STAVOLTA NON CI SONO ALIBI: PUNTI BUTTATI. NON ROVINATE IL CAPOLAVORO CHE AVETE COSTRUITO

Zero alibi. Zero scuse. Se con Inter, Fiorentina e Sampdoria abbiamo sostenuto che il piccolo Verona avesse comunque giocato al massimo delle proprie possibilità attuali, denunciando i limiti di una rosa che nella migliore delle ipotesi avrebbe dovuto salvarsi all’ultima giornata, con lo Spezia il Verona ha buttato via dei punti che avrebbero reso la propria classifica molto più corposa.

Lo Spezia è una delle squadre che, sulla carta, possiamo dire essere più deboli del Verona. Sempre sulla carta, il Verona tra le mura amiche una partita del genere deve assolutamente vincerla. Soprattutto dopo aver dominato in lungo e in largo, costruito palle gol, preso pali e traverse. Però resta quella brutta sensazione di una squadra che non ha più la fame necessaria, che ha sempre un attimo di disattenzione, errori che portano a sconfitte pazzesche e a pareggi deludenti come è accaduto con la bestia nera Spezia.

Dopo una fase di amorevole comprensione per la propria creatura, Ivan Juric ha perso la pazienza. Niente da imputare sul piano dell’impegno, ma una sana critica può fare bene. Il Verona ha compiuto una straordinaria impresa salvandosi con 10 giornate d’anticipo ma questo finale di campionato sta un po’ rovinando il meraviglioso capolavoro costruito in precedenza.

Questa squadra aveva la possibilità di scrivere il proprio nome nei libri di storia, diventando la migliore dall’era Bagnoli, ma ora si sta ridimensionando pesantemente. Non bastasse questo, anche le quotazioni della rosa e dei singoli stanno avendo un notevole ribasso. Oggi Zaccagni, Silvestri e Lovato (tre a caso) valgono molto meno di quanto valevano sei mesi fa e anche Juric, oggi, ha meno sirene e appeal di tre mesi fa. Nel calcio velocissimo in cui sali al vertice in fretta, anche le cadute sono molto più veloci.

Insomma è tempo di rimettersi a pedalare per finire alla grande questo campionato e non buttare via quella fantastica immagine che questo Verona aveva dato di sè fino a poco tempo fa.

L’ABISSO DEL CALCIO ITALIANO

Fine. The end. Il calcio italiano dopo quanto abbiamo visto oggi al Meazza non ha più speranza. Vincere uno scudetto con regali di questo tipo non so se possa provocare piacere a quei tifosi che vengono chiamati dalle loro società “fanbase” idioma anglosassone che sta a significare polli da spennare.

Meno male che esistono ancora persone come Enrico Mentana , uno dei più bravi e onesti giornalisti italiani, che sebbene interista sfegatato ha avuto un piccolo sussulto di vomito davanti al gol annullato a Faraoni.

Ma non è che il tweet di Mentana ci regali una speranza sul calcio italiano e se volete europeo. La gara del Verona con l’Inter arrivava dopo il vergognoso golpe architettato da 12 società a cui partecipavano anche tre italiane: Juventus, Milan e appunto Inter. Un golpe finito come certi colpi di stato nelle Repubblica delle banane, in una farsa quasi tragicomica. Ma non per questo meno grave. Questi signori hanno dimostrato in brevissimo tempo tutta la loro arroganza, la loro incapacità di stare dentro le regole, l’incapacità di accettare la logica dello sport. Hanno tentato non tanto di cambiare il calcio, ma di portarlo proprio su un altro terreno, al di sopra di tutto e di tutti. Meno male che a capire la gravità di quanto stava succedendo è stato il premier britannico Boris Johnson, un conservatore illuminato che con quella capacità operativa e lungimirante di altri suoi predecessori, ha fatto tornare le cose come stanno. La ribellione delle tre italiane andrebbe punita severamente e non sono d’accordo con chi invoca la mano di velluto come il presidente del Verona Setti.

Il perché lo si è visto proprio oggi a San Siro. Quel gol annullato a Faraoni è uno sfregio, l’ennesimo, ad uno sport che ha sempre meno credibilità. Agnelli ha indicato in Fortnite, giochetto da lobotomizzati, il concorrente che ruberebbe al calcio la passione dei millenials. In realtà sono proprio le squadre come La Juventus, l’Inter e il Milan a togliere passione. La loro dopata forza, costruita su bilanci fallimentari, ha portato a non avere concorrenza e quindi ad una noiosa ripetizione di vittorie. Non solo: ripensando al passato a Moggi, a calciopoli, a quanto emerso da carte frettolosamente archiviate, non solo le grandi aumentavano la loro forza imbrogliando con i bilanci, ma al tempo stesso complottavano e malversavano indirizzando i campionati a loro piacimento.

Ora, lo so che il golletto annullato a Faraoni in questa marea di putridume è solo un piccolo moscerino nell’occhio. Un moscerino che la possente macchina mediatica interista sta già cercando di piegare a proprio favore, facendo emergere dubbi anche davanti a immagini chiarissime, suggerendo a moviolisti e a quinte colonne stanziate nei giornaloni la linea da tenere. Nel nostro piccolo, molto piccolo, ci ribelliamo. Con la speranza che queste squadre facciano veramente la Superlega, liberandoci per sempre da spettacoli indegni come quelli di oggi.

TROPPO FACILE SPARARE SUL VERONA CHE PERDE

Scusatemi ma non ci sto. L’oppio del tifoso si chiama vittoria. Che obnubila le menti anche dei più lucidi. In questa stagione abbiamo visto alcuni Verona mediocri vincere delle partite che non meritava. Soprattutto nella prima parte del campionato. E dico per fortuna. Sono state le gare che ci hanno permesso di portare a casa il nostro tesoretto. E di salvarci a dieci giornate dalla fine. Poi abbiamo visto un Verona che perde. Anche quando non lo merita. Mi rifiuto di dire che con la Lazio la sconfitta sia stata giusta. O che con la Fiorentina si è tirato indietro la gamba.

A tutti noi sarebbe piaciuto andare in Europa, alzare l’asticella, volare sopra 54 punti. Il problema è che questa squadra ha dei limiti. E che , per riuscire a salvarsi, è andata ben oltre i propri limiti. Il concetto è molto semplice: o crediamo a Juric quando ci dice che siamo sempre sul filo del rasoio, oppure pensiamo che Setti abbia costruito uno squadrone e quindi oggi siamo delusi. La questione di fondo è questa. Io sto con Juric. Il Verona ha il terz’ultimo monte ingaggi della serie A e questo significa che quest’anno doveva lottare fino all’ultimo per non retrocedere. Invece non è successo e questo non può diventare un boomerang e un argomento degli orfani di Grosso che ora sparano su questa squadra ingenerose palle incatenate.

Io credo invece che il momento sia altamente salutare per il Verona. Innanzi tutto non vedo un Verona allo sbando. C’è un calo evidente dal punto di vista dell’attenzione massimale non compensato dalla qualità tecnica. E’ fisiologico. Noto che l’allenatore sta procedendo con l’inserimento di alcuni giocatori che a mio avviso il prossimo anno potrebbero diventare veramente molto importanti. Parlo di Bessa, Sturaro e Lasagna, in pratica i tre nuovi di gennaio. E poi questa crisi ha abbassato quella frenesia da mercato che bene non ha sicuramente fatto. Da Silvestri a Zaccagni, passando per Lovato, c’è stata una sovraesposizione che ha creato sicuramente degli scompensi. L’agente di Zaccagni che rilascia un’intervista al giorno alle radio napoletane, farebbe bene a riflettere sui danni che ha prodotto. Oggi la quotazione di questi tre giocatori si è notevolmente abbassata e considerare il fatto che rimangano a Verona dopo aver allungato il contratto a cifre eque al momento non è utopia.

Ma il Verona ha giocato benissimo sia il primo tempo con la Sampdoria, sia con la Fiorentina. Molto ma molto meglio di molte gare vinte nella prima parte del campionato. Non merita questo tiro al bersaglio ma solo applausi.

IL “VENTICELLO” MALIZIOSO DEGLI ORFANI DI GROSSO

Agli orfani di Grosso che oggi storcono il naso perché il Verona ha perso (male) contro la Sampdoria vorrei ricordare che senza Ivan Juric l’Hellas sarebbe stato condannato a sicura retrocessione sia l’anno scorso sia quest’anno.

Questo per mettere subito in chiaro come la penso. Poiché ho sufficienti antenne per captare l’aria, sento uno strano “venticello” soffiare sul Verona. Come se, adesso, visto il momento di difficoltà, Juric pagasse le esternazioni contro Setti. Come se qualcuno volesse far intendere a Juric di abbassare la cresta e riequilibrare il peso contrattuale, oggi totalmente sbilanciato a favore del tecnico croato. Sono sfumature, qualche volta tra le righe, qualche volta meno.

Certo, a tutti noi sarebbe piaciuto che il Verona continuasse ad andare a quella velocità, che inseguisse l’ottavo posto, addirittura il settimo, l’Europa League e i 54 punti. Ma semplicemente il campo ci sta dicendo che non era possibile. Perché il Verona, grazie a Juric, ha fatto un campionato sovradimensionato rispetto alla logica, alle aspettative, ai budget. La colpa, probabilmente, che ci ha fatto perdere di vista l’impresa compiuta è che il Verona si sia salvato con dieci, undici giornate di anticipo. Parliamo di colpa, non di merito, pensate un po’… Così abbiamo storto il naso perché abbiamo perso col Milan, l’Atalanta, la Lazio e la Sampdoria. Samp che oggi ha fatto alzare dalla panchina Candreva, Gabbiadini e Keità, non Gianni e Pinotto. Sicuramente il Verona poteva fare meglio, sicuramente il secondo tempo è stato deludente, ma non è colpa di nessuno. Juric ce lo ha ripetuto alla nausea: questa squadra se non va sempre ai 110 all’ora perde ovunque.

Non è un dramma ed è solo la testimonianza del capolavoro compiuto in precedenza. Il Verona è semplicemente tornato sulla terra. Un po’ di rilassamento dopo aver conquistato l’obiettivo primario della stagione, qualche distrazione, gli avversari che nel ritorno non lasciano nessuna briciola, hanno impedito di fare voli pindarici.

Ecco perché è assurdo criticare Juric e il Verona. A meno che non si voglia ottenere un altro scopo: silenziare il tecnico e impedirgli di esternare con quella chiarezza che ha segnato la sua avventura veronese e che è in realtà un fattore di crescita e di stimolo costante per una società che solo con il lavoro del croato ha imboccato la diritta via. O volete ancora vedere il mirabolante calcio dell’ex campione del Mondo?

QUALE SARA’ IL FUTURO DEL VERONA?

Siamo ad un bivio. E’ evidente a tutti i tifosi che è in questi giorni che si gioca il futuro del Verona.

Non è solo la permanenza di Juric sulla panchina dell’Hellas a tenerci con il fiato sospeso. Quello è un presupposto e una conseguenza delle scelte che farà la società. Cos’è oggi l’Hellas Verona nel calcio italiano, qual è la dimensione che può avere questa società e ancora ci sono margini di sviluppo?

Rispondere a queste domande non è semplice perché bisognerebbe essere nella testa e nel portafoglio di chi l’Hellas lo detiene e ne ha la proprietà oggi: Maurizio Setti.

Il Verona è condannato a sperare solo in salvezze tranquille? C’è un’idea di poter scalare posizioni nel calcio italiano? C’è la volontà di evitare l’ascensore paracadutato con la B? Fino a che punto ci si potrà spingere con gli investimenti, ma ancora di più, ed è il nodo centrale, quanto Setti può alzare il budget salariale? Senza un aumento di quel monte è inutile pensare di andare oltre a quanto è stato fatto in questi due anni da Juric. Già è un miracolo partendo dall’ultima e dalla terz’ultima posizione come è successo negli ultimi due anni.

Ma questa è anche un’eccezionale opportunità di crescita. Non è vero che il Verona è condannato a questa realtà. Se permettete il Verona ha un blasone molto superiore dell’Atalanta e se ce l’hanno fatta loro potremmo provarci anche noi.

Setti però non è Percassi, questa non è una colpa del presidente ma solo una constatazione. Che ci rende tutti terribilmente realisti, fin troppo per essere tifosi. C’è una fetta di pubblico che quasi si compiace di questa situazione. Come se fosse vietato sognare, cosa che un tifoso dovrebbe fare a prescindere.

Il Verona è diventata di gran lunga la principale attività imprenditoriale di Setti. Le altre sue attività sono diventate collaterali. Setti è diventato un presidente di professione e quel suo tentativo di avvolgere di romanticismo l’acquisto del Verona si è schiantato davanti ai tre milioni di emolumenti che si è erogato quest’anno come stipendio.

Non si discute qui se sia giusto o sbagliato, ma solo che era una panzane grande come una casa il fatto che Setti si sia buttato nel calcio per amore del pallone. Lo ha fatto per business e per guadagnarci. Quindi, se questa è la molla, potremmo sperare che Setti aumenti ancora di più i fatturati e quindi le opportunità di guadagno. Ma non sappiamo dove sia collocato il suo livello massimo.

Può darsi che sia anche già stato raggiunto da questi due anni straordinari in cui grazie a Juric spendendo pochissimo ha ottenuto grandi risultati.

Può darsi quindi che Setti dica a Juric che più di così lui non si sente di fare e può darsi che Juric vada a cercare altrove l’occasione di crescita. Ma può darsi anche e il mercato di gennaio lo ha dimostrato, che Setti abbia deciso di alzare il livello.

E in questo caso dobbiamo sperare che sia sufficiente per convincere l’allenatore dalle uova d’oro a restare ancora qui e collocare il Verona in una dimensione che solo nei favolosi anni ottanta abbiamo visto in questa città.

UN ALTRO CAPOLAVORO DEL GENERALE IVAN (MA NON SOLO)

Setti era ammirato in tribuna. Giustamente. La sua creatura è una bellissima realtà del calcio italiano. Va reso il giusto merito al presidente per aver affidato la squadra ad uno dei migliori condottieri che abbiamo mai visto a Verona da tanti anni. Senza quella scelta oggi non saremmo qui a celebrare l’ennesimo capolavoro. Non solo: va riconosciuto a Setti il merito di aver trattenuto Juric dopo il primo spettacolare anno di serie A.

Fatta questa doverosa premessa (che però è giusto farla perché ci sta, tanto quanto ci stanno le critiche quando non si fanno le cose per bene), è ovvio che la firma su questa incredibile salvezza anticipata è dell’uomo che ha cambiato il destino dell’Hellas Verona: il generale Ivan Juric.

Con lui noi veronesi abbiamo una totale sintonia. E’ un feeling che si è creato da solo. Ivan con la sua onesta spontaneità e noi che amiamo quei personaggi lì, senza fuffa, senza strutture mediatiche, senza instagram, né twitter. Ci piace Ivan quando ci dice tutte le cose come stanno, come le vede lui, quando è ruvido, quando chiede rispetto per la società dove lavora.

Scusate se mi soffermo su questi particolari che sono però fondamentali per capire Juric e per capire perché a Verona stia raccogliendo questi straordinari successi. E per sperare, anche che il suo tempo qui non sia finito. Senza tutto questo Juric sarebbe ancora se stesso? A Napoli, Roma, Torino o anche semplicemente a Firenze, Juric avrebbe la stessa personalità, lo stesso margine di errore, la stessa comprensione, la stessa autonomia, la stessa stima, la stessa fiducia che abbiamo noi a Verona?

E se Juric lo cambi, anche appena un po’, otterrai sempre lo stesso risultato, lo stesso rapporto con i giocatori, con la piazza? Non ne sono convinto. Juric è questo, assolutamente questo, nel bene e nel male. Se si snaturasse per allenare una grande non avresti lo stesso effetto. Juric è in questo momento il Verona e Setti, che stupido non è, ha messo da parte l’ego da sborone della bassa padana accettando quelle ruvidezze, sapendo benissimo che il risultato è superiore a tutto e che i benefici nemmeno sono paragonabili con qualche dichiarazione critica del proprio allenatore.

In questo clima abbiamo parlato poco della squadra. Anche quest’anno ci sono stati dei ragazzi che sono andati oltre, ma proprio oltre, i propri limiti. Nella lista ci vorrei mettere Silvestri che nella prima parte del campionato ha portato a casa punti pesantissimi con le sue parate, Faraoni che è una certezza, Dimarco che non ha mia giocato così in tutta la sua vita, Tameze che non ha fatto rimpiangere neanche un secondo Amrabat, Barak che è stato paragonato persino a Briegel, Zaccagni diventato un fuoriclasse. E poi i giovani come Lovato che rappresentano il domani di questa società.

Ultima menzione per Tony D’Amico: in passato con lui ci sono stati parecchi screzi, ma dopo opportuni e vi assicuro senza complimenti, chiarimenti, ne ho apprezzato il basso profilo, l’intelligenza e l’assoluta dedizione alla causa dell’Hellas. Tanto mi basta per considerarlo uno dei nostri, e anche a lui va il mio personale grazie per questo ennesimo e tutt’altro che scontato capolavoro.

LA CHIMERA DEL CENTRO SPORTIVO

Nelle leggende antiche la chimera era un mostro con il corpo composto da vari animali. Nel linguaggio poi la parola ha preso il senso di qualcosa che esiste solo nella fantasia, nelle idee. Un’utopia.

A forza di parlarne il centro sportivo del Verona è diventato una sorta di mostro immaginario. Fin dagli albori dell’antichità, narrano le leggende, Setti ne parlava. Vorrei dotare il Verona di un centro sportivo, raccontava il presidente del Verona quasi dieci anni fa, era la primavera 2012, quando acquistò il Verona. E a più riprese la leggenda venne ripresa, riadattata a seconda delle necessità del momento e ributtata in pasto all’opinione pubblica.

Quando il dg Gardini lasciò la baracca in mezzo ad un campionato disastroso, qualcuno scrisse che la sua eredità era appunto il centro sportivo. Come se dopo due giorni partissero i lavori. Evidentemente un castello di sabbia. Pareva tutto fatto anche all’epoca dell’amministrazione Tosi quando Setti sparì dalla circolazione quando si trattò di mettere nero su bianco per convertire l’area del Forte Lugagnano. Cosa che fece incazzare oltremisura l’allora sindaco Tosi che si sentì preso in giro dopo essersi tanto speso per il progetto.

Nel frattempo, in attesa dell’inizio dei lavori, venne inaugurato almeno sei, sette volte l’antistadio. Ogni occasione era buona. La rete di protezione, le tribune, il campo in sintetico, il campo metà sintetico e metà naturale, gli spogliatoi. Nemmeno l’Arena ai tempi dei romani aveva avuto tante cerimonie di inaugurazione, taglio di nastri e feste gaudenti.

Poi venne il tempo di Vigasio. Per mesi o forse anni, abili suggeritori facevano trapelare notizie secondo le quali il Verona avrebbe costruito un centro sportivo da quelle parti. Un’area venne individuata, Setti veniva avvistato nelle nebbia invernale disperso nella pianura, alla ricerca del Graal, ma ancora una volta tutto svanì.

Ma la nostra chimera era destinata a rimanere viva nelle credenze popolari. Così si provò con il Payanini Center, l’esempio più eclatante per tutti coloro che vogliono costruire qualcosa che se hai la voglia di farlo e soprattutto i soldi, non serve sbandierare tanto la notizia. Basta farlo.

La famiglia Vittadello ha costruito quel gioiello per il rugby, proprio a ridosso dello stadio in mezzo alla città. Uno schiaffo ai quaquaraquà e alle chimere. In effetti Setti, accompagnato dall’allora fido Barresi, ha provato a intavolare una trattativa per acquistare l’impianto. Ma a quanto si sa, la cifra offerta è stata così bassa che quasi ha offeso la signora Vittadello. Che ha rifiutato e chiuso la trattativa. Insomma. non se n’è fatto più nulla.

Così ora Setti è sempre descritto come una specie di cavaliere errante, uomo che vaga tra le terre del veronese cercando l’occasione giusta da cogliere, l’attimo fuggente, il carpe diem, o se volete il centro di gravità permanente. Nel frattempo il glorioso “Centro sportivo Chimera” ancora non c’è.

LASAGNA NON E’ ANCORA UN VALORE AGGIUNTO

Non è che il Verona si sia ridimensionato. E’ che sta tornando semplicemente alla dimensione normale. Dovrebbe essere sempre stato così: sofferenza sofferenza e ancora sofferenza.

Oggi come oggi giocare contro un’Atalanta del genere non c’è partita. Per sfangarla via in queste gare servono due cose: la prima è la perfezione assoluta o uno stato di grazia, la seconda che gli avversari non siano al cento per cento. Due eventi che non si sono purtroppo verificati oggi, né probabilmente contro il Milan.

Il Verona non è evidentemente quello di qualche partita fa e gli avversari viceversa sono stati tostissimi. Sono essenzialmente tre le questioni che vedo ora aperte nel Verona. 1) La difesa commette banali errori individuali (e non di sistema). 2) Lasagna non ha dato il valore aggiunto che ci si aspettava ed invece che essere una risorsa rischia di essere un problema. 3) Silvestri che era miracoloso ad ogni gara è tornato sulla terra e qualche gol ultimamente lo concede.

Sulla prima e sulla terza questione Juric può fare poco. E’ una questione di qualità tecnica. O ce l’hai o non ce l’hai. Se non ce l’hai devi migliorarla, ma per farlo servono mesi se non anni di lavoro. La seconda questione è forse quella dove Juric può maggiormente incidere. Lasagna non sembra ancora bene integrato in questo Verona. Quando fa la sponda la fa male, quando cerca la profondità è sempre come buttare una lenza nel lago sperando di tirare su qualche pesce.

Nella fattispecie i difensori dell’Atalanta lo hanno come fagocitato e il senso di impotenza è evidente. Non so come si possa uscirne. Forse affiancando qualche giocatore a Lasagna, ma in quel caso il Verona non sarebbe più lo stesso perché bisognerebbe sacrificare uno tra Zaccagni e Barak, che sono stati due armi straordinarie. Il nodo è fondamentale. Perché Lasagna è anche un investimento per il futuro e sfruttare al cento per cento le sue doti sarà importantissimo per giocarsi la salvezza il prossimo anno. Bisogna capire se è un investimento giusto e se è esattamente ciò che serve ad Juric.

Al netto dei problemi fisici credo continuo a pensare che Kalinic sia il giocatore più congeniale per il gioco del Verona. Ma qui non abbiamo la controprova perché nel momento in cui l’attaccante croato aveva finalmente trovato un minimo di condizione si è infortunato. Dopo la sosta speriamo di vederlo anche per capire se si può puntare su di lui per il prossimo campionato.

Non c’è nulla di drammatico, per fortuna, nella terza sconfitta consecutiva. Grazie ai 38 punti conquistati, possiamo dormire sonni tranquilli. Ma non tanto. Perché da queste ultime dieci gare dipenderà anche il futuro del Verona, anche in termini economici. Se conosco Juric, non deve averla presa tanto bene…

SEMPRE ORGOGLIOSI

Lascio ad altri l’esercizio della critica a tutti i costi. Leggo cose inaudite: tipo che il Verona avrebbe tirato indietro la gamba nelle ultime due partite. Vuol dire non aver capito nulla di questa stagione e del miracolo che ha fatto Juric. Certe gente starebbe bene ad essere condannata a vedere Grosso tutta la vita. Continuo ad essere orgoglioso di questo Verona. Orgoglioso di una squadra che è andata oltre i propri limiti ma che dei limiti ce li ha.

Altrimenti il calcio lo avrebbe inventato Setti e tutti gli altri sarebbero dei deficienti. Ci sarà un motivo se ci sono società che spendono sei sette volte quello che spende il Verona per riuscire a salvarsi. E’ ovvio che il gap l’ha colmato Juric che con i suoi metodi e il suo gioco ci ha portato all’illusione di andare in Europa. Illusione che il Verona ha coltivato anche a Sassuolo dove la difesa ha sbagliato semplicemente perché Beckenbauer non gioca nel Verona, ma neanche Tricella, nè tantomeno Rahmani nè Kumbulla. Che infatti sono stati venduti per rimpinguare le casse, fare plusvalenze, investire e provare a dare stabilità alla serie A. E quindi Juric si è messo lì a lavorare su Lovato, Çetin, Magnani, Ceccherini. E non è mica che sempre ti va di lusso come l’anno scorso.

Nonostante questo il Verona esce dal Mapei Stadium a testa altissima. Recriminando pure. Ora non è un alibi ma se l’arbitro avesse dato il rigore su Lasagna (nemmeno si è degnato di guardarlo al Var) magari ora staremmo parlando di tutt’altro risultato.

Dovremmo gioire di più per questo Verona. E godere del fatto che ora si tifa per una squadra che merita gli applausi anche quando perde. Non è mica poco credetemi.

 

PER UNA DOMENICA SI TORNA SULLA TERRA

Il viaggio intergalattico del Verona di Ivan Juric si è interrotto per una domenica. Siamo semplicemente tornati sulla terra, laddove peraltro il Verona dovrebbe stare. Se abbiamo intrapreso quel viaggio a quote altissime il merito è di chi ci ha portato così vicino al sole, dove qualche volte c’è il rischio di bruciarsi e di cadere come insegna Icaro.

L’occasione del resto era ghiotta, il Milan era senza mezza squadra e il Verona aveva passeggiato sul povero Benevento con una facilità disarmante. Nel calcio però non s’inventa nulla e il Verona ha pagato la stanchezza, mentre il Milan si è dimostrato una squadra ben costruita e ben allenata da Pioli.

I rossoneri l’hanno vinta a centrocampo dove Kessie e Meite hanno stritolato Veloso e Tameze, il resto è stato tutto una conseguenza. Faccio notare che il Milan ci ha affrontato come si affronta una grande, vestendosi di un’umiltà inaspettata e che sicuramente porterà lontano la squadra rossonera.

Non si faccia drammi, ora, ci mancherebbe. Un sano viaggetto sulla terra, anzi, ci aiuta a capire ancora meglio la straordinarietà del campionato del Verona di Juric , che a volte diamo un po’ troppo per scontata. Ogni domenica, ogni partita, invece dovremmo godere pienamente di quanto sta facendo questa squadra, bevendo ogni stilla delle sue imprese. Come ho detto: ce ne ricorderemo a lungo tra qualche anno. Speriamo più in là possibile.