STA NASCENDO PROPRIO UN BEL PADOVA

Il difensore centrale Daniele Gasparetto, il trequartista Flavio Lazzari, i terzini sinistri Selim Ben Djemia e Francesco Renzetti. Tra poco anche il centrocampista offensivo Matias Claudio Cuffa e quasi certamente anche il portiere Federico Agliardi.

Direi proprio non male come inizio questa campagna acquisti del Padova in vista del suo primo campionato in serie B dopo 11 anni di assenza. Insomma, la squadra di Carlo Sabatini al cospetto della cadetteria ritrovata si presenterà vestito a festa. 

E il bello è che non è ancora finita. Perchè molto probabilmente tornerà Cesar (che se lo tiene a fare il Chievo se non rientra più nei suoi piani?), prenderemo un regista di un certo livello (non sarà Italiano, ma anche Carrus e Baronio non sarebbero proprio male) e alla fine arriverà anche una punta, un vice Varricchio per intenderci.

Che ve ne pare?   

UN’ALTRA OSTRICA CHE PUO’ AVERE LA PERLA

Voglio essere sincera fino in fondo. Cosa che mi impegno sempre a fare, anche a costo di incidenti diplomatici che spesso mi provocano non pochi grattacapi e problemi.

Quando, la scorsa settimana, si è iniziato a parlare del nuovo direttore sportivo e, tra le ipotesi paventate, è venuta fuori anche quella della "soluzione interna" con il passaggio di consegne a Ivone De Franceschi, fresco di patentino, non mi è sembrata ad una prima analisi questa la soluzione che poteva fare al caso del Padova. Non perchè non abbia stima di "Checchi", ci mancherebbe altro: ho vissuto a stretto contatto (professionale) con lui le sue ultime stagioni da giocatore del Padova e ho visto quanto ha sofferto nel non essere riuscito a portare la squadra in B quando ancora c’era lui sul campo a correre dietro alla palla e a deliziare il pubblico con le sue magiche punizioni di sinistro "a girare".

Insomma so quanto tiene a questa società, in cui è stato accolto come dirigente quando un’anomalia al cuore lo ha costretto a lasciare, a 33 anni, il calcio giocato. La mia perplessità era legata al fatto che, nella mia personalissima visione delle cose, ci voleva un direttore sportivo esperto per una categoria come la serie B. Uno che avesse occhio, che ci sapesse fare, che conoscesse alla perfezione l’ambiente in cui andava ad operare. Ecco perchè l’ipotesi di una figura più navigata (come era quella di Fabio Paratici, ad esempio) che lo affiancasse mi pareva più adatta per affrontare con maggiore serenità la prossima stagione, la prima in B dopo undici anni.

Questi cinque giorni di tira e molla da parte della società (che evidentemente aveva a sua volta qualche dubbio) mi hanno però spinto a riflettere e il ragionamento che ne è emerso mi ha illuminato al punto da portarmi a pensarla in maniera del tutto opposta.

Ho analizzato l’ultimo campionato e mi son detta: chi è stato a guidare la squadra verso la promozione dopo anni e anni di sofferenze inaudite e soldi buttati al vento? Carlo Sabatini: un allenatore novizio, proveniente dalla Berretti, ritrovatosi all’improvviso al timone di una nave importante che non solo non ha fatto affondare ma ha addirittura condotto nel porto in cui voleva arrivare. Impresa mancata, negli anni scorsi, da tecnici del calibro di Renzo Ulivieri, Andrea Mandorlini, Pierluigi Frosio e via dicendo. Poi mi son domandata: chi è che, a Natale di questo stesso torneo, è stato fatto direttore generale, trasformandosi in quella figura di riferimento e in quel collante tra squadra e società che prima mancava? Gianluca Sottovia, un padovano doc che è cresciuto nel Padova partendo dalla segreteria e che ora ci sta mettendo la faccia in un club di serie B. Poi mi son detta: "prova a pensare ad un giocatore rivelazione di questo campionato" e la mia mente è volata a Pietro Baccolo, un padovano di 19 anni cresciuto nel settore giovanile, fino all’anno scorso un signor nessuno nel calcio professionistico e ora richiesto addirittura da Fiorentina e Chievo.   

Il che significa che a Padova non è evidentemente l’esperienza l’elemento fondamentale per ottenere risultati. La molla decisiva è rappresentata da ben altro, ovvero dall’entusiasmo, dalla voglia di mettersi in gioco e dall’attaccamento a questi colori: tutte cose che, unite a competenza e umiltà, possono fare la differenza.

Ebbene Ivone tutto questo patrimonio ce l’ha. E’ un’altra ostrica nata e cresciuta nel mondo biancoscudato che potrà dimostrare di avere al suo interno una perla. 

E allora: buon lavoro a Checchi e al Padova!     

LA PRIMA SCELTA (GIUSTA) DEL NUOVO ANNO: LA RICONFERMA DI SABATINI

Ho incontrato per la prima volta di persona Carlo Sabatini a Bresseo. Era un giovedì pomeriggio di inizio 2008. Io stavo arrivando per realizzare alcune interviste a fine allenamento (allora il tecnico era Ezio Rossi), lui stava andando via perchè aveva appena terminato di disputare la partitella con la sua Berretti contro i biancoscudati. Ci siamo fatti un saluto veloce (entrambi sapevamo chi era l’altro pur non essendoci mai incontrati di persona) ma son bastati la sua vigorosa stretta di mano e lo sguardo schietto e dritto perchè fosse stima a prima vista (almeno da parte mia).

Qualche tempo dopo il presidente Cestaro decide che la squadra non può arrivare a fine campionato con Rossi, lo esonera e, prendendo esempio dall’Hellas Verona che aveva dato poco tempo prima con successo in mano la squadra al tecnico della Berretti Pellegrini, offre a Sabatini la grande opportunità dandogli in mano la prima squadra. Be’, mi son bastate due conferenze stampa, quella di presentazione del suo nuovo incarico e quella prima di Padova-Sassuolo (1-0 gol di Rabito), per confermare in pieno la prima impressione che avevo avuto di lui. "Amo mia moglie, ma amo da morire anche il Padova. Sono disposto a qualunque cosa per riportarlo dove merita di stare", fu la sua prima frase. Da allora è stata tutta una escalation: Sabatini si è dimostrato sempre disponibile nei confronti di tutti, a tutte le ore. Ha lavorato sodo sul campo, mettendo l’impegno di chi sa di giocarsi una chance importante ma allo stesso tempo l’umiltà di chi sa di avere sempre da imparare. Ha superato tutti i problemi legati ai tanti infortuni e ha cambiato la sua idea iniziale di modulo quando era il momento giusto. Ha inoltre fatto un piccolo miracolo anche fuori dal campo, alleggerendo col sorriso le situazioni di tensione, difendendo sempre a spada tratta i suoi ragazzi, anche quando magari i risultati sul campo dicevano che non lo avrebbero meritato, e non cadendo mai nella banalità o nella retorica. Sabatini ha sempre risposto a tutte le domande, anche quelle più scomode, e, nei limiti dei (sacrosanti e giustamente inviolabili) segreti dello spogliatoio, ha sempre detto la verità a tutti, tifosi e giornalisti.

Mi ha poi letteralmente folgorato il discorso che ha fatto a Natale durante la festa dedicata al settore giovanile. Quando gli è stata data la parola ha mollato il microfono sul tavolo, ha iniziato a passeggiare tra i ragazzini parlando come se fosse all’interno di un grande spogliatoio, ne ha fatto alzare uno in piedi e parlando a tutti ha detto: "La vedete questa maglia? Dovete sempre essere orgogliosi di indossarla perchè quella in cui avete la fortuna di imparare a giocare a calcio è una signora società che vi farà diventare grandi uomini oltre che bravi giocatori. Non dovete mai smettere di onorarla". Son venuti i brividi a me, figuriamoci ai bambini che lo ascoltavano tutti non riuscendo a togliere i loro occhi dai suoi.

Capite ora veramente perchè tutto questo non poteva finire lo scorso 13 gennaio, quando Cestaro, invece che difenderlo e fare quadrato attorno a lui dopo lo 0-0 di Legnano, ha deciso che era meglio cambiare allenatore? Capite perchè, nonostante qualche errore frutto solo dell’inesperienza e non certo dell’incompetenza, Sabatini doveva rimanere e portare a termine la missione per la quale era stato chiamato? Capite perchè, qui nel blog, sono diventata pedante e ripetitiva a forza di difendere il suo operato e chiedere a Cestaro di riportarcelo? Non era giusto che, dopo aver atteso in silenzio per vent’anni, mettendo tutta la sua passione e la sua professionalità al servizio del settore giovanile, l’occasione della sua vita sfumasse così, in un modo così assurdo e la storia di questi giorni mi ha dato ragione.

Era d’obbligo il lieto fine in questa favola, la favola dell’umile operaio che, contando solo ed esclusivamente sul proprio patrimonio umano e professionale e senza la benchè minima raccomandazione, arriva meritatamente in alto.    

Ora che questo lieto fine è stato scritto e il sogno di riportare il Padova in B il mister lo ha realizzato con le forze sue e del fantastico gruppo che ha avuto a disposizione, sono ancora più felice di sapere che la prima mossa del presidente Cestaro è stata quella di tenerselo ben stretto. Carlo Sabatini allenerà il Padova anche in B. E ci porterà, ne sono sicura, ancora più in alto.   

  

UNA SOLA PAROLA: GRAZIE

Mi sgorga spontanea dal cuore una sola parola: grazie.

Sì, grazie al Padova per le emozioni e la felicità che mi ha fatto provare. La più forte da quando ho la fortuna di seguirlo facendo il lavoro che considero il più bello del mondo. Non pensavo mai che sarei arrivata a tremare e piangere in diretta per la gioia di veder segnare Totò Di Nardo, per il brivido di veder correre Bogdan Aurelian Patrascu sotto la curva come fece Maurizio Coppola in occasione della promozione in serie A nel 1994. 

Sono felice per il traguardo sportivo che la Padova del pallone aspettava da 11 anni. Ma la cosa che davvero mi fa venire la pelle d’oca è come questo traguardo è arrivato. Grazie a doti umane prima che tecnico tattiche. Vedere 25 giocatori che si guardano negli occhi e mettono da parte eventuali dissapori personali in forza di un obiettivo che vogliono più di ogni altra cosa mi ha convinta che questo Padova è formato da grandi uomini. Con pregi e difetti, come tutti, ma uomini capaci di mettersi in gioco fino in fondo, senza paura di prendersi responsabilità. Avessimo perso questi playoff rimanendo in Prima divisione, la sconfitta avrebbe avuto proprio per questi motivi un sapore diverso rispetto alle debacle degli anni scorsi, arrivate perchè non ci si era creduto fino in fondo, perchè non tutti avevano messo sul piatto l’intero proprio patrimonio umano. 

E’ stato questo a riportare i risultati, anche nelle situazioni più impossibili, è stato questo a riavvicinare l’intera città ai giocatori. Perchè ognuno di noi, che fa un lavoro completamente diverso da quello del giocatore di calcio ma ogni mattina entra in fabbrica o in ufficio dando tutto sè stesso, si è per la prima volta dopo tanto tempo immedesimato nei ragazzi, soffrendo quotidianamente insieme a loro. Sentendo appunto che anche loro avevano voglia di soffrire per fare alla città il regalo più bello.

Grazie, Padova. Grazie a tutti i giocatori e in primis al tecnico Carlo Sabatini. Un altro che si è messo in gioco con umiltà e lavoro e ha vinto. Grazie infine a tutti voi del blog che avete condiviso con me speranze, gioie e delusioni: avevo promesso che se il Padova avesse vinto il campionato vi avrei offerto da bere (ve lo ricordavate vero??). Sono pronta, quando volete, ad una rimpatriata per ridere e ricordare insieme le gesta eroiche dei nostri beniamini.

Serie B… che bello pronunciare questa fantastica parola…  

UN ULTIMO SFORZO, IL PIU’ DIFFICILE, IL PIU’ BELLO

E’ finita 0-0 e il Padova deve solo mordersi le unghie per essersi "pappato" il secondo rigore in due settimane e per aver sprecato almeno altre quattro buonissime opportunità.

E però non è ancora arrivato il momento dei processi. Proprio il fatto che contro la vicecapolista del campionato, in corsa fino all’ultimo per il salto diretto in B, i biancoscudati siano usciti dal campo con la consapevolezza che potevano vincere perfino 3-0 ci deve dare la forza e il coraggio per guardare all’ultima fatica di questo campionato, la finale di ritorno a Busto del 21 giugno, con il sorriso sulle labbra.

Vorrei inoltre fare altre due considerazioni, che mi sgorgano spontaneamente dal cuore:

1) La Pro Patria, dal punto di vista della preparazione atletica, è alla frutta. Nel secondo tempo più di qualcuno tra i bustocchi ha fatto finta di svenire per perdere tempo. Altri invece non fingevano affatto: crampi, ritardo nello scatto, rinuncia a giocare. Sono segnali che la squadra di Lerda finora si è retta sulla forza dei nervi, ma atleticamente non è assolutamente al top. Il Padova invece, grazie al lavoro fatto dal preparatore atletico Baffoni, è in un momento di forma strepitosa. Se si arriverà al 120esimo minuto domenica, ovvero ai supplementari, sarà la Pro Patria a dover tremare.

2) L’arbitraggio. Ho sentito più di qualcuno uscendo dallo stadio lamentarsi per la direzione di Doveri di Roma. E’ vero: ha fischiato una caterva di falli inutili ed è andato ad ammonire Jidayi per una protesta davvero veniale. Ma non credo sia stato assolutamente determinante per l’esito della partita. In questi giorni sono stati molti a temere aiuti arbitrali alla Pro Patria. Be’ se voleva aiutarla davvero Doveri di Roma non avrebbe dato il rigore su Di Nardo e magari sarebbe andato ad ammonire Varricchio al primo "ba" detto fuori posto. Insomma, non l’ho visto così’ accanito contro di noi, anche se qualche errore, ripeto, l’ha commesso. Se su cinque palle gol avute non ne è finita nemmeno una alle spalle di Giambruno, non credo proprio sia colpa dell’arbitro.

Detto questo, invito tutti a rimanere fiduciosi. Non è retorica: vincere a Busto sarà impresa impossibile. Ma questo Padova può farcela, superando l’ultimo ostacolo. Quello, oltre il quale, ci sarà finalmente la serie B ad aspettarlo a braccia aperte!

SENZA VOCE MA CON TANTA GIOIA NEL CUORE

Ieri, ad un certo punto, mi sono messa una mano sul cuore.

Batteva fortissimo, lo sentivo quasi uscire dal petto. Era impazzito esattamente come quello degli altri 2.000 tifosi che hanno letteralmente invaso Ravenna, surclassando il locale tifo romagnolo sia sotto il profilo numerico che sotto l’aspetto dei cori e dell’incitamento alla squadra. 

Non ho pianto alla fine, ma solo perchè un nodo mi ha stretto la gola impedendomi di fare uscire tutta l’emozione che avevo dentro. Scrivo queste sensazioni perchè so che, chiunque le leggerà, vi riconoscerà anche le proprie.

Non ho più voce, l’ho lasciata a Ravenna. Questa è la gioia più grande che provo da quando seguo il Padova come giornalista. L’altro grande momento di felicità l’ho sentito nel 2001, quando lo sceriffo Franco Varrella e i vari Centofanti, Bergamo, Ferronato e Tasso ci hanno portato dalla C2 alla C1. Ma allora fu un successo netto, un primato assoluto in classifica, che passò attraverso un unico momento di difficoltà, intorno a novembre. Momento da cui i biancoscudati di allora uscirono inanellando qualcosa come sette vittorie di fila.

Stavolta è diverso perchè eravamo spacciati, a meno sette dal quinto posto a sole sei giornate dalla fine. Sembrava che avessimo davanti il baratro e invece che precipitare i giocatori hanno aperto le ali e hanno iniziato a volare. Troppo eroica l’impresa. Troppo bravi Faisca e compagni a tirare fuori gli attributi e la personalità che ora sta esaltando una città intera. 

La partita di ieri ha racchiuso nei suoi novanta minuti esattamente tutto l’andamento dell’ultima parte del campionato: il rigore sbagliato da Pederzoli è stato come la sconfitta interna col Ravenna del 5 aprile. Sembrava finita invece sono arrivati allora il successo sulla Cremonese che ha riaperto i giochi, ieri il gol di Patrascu su punizione che ha lanciato il Padova verso la vittoria. Sembrava che la rete di Zizzari fosse come quella del pari del Monza il 19 aprile e che stroncasse sul nascere le velleità biancoscudate invece il 19 aprile  arrivata la deviazione vincente di testa di Bovo, ieri il colpo di nuca di Falsini.

Ora l’ultimo ostacolo si chiama Pro Patria. Sarà dura, come sempre, ma questo Padova può davvero continuare a stupirci. E volare ancora più in alto.

Vai, grandissimo Padova.       

COME PRIMA PIU’ DI PRIMA

Tutto finito? Musi lunghi? Altra stagione buttata?

Può essere. Ma non è ancora detto. E, scusatemi se vado contro corrente, ma io alla conquista della finale, e poi della serie B, credo come prima. Anzi, più di prima. E tutto questo per una serie di buoni motivi.

1) Il Padova, questo Padova, rende al meglio solo quando ha davanti a sè un unico risultato possibile: LA VITTORIA. E’ stato così all’indomani della sconfitta interna in campionato contro il Ravenna e sono arrivate cinque vittorie di fila. A Ravenna, tra sei giorni, sarà di nuovo così: i biancoscudati dovranno per forza vincere e questo spingerà ciascun giocatore a dare il meglio di sè. Perchè, dopo aver fatto cinque vittorie e dico cinque vittorie di fila, di cui tre fuori casa in campi tutt’altro che agevoli, non dobbiamo sperare che ne faccia una al "Benelli" di Ravenna? Per carità, non sarà una passeggiata, non sarà facile, ma da qui a dire che faremmo meglio già a deporre le armi ce ne passa.

2) Ritiro fuori la faccenda degli ultimi playoff del Padova, quelli del 2003. A costo di essere ripetitiva e ridondante. Allora i biancoscudati la prima la persero in casa contro l’AlbinoLeffe, in maniera peraltro rocambolesca: il portiere Colombo prese un gol assurdo da quaranta metri su punizione di Regonesi, riuscimmo in qualche modo a pareggiare su un autorete propiziata da un tiro di Orlando ma, nel finale, non capendo che era una partita maledetta (nei primi minuti non era stato convalidato al Padova un gol su colpo di testa di Porrini che il portiere Acerbis aveva buttato fuori ben oltre la linea bianca), per la troppa voglia di andare a fare il 2-1 pigliammo un gol su calcio di rigore che grida ancora vendetta. Al ritorno poi vincemmo (sul neutro di Cremona) 1-0, gol di Ciro Ginestra, ma questo non bastò proprio perchè in casa avevamo perso e l’AlbinoLeffe passò il turno perchè meglio classificato al termine della stagione regolare. Ricordo che i giocatori a fine partita, dopo aver buttato fuori tutta la rabbia per il risultato beffardo che puniva il Padova solo perchè era arrivato quinto in campionato, dissero in coro: "Se non avessimo perso all’Euganeo, sarebbe bastato un pareggio…".     

3) Quello stesso AlbinoLeffe andò poi in finale con il Pisa: perse la prima, a Pisa, 2-1, e al ritorno, con lo stadio di Bergamo pieno di pisani (i quali non persero l’occasione di urlare: "giochiamo in casa lalalalalalala" e "benvenuti all’Arena Garibaldi"), sovvertì quello che sembrava un destino già scritto, vincendo ai supplementari e volando in B. Da dove, peraltro, non è più sceso. 

Vi bastano questi motivi per continuare a sperare insieme a me che il sogno non è ancora finito?   

CI SIAMO

"Il giorno dei giorni", come lo definisce Ligabue, è arrivato. Domani il Padova affronterà il Ravenna all’Euganeo a partire dalle 16 tentando di percorrere fino in fondo la strada che porta alla serie B. 

"Attimi e secoli, lacrime e brividi", prosegue la stessa canzone, descrivendo esattamente tutto ciò che sarà questa delicatissima partita per lo stato d’animo di ciascuno di noi. Ogni frazione di secondo ci regalerà un’emozione unica e se magari avremo la fortuna (anzi no: la bravura!) di passare in vantaggio (magari con un bel gol dell’Airone) ogni attimo successivo sembrerà un secolo fino al novantesimo. Se poi andrà bene saranno lacrime di gioia, saranno brividi di intensa passione biancoscudata. 

Così la vivremo noi, sugli spalti.

Proseguendo sempre con la canzone del Liga, si trova spunto anche per descrivere lo stato d’animo dei giocatori, che sicuramente saranno carichi come molle per affrontare la grande sfida ma anche comprensibilmente tesi. "Tutto da fare e niente da perdere", dice il testo. Ecco, credo sia proprio questo il monito con cui i ragazzi devono approcciarsi alla partita. 

Nelle ultime sei giornate di campionato hanno dimostrato che quanto a impegno, capacità, abnegazione, spirito di sacrificio e caratura tecnico tattica non sono inferiori a nessuno. Non fosse stato così non sarebbero cadute davanti a loro, una dopo l’altra, squadre come la Cremonese, l’ostico Monza, il Pergocrema, il Lecco e la Reggiana. E la Pro Patria all’Euganeo avrebbe portato a casa vittoria e serie B al posto del Cesena. 

Il test di verifica se lo sono già fatto insomma e l’hanno superato a pieni voti. Ora, oltre a tutto ciò che ho citato prima, occorre aggiungere all’impasto della torta un pizzico di incoscienza e leggerezza. Intese nel senso positivo del termine.

Se scende in campo con troppa tensione rischia di ritrovarsi la mente annebbiata e le gambe pesanti. Se invece tira un bel respirone e si rende conto che mezza impresa l’ha già fatta e che proprio da quello che ha già fatto deve trarre ottimismo e consapevolezza, allora non ci sarà Ravenna che tenga.

Vai, grande Padova.   

DEDICATO A CHI SENZA PADOVA PROPRIO NON CI SA STARE

Lo so, lo so.

Vostra morosa vi trascinerà al mare, dicendovi che finalmente vi potete concedere una domenica insieme, a base di sole, spiaggia e riposo, magari cimentandovi in una divertentissima partita di beach volley o in una eccitantissima sfida a "racchettoni" in riva al mare. 

Vostra moglie vi dirà: "Oh finalmente una domenica senza calcio, dai su, prendiamo i bambini e andiamo a trovare mia sorella, mio fratello o l’amica del cuore", che avrà senz’altro altrettanti bambini e vi costringerà ad un pomeriggio da baby sitter, dietro a un gruppetto scatenato di piccole pesti, che non si fermano un minuto.

Lo farete, perchè una domenica all’anno è giusto così e perchè, battute a parte, con vostra morosa, vostra moglie, i vostri figli e i vostri amici ci state benissimo (guai se non fosse così!). Ma solo chi condivide con voi l’irrefrenabile passione per i colori biancoscudati sa che con il cuore voi, anzi noi perchè ci sono dentro fino al collo anche io, siamo già con la testa, il cuore, le gambe e i nervi proiettati a domenica prossima, data d’inizio di questi playoff tanto attesi, giorno della gara di semifinale contro il Ravenna all’Euganeo.

Quindi so benissimo che questa domenica di riposo e di svago, per quanto stiate con persone che amate, sarà una domenica di sofferenza, di attesa, di ansia, in cui i novanta minuti del Padova vi (ci) mancheranno come l’aria. Certo, durante l’anno, qualche volta, riscoprendovi al lunedì mattina completamente afoni per aver gridato a squarciagola allo stadio o in qualche caso ancora arrabbiati per una sconfitta immeritata, vi siete maledetti di amare così il nostro Padova… ma attenzione, questo lunedì, a non svegliarvi con le caviglie storte e le ginocchia sbucciate per aver esagerato con i giochi da spiaggia!!!! 

Ancora sette giorni e il sogno comincia. Riposiamoci pure una domenica, poi tutti pronti a tifare, a buttare il cuore in campo insieme ai ragazzi. Buona domenica a tutti, anche se non sarà biancoscudata!!!

P.S.: un abbraccio particolare a Ire, ispiratrice di questo post. Due ore fa mi ha mandato un sms, scrivendomi che le manca tanto la domenica calcistica e che ha già comprato i biglietti per domenica prossima. Questo è il mio modo di condividere con lei il suo stesso stato d’animo. E non solo con lei: un abbraccio anche ai vari Stefano quello di sempre, Stex, Tex (cui do il bentornato), alle new entry Laura e Eddy e a tutti gli altri!

VOGLIO VIVERE UN SOGNO

I colleghi veronesi mi hanno fatto una bellissima sorpresa. Non appena sono rientrata in redazione dallo stadio Euganeo (sono pochissimi metri di strada) e mi sono collegata al nostro sito per continuare a raccontarvi via web quello che avevo vissuto insieme a voi in diretta dalla tribuna stampa, ho trovato, già caricato, il video degli ultimissimi secondi della diretta "Tuttocalcio": quei fantastici secondi in cui l’arbitro Nasca di Bari ha fischiato la fine di Padova-Pro Patria e sono scoppiata a piangere urlando "siamo ai playoff".

Sono sicura che è successo a molti di voi di commuovervi: su Ire non ho dubbi perchè l’ho incontrata all’uscita della tribuna con gli occhi ancora gonfi e la sorella Elena e il papà che la prendevano amorevolmente in giro. Ma penso anche a come avrà reagito Stex, sempre così istintivo e diretto nei suoi commenti, oppure Katia che con il marito vigile urbano mi scrive in Facebook, confidandomi le sue paure e speranze (sportive). Come minimo anche loro una lacrima l’hanno fatta, e, come loro, tanti altri tifosi e tifose che hanno risposto "presente" alla chiamata della squadra e, una volta tanto, non sono rimasti delusi. 

L’attesa è stata lunga: era dal 2003 che i playoff non passavano da queste parti. E, fatalità, di quel Padova faceva parte Emanuele Pellizzaro, che ora è il vice di Sabatini. Il traguardo raggiunto oggi non spazza via del tutto sei anni di delusioni, di soldi buttati in giocatori che non hanno mostrato un decimo della grinta che ha permesso agli attuali biancoscudati di portare a termine una portentosa rincorsa, di madornali errori di valutazione che hanno portato a disastri inenarrabili. Nè cancella la disperazione che abbiamo provato negli anni scorsi quando abbiamo dovuto stare zitti e mangiarcela di fronte allo Spezia e al Grosseto che sono venuti qui da noi a festeggiare la promozione in B al posto nostro.

Ma qualcosa è cambiato.

Se così non fosse, se non fosse davvero speciale questo Padova, se non avesse doti umane straordinarie, se non ci avesse messo il cuore in questo ultimo mese e mezzo, non sarebbe riuscito a fare quello che ha fatto. Portando a casa 16 punti in sei partite e recuperando un disavanzo di ben 7 lunghezze sui playoff. 

Dico di più: se questo Padova non avesse meritato davvero i playoff, il tiro di Melara sarebbe finito dentro al 27′ della ripresa, così come quello precedente di Do Prado. Condannando i biancoscudati, a quel punto quinti a pari punti con la Spal, a rimanere fuori per un altra beffa del destino, ovvero lo scontro diretto a sfavore con i ferraresi. 

Si sarebbe verificata un’altra di quelle situazioni paradossali, incredibili, di quelle che nemmeno se arrivi ultimo a zero punti ci rimani così male.

Il vento è cambiato, ripeto. Ci siamo liberati dei fantasmi, degli incubi e dei gatti neri. Ora la situazione è quella giusta per provare a vivere un sogno, sempre rimanendo con i piedi per terra, per carità, perchè col Ravenna ci aspetta una semifinale da brividi, ma pur sempre credendoci.

Io lo voglio vivere questo sogno. E voi?