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ERO PARTÌO BEN…

Due anni fa il presidente Pedrollo avrebbe voluto cacciare Gigi Garelli già dopo la prima giornata e dopo altre due sconfitte arrivò puntuale l’esonero. Alessandro Ramagli ha già battuto un record, arrivando al quarto stop di fila. Amara constatazione statistica dopo il beffardo k.o. nella terra delle arance contro l’Orlandina del Poz. A sparigliare le carte del coach livornese in questo ciclo di tre trasferte è stata la sconfitta al Palaolimpia contro Torino, priva di Mancinelli e dell’americano; ne è convinto l’allenatore della Tezenis al quale è opportuno ricordare che anche nella partita precedente  Trieste i giganti gialloblù non hanno fatto una bella figura.
Il problema principale è che dopo le vittorie sonanti (e questo punto un po’ effimere) nelle prime due giornate, la squadra sembra aver smarrito la sua identità, quel marchio di coesione che aveva ben impressionato anche in precampionato.
Dice il saggio: adesso tutti fanno sul serio. Replica: non è che prima si cazzeggiasse. Intanto però tra i tifosi più attenti la sentenza sembra già calata sulla testa di Ramagli. Ma le colpe sono tutte dell’allenatore? Il gioco, è vero, ha sollevato qualche perplessità, ma la pallacanestro di Ramagli non è mai stata spumeggiante e bada all’essenziale, più che allo spettacolo.
La prima domanda che bisogna porsi è se ha senso cambiare guida tecnica dopo avere costruito una squadra a immagine e somiglianza del coach, condividendo pienamente i giocatori scelti, con un trio americano di tutto rispetto, ancorché sotto standard dopo un avvio col botto. E rinviare a dopo la sfida con la cenerentola Forlì appare come la fiducia a tempo concessa sotto la Diga a Sannino. L’altro interrogativo che pesa come un macigno sull’attuale crisi della Verona dei canestri è se ci si può concedere il lusso di avere il tanto strombazzato colpo di mercato che porta 5 punti di media a partita. Almeno Basile (che è due anni più vecchio di Carraretto) è stato decisivo per la vittoria. Insomma, come diceva con autoironia il maestro Germano quando incappava in uno dei suoi proverbiali errori leggendo il Tg: “Pecà, ero partìo ben…”.

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