Dopo la partita di Bologna nessuno di noi non avrebbe firmato per fare cinque punti tra Roma, Salernitana e Genoa. Quel Verona stava diventando un malato grave, il timore diffuso era di prendere un’imbarcata devastante da cui sarebbe stato difficile riprendersi. Tre gare dopo, siamo qui a rimpiangere i punti buttati. Per due volte il Verona ci ha illuso di poterla vincere e per due volte è finita in pareggio.
A Genova il livello di masochismo è stato portato alla massima potenza. Il Verona ha giocato la sua miglior partita di questo campionato, liberandosi finalmente del fantasma di Juric, equilibrato, coperto, cinico, bravo a verticalizzare e a richiudersi a testuggine. Tudor in due giorni ha costruito il miglior Verona possibile in questo momento: finalmente con due punte, un centrocampo a quattro che diventava a cinque con l’abbassamento di Barak, una difesa che per 70 minuti non ha fatto vedere biglia agli avversari, una gara che pareva avere solo un binario.
Purtroppo però è bastato un banale episodio per rimettere il Genoa in pista e la partita in discussione. Il rigore ha dato la stura alla rimonta genoana, mentre il Verona, complici i cambi, ha perso per strada qualche certezza, mentre la stanchezza affiorava. Pensare di perdere una partita così, aveva il sapore delle peggiori beffe. Meno male che ci ha pensato Kalinic, tre gol in due giorni, a pareggiare, facendo perdere l’aplomb di Setti in tribuna.
Si poteva vincere, certamente, sia a Salerno, sia a Genova. Ma si poteva perderle anche tutte e tre ed essere ancora a zero, in fondo alla classifica, aspettando la sfida salvezza contro lo Spezia con l’animo terrorizzato.
Invece abbiamo capito che il Verona, opportunamente guidato e ricompattato dopo il cambio in panchina, in questo campionato ci sta alla grande e se dopo una settimana Tudor ha riportato la barca in linea di galleggiamento le cose da ora in poi non possono che migliorare.
In questo momento, dunque, bisogna accantonare la rabbia, seppure giusta, e le recriminazioni e dare a Tudor il tempo di lavorare sul campo per migliorare tutte quei difetti che ancora limitano il nostro decollo. Guarderei il bicchiere mezzo pieno, senza dubbio.