La festa è finita. Più il Verona si allontana dai fasti dell’era Juric più assume i connotati di una squadra apocrifa, senza una direzione, senza un’identità.
Il trapianto dal tecnico croato a Di Francesco non è riuscito. Mentre emerge l’equivoco di fondo: Di Francesco non è Juric e non potrà mai esserlo.
Così il Verona non è più il Verona di Juric ma non è ancora diventato quello di Di Francesco. E non lo diventerà mai. Prima si prende atto di questo meglio è.
Purtroppo l’illusione di poter ricalcare il lavoro del tecnico croato si è infranta contro la realtà. E spiace ora vedere Di Francesco annaspare dentro questa confusione. Non è colpa sua, non è solo colpa sua.
Gli errori sono molteplici: non si è tenuto conto di quanto il gioco del tecnico croato abbia creato una sovrastima del parco giocatori. Il Verona, ed era vero quello che diceva Juric, era una squadra dai mezzi limitati ma che rendeva al 120 per cento delle sue possibilità. Non appena quella soglia si è abbassava, il Verona evidenziava i suoi limiti. Avvisaglie ne abbiamo avute anche sotto la gestione precedente, basti pensare al girone di ritorno dove, sebbene non sbracando, la soglia dell’attenzione è calata e il Verona ha avuto una marcia da retrocessione.
C’è poi un problema legato al mercato e agli investimenti. Fino a quando una squadra può sopportare la sistematica cessione di tutti i suoi uomini migliori? Dal primo Verona di Juric se ne sono andati tra gli altri Pessina, Borini, Amrabat, Rrahmani, Kumbulla, Verre, Silvestri, Lovato, Zaccagni. E’ vero che altri sono arrivati ma se già dal primo al secondo Verona c’era stata una pesante emorragia, un altro impoverimento c’è stato tra il Verona della passata stagione a questo. E non sempre si riescono a fare le nozze con i fichi secchi. Poi c’è Di Francesco. Un tecnico titolato e con il curriculum importante ma che è arrivato a Verona perchè esonerato tre volte nelle ultime tre stagioni. Credo siamo tutti d’accordo nel dire che sia stata questa condizione a far accettare a Di Francesco un progetto al risparmio come l’Hellas, dove la possibilità di incidere sul mercato è pari a zero e dove la conditio sine qua non è di non stravolgere la squadra e quindi continuare sul solco tracciato in precedenza.
Credo che lo stesso Di Francesco si sia illuso di poterlo fare ma che ora si stia pentendo amaramente di aver accettato questa condizione.
Ma attenzione perchè siamo solo alla terza giornata e nulla è perduto nè compromesso. C’è spazio e tempo per rimediare, l’importante è non perseverare nell’errore.
L’unica via che ha il tecnico abruzzese per evitare dolorose scelte tra qualche giornata è di tornare ad essere… Eusebio Di Francesco. Scandagliando all’interno della rosa c’è la possibilità di cambiare faccia a questo Verona, imprimendo una svolta tecnico tattica decisiva che allontani in maniera totale il fantasma del predecessore.
Se proprio dovesse finire male, almeno Di Francesco potrà dire di averci provato fino in fondo. Ma così è come se non si fosse mai seduto sulla panchina del Verona.