ma evidentemente piccole, nuvole grigie che si stavano addensando sul cielo biancoscudato. La prossima volta, prima di chiedere la testa di un allenatore che ha dimostrato di sapersi mettere in discussione e saper adattare il proprio credo calcistico alle esigenze della partita e alle caratteristiche dell’avversario, forse è meglio lasciargli almeno il tempo di capire come e dove intervenire per far crescere la sua creatura.

  

 

NOVEMBER RAIN

"Se riuscissimo a vincere contro il Grosseto, sarebbe una vittoria pesante. L’importante è non perderla, per nessuna ragione. Dunque almeno un pareggio dobbiamo fare di tutto per portarlo a casa". Così parlò Alessandro Dal Canto alla vigilia della sfida che oggi i biancoscudati hanno purtroppo perso 1-0.

Certo mancano ancora tante partite al termine, l’anno scorso i playoff sono arrivati grazie alla cavalcata finale della durata di sole 13 giornate, altre squadre blasonate in questo momento non stanno brillando per i più svariati motivi, ma ha ragione chi oggi dice che il Padova ha perso l’identità e la sicurezza che mostrava orgoglioso nelle prime giornate. Quando andava a Genova e rimontava due volte un gol di svantaggio, andava a Verona e faceva lo stesso, andava ad Empoli e, dopo essere andata sotto, ne faceva addirittura 4, giocava in casa e imponeva il proprio gioco e la legge del gol con concretezza e forza. Qualche segnale per cui preoccuparsi c’è e Dal Canto, per quanto in sala stampa abbia giustamente difeso la squadra al cento per cento ostentando tranquillità e serenità, lo sa benissimo.

Certo che novembre è proprio un gran brutto mese per il Padova che, da qualche anno a questa parte, va in affanno proprio in questo periodo. La speranza è che stavolta sia solo un momento passeggero e non un tunnel che va a finire come purtroppo è successo nelle ultime stagioni. La voglia e l’impegno ci sono, bisogna recuperare idee chiare, lucidità e convinzione, soprattutto sotto porta. Cercando in ogni modo di fare quel qualcosa in più quando l’avversario di turno si chiude a riccio e non lascia spazi in cui poter agire.

Ora il calendario per fortuna mette di fronte al Padova due ostacoli difficili. Sassuolo fuori casa e Torino all’Euganeo. L’ideale per tornare ad esaltarsi contro avversari di valore. Anche se a Modena col Sassuolo mancheranno gli squalificati Donati e Cuffa e anche Cutolo (ha preso una brutta botta in allenamento), i biancoscudati dovranno essere bravissimi a tirare fuori gli artigli. Come sempre hanno fatto finora nel momento di difficoltà.