EL SEGNA SEMPER LU…

 

Premessa doverosa: quando Morante firmò il contratto con il Verona nessuno mise la pistola alla tempia al padrone dell’Hellas. Morante era stato il vicecapocannoniere della C1 (girone B) con la maglia della Sambenedettese, il Padova aveva fatto un timido tentativo per averlo (poi preferirono prendere Varricchio…) e il Verona ritenne di aver fatto il colpo della stagione. Morante costò 400 mila euro all’Hellas (pardon alla Juve della serie C). Cannella (“Per me parlano i risultati”), fece firmare a Morante un triennale a cifre da capogiro (per la C1, ma probabilmente anche per la B). Su per giù (più su che giù), 450 mila euro lordi a stagione, praticamente quasi un miliardino delle vecchie lire. Morante si presentò a Verona in sovrappeso e fuori forma.

Non si era allenato a San Benedetto, pensando alla sua futura maglia. La scarsa condizione lo penalizzò nelle prime uscite. E fu lì che i veronesi lo videro per la prima volta, facendo la sua conoscenza: lento, impacciato, sempre fuori posizione e fuori tempo. Il povero Colomba, quando iniziarono ad arrivare i primi mugugni cercò di fargli da scudo. Gli diede oltremodo fiducia, fino alla sfinimento, fino a perdere il posto. Ci si aspettava almeno un guizzo, un bagliore, un piccolo scatto d’orgoglio in questo ragazzone: ed invece niente. Partite sempre più scialbe, sempre più penose.

A gennaio Galli (tra una scommessa e l’altra su Da Silva…) cercò di piazzarlo. Pareva che il Taranto lo volesse. Galli mi fece vedere anche le offerte che i pugliesi avevano fatto su foglietto a matita a Morante. Cifre assolutamente importanti. Ma Morante aveva iniziato a proferire la sua celebre sfilza di no. Disse di no a quei pochi che lo avrebbero voluto e probabilmente solo per difendere il suo ricco ingaggio veronese, consapevole, forse, di non aver mai più potuto strappare cifre del genere con le sue prestazioni calcistiche.

L’unico guizzo, quello capace di raddrizzare una stagione Morante lo ha avuto con la Pro Patria, nella gara d’andata dei play-out. La storia la sappiamo tutti. Il Verona che segna proprio all’ultimo istante con il suo colpo di testa. Un bel gesto, certo, seguito però da una valanga di gestacci inutili. Cosa voleva dire Morante quando si portò l’indice al naso per zittire il Bentegodi? Che aveva fatto il suo dovere? Che era colpa dei tifosi che non l’avevano capito se aveva fatto la miseria di zero gol nella stagione regolare? Che era colpa della società che puntualmente lo aveva pagato sino a quel momento? Non lo sapremo mai, naturalmente perchè l’inutile giocatore si è anche inventato, come da peggiore anedottica calcistica, un silenzio stampa.

Poi venne il nuovo Verona e la nuova stagione. In cui Morante non troverà mai posto. Eppure il suo ricco ingaggio è ancora lì a gravare sul bilancio della società. Se Da Silva ha capito che a Verona non tirava più aria per lui, se lo hanno capito Comazzi e compagnia, Morante no, è ancora lì a difendere il suo ricco stipendio. Messo fuori rosa, umiliato, ai margini della squadra, con i tifosi che iniziano ad incazzarsi nei suoi confronti. Capace di dire solo no. No alla Ternana (che offre secondo lui poco), no persino alla Sambendettese (anche qui offerta troppo bassa).

Morante costa al Verona (costerà) qualcosa come due milioni di euro in tre anni.

IL “CINESE” MACALLI E IL PECHINESE ABETE

 

Leggo dalla Gazzetta dello Sport che il presidente federale Abete da cui dipendono le sorti della Lega Pro è a Pechino alle Olimpiadi.

Ma a parte questo, ci sono solo piccoli dettagli che il “cinese” Abete dovrebbe sistemare qui in Italia.

La stagione è iniziata e ancora non si sa chi parteciperà ai campionati (forse, ma forse nelle prossime ore). Non ci sono i gironi (forse, ma forse nelle prossime ore). I calendari (forse, ma forse…). Senza contare la Coppa Italia che inizierà tra poche ore (anche qui, forse ma forse…). E fino a prova contraria l’Aic ha indetto uno sciopero che farà saltare la prima giornata di campionato.

In un paese appena normale, il presidente di una Federazione che ha solo mezzo di questi problemi se ne starebbe qui in Italia, disdicendo anche l’unica settimana di ferie a Riccione. Altro che Cina…

Ora, sempre l’informatissimo Binda della Gazzetta ci fa sapere  che, invece, tutto è in bilico per colpa del fuso orario cinese (siamo a più sei ore). Incredibile davvero.

Macalli deve dipendere dalle voluttà cinesi del suo presidente federale.

Questa è solo l’ultima amenità del calcio malato italiano. Se la serie A è ormai il quarto campionato europeo dietro a Inghilterra, Spagna e Germania, se la serie B sta per dichiarare bancarotta, se la Lega Pro è questo enorme casino che stiamo vedendo, almeno si punti il dito sui colpevoli.


(Ps: l’Avellino sarà iscritto alla serie B pur non avendo i soldi per iscriversi alla C.  Per la mancata presentazione della fidejussione è stato deferito. Anche questo ho letto sulla Gazzetta di oggi. Che schifo!)

L’OSSESSIONE DI ARVEDI (METTI UNA SERA A CENA CON…)

 

Non voglio sottolineare più di tanto le parole di Arvedi che ho pubblicato nell’intervista che ho realizzato a casa sua.

Ognuno tirerà le proprie conclusioni e ognuno avrà la sua opinione. Quello che voglio fare con questo post è darvi un’idea, spiegarvi le mie sensazioni, insomma cercare di illustrarvi un “dietro alle quinte” dell’intervista che forse serve come chiave di lettura della stessa.

Parto intanto da descrivervi l’ambientazione: Villa Arvedi è una casa gigantesca. Saloni enormi, mille camere. Ma Piero Arvedi non vive lì. Sarebbe come vivere nel Sahara. Arvedi abita in una casetta attigua, una piccola stanzetta che fa da sala da pranzo, una cucinetta, due camere da letto al piano superiore. Arvedi guarda la televisione su un piccolo 14′ pollici nascosto dentro ad un mobile vicino al caminetto, al secondo piano (l’ho scoperto ieri sera…) c’è un Lcd più grande proprio ai piedi del letto. A fianco del letto, un computer connesso con l’Adsl (anche questa una scoperta…) con cui il vecchio presidente probabilmente legge pure i post su questo sito e chissà, forse interviene nelle nostre discussioni con qualche nick segreto… (ma questo non gliel’ho chiesto). Sempre sul letto, Arvedi ha documenti di tutti i tipi. Progetti, planimetrie, persino curriculum di giocatori. Ieri sera voleva farmi vedere il curriculum di un centrale bosniaco che forse verrà in prova al Verona (da qui la nostra vista al piano superiore…).

Il conte Piero vive in simbiosi con il suo cellulare. Un Nokia, non di ultima generazione, che come squillo ha il canto di un gallo. Solo, dentro la piccola dependance della sua enorme villa, Arvedi si tiene in contatto con il mondo esterno grazie al suo cellulare. E il mondo esterno di Arvedi è fatto soprattutto (se non esclusivamente) di Hellas Verona. Giusto per farvi capire: ieri sera ha telefonato un paio di volte Previdi, ragguagliando il conte sulla giornata e sui programmi del giorno dopo.

Arvedi tiene sempre il cellulare in viva voce. Per cui mi sono trovato ad ascoltare le due telefonate di Previdi (che ho salutato). Mi è parso (sempre sensazione…) che Previdi sia molto meno mellifluo e ossequioso rispetto ai suoi predecessori, molti dei quali sembravano più dei maggiordomi che dei dipendenti.

A parte un’altra telefonata, Arvedi non ha parlato con nessun altro al cellulare. Se non ci fossi stato io, quelli sarebbero stati gli unici contatti con il mondo “fuor della villa di Cavalcaselle”. Mi pare chiaro, quindi che il mondo di Arvedi, oggi sia soprattutto (se non esclusivamente) quello dell’Hellas. Non è difficile capire dove voglio parare con queste considerazioni. Il Verona oggi è uno scopo di vita (come del resto lo stesso Arvedi racconta nell’intervista) che prescinde qualsiasi considerazione economica e finanziaria. Per essere chiarissimi: a mio avviso ad Arvedi non importa nulla quanto sta perdendo per il Verona e quanto ancora ci perderà. Credo che tutto quello che sta facendo lo appassioni terribilmente e che questo alla fine sia il miglior mezzo per “sentirsi vivo”. Mi pare, quindi difficile, e questa è la mia conclusione che Arvedi possa privarsi adesso del suo Verona. Gli ho chiesto papale papale: “Piero, bando alle ipocrisie: qui devi dirci cosa vuoi farne del Verona, perchè non possiamo essere tuoi prigionieri, accontentarci del piccolo cabotaggio&rdqu

ARVEDI AD UN BIVIO: O CEDE IL VERONA O LO CONDANNA AL PICCOLO CABOTAGGIO

 

Adesso che l’opera di “ristrutturazione” di Nardino Previdi e Riccardo Prisciantelli è terminata c’è da chiedersi quale futuro attende il Verona. Premesso che la riduzione del monte ingaggi era prioritaria sia per permettere alla società di continuare a vivere, sia per farla tornare in qualche modo sul “mercato”, è chiaro che oggi la situazione non è adeguata alle potenzialità/richieste/ambizioni della piazza scaligera. La serie C (Lega Pro, Prima divisione, pardon…) non può essere, nemmeno per un istante, la realtà in cui l’Hellas deve vivere. Ed invece siamo già al secondo anno consecutivo…

La conferenza stampa di Massimiliano Andreoli servì soprattutto per far capire una cosa: nessun imprenditore sano di mente avrebbe potuto acquistare il Verona a quel prezzo, con quei giocatori e con quel monte ingaggi spaventoso. Infatti, Andreoli aveva posto come condizione di acquisto l’azzeramento del parco giocatori.

Ora Previdi e Prisciantelli questo risultato l’hanno ottenuto. Da oltre cinque milioni (che sarebbero diventati in breve tempo sei) a meno di due e mezzo. Quindi oggi il Verona torna ad essere una società vendibile.

Ma con quale patrimonio? A quanto sappiamo il Verona non è più in possesso dell’unico bene immobile (la sede di Corte Pancaldo) che era l’unico stimabile e certo. L’appartamento acquistato a rate da Pastorello lontano dallo stadio è stato ceduto dopo che il conte Arvedi ha rilevato personalmente (seicentomila euro) l’ultima rata del leasing. I soldi sarebbero serviti a garantire iscrizione e deficit di bilancio. Da ottobre però la società dovrà trovarsi una nuova sede, probabilmente in affitto.

Per quanto riguarda il patrimonio giocatori qui è bene fare un paio di considerazioni. Previdi ha lavorato posticipando il problema. Il prestito con diritto di riscatto è una formula intelligente per acquistare un giocatore giovane ma è chiaro che in questo momento il Verona non detiene nessun “bene”.

Il tutto è rimandato alla prossima stagione. Sarà quello il vero momento per testare se esiste un progetto di investimento o se siamo alle solite parole a vuoto. Quest’anno Arvedi dovrà “solamente” far fronte alla gestione. Grazie ai contributi della Lega per la valorizzazione dei giovani potrebbe incamerare cinque, seicentomila euro. Vuol dire spendere attorno ai due milioni. Ma il bello (o il brutto) arriverà proprio il prossimo anno, quando inevitabilmente per dare un futuro alla squadra Arvedi sarà costretto a rimettere pesantemente mano al portafoglio. Non lo facesse vuol dire destinare il Verona al piccolo cabotaggio e ad un’eterna serie C (sperando in miracolose promozioni).

A meno che… A meno che Arvedi non capisca una volta per tutte che la sua avventura a Verona è finita. Un’avventura fallimentare, purtroppo per l’Hellas e per i suoi tifosi. Arvedi è stato mal consigliato, si è fidato dei peggiori personaggi possibili, ha perso, com’era prevedibile un mucchio di soldi (a occhio e croce dodici milioni di euro). Solo con il cinismo di Previdi e il buon lavoro di Prisciantelli è riuscito in qualche modo ad impedire che la barca non affondasse del tutto.