RESTA CON NOI

Caro Ivan, oggi, dopo questa nuova straordinaria impresa, vorrei scriverti direttamente. La prima cosa che voglio fare è ringraziarti. Lo faccio soprattutto come tifoso del Verona, la squadra per cui faccio il tifo fin da bambino. Ti ringrazio perché tu sei riuscito a rifarmi sentire orgoglioso di tifare per questi colori. Orgoglio che mi era stato spazzato via in questi anni in cui sentivo calpestato il nostro sentimento e in cui mi sentivo preso in giro. Tu Ivan hai ricostruito l’Hellas e hai dato linfa ai colori gialloblù nel momento in cui tutto pareva finito.

Attraverso il tuo lavoro la società ha davanti a sé la straordinaria occasione di crescere, di migliorare, di alzare il livello. Credo vada anche riconosciuto che è stata questa società a sceglierti e a portarti qui e così come non abbiamo lesinato critiche al perdurare di Pecchia e alla infausta scelta di Grosso, così ora dobbiamo dare merito a chi ha puntato su di te. Certo, Ivan, so benissimo che manderesti Setti a quel paese ancora più spesso di quanto lo fai. Non ci sta simpatico nemmeno a noi quando pensa di arrivare da New York trattando i veronesi come provinciali. E non ci è mai piaciuto quando ha scelto i peggiori della compagnia, facendosi abbindolare da personaggiucoli da quattro soldi che al massimo possono bazzicare nei bar di paese e non fare i dirigenti del glorioso Hellas Verona. Quel Setti lì è finito nella polvere e tu Ivan gli hai ripulito i vestiti e dato una nuova vita a Verona dove la piazza lo chiamava Buffone. Però ti dico e credimi per favore, che Setti non è nemmeno il peggiore della compagnia.

Anzi: per essere chiari c’è tanto tanto di peggio. Tu stesso arrivi da una piazza gloriosa come Genova e sai benissimo di cosa parlo. Ci sono presidenti impiccioni, che mettono bocca sul mercato, che amano fare e disfare, che vogliono stare al centro della scena, che si impicciano di cose tattiche, che un giorno ti dicono che sei il migliore del mondo e il giorno dopo ti esonerano, che giocano con i tuoi sentimenti e con la tua passione, che hanno spie negli spogliatoi, che hanno figli impiccioni. Ecco: Setti ti farà trovare sempre il frigo vuoto e ti lascia pochi ingredienti per cucinare le tue meravigliose pietanze, però è anche vero che ti ha reso padrone assoluto della gestione sportiva, lasciandoti autonomia e una straordinaria capacità di incidere. Bella forza, mi dirai, sono uno che gli permette di pagarsi oltre tre milioni di stipendio all’anno, vuoi che non mi lasci questa autonomia? Non darlo per scontato.

Non so se il Verona di Setti è l’eden. Ma io credo anche questa piazza sia il migliore dei mondi possibili per Ivan Juric. Tu qui lavori in una città in cui hai creato un legame fortissimo, che ti adora, in cui esiste un feeling profondo e un ambiente ideale, che non credo sia facile da ricreare. Siamo matti, siamo la città delle imprese impossibili, abbiamo vinto uno scudetto e fatto perdere scudetti alle grandi.

Qui lavori in tandem con un ds che ha avuto l’umiltà e l’intelligenza di mettersi al tuo servizio, in cui puoi scegliere persino la cravatta da abbinare alla divisa, con uno staff di persone che Setti ha messo interamente al tuo servizio. Sono uno per tutti e tutti per Ivan e quindi per il Verona.

Ivan, lo so che da stasera ci saranno sirene di mercato, telefonate, ti cercherà il Torino, la Fiorentina, la Roma e forse anche il Napoli di Giuntoli e De Laurentiis rimasti colpiti dal tuo capolavoro. Però Ivan pensaci bene prima di lasciare questo piccolo paradiso che ti hanno lasciato costruire e che tu hai meravigliosamente edificato. Come dicevano ad un altro condottiero prima di te: resta con noi, Ivan Juric. Non te ne pentirai.

NON E’ UNA TRAGEDIA MA UN SEGNALE

Non è successo niente e a ben guardare la sconfitta non è stata nemmeno così meritata. Il Verona non ha giocato bene a Bologna, soprattutto il primo tempo, ma poi nel secondo, avesse segnato non avrebbe rubato nulla. Purtroppo davanti alla porta manca sempre il killer e probabilmente nemmeno il talentuoso Kalinic è il bomber dei nostri sogni.

La sconfitta non cambia di niente i giudizi sulla straordinaria stagione del Verona, ma aiuta a capire che gli allarmi di Juric non sono inutili latrati alla luna ma poggiano sulla realtà che nessuno più di lui conosce alla perfezione.

Il Verona è un meccanismo che si basa su alcuni concetti che non sono ancora così stabili e solidi da lasciare tranquilli. L’eccezionalità della stagione costringe a ragionare con logica emergenziale sempre, soprattutto nell’analisi della rosa a disposizione.

Una rosa da cui Juric in questa stagione ha tirato fuori il sangue ma che talvolta, come a Bologna, denuncia pesanti limiti. E’ bastato l’infortunio di Tameze per costringere il tecnico a cambiare posizioni e giocatori affrontando il tema con la solita creatività. Con Lazovic interno di centrocampo non è andata bene come altre volte, ma non si può certo crocifiggere Juric per averci provato. Altrimenti per coerenza bisognerebbe dire che Tameze falso centravanti contro la Lazio era una bestialità. Invece fu la mossa geniale che ci fece vincere la partita.

Meglio invece pensare di rafforzare il reparto visto che siamo già oltre la metà di gennaio senza che foglia si sia mossa nel settore rinforzi. Con Benassi e Vieira che ormai sono dispersi nel porto delle nebbie dei lungodegenti, mai praticamente a disposizione di Juric, il centrocampo è in grave sofferenza.

Tanto che la società ha bloccato persino la partenza di Danzi per Ascoli per non trovarsi scoperta in quel reparto. Ecco, la sconfitta con il Bologna allora non è una tragedia ma un chiaro segnale. Prendiamo subito qualcuno prima che le cose inizino veramente ad andar male. Prevenire è meglio di curare come diceva quella pubblicità e come sa benissimo il ds D’Amico che questi concetti li ha espressi pubblicamente proprio prima del match con il Bologna.

ECCO PERCHE’ QUESTO MERCATO E’ IL PIU’ IMPORTANTE DI SEMPRE

La vittoria con il Crotone proietta il Verona in una posizione di classifica inimmaginabile. A due giornate dalla fine del girone d’andata all’Hellas mancano 13 punti alla salvezza che giustamente Juric definisce il grande e unico obiettivo di questa stagione. In questa posizione di grande tranquillità e di esaltazione collettiva, il mercato non è più visto come atto primario di sopravvivenza. Diventa invece una splendida occasione per mettere a segno dei colpi ragionati sia in ottica presente sia per il futuro.

Questa tranquillità è il frutto dell’immenso lavoro di Ivan Juric, l’uomo che rappresenta in questo momento il bene più prezioso che il Verona deve salvaguardare. Juric è convinto che si possa iniziare un ciclo ma ha rivelato più volte la sua delusione per quello che ancora la società non ha fatto sotto questo punto di vista, nonostante le gigantesche plusvalenze messe a segno.

Eppure questo Verona non è quello di due anni fa. Tanti tasselli sono andati nel posto giusto, è migliorata l’organizzazione, è migliorato l’organigramma dove sono arrivati professionisti seri e preparati che hanno già portato il livello del Verona molto lontano da quel pressapochismo dilettantesco e presuntuoso di un paio d’anni fa.

Insomma Setti pare veramente aver imboccato la strada giusta dopo aver compiuto il capolavoro, indiscusso e indiscutibile, di aver ingaggiato Juric, l’uomo della svolta. Questo mercato può sancire anche la pace tra i due. A quanto sappiamo vi è stato nei giorni scorsi, prima di Natale, un confronto serio e senza diplomazia su tanti temi. Juric ha ribadito concetti a lui cari, la società gli ha chiesto di non continuare a tirare palle incantenate che davano l’idea di un dissidio in verità meno evidente e meno profondo di quello che si possa pensare.

Da qui è venuto fuori il nuovo corso comunicativo di Juric che non ha il fine di snaturare il mister ma semplicemente di non calcare la mano con polemiche che alla lunga potrebbe diventare disgreganti e pericolose. Indubbiamente però l’appuntamento di gennaio è fondamentale. Il più importante di sempre, non tanto per quello che darà al campo ma per il messaggio generale che conterrà. Potrà essere insomma la dimostrazione che Setti ha veramente voglia di iniziare alzare il livello.

Non sarebbe per nulla sorprendente che se Juric fosse un’altra volta illuso e scontento, alla fine della stagione e a salvezza acquisita, salutasse Setti e il Verona. Juric è tipo capace di stracciare i contratti in nome dei principi e soprattutto non avrebbe difficoltà dopo questo altro capolavoro di trovare una squadra (Torino, Fiorentina ma anche e soprattutto il Napoli lo osservano e hanno iniziato a corteggiarlo). Più delle parole, dunque, avranno valore i fatti.

IL VERONA DEL DOMANI

E’ in questi giorni che si costruirà il Verona del futuro. Che squadra saremo? O meglio: che società saremo? Tutto è nelle mani di Maurizio Setti, imprenditore di Carpi che ha preso il Verona da Giovanni Martinelli, riportandolo in serie A, mancando per il momento, il suo proposito numero uno: mantenerlo stabilmente nella massima serie. Setti ci ha fatto vedere tutto e il contrario di tutto in questi anni. Giocatori meravigliosi e dirigenti capaci, accanto a ciofeche senza confine. Ha goduto di paracaduti milionari che avrebbero cambiato la prospettiva e il giudizio su molti dei suoi predecessori (pensate a Pastorello, costretto a vendere per reale necessità e senza i contributi di oggi) e di diritti tv che impongono al Verona come minimo obiettivo zero sofferenza. Da quando è arrivato Juric e dopo i disastri delle due gestioni precedenti, Setti ha imboccato la strada giusta. La scelta dell’allenatore croato gli va ascritta come grande merito ma non può cancellare le due scelte fallimentari precedenti. Per dimostrare che Juric non è solo una sfacciata botta di culo, Setti deve ora strutturare il Verona come mai è successo prima. Lo deve fare attraverso molteplici vie: la prima che ci permettiamo di suggerire è la costruzione di un centro sportivo di proprietà. Setti deve assolutamente mettere questo punto al primo posto del suo programma. Lui stesso, ormai quasi 10 anni fa, ne parlava come di una priorità assoluta. Fino ad oggi tutto quello che s’è letto e s’è visto è stata pura aria fritta. Il centro sportivo serve per  dare vita ad una vera e propria filosofia di stabilità. Non è un mero fiore all’occhiello. E’ un volano che produrrà plusvalenze, calciatori, e anche un attaccamento vero ai colori. Setti ha vagato per la provincia non concludendo nulla. Poi ha puntato alla meravigliosa struttura del Payanini Center ma finora con scarsi risultati. E quell’idea è rimasta ancora nel mondo dei sogni.

C’è poi l’altra via. Quella più evidente. Cioè la squadra. In questo senso Setti è lontano anni luce da quello che il Verona potrebbe diventare. L’impressione è che si navighi a vista, dove la principale attenzione è sempre e soprattutto fare plusvalenze. Non che sia una prospettiva sbagliata. Diciamo che finita l’era del mecenatismo, semmai questa era sia esistita e abbiamo molti dubbi al proposito, il calcio si è ridotto ad essere un business. Prima di tutto per i presidenti. Setti, per fare un esempio e non una colpa, ci mancherebbe, mai ha potuto pagarsi uno stipendio di tre milioni di euro con Manila Grace.

Lo ha fatto con il Verona, di cui è amministratore. Ma è questo il fine? Fare plusvalenze per fare guadagnare milioni all’amministratore? Oppure il Verona ha ancora una funzione sociale, per dirla in altri termini è ancora l’Hellas Verona un patrimonio della città? Se è così, allora Setti deve qualcosa a Verona, al Verona e ai suoi tifosi. Anche in fatto di crescita. Non può limitarsi a fare il classico giochetto del tanto meglio tanto peggio, ricordandoci i tristi giorni della serie C e il nostro peggior passato. Stiamo parlando di crescita, di investimenti di prospettiva, di futuro. Non di un presidente che si deve svenare e rischiare il fallimento per il Verona.

Ci piacerebbe parlare di questi temi con lui che ormai da due anni si sottrae a veri confronti pubblici, legando la sua comunicazione a sparute comparsate su organi in affari con il Verona e quindi con lo stesso Setti. In un sano dibattito pubblico in cui, insomma, le domande non siano filtrate ma si possa veramente porre questioni sostanziale per capire che strada prenderà il Verona del domani. Siamo condannati al piccolo cabotaggio, a cedere sempre tutti i nostri pezzi migliori, oppure possiamo sognare di diventare come l’Atalanta?

IL CAPOLAVORO

E là si fece trovare Mattia Zaccagni. Proprio là nell’area da rigore. Il pallone che gli appoggiò Faraoni da destra non era di facile comprensione. Per domarlo serviva sveltezza di cervello e lucida follia. Fu in quel momento che il Zaccagni romagnolo emerse dalla nebbia dei mortali e si innalzò per un istante tra gli dei dell’Olimpo. Lo stop di petto è un atto fondamentale per il controllo del pallone. Lo ricorda Buffa nelle sue storie, raccontando quello che per Pelè era il primo comandamento del calcio. Glielo inculcò nella testa il padre e Pelè ne fece una sua stimmate. Zaccagni, dunque, pensò allo stesso modo dei grandi del passato e quel suo stop di petto divenne un tocco perfetto verso il cielo. Una pennellata che poteva stare su un quadro di Van Gogh, un sibilo di vento che diventa melodia nelle orecchie di Beethoven. Poi Zaccagni piegò la schiena verso il terreno, le gambe presero a roteare nell’aria come catapulte romane nella Gallia da conquistare. Zaccagni si inerpicò in cima al Monte e decise di non scendere da lì per un istante indefinito di tempo. Non finchè il suo piede destro non avesse raggiunto il pallone, non finchè non avesse sentito lo scarpino incontrare il cuoio, non finchè il mondo capovolto non avesse visto il confine tra il cielo e il paradiso. E lì Zaccagni capì che nulla sarebbe stato come prima. Il pallone prese a correre come un ottovolante che corre giù da una discesa infinita e mentre tutti intorno non riuscivano a capire, lui solo sapeva dove sarebbe andato a finire. La palla sbucava da una selva di gambe, baciava le mani del portiere, s’infilava nella porta. Solo a quel punto Zaccagni decise di tornare sulla terra, toccando con la schiena l’erba bagnata dello stadio di La Spezia. Nella stessa porta dove Cutolo aveva condannato il Verona alla serie C, il romagnolo aveva disegnato la Gioconda dei gol del Verona. Uno dei più belli di sempre. E così sia.

UNA SQUADRA CHE CI RENDE ORGOGLIOSI

Non ho memoria di un Verona che onora la maglia e le partite anche quando perde. Credo che non abbiamo sufficientemente celebrato il Verona di Juric. Ci stiamo godendo da lontano questo meraviglioso Hellas che meriterebbe di ricevere il nostro abbraccio e il nostro applauso ad ogni gara. Sia quando vince, sia quando perde. Questa squadra interpreta perfettamente lo spirito che ha sempre albergato al Bentegodi. E cioè che al tifosi del Verona non importa nulla di vincere, importa molto di più vedere la propria squadra andare oltre i propri limiti, impegnarsi, sputare sangue. Se poi si perde, beh pazienza. Non credo che esista in Italia un pubblico altrettanto maturo e sportivo nel vero senso della parola. Un pubblico che non sopporta le false promesse, i cazzari, i giocatori presuntuosi. Ma che sa amare quelli tutta sostanza, quelli poco ruffiani, quelli che non baciano la maglia ma che la rispettano lottando ogni partita su ogni pallone.

Ecco: tutto questo e forse anche molto di più è il Verona di Juric. Dopo le disgrazie delle stagioni precedenti sembra essere arrivata la manna dal cielo con questo allenatore ruvido come la carta vetrata, un grillo parlante che può apparire fastidioso quando dice le sue verità, eppure così amabile e amato per quello che sa trasmettere ai suoi ragazzi per quelle partite oltre le righe che ti fanno amare oltremisura questa squadra. Certo, il Verona è inferiore all’Inter. E il Verona che è sceso in campo per l’ultima gara di questa stagione lo era molto di più, azzoppato nelle scelte, scarso in qualità, in piena emergenza. Eppure questa squadra infarcita di bambini è rimasta in partita sino all’ultimo minuto, facendo persino tremare i ricchi nerazzurri che non riuscivano a trovare il bandolo della matassa. Dio solo sa che cosa sarebbe potuta diventare questa partita se Juric avesse avuto a disposizione Kalinic e Barak, diciamo due a caso e magari un infortunio in meno in difesa. Questo è il rimpianto che però non toglie assolutamente nulla alla prestazione dei gialloblù, semmai aumenta la comprensione e la stima nei confronti di questi ragazzi e del loro indomabile condottiero.

DATEGLI UN PAIO DI RINFORZI (E VI SOLLEVERA’ lL MONDO)

Il Verona di Juric che ha perso i migliori giocatori dello scorso campionato e che in questo non ha quasi mai potuto schierare i suoi top player ha 20 punti in classifica. Cosa significa questo? Con realismo due cose: la prima. In molte gare ci è andata decisamente bene. Siamo stati bravi e fortunati contro il Benevento, contro la Juventus, contro l’Atalanta e anche contro la Lazio. Ma abbiamo colpito anche una caterva di pali e traverse e  alcune gare, come contro il Parma e il Sassuolo, quella stessa fortuna ci ha girato le spalle. Insomma, alla fine abbiamo i punti che ci meritiamo.

La seconda. E’ logico pensare che basterebbe appena appena alzare il livello di questa rosa per permettere a Juric di “sollevare il mondo”. Insomma: arriva il mercato di gennaio e sarebbe cosa molto molto gradita vedere la società finalmente attiva sul mercato. E’ indubbio che il prossimo mercato avrà un valore enorme per l’Hellas e per il suo futuro. Non tanto e non solo per questo campionato ma sarà anche una porta girevole sul domani. A gennaio Setti potrebbe tendere la mano al suo cazzuto allenatore e il suo cazzuto allenatore tenderla al presidente. Insomma sarebbe bello facessero pace (bravo Juric oggi a dire che a Verona si sente coccolato), mentre nel frattempo il livello della squadra potrebbe fare un bel salto di qualità. Sarebbe sbagliato se Setti si sentisse salvo ed evitasse di lavorare a gennaio.

Nella seconda parte di questo pazzesco torneo, tormentato dal Covid può succedere di tutto e non aiuta vedere gli squadroni che stanno sotto di noi, in lotta per la salvezza. Cullarsi sugli allori non fa mai bene e in questo senso sono d’accordissimo con l’iper-realismo di Juric che predica umiltà umiltà e ancora umiltà. Ma quell’impegno e quei rinforzi potrebbero distendere anche gli animi tra i nostri due. Ne ha bisogno Juric che a Verona ha trovato il miglior ambiente per esprimersi. Ne ha bisogno Setti che in Juric ha trovato una formidabile gallina dalle uova d’oro che non può e non deve perdere. Ma soprattutto, ed è francamente l’unica cosa che ci interessa, ne ha bisogno il Verona.

JURIC, SETTI E L’EQUILIBRIO CHE NON SI TROVA

Ci sta di perdere una partita, soprattutto dopo essere andati oltre i propri limiti e dopo aver tirato la carretta come ha fatto il Verona in questi primi mesi di campionato. La gara con la Samp è stata un evidente incidente di percorso che ha ribadito, se mai ce ne fosse bisogno, che Juric ha straragione quando invoca un Verona che vada sempre al massimo dei giri, pena il ritorno alla normalità, se non peggio. E così ribadiamo ancora una volta il concetto se non fosse chiaro a tutti: è grazie allo straordinario lavoro di questo allenatore che ci siamo scordati della pena vissuta prima ed è sempre grazie a lui che la società, prima francamente allo sbando, ha preso una strada nuovamente logica e razionale.

Va detto e ricordato anche che Juric non è arrivato a Verona per caso. Lo ha voluto Setti, imponendolo alla piazza che invocava a gran voce la permanenza di Aglietti che aveva compiuto il miracolo di riportare il Verona in serie A, dopo la disgraziata gestione di Fabio Grosso. Il coraggio del presidente in quel momento va riconosciuto anche da chi non ha mai lesinato critiche come il sottoscritto. E non solo: Setti ha anche evitato di perdere Juric, facendogli un ricco contratto triennale e assecondandolo in molte richieste organizzative, dallo staff allo scouting. Oggi la società è più forte, più organizzata ed è lontana anni luce da quella senza capo nè coda che fino a qualche anno fa faceva ridere i polli parlando di media event e di internazionalizzazione del brand.

Ed allora perché le dichiarazioni di Juric appaiono come continue bordate che alterano l’equilibrio della società e perché l’allenatore ribadisce ad ogni occasione di non essere d’accordo con l’operato del presidente? Lascerei da parte complottismi e dietrologie. Juric non mi pare il tipo da farne. Per esser chiari: non credo che Juric stia coscientemente minando il rapporto con Setti per liberarsi dal suo contratto, o per cercare di rompere in caso, molto probabile, in cui ricevesse offerte da qualche grande squadra. Credo piuttosto che Juric sia risentito perchè Setti non ha mantenuto i patti nel momento in cui ha prolungato il contratto. Juric, a quel tempo, ribadiva un concetto: sull’offerta economica, diceva, c’è l’accordo, ma sul resto, sulla gestione e sul mercato, l’accordo ancora ancora non c’è. Poi arrivò la firma e di conseguenza logica, tutti noi abbiamo pensato che i due si fossero chiariti e che Setti avesse garantito a Juric un impegno cospicuo sul mercato. Che non c’è stato. O meglio: non è stato secondo quanto Juric si aspettava. A questo si aggiunga l’irrefrenabile voglia di fare lo sborone che ogni tanto Setti manifesta. E in quel contesto vanno ascritte le dichiarazioni di fine mercato sulle follie, sui milioni spesi, eccetera eccetera, che devono aver fatto girare le balle non poco al tecnico croato che da lì in poi non ne ha perdonata più una al presidente. Il quale, cosa mai successa, ha persino chiesto scusa successivamente al suo allenatore, ammettendo che avrebbe dovuto investire di più, ma spiegando anche che il momento imponeva una prudenza gestionale.

Le ultime parole di Juric sono state molto forti. Parlando delle future plusvalenze e forse anche con l’intenzione di tenere basso il profilo dei suoi giovani ragazzi, il tecnico ha detto che per quanto lo riguarda non ci saranno altre plusvalenze, altrimenti lui lascerà il Verona. Durissimo. Un avviso chiaro a Setti, soprattutto in vista di gennaio con il timore che qualcuno dei pezzi pregiati possa partire ora o a giugno. Credo che stavolta Juric abbia sbagliato però l’obiettivo, spingendosi in un campo non suo. Francamente non è ipotizzabile in nessuna società che l’allenatore impedisca di fare plusvalenze al suo presidente. Semplicemente non è di sua competenza, non è il suo ambito. La giusta rivendicazione, invece è un’altra: si fanno le plusvalenze ma con equilibrio non smembrando ogni anno la squadra e soprattutto reinvestendo una buona parte di quei soldi. Quello è il discorso giusto da fare ed è quello che Setti, per ora, non ha ancora fatto completamente, tradendo le aspettative di Juric. Ed è questo l’equilibrio che manca all’Hellas. Trovarlo è il compito di Setti, ma anche di Juric. Sempre ricordando che il Verona non è loro ma della gente che ci mette fede e passione.

RAGAZZI CHE FANNO LA STORIA

In questo anno così duro c’è una stella che brilla: è il meraviglioso Verona di Ivan Juric. Non ci ricordiamo una squadra che giocasse con così tanto cuore e che rendesse così orgogliosi noi tifosi di tifarla. E’ una sofferenza pazzesca non poter abbracciare questo gruppo eccezionale di ragazzi, poterli applaudire dal vivo, poter cantare i nostri cori per sospingerli ancora di più durante queste partite epiche che stanno facendo la storia del Verona. Lo meriterebbero loro e ce lo meriteremmo anche noi, dopo la serie C, dopo le retrocessioni programmate e il calcio più brutto della terra che per molti mesi ha dimorato al Bentegodi.

In questo mondo tartassato dal Covid, il Verona è come la mamma che ti dà una carezza alla sera quando hai la febbre e non hai voglia di mangiare. E’ un pigiama caldo, è il lesso con la pearà della domenica, è il Pandoro del Natale. E’ il pensiero felice che permette a Peter Pan di volare. Ivan Juric è il nostro uomo dei sogni, il generale senza fronzoli che parla al cuore della gente, che dice quello che pensa, che lavora per farci venire il sorriso.

Il suo Verona è una scultura che di gara in gara prende forma. Sempre roccioso, ma con le forme che diventano man mano più sinuose, a ritagliarne l’anima da battaglia e i connotati che ancora non hanno una precisa identità. Più che altro non si sa ancora quali siano i margini e cosa potrà fare se anche il suo condottiero non ne ha ancora esplorato i limiti. Intanto gioca umile, sapendo che durante una partita si può, anzi si deve soffrire, ma poi si può, anzi si deve provare a vincere. E’ tale la disponibilità che questi ragazzi stanno dando al loro bravissimo allenatore che ora a Juric riesce tutto, anche le mosse più azzardate. Ma non è frutto del caso o della fortuna. E’ che il lavoro e il metodo sono stati così ben impiantati che ora è possibile variare sul tema, come un grande pianista jazz quando pare improvvisare su uno spartito che in realtà conosce perfettamente.

La vera fortuna è del presidente Setti che ora si trova a gestire un capitale che di gara in gara prende più valore e il cui progetto sportivo deve andare di pari passo con il progetto finanziario. Ci stanno le plusvalenze, ci sta vendere, ci sta anche guadagnare. Ma il presidente deve saper trovare un equilibrio tra la crescita gestionale e sportiva del club e quella finanziaria. Se ci pensate bene la vera sfida, la più difficile tocca proprio a lui. Intanto i suoi ragazzi stanno scrivendo la storia.

NON E’ SOLO UN PROBLEMA DI ATTACCANTI

Se il Verona avesse segnato la metà delle palle gol create con il Cagliari avrebbe sicuramente vinto la gara contro i sardi. Partiamo da questa semplice premessa per spiegare quello che è successo al Bentegodi. Facile dunque spostare l’attenzione sugli attaccanti del Verona che, Kalinic a parte, qualitativamente non sono di grande livello. Il problema è strutturale e di mercato come da tempo si dice e si scrive.

Ma credo che dopo due anni di Juric sia anche riduttivo parlare solo della qualità degli attaccanti. La versione migliore di questa storia credo l’abbia data oggi Marco Gaburro in trasmissione. Quando ci ha richiamato ad una riflessione che non sia solo di “pancia” riguardo l’attacco, la qualità degli attaccanti e gli errori. Dice Gaburro e concordo pienamente con lui, che questo sarà sempre un problema delle squadre di Juric visto il grandissimo lavoro che l’allenatore richiede alla punta centrale. Tanto è vero che lo stesso Juric, da me più volte chiamato a rispondere sul tema (quanti gol ti aspetti da Kalinic?) ha sempre cercato di alleviare la pressione, spiegando che a lui interessa più un tipo di lavoro che non i gol. E del resto: cosa avrebbe dovuto dire allora Gasperini (definito da tutti il maestro di Juric) dopo Atalanta-Verona? Certo, noi abbiamo raccontato l’epopea gialloblù di quella partita, spostando l’attenzione sui meriti del Verona, ma se fossimo stati un tifoso dell’Atalanta non avremmo dovuto non parlare degli errori sotto porta degli attaccanti. E di certo a Bergamo non ha sbagliato il povero Di Carmine, spesso ingiustamente (anche dal sottoscritto…) messo sul banco degli imputati, ma un certo Ilicic e un certo Zapata. Insomma dice Gaburro: errori così saranno sempre congeniti nel Verona perchè è durissima per un attaccante arrivare lucido dotto porta dopo aver pressato ogni avversario e dopo aver partecipato in modo così intenso alla manovra offensiva. E’ pur vero che, grazie a quel lavoro, il Verona crea, come l’Atalanta, decine di occasioni da gol e che quando ci sarà la giornata giusta sicuramente il risultato potrà avere anche una dimensione molto importante.

Intanto però godiamoci i progressi di una difesa dove ormai Juric sa di poter contare ad occhi chiusi. Il Verona ha la miglior retroguardia del campionato e questo aiuta moltissimo il fatto di aver segnato sul campo solo 10 gol (togliendo quindi il 3-0 a tavolino con la Roma). Infine: non sputiamo su questo pareggio con il Cagliari. A guardare i massicci investimenti che il presidente Giulini ha fatto anche in questa stagione rispetto a quelli di Setti non ci doveva nemmeno essere partita. Invece con questo punto l’Hellas sale a 16 a meno 24 dalla salvezza. Ed è ciò che è più importante, credetemi.